"Mendicanti di Spagna" - читать интересную книгу автора (Kress Nancy)1Erano rigidamente seduti sulle sue antiche poltrone stile Eames, due persone che non volevano trovarsi lì, quanto meno una che non voleva e una che era risentita per la riluttanza dell’altra. Per il Dottor Ong non si trattava di cosa nuova. Nel giro di due minuti fu sicuro: era la donna quella che opponeva una silenziosa e accanita resistenza. Lei avrebbe perduto. L’uomo l’avrebbe invece scontata in seguito, attraverso piccole cose, per lungo tempo. — Presumo che lei abbia già effettuato i necessari controlli relativi alla solvibilità — disse Roger Camden con espressione gradevole. — Quindi occupiamoci subito dei dettagli, d’accordo, dottore? — Certamente — rispose Ong. — Perché non comincia a elencarmi tutte le modifiche genetiche a cui siete interessati per il bambino? La donna si spostò improvvisamente nella poltrona. Era sulla ventina inoltrata, chiaramente una seconda moglie, ma aveva già un aspetto sbiadito, come se tenere il passo con Roger Camden la stesse logorando. Ong non stentava a crederlo. La signora Camden aveva capelli bruni e occhi castani; la sua pelle era di una tonalità scura che sarebbe risultata graziosa se le sue guance avessero mostrato un briciolo di colore. Indossava un cappotto marrone, né di gran moda né dozzinale, e scarpe che avevano un vago aspetto ortopedico. Ong lanciò un’occhiata ai propri appunti per controllare il suo nome: Elizabeth. Avrebbe giurato che le persone lo scordavano di frequente. Accanto a lei, Roger Camden irradiava una vitalità nervosa: un uomo di mezz’età, la cui testa a forma di proiettile non si armonizzava con il taglio di capelli curato e il completo italiano in seta, da uomo d’affari. Ong non ebbe bisogno di consultare la propria documentazione per ricordare le informazioni relative a Camden. Una caricatura della testa a forma di proiettile era stata la vignetta di prima pagina dell’edizione della mattina precedente del "Wall Street Journal": Camden aveva messo a segno un colpo magistrale con un investimento su un atollo-dati oltre frontiera. Ong non era certo di cosa fosse un investimento su un atollo-dati oltre frontiera. — Una bambina — disse Elizabeth Camden. Ong non si era aspettato che fosse lei a parlare per prima. La voce della donna rappresentò un’ulteriore sorpresa, inglese britannico di alta classe. — Bionda. Occhi verdi. Alta. Slanciata. Ong sorrise. — I fattori esteriori sono i più facili da ottenere e sono certo che voi lo sappiate già. Tutto quello che possiamo fare per la snellezza è fornire una disposizione genetica in quella direzione. Il modo in cui nutrirete la bambina, ovviamente… — Sì, sì, è ovvio — disse Roger Camden. — Adesso parliamo di intelligenza. — Mi dispiace, signor Camden, non si conoscono ancora abbastanza bene i fattori di personalità per consentire genet… — Stavo solamente sondando il campo — lo interruppe Camden con un sorriso che Ong ritenne volesse indicare allegria. Elizabeth Camden aggiunse: — Abilità musicale. — Ancora una volta, signora Camden, tutto ciò che possiamo garantire è una disposizione alla musicalità. — È sufficiente — commentò Camden. — La gamma completa di correzioni per qualunque problema di salute collegato ai geni, ovviamente. — Ovviamente — disse il dottor Ong. Nessuno dei due clienti parlò. Per il momento si trattava di una lista relativamente modesta, dati i soldi di Camden; la maggior parte dei clienti doveva essere convinta a eliminare tendenze genetiche contraddittorie, sovraccarico di alterazioni o aspettative irrealistiche. Ong restò in attesa. La tensione pizzicava nell’aria come un forte calore. — E nessun bisogno di dormire — aggiunse Camden. Elizabeth Camden voltò violentemente la testa di lato per guardare fuori dalla finestra. Ong prese un fermacarte magnetico dalla scrivania. Cercò di rendere la propria voce gradevole. — Posso chiederle come sia venuto a sapere dell’esistenza di questo programma di modifica genetica? Camden sogghignò. — Non ne sta negando