"Il pianeta dell'esilio" - читать интересную книгу автора (Le Guin Ursula)CAPITOLO SESTO La neveI corrieri erano partiti; l'indomani gli Uomini di Askatevar si sarebbero messi in marcia verso nord lungo l'ampio e vago sentiero che tagliava il loro Territorio, mentre il gruppo più piccolo di Landin avrebbe preso l'antica strada costiera. Al pari di Agat, Umaksuman aveva creduto che fosse meglio mantenere separate le due forze, fino alla vigilia della battaglia. Erano alleate soltanto in base all'autorità di Wold. Molti degli uomini di Umaksuman, sebbene veterani di numerose scorrerie e incursioni prima della Pace Invernale, provavano riluttanza a partire per quella guerra fuori stagione; e una grossa fazione, perfino all'interno del suo stesso Clan, detestava a tal punto l'alleanza con i Nati Lontano da essere pronta a fare un guaio alla prima occasione. Ukwet e altri avevano detto apertamente che una volta che l'avessero fatta finita con i Gaal, l'avrebbero fatta finita anche con gli stregoni. Agat non dava importanza a queste parole, prevedendo che la vittoria avrebbe smorzato il loro pregiudizio, o la sconfitta gli avrebbe posto fine; ma esse preoccupavano Umaksuman, che non guardava tanto in avanti. — I nostri esploratori si terranno a portata di vista da voi per tutto il percorso. Dopotutto, non è detto che i Gaal siano restati al confine ad attendere il nostro arrivo. — La Valle Lunga, sotto la Cima Spezzata, sarebbe un ottimo luogo per la battaglia — disse Umaksuman, con il lampo di sorriso che gli era caratteristico. — Buona fortuna, Alterra! — Buona fortuna a te, Umaksuman. — Si separarono in amicizia, laggiù sotto la porta della Città Invernale, fatta di pietre cementate con l'argilla. Mentre Agat si voltava, qualcosa guizzò nell'aria ferma del pomeriggio, dietro l'arco: un movimento che ondeggiava, privo di direzione. Alzò gli occhi, stupito, poi si voltò. — Guarda. Il nativo uscì dalle mura e si fermò accanto a lui per un momento, a guardare per la prima volta la fonte delle narrazioni dei vecchi della tribù. Agat tese la mano, con il palmo sollevato. Una guizzante macchia bianca gli toccò il polso e spari. La lunga vallata, i campi di stoppa e i pascoli consumati, il ruscello, le scure propaggini della foresta e le montagne lontane, a sud e ad ovest, tutti parevano tremare leggerissimamente, ritrarsi, mentre fiocchi privi di ordine cadevano dal cielo basso, ruotando su di sé e scendendo obliqui, sebbene il vento fosse calato. Le voci dei bambini si alzarono eccitate dietro di loro, fra i tetti di legno, aguzzi e inclinati. — La neve è più piccola di quanto credessi — disse infine Umaksuman, in tono sognante. — Pensavo di trovarla più fredda. L'aria sembra più calda di prima… — Agat si scosse dall'incanto sinistro, affascinante, della roteante caduta della neve. — Arrivederci al nord — disse, e tirandosi sul collo il colletto di pelliccia per proteggersi dallo strano, curioso contatto dei minuscoli fiocchi, si avviò lungo il sentiero che portava a Landin. Mezzo chilometro all'interno della foresta, egli scorse il sentiero laterale, poco marcato, che conduceva alla capanna dei cacciatori, e avvicinandosi ad esso gli parve che nelle vene gli scorresse luce liquida. — Su, su — disse a se stesso, indispettito dalle ricorrenti perdite di autocontrollo. Si era chiarito perfettamente la cosa nei brevi intervalli che aveva avuto a disposizione per riflettere, durante la giornata. La notte prima… era la notte prima. D'accordo, era quello e nient'altro. A parte il fatto che lei era in fin dei conti un'aliena ed egli era umano, e che pertanto non c'era alcun futuro nella relazione, tutto l'accaduto era una sciocchezza anche per altre ragioni. Fin da quando egli aveva visto la sua faccia, sui gradini neri in occasione della marea, aveva pensato a lei e aveva desiderato vederla, come un