"Le fontane del Paradiso" - читать интересную книгу автора (Clarke Arthur C.)

10 Il Ponte dei ponti

 Paul e Maxine erano due dei suoi amici migliori e di più antica data. Eppure fino a quel momento non si erano mai incontrati, e nemmeno, per quanto risultava a Rajasinghe, erano mai entrati in contatto. Non ne avevano motivo. Oltre i confini di Taprobane nessuno aveva mai sentito parlare del professor Sarath, ma l'intero sistema solare avrebbe riconosciuto all'istante il volto o la voce di Maxine Duval.

I suoi due ospiti erano adagiati nelle comode poltrone reclinabili della biblioteca, mentre Rajasinghe sedeva dietro il terminale principale della villa. Tutti e tre fissavano la quarta figura, che era immobile.

Troppo immobile. Un visitatore giunto dal passato, ignaro dei miracoli quotidiani dell'elettronica, dopo qualche secondo avrebbe forse deciso di avere di fronte una statua di cera superbamente minuziosa. Però un esame più ravvicinato avrebbe svelato due fatti sconcertanti. La "statua" era trasparente al punto che attraverso il suo corpo si potevano vedere i lampadari; e, a pochi centimetri dal tappeto, i suoi piedi diventavano sfuocati.

— Riconoscete quest'uomo? — chiese Rajasinghe.

— Non l'ho mai visto in vita mia — rispose subito Sarath. — Sarà meglio che sia un uomo importante, perché mi hai fatto scappare via da Maharamba. Stavamo per aprire la sala delle reliquie.

— Io ho dovuto abbandonare il mio trimarano all'inizio delle gare sul lago Saladino — disse Maxine Duval. La sua famosa voce di contralto conteneva quel tanto d'irritazione sufficiente a gelare una persona meno coriacea del professor Sarath. — E lo conosco, è ovvio. Vuole costruire un ponte da Taprobane all'Indostan?

Rajasinghe rise. — No. Sono due secoli che abbiamo una strada rialzata perfettamente funzionale. E mi spiace di avervi trascinati qui tutti e due… Anche se tu, Maxine, prometti da vent'anni di venire.

— Vero — sospirò lei. — Ma devo passare così tanto tempo nel mio studio che a volte dimentico che fuori esiste un mondo vero, occupato da circa cinquemila cari amici e cinquanta milioni di conoscenti intimi.

— In quale categoria faresti rientrare il dottor Morgan?

— L'ho incontrato… Oh, tre o quattro volte. Gli abbiamo fatto un'intervista al termine della costruzione del Ponte. È un tipo straordinario.

Detto da Maxine Duval, pensò Rajasinghe, quello era un complimento eccezionale. Per oltre trent'anni lei era stata forse la professionista più rispettata nel suo difficile campo, e si era meritata tutti gli onori che potevano offrirle. Il primo Pulitzer, il trofeo Global Times, il premio David Frost erano appena la punta dell'iceberg. E solo di recente era tornata al professionismo attivo, dopo due anni trascorsi alla Columbia University come insegnante di nuove tecnologie applicate al giornalismo.

Tutto questo l'aveva un po' addolcita, senza compromettere il suo entusiasmo. Non era più la sciovinista, a volte crudele, che una volta aveva detto: — Visto che le donne sono così brave a fare figli, probabilmente la natura avrà dato agli uomini qualche talento per compensare il dislivello. Ma per ora non me ne viene in mente nessuno. — Ad ogni modo, di recente aveva messo nell'imbarazzo un povero moderatore affermando: — Sono una giornalista "donna", maledizione, non uno scribacchino.

Sulla sua femminilità non erano mai esistiti dubbi. Si era sposata quattro volte, e andava famosa per le scelte dei REM. A prescindere dal sesso, i Remoti erano sempre giovani e atletici, in modo da potersi muovere con la massima agilità nonostante l'ingombro delle apparecchiature, che potevano pesare fino a venti chili. Quelli di Maxine Duval, immancabilmente, erano molto maschi e molto belli. Nell'ambiente si diceva, scherzando, che tutti i suoi Remoti erano anche montoni. La battuta era assolutamente priva di rancore, perché anche i più accesi rivali amavano Maxine quasi quanto l'invidiavano.