l’esistenza. L’apprezzo molto per questo, dottore. Ong cercò di contenersi. — Posso chiederle com’è venuto a sapere dell’esistenza del programma? Camden infilò una mano nella tasca interna della giacca. La seta era spiegazzata e arricciata: corpetto e abito erano di classe differente. Ong rammentò che Camden era uno Yagaista, amico intimo di Kenzo Yagai in persona. Camden consegnò a Ong un foglio di carta: dati tecnici del programma. — Non si preoccupi di andare a caccia della falla nei sistemi di sicurezza della sua banca dati, dottore. Non la troverà. Se però può servirle da consolazione, non ci riuscirà nessun altro. Ora. — Si sporse in avanti all’improvviso. Il suo tono cambiò. — So che lei ha creato venti bambini che non hanno alcun bisogno di dormire che, per il momento, diciannove di loro sono in perfetta salute, intelligenti e psicologicamente normali. In effetti, sono migliori di quelli normali: sono tutti insolitamente precoci. Il più grande ha già quattro anni e sa leggere in due lingue. So che lei sta pensando di mettere sul mercato questa modificazione genetica nel giro di qualche anno. Tutto quello che io voglio è un’opportunità di acquistarla per mia figlia Ong si alzò in piedi. — Non mi è possibile discutere direttamente con lei dell’argomento, signor Camden. Né il furto dei nostri dati… — Che non è stato un furto… il vostro sistema ha sviluppato una bolla di rigurgito spontaneo nel canale pubblico. Avrebbe una difficoltà del diavolo a provare che è avvenuto altrimenti… — — Ma certo, ma certo. Quando portò parlare anche con loro? — Lei? Camden, ancora seduto, sollevò lo sguardo su di lui. A Ong sovvenne che esistevano soltanto pochi uomini in grado di mantenere uno sguardo così sicuro di sé trovandosi mezzo metro sotto il livello degli occhi altrui. — Certamente. Mi piacerebbe avere l’opportunità di sottoporre la mia offerta a chiunque possegga la reale autorità per accettarla. Si tratta soltanto di un buon affare. — Non è solamente una transazione commerciale, signor Camden. — Non è nemmeno solamente pura ricerca scientifica — ribatté Camden. — Siete un’azienda a scopo di lucro. Per un minuto Ong non riuscì a comprendere che cosa intendesse dire Camden. — Leggi di concorrenza leale… — …promulgate per proteggere fornitori di minoranza. So che non si è mai arrivati a utilizzarle in processo a favore di clienti, eccetto che nel caso di speculazioni immobiliari relative a installazioni di energia-Y. Ma si potrebbe arrivare in tribunale, dottor Ong. Le minoranze hanno diritto alle stesse offerte di prodotti delle non minoranze. So perfettamente che l’Istituto potrebbe non gradire un processo in tribunale, dottore. Nessuna delle vostre famiglie genetiche sottoposte al test-beta è negra o ebrea. — Un processo… ma lei non è negro né ebreo! — Io faccio parte di una minoranza diversa. Polacco-americana. Il nome originale era Kaminsky. — Camden si alzò in piedi, alla fine. Sorrise calorosamente. — Ascolti, è ridicolo! Lo sa lei e lo so anch’io, e tutti e due sappiamo che festa sarebbe per i giornalisti. Lei sa anche che non voglio perseguirla con un processo ridicolo solo per utilizzare la minaccia di pubblicità prematura e negativa per ottenere quello che desidero. Non voglio fare alcuna minaccia, mi creda. Voglio solamente per mia figlia questo meraviglioso vantaggio che lei ha scoperto. — Il suo volto cambiò, mostrando un’espressione che Ong non avrebbe mai creduto possibile su quei particolari lineamenti: malinconia. — Dottore, sa quante cose in più avrei potuto realizzare se non avessi dovuto Elizabeth Camden commentò seccamente: — Adesso dormi a mala pena. Camden abbassò lo sguardo su di lei come se si fosse dimenticato della sua presenza. — Be’, no, certo, mia cara, non adesso. Ma quando ero giovane, al college. Sarei stato in grado di terminare il college e nello stesso tempo di mantenere… Comunque, adesso tutto questo non ha più alcuna importanza. Ciò che importa, dottore, è che io, lei e il consiglio di amministrazione arriviamo a un accordo. — Signor