adolescente che vive nelle nuvole perché si è preso una cotta della sua prima ragazza; e se c'era una cosa che odiava era la stupidità, l'ostinata stupidità della passione incontrollata. Portava gli uomini a correre rischi fuor d'ogni calcolo, a mettere a repentaglio le cose più importanti, in cambio di un semplice momento di passione, a perdere il controllo sulle loro azioni. E quindi, per mantenere il controllo di sé, egli era andato con lei la sera prima: era semplicemente la cosa più sensata per superare la crisi. E così ripeté ancora una volta a se stesso, mentre camminava a passo assai rapido, tenendo alta la testa, mentre la neve danzava sottile intorno a lui. Questa notte si sarebbe nuovamente incontrato con lei, per lo stesso motivo. Al pensiero, un flusso di luce tiepida e una gioia dolorosa gli percorsero il corpo e la mente; egli li ignorò. Domani sarebbe stato lontano, a nord, e se fosse ritornato ci sarebbe stato il tempo di spiegare alla ragazza che non potevano esserci altre notti simili, non sarebbero più stati insieme distesi, sul mantello di pelliccia di lui, nel rifugio in mezzo alla foresta, illuminato dalla luce delle stelle proveniente dall'alto e con tutt'intorno il freddo e il grande silenzio… no, mai più… La felicità assoluta ch'ella gli aveva dato si alzò in lui come un'onda di marea, sommergendo ogni pensiero. Egli non disse più nulla a se stesso. Continuò a camminare rapidamente con le sue lunghe falcate, nella crescente oscurità dei boschi, e mentre camminava cantava sottovoce, senza neppure accorgersi di farlo, una vecchia canzone d'amore della sua razza esiliata. La neve non scendeva quasi al di sotto dei rami degli alberi. Si stava facendo buio molto rapidamente, pensò, mentre si avvicinava al punto dove il sentiero si divideva, e questa fu l'ultima cosa a cui pensò quando qualcosa gli afferrò la caviglia a mezz'aria e lo fece cadere in avanti. Egli toccò terra sulle mani; stava rialzandosi quando un'ombra alla sua sinistra divenne un uomo, bianco argenteo nella semioscurità, che lo sbatté di nuovo a terra prima ch'egli fosse di nuovo in piedi. Confuso dal ronzio che si sentiva nelle orecchie, Agat riuscì a liberarsi di qualcosa che lo teneva fermo, e di nuovo cercò di alzarsi. Pareva avere perso l'orientamento e non capiva cosa gli succedesse, sebbene avesse l'impressione che fosse accaduto nel passato, e anche quella che in realtà non stesse accadendo veramente. C'erano vari altri uomini dall'aspetto d'argento, con strisce lungo le gambe e le braccia, e lo tennero per le braccia mentre un altro si avvicinò a lui e lo colpi sulla bocca con qualcosa. Dolore; l'oscurità fu piena di dolore e di rabbia. Con una convulsione furiosa e abile dell'intero suo corpo, egli si liberò degli uomini argentei, colpendone uno al mento, con un pugno, e cacciandolo via dalla scena, all'indietro: ma ce n'erano sempre di più, ed egli non riuscì a liberarsi una seconda volta. Lo colpirono, e quando egli nascose la faccia tra le braccia per ripararsi dal fango del sentiero, essi gli colpirono i fianchi, a calci. Egli giacque schiacciato contro il benedetto, innocuo fango, cercando di nascondersi, e udì qualcuno che respirava in modo strano. Attraverso il rumore udì anche la voce di Umaksuman. Anch'egli, dunque… Ma la cosa non aveva importanza, purché se ne andassero, lo lasciassero stare. Si stava facendo buio molto presto. Era buio: buio pesto. Cercò di strisciare in avanti. Voleva tornare a casa dalla sua gente che l'avrebbe aiutato. Era talmente buio che non riusciva a vedersi le mani. Senza rumore, invisibile nella completa oscurità, la neve cadeva sopra di lui e tutt'intorno, sul fango e le foglie marce. Voleva andare a casa. Aveva un freddo terribile. Cercò di rialzarsi, ma non c'erano ovest ed est, e intorpidito dal dolore riabbassò la testa sul braccio. «Venite da