— Mi spiace per le tue gare — disse Rajasinghe — ma vedo che "Marlin III" ha vinto con estrema facilità anche senza di te. Penso ammetterai che questa faccenda è molto più importante… Ma diamo la parola a Morgan.

Schiacciò il bottone di "pausa" del proiettore, e la statua immobile riacquistò immediatamente vita.

— Mi chiamo Morgan. Sono ingegnere capo della Divisione Terra della Terran Construction. I mio ultimo progetto è stato il ponte di Gibilterra. Adesso voglio parlarvi di qualcosa d'infinitamente più ambizioso.

Rajasinghe lanciò un'occhiata nella stanza. Morgan li aveva affascinati, come si aspettava.

Si appoggiò all'indietro sulla poltrona e attese di sentir esporre quel progetto ormai familiare, per quanto incredibile. Strano, si disse, come si faccia in fretta ad accettare le regole della proiezione, ignorando gli errori anche grossolani dei comandi Inclinazione e Livello. Persino il fatto che Morgan "si muovesse" pur restando nello stesso punto, e la prospettiva completamente falsa del paesaggio esteriore, non riuscivano a distruggere il senso di realtà.

— L'era spaziale ha quasi duecento anni. Per oltre metà di questo periodo, la nostra civiltà è dipesa in modo pressoché totale dall'insieme di satelliti che orbitano attorno alla Terra. Comunicazioni mondiali, previsione e controllo del tempo, riserve terrestri e marine di mezzi, servizi postali e d'informazione: se dovesse succedere qualcosa ai meccanismi che controllano tutto questo dallo spazio, precipiteremmo in epoche oscure. Durante il caos che ne risulterebbe, malattie e carestie distruggerebbero gran parte della razza umana.

"E guardando oltre la Terra, ora che abbiamo colonie autonome su Marte, su Mercurio e sulla Luna e che siamo in grodo di estrarre le incalcolabili ricchezze degli asteroidi, vediamo l'inizio di un vero commercio interplanetario. Anche se ci è voluto un po' più di tempo di quanto non prevedessero gli ottimisti, è ormai ovvio che la conquista dell'aria era solo un modesto preludio alla conquista dello spazio.

"Ma oggi ci troviamo di fronte a un problema fondamentale, un ostacolo che si frappone a ogni progresso futuro. Anche se generazioni di ricerche hanno fatto del missile la più sicura forma di propulsione mai inventata…"

— Hai pensato alle biciclette? — mormorò Sarath.

— …I veicoli spaziali sono ancora estremamente inefficienti. Quel che è peggio, il loro effetto sull'ambiente è tremendo. Nonostante tutti i tentativi di controllare i corridoi aerei, il frastuono dei decolli e dei rientri disturba milioni di persone. I prodotti di scarico abbandonati nelle zone più alte dell'atmosfera hanno scatenato mutamenti climatici che potrebbero produrre conseguenze molto serie. Tutti ricordano l'epidemia di cancro alla pelle degli anni Venti, causata da un'infiltrazione di raggi ultravioletti, e i costi astronomici dei prodotti chimici che furono necessari per ricostruire l'ozonosfera.

"Se estrapoliamo sino alla fine del secolo l'aumento del traffico spaziale, scopriamo che il tonnellaggio degli oggetti orbitanti attorno alla Terra deve aumentare quasi del cinquanta per cento. Il che non è possibile senza che i nostri standard di vita, forse la nostra stessa esistenza, paghino prezzi intollerabili. E non c'è niente che i costruttori di razzi possano fare: hanno praticamente raggiunto i limiti assoluti di perfezione, stabiliti dalle leggi della fisica.

"Qual è l'alternativa? Da secoli l'uomo sogna l'antigravità e la 'navigazione spaziale'. Nessuno ha mai portato la minima prova che cose del genere siano possibili; oggi riteniamo che si tratti solo di fantasie. Eppure, nello stesso decennio in cui veniva lanciato il primo satellite, un audace ingegnere russo concepì una tecnica che avrebbe reso obsoleti i missili. Ci sono voluti anni prima che qualcuno prendesse Yuri Artsutanov sul serio. Sono occorsi due secoli perché la nostra tecnologia giungesse all'altezza della sua visione."