Camden, adesso la pregherei di lasciare il mio ufficio. — Intende dire, prima che lei perda la pazienza per la mia presunzione? Non sarebbe il primo. Mi aspetto che venga indetta una riunione per la fine della prossima settimana: quando e dove lo dirà lei, ovviamente. Comunichi semplicemente i dettagli alla mia segretaria personale, Diane Clavers. Qualunque sia il momento più adatto per lei. Ong non li accompagnò alla porta. Le tempie gli pulsavano per la pressione. Sull’arco della porta, Elizabeth Camden si voltò. — Che cosa è successo al ventesimo? — Come? — Al ventesimo bambino. Mio marito ha detto che diciannove di loro sono normali e in perfetta salute. Che cosa è successo al ventesimo? La pressione si fece più forte, più calda. Ong sapeva che non avrebbe dovuto rispondere, che Camden probabilmente conosceva già la risposta anche se sua moglie non era al corrente di nulla; sapeva anche che lui, Ong, avrebbe risposto comunque; sapeva che si sarebbe rammaricato amaramente, in seguito, per la mancanza di autocontrollo. — Il ventesimo bambino è morto. I suoi genitori si sono dimostrati instabili. Si sono separati durante la gravidanza, e la madre non è riuscita a sopportare il pianto di ventiquattro ore di un neonato che non dorme mai. Elizabeth Camden sgranò gli occhi. — Lo ha ucciso? — Per errore — rispose brevemente Camden. — Ha scosso il piccino un po’ troppo duramente. — Corrugò la fronte fissando Ong. — Bambinaie, dottore. A turni. Avreste dovuto scegliere solamente genitori sufficientemente ricchi da potersi permettere bambinaie a turni. — Ma è terrificante! — esplose la signora Camden, e Ong non fu in grado di stabilire se si riferisse alla morte del bambino, alla mancanza di bambinaie o alla superficialità dell’Istituto. Ong chiuse gli occhi. Quando se ne furono andati, prese dieci milligrammi di cyclobenzaprina-III. Per la schiena… solamente per la schiena. La vecchia ferita ricominciava a procurargli dolore. In seguito, rimase per parecchio tempo in piedi davanti alla finestra, tenendo ancora in mano il fermacarte magnetico, avvertendo la pressione attenuarsi alle tempie, sentendosi calmare. Sotto di lui, il lago Michigan lambiva pacificamente la riva; la polizia aveva portato via tutti i senzatetto in una retata appena la sera precedente e quelli non avevano ancora avuto il tempo di ritornare. Restavano solamente i loro avanzi gettati nei cespugli del parco adiacente alle sponde: coperte sfrangiate, giornali, sacchetti di plastica come patetici stendardi calpestati. Era illegale dormire nel parco, illegale entrarvi senza un permesso da residenti, illegale essere senza casa e senza residenza. Mentre Ong guardava, alcuni guardiani del parco, in uniforme, iniziarono metodicamente ad arpionare giornali e a infilarli in bidoni motorizzati. Ong sollevò il ricevitore del telefono per chiamare il presidente del consiglio di amministrazione dell’Istituto Biotech. Quattro uomini e tre donne stavano seduti attorno al lucido tavolo in mogano della sala conferenze. "Dottore, avvocato, capo indiano" pensò Susan Melling, passando con lo sguardo da Ong a Sullivan e quindi a Camden. Lei sorrise. Ong colse il sorriso e le lanciò un’occhiata gelida. Asino pomposo. Judy Sullivan, l’avvocato dell’Istituto, si voltò per parlare a bassa voce con l’avvocato di Camden, un uomo magro e nervoso che aveva l’aspetto di essere una proprietà. Il proprietario, Roger Camden, il capo indiano in persona, era l’individuo con l’aria più felice dell’intera sala. Il piccolo uomo letale… che cosa occorreva per diventare così ricchi partendo dal nulla? Lei, Susan, non lo avrebbe mai saputo di certo… irradiava eccitazione. Era raggiante, sfolgorante, così diverso dai soliti futuri genitori che Susan ne rimase affascinata. Generalmente i prossimi papà e mamme, in particolar modo i papà, sedevano lì con la tipica espressione di chi si trova a una fusione aziendale. Camden sembrava essere a una festa di compleanno. E lo era, in effetti. Susan gli sorrise e restò compiaciuta quando lui