me», cercò di chiamare, nel linguaggio mentale degli Alterra, ma era troppo difficile chiamare fino a quella distanza nel buio. Era più facile rimanere immobile dove si trovava. Nulla poteva essere più facile. In un'alta casa di pietra di Landin, accanto a un fuoco di legna, Alla Pasfal alzò improvvisamente la testa dal libro che stava leggendo. Aveva la netta impressione che Jakob Agat le trasmettesse qualcosa, ma non le giunse alcun messaggio. Era strano. C'erano moltissimi fenomeni strani, effetti concomitanti o postumi, aspetti inesplicabili che si accompagnavano alla pratica della comunicazione mentale; molte persone, laggiù a Landin, non l'apprendevano mai, e coloro che la conoscevano la usavano con scarsissima frequenza. A nord, nella colonia di Atlantika, avevano l'abitudine di parlare con la mente in modo più libero. Ella era una profuga di Atlantika e ricordava come, nel terribile Inverno della sua infanzia, avesse continuato a parlare mentalmente con gli altri per tutto il tempo. E dopo che sua madre e suo padre erano morti nella carestia, per un'intera fase lunare ella aveva continuato a sentirli trasmettere, a sentire nella mente la loro presenza… ma senza messaggi, senza voce, in silenzio. — Jakob! — gli trasmise con la mente, a lungo e con intensità, ma non ci fu risposta. Nello stesso tempo, mentre era nell'Armeria a controllare ancora una volta l'equipaggiamento della spedizione, Huru Dipilota diede improvvisamente voce a un'inquietudine che per tutto il giorno aveva continuato ad aleggiare in lui, e sbottò: — Che diavolo crede di fare, Agat?, — È molto in ritardo — disse uno dei ragazzi dell'Armeria. — È andato nuovamente a Tevar? — A cementare le relazioni con le facce imbiancate — disse Dipilota; fece una risatina priva della minima allegria e aggrottò la fronte. — Benissimo, andiamo avanti, controlliamo i Nello stesso tempo, in una stanza ricoperta di pannelli di legno che sembravano seta color avorio, Seiko Esmit scoppiò silenziosamente in pianto, torcendosi le mani e sforzandosi di non trasmettergli nulla, di non parlargli mentalmente, di non mormorare neppure il suo nome: «Jakob!». Nello stesso tempo la mente di Rolery divenne completamente buia per un attimo. Rimase accovacciata senza muoversi, là dov'era. Ella si trovava nella capanna dei cacciatori. Aveva pensato che con tutta la confusione del trasloco dalle tende alle Case Familiari della città, simili a tane, la sua assenza e il suo ritorno molto tardi, la sera prima, non sarebbero stati notati. Ma oggi era diverso: l'ordine era ritornato, e la sua partenza sarebbe stata notata. Perciò era uscita quando la luce del giorno era ancora piena, confidando che nessuno badasse particolarmente alla cosa; si era recata alla capanna facendo un largo giro, si era raggomitolata al suo interno, avvolta nella pelliccia, e aveva atteso che scendesse la notte ed egli infine arrivasse. La neve era cominciata a cadere; l'osservarla le aveva fatto venire sonno; e aveva continuato a osservarla, chiedendosi sonnecchiosamente che cosa avrebbe fatto l'indomani. Perché infatti Agat sarebbe partito. Ed ogni persona del suo clan avrebbe saputo ch'ella era rimasta fuori per tutta la notte. Ma questo riguardava il domani. E il domani si sarebbe risolto da solo. Adesso era l'oggi, l'oggi… ed ella si assopì, finché non si svegliò d'improvviso, con un sobbalzo grandissimo, e rimase accovacciata per un lungo istante, con la mente vuota, buia. Poi si rizzò in piedi, bruscamente, e con selce e acciarino accese il cestino-lanterna che aveva portato con sé. Alla sua debole luce scese lungo il fianco della montagna finché non incontrò il sentiero, esitò un istante e si diresse a est. Una volta si fermò e disse: — Alterra… — in un bisbiglio. La foresta era perfettamente tranquilla nella notte. Ella avanzò finché non lo trovò, disteso sul terreno