Ogni volta che rivedeva la registrazione, Rajasinghe aveva l'impressione che a quel punto Morgan diventasse vivo davvero. Era facile capire il perché: adesso si trovava sul proprio terreno, non si affidava più a informazioni provenienti da altri campi. E, nonostante le riserve e i timori, Rajasinghe non poteva impedirsi di sentire almeno una parte del suo entusiasmo. Era una sensazione di cui ormai la sua esistenza godeva di rado.

— Uscite all'aperto in una notte chiara — continuò Morgan — e vedrete la meraviglia meno insolita dei nostri giorni: le stelle che non sorgono e non tramontano mai, che restano immobili in cielo. Noi, e i nostri genitori, e i loro genitori, diamo ormai per scontati i satelliti e le stazioni spaziali sincrone, che orbitano al di sopra dell'equatore alla stessa velocità di rotazione della Terra, per cui rimangono eternamente sospesi sullo stesso punto.

"La domanda che Artsutanov si pose aveva la fanciullesca freschezza del vero genio. Un uomo semplicemente intelligente non l'avrebbe mai formulata, oppure si sarebbe detto che era assurda e l'avrebbe respinta.

"Se le leggi della meccanica celeste fanno sì che un oggetto possa restare immobile in cielo, non si potrebbe far scendere sulla Terra, dalla sua superficie, un cavo, e costruire un sistema di elevatori che colleghino la Terra allo spazio?

"Non c'era niente di errato nella teoria, ma i problemi pratici erano enormi. I calcoli dimostrano che nessun materiale disponibile sarebbe stato abbastanza robusto. L'acciaio più resistente si sarebbe spezzato sotto il proprio peso molto prima di poter colmare i trentaseimila chilometri che corrono fra la Terra e l'orbita sincrona.

"Però nemmeno i più sofisticati tipi d'acciaio si avvicinavano lontanamente ai limiti teorici di resistenza. Su scala microscopica, in laboratorio erano stati creati materiali con resistenza infinitamente superiore. Se fosse stato possibile produrli su scala industriale il sogno di Artsutanov si sarebbe avverato, e la dinamica dei trasporti spaziali avrebbe subito un cambiamento radicale.

"Prima della fine del ventesimo secolo, dai laboratori cominciarono a uscire materiali super-resistenti, gli iperfilamenti. Ma erano terribilmente costosi, valevano un'infinità di volte il loro peso in oro. Per costruire una rete che potesse reggere tutto il traffico diretto verso la Terra ne erano necessari milioni di tonnellate, e così il sogno rimase un sogno.

"Sino a pochi mesi fa. Ora le fabbriche orbitanti possono produrre quantità praticamente illimitate di iperfilamento. Finalmente possiamo costruire l'Elevatore Spaziale, ovvero la Torre Orbitale, come preferisco chiamarla. Perché, in un certo senso, è una torre che si alza attraverso l'atmosfera e giunge molto, molto oltre…"

Morgan scomparve, come uno spettro improvvisamente esorcizzato. Venne sostituito da una Terra grande quanto un pallone da football, che ruotava lentamente su se stessa. Più alta d'un braccio del nostro pianeta, immobile sullo stesso punto al di sopra dell'equatore, una stella fulgida indicava la posizione d'un satellite sincrono.

Dalla stella partirono due sottili linee luminose: una diretta verso la Terra, l'altra esattamente in senso opposto, verso lo spazio.

— Quando si costruisce un ponte — continuò la voce senza corpo di Morgan — si comincia dalle due estremità e ci s'incontra a metà strada. Con la torre orbitale è esattamente il contrario. Bisogna costruire contemporaneamente verso l'alto e verso il basso, secondo un programma minuzioso, partendo dal satellite sincrono. Il trucco sta nel tenere sempre il centro di gravità della struttura bilanciato al punto stazionario; altrimenti la torre entrerà nell'orbita sbagliata e comincerà a girare lentamente attorno alla Terra.

La linea di luce che scendeva in basso raggiunse l'equatore. Nello stesso momento, si fermò anche la linea protesa nello spazio.

— L'altezza totale dev'essere almeno di quarantamila chilometri; e gli ultimi cento, quelli che scendono nell'atmosfera, potrebbero indubbiamente costituire il percorso più critico, perché la torre potrebbe essere soggetta agli uragani. Non sarà stabile finché non l'avremo saldamente ancorata al suolo.