battuto. La neve, che ora cadeva più fitta, formava scie bianche nel debole raggio della lanterna. Adesso aderiva al suolo, invece di sciogliersi, e aveva formato una spolveratura di bianco sul mantello stracciato di lui, e perfino sui suoi capelli. La sua mano, quando ella gliela toccò per la prima volta, era fredda, ed ella seppe che era morto. Si mise a sedere allora nel fango umido, bordato di neve, accanto a lui, e gli sollevò la testa e l'appoggiò sulle ginocchia. Egli si mosse ed emise una specie di gemito, e con questo Rolery ritornò completamente in sé. Interruppe l'inutile azione di scuotergli via dai capelli e dal colletto la neve simile a polvere, e rimase a sedere immobile per un istante, pensando. Poi lo riadagiò a terra, si alzò in piedi, cercò meccanicamente di sfregacciarsi via dalle mani il sangue appiccicoso, e con l'aiuto della lanterna cominciò a cercare qualcosa, vicino al sentiero. Trovò ciò che le serviva, e si mise all'opera. Un morbido, debole raggio di sole scendeva nella stanza. Al suo tepore era difficile svegliarsi, ed egli continuò a scivolare indietro, nelle onde del sonno, nel lago profondo e immobile. Ma sempre la luce lo ridestava; e infine fu pienamente sveglio, e vide le pareti alte e grige che lo chiudevano al loro interno e il raggio inclinato del sole che proveniva dai vetri. Rimase immobile mentre il dardo di luce acquosa e dorata svaniva e ritornava, scivolava via dal pavimento e si raccoglieva sulla parete di fronte a lui, si alzava e diventava più rosso. Alla Pasfal entrò nella stanza e, vedendo che era sveglio, rivolse un cenno a qualcuno che le stava dietro, indicandogli di non entrare. Chiuse la porta e si inginocchiò accanto a lui. Le case degli Alterra erano ammobiliate frugalmente; tutti dormivano su pagliericci appoggiati direttamente sui tappeti del pavimento, e usavano come sedie, tutt'al più, un sottile cuscino. Alla si inginocchiò e abbassò lo sguardo su Agat: la faccia nera e consunta della donna era fortemente illuminata dal raggio rossastro del sole. E nella sua faccia non comparve pietà, mentre lo guardava. Aveva dovuto sopportare troppe cose, quando ancora era troppo giovane, perché la compassione e gli scrupoli potessero mai essere troppo profondi in lei, ed ora che era giunta alla vecchiaia era divenuta spietata. Scosse un poco la testa da sinistra a destra e disse piano: — Jakob… che cosa hai fatto? Egli si accorse che la testa gli faceva male quando cercava di parlare: cosicché, non avendo una vera risposta, rimase zitto. — Che cosa hai fatto… — Come sono tornato? — egli chiese infine, formando così malamente le parole, con la bocca ferita, che ella alzò la mano per interromperlo. — Come sei tornato?… è questo che hai chiesto? Ti ha portato lei. La ragazza eis. Ha fatto una sorta di barella travois con alcuni rami e le sue pellicce, ti ha avvolto dentro e ti ha portato dall'altra parte della montagna, fino alla Porta di Terra. Di notte, sulla neve. Non avendo niente addosso, oltre ai calzoni… si è dovuta stracciare la tunica per legarti. Quegli eis sono più robusti del cuoio di cui si vestono. Ha detto che con la neve era più facile tirare… Adesso la neve è scomparsa. Il tutto è successo la notte dell'altro ieri. Tutto considerato, hai fatto una bella dormita. Prese la brocca e gli versò una tazzina d'acqua; rimise la brocca su un vassoio accanto al letto e aiutò Agat a bere. A così poca distanza, la faccia della donna aveva un aspetto vecchissimo, reso delicato dall'età. Ella gli disse con il linguaggio mentale, ancora incredula: Egli le rispose allo stesso modo, senza parlare. Messo in forma di parole, ciò che le disse sarebbe suonato: La vecchia si scostò fisicamente, allontanandosi dal senso della sua passione, e disse a voce alta, come in autodifesa: — Ma… scegliere proprio questo momento per una relazione amorosa, per un innamoramento! Quando tutti dipendevano da te… Egli le ripeté ciò che già le aveva detto, poiché era la verità e l'unica cosa che le potesse dire. Ella gli rispose con il linguaggio mentale, severamente: Egli rispose unicamente: Ella rimase immobile a lungo, seduta sulle caviglie. Quando la sua mente si riapri a quella di Agat, in essa si leggeva un'enorme carica di amarezza: — Alla — egli la interruppe a voce alta, scosso dalla disperazione di lei, — gli… gli uomini sono partiti?