"E allora, per la prima volta nella storia, avremo una scalinata per il paradiso, un ponte per le stelle. Un semplice sistema d'elevatori, alimentato dalla poco costosa elettricità, sostituirà i nostri razzi rumorosi e costosi, che saranno usati solo per il compito più adatto, e cioè per i trasporti nello spazio profondo. Eccovi uno dei possibili progetti per la torre orbitale…"

L'immagine della Terra svanì. La telecamera riprese in primo piano la torre, attraversò i muri per svelarne la struttura trasversale.

— Come vedete, consiste di quattro tubature identiche: due per il traffico che sale, due per il traffico che scende. Immaginate che sia una metropolitana o una ferrovia verticale, diretta dalla Terra all'orbita sincrona.

"Le capsule contenenti i passeggeri, il carico e il carburante correrebbero su e giù lungo le tubature a diverse migliaia di chilometri orari. Stazioni di alimentazione disposte a intervalli regolari fornirebbero tutta l'energia necessaria; e dato che di questa energia si potrebbe recuperare il novanta per cento, il costo netto per passeggero ammonterebbe a pochi dollari. Perché, quando le capsule torneranno verso la Terra, i loro motori funzioneranno come magneti-freni, generando elettricità. A differenza dei missili in rientro, non consumeranno tutta la loro energia per surriscaldare l'atmosfera e produrre esplosioni soniche: l'energia sarà ritrasferita al sistema. Si può anche dire che le capsule in discesa alimenteranno quelle in salita; per cui, tenendoci entro stime molto caute, la torre sarà cento volte più efficiente di ogni missile possibile.

"E praticamente non esistono limiti alla mole di traffico che potrebbe reggere, perché tubature nuove si possono aggiungere a seconda delle necessità. Se mai accadesse che un milione d'individui al giorno volesse visitare la Terra, o lasciarla, la torre orbitale potrebbe ospitarli. Dopo tutto, un tempo le metropolitane delle città più grandi hanno fatto altrettanto…"

Rajasinghe schiacciò un bottone, interrompendo Morgan a metà della frase.

— Il resto è tutta roba tecnica. Va avanti a spiegare che la torre può diventare una specie di fionda cosmica, per inviare materiali alla Luna e ai pianeti senza servirsi di un solo razzo. Ma credo che abbiate già visto abbastanza per afferrare l'idea.

— Il mio cervello è doverosamente ammirato — disse il professor Sarath. — Ma per tutti i numi, e anche gli altri, che cosa c'entro io? Oppure tu, a voler guardare?

— Tutto a tempo debito, Paul. Qualche commento, Maxine?

— Forse posso perdonarti. Questa potrebbe essere una delle notizie più colossali del decennio, o del secolo. Ma perché tanta fretta, per non parlare della segretezza?

— Stanno succedendo parecchie cose che io non capisco, ed è qui che tu puoi aiutarmi. Sospetto che Morgan stia portando avanti una battaglia su diversi fronti. Ha in mente di annunciare tutto al mondo in un futuro molto prossimo, ma non vuole esporsi prima di essere sicuro. Mi ha lasciato questa registrazione con la promessa che non fosse divulgata al pubblico. È per questo che ho dovuto far venire qui tutti e due.

— È al corrente del nostro incontro?

— Certo. Anzi, si è dimostrato molto felice quando gli ho detto che volevo parlare con te, Maxine. È chiaro che ti stima e che vorrebbe averti come alleata. E per quanto riguarda te, Paul, gli ho assicurato che sei in grado di tenere un segreto fino a un massimo di sei giorni senza che ti venga l'apoplessia.

— Solo se mi offrono un ottimo motivo.

— Comincio a vedere la luce — disse Maxine Duval. — Ci sono diverse cose che mi hanno lasciata perplesa, e adesso hanno un po' di senso. Primo, questo è un progetto "spaziale". Morgan è ingegnere capo della Divisione "Terra".

— E allora?

— Proprio tu vieni a chiedermelo, tu, Johan! Pensa alle battaglie burocratiche quando i disegnatori di missili e le industrie aerospaziali ne sentiranno parlare! Imperi di miliardi di dollari barcolleranno, tanto per cominciare. Se non agisce con la massima cautela, Morgan si sentirà dire: "Grazie tante. Adesso ci pensiamo noi. Lieti di avervi conosciuto".

— Ti capisco, ma è in una botte di ferro. Dopo tutto la torre orbitante è un edificio, non un veicolo.

— Ma non lo sarà più dopo essere passata in mano agli avvocati. Non esistono molti edifici i cui piani superiori viaggino a dieci chilometri al secondo, o quello che è, molto più in fretta delle fondamenta.

— Potresti aver ragione. Fra parentesi, quando ho sentito i sintomi della vertigine all'idea di una torre che arriva quasi alla Luna, il dottor Morgan ha detto: "Allora provate a immaginare che non sia una torre che va in su, ma che sia semplicemente un ponte proteso in fuori". Ci sto ancora provando, senza troppo successo.

— Oh! — esclamò improvvisamente Maxine Duval. — Ecco un altro pezzo del tuo puzzle. Il Ponte.

— Che vuoi dire?

— Lo sapevi che il presidente della Terran Construction, quell'asino presuntuoso del senatore Collins, voleva dare il suo nome al ponte di Gibilterra?

— No, e questo spiega diverse cose. Ma Collins non mi dispiace. Le poche volte che ci siamo incontrati l'ho trovato molto gentile e molto intelligente. Ai suoi tempi non ha fatto studi geotermici di prima qualità?

— Saranno passati cento anni. E tu non rappresenti certamente una minaccia per la sua reputazione. Con te può anche essere gentile.

— Come mai il Ponte è scampato al destino?

— C'è stata una lieve congiura di palazzo fra i dirigenti della Terran Construction. Naturalmente il dottor Morgan non c'entrava per niente.

— Ecco perché non vuole scoprire le sue carte! Lo ammiro sempre di più. Ma adesso è andato a sbattere contro un ostacolo che non riesce a superare. Lo ha scoperto solo pochi giorni fa, e tutto il suo lavoro si è fermato.

— Lasciami indovinare — disse Maxine. — Mi serve a tenermi in allenamento, a non farmi superare dagli altri. Posso capire perché è venuto qui. La base terrestre del suo sistema d'ascensori deve trovarsi sull'equatore, altrimenti non sarebbe verticale. Diventerebbe un po' come quella torre di Pisa prima che cadesse.

— Non capisco… — disse il professor Sarath, agitando le braccia in su e in giù. — Oh, è ovvio… — La sua voce si spense in un silenzio meditabondo.

— Ora — continuò Maxine — sull'equatore esiste solo un numero limitato di posizioni, perché è quasi tutto ricoperto dall'oceano, no?, e Taprobane è ovviamente una di queste posizioni. Anche se non riesco a capire quali vantaggi particolari offra rispetto all'Africa o al Sudamerica. Oppure Morgan sta prendendo in considerazione tutte le possibilità?

— Come al solito, mia cara Maxine, le tue capacità deduttive sono fenomenali. Hai imboccato la pista giusta, ma non puoi andare oltre. Per quanto Morgan abbia fatto del suo meglio per spiegarmi il problema, non pretendo di comprenderne tutti i risvolti scientifici. Ad ogni modo risulta che l'Africa e il Sudamerica non sono adatti per l'elevatore spaziale. È questione di punti instabili all'interno del campo gravitazionale terrestre. Solo Taprobane è adatta. Peggio ancora, solo una certa località di Taprobane. Ed è qui, Paul, che tu entri in scena.

— Mamada? — esclamò il professor Sarath, che la sorpresa e l'indignazione riportarono al taprobani.

— Sì, tu. Il dottor Morgan ha appena scoperto, con estremo turbamento, che la località di cui ha "assoluto" bisogno è già occupata, se così vogliamo dire. Vuole che io lo consigli su come far sloggiare il tuo buon amico Buddy.

Adesso era Maxine a sentirsi perplessa. — Chi? — disse.

Sarath rispose immediatamente. — Il Venerabile Anandatissa Bodhidharma Manhayake Thero, reggitore del tempio di Sri Kanda — intonò, come se stesse cantando una litania. — Allora è questo il nocciolo della faccenda.

Per un attimo ci fu silenzio. Poi un'espressione di perfida delizia allo stato puro apparve sulla faccia di Paul Sarath, professore emerito d'archeologia dell'università di Taprobane.

— Ho sempre desiderato — disse con aria sognante — sapere cosa accade esattamente quando una forza irresistibile si scontra con un oggetto inamovibile.