… — Che uomini? Il nostro esercito? — Pronunciò le parole con profondo sarcasmo. — Si è mosso ieri verso il nord… senza di te? — Dipilota… — Se Dipilota li avesse dovuti condurre in qualche posto, li avrebbe condotti ad attaccare Tevar. A vendicarti. Era pazzo di rabbia, ieri. — E gli altri… — I nativi? No, naturalmente non sono partiti. Quando si è venuto a sapere che la figlia di Wold scappava a dormire nei boschi con un Nato Lontano, la fazione di Wold si è coperta di una certa dose di ridicolo e di discredito… lo comprendi? Certo, la cosa è più facile a capirsi, una volta accaduta; ma avrei creduto che tu… — Per l'amor di Dio, Alla. — D'accordo. Nessuno è partito per il nord. Siamo qui fermi ad aspettare che i Gaal arrivino quando ne abbiano voglia. Jakob Agat rimase disteso immobile, cercando di non precipitare a capofitto, all'indietro, nel vuoto che si apriva dietro di lui. Era il vacuo, vero abisso del suo orgoglio: l'arroganza ingannatrice da cui erano scaturiti tutti i suoi atti: la menzogna. Se egli era precipitato, poco importava. Ma la sua gente, ch'egli aveva tradito? Alla, dopo un poco, gli parlò mentalmente: Egli distolse la mente da quella della donna, incapace di sopportare l'invincibile disperazione della vecchia. Cercò di chiudersi in se stesso, di ritirarsi, ma qualcosa lo preoccupava con insistenza, continuava a sfiorargli la coscienza, finché non divenne chiaro, ed egli, cercando di rizzarsi a sedere, balbettò: — Dov'è la ragazza? Non l'avrai rimandata indietro… Vestita di un bianco abito degli Alterra, Rolery sedeva a gambe incrociate, leggermente più distante da lui di quanto non fosse stata Alla. Alla era uscita; Rolery era affaccendata in qualche lavoro: riparare un sandalo, a quanto pareva. Non pareva essersi accorta ch'egli avesse parlato; forse aveva parlato solamente in sogno. Ma infine ella disse con la sua voce leggera: — La vecchia ti ha scosso. Avrebbe potuto aspettare. Che cosa puoi fare, ora come ora?… credo che nessuno degli altri sappia fare sei passi senza di te. L'ultima macchia rossa di luce solare formava un'opaca gloria sulla parete dietro di lei. Ella sedeva con il volto tranquillo, gli occhi abbassati come sempre, occupata a riparare il sandalo. Alla sua presenza, senso di colpa e dolore si placarono e riacquistarono la giusta proporzione. Con lei, Agat era se stesso. Pronunciò a voce alta il suo nome. — Oh, adesso dormi; ti fa male parlare — ella disse, con un guizzo del suo timido modo di canzonare. — Ti fermerai qui? — egli le chiese. — Sì. — Come mia moglie — egli insistette, ridotto, a causa della necessità e del dolore, a dire il nudo essenziale. Immaginava che il popolo di lei l'avrebbe uccisa se avesse fatto ritorno; e non era sicuro di quel che il suo popolo, gli Alterra, le avrebbe potuto fare. Egli era l'unica sua difesa, e voleva che tale difesa fosse certa. Ella chinò il capo, come per accettare; Agat non conosceva a sufficienza i suoi gesti per esserne certo. Ora rimase un poco perplesso di fronte alla tranquillità di lei. Nel breve periodo da cui la conosceva, ella era sempre stata svelta di azioni e di emozioni. Ma era un periodo molto, molto breve… E mentre Rolery sedeva laggiù a lavorare, la sua tranquillità entrò anche in lui, e con la tranquillità egli senti che gli ritornava anche la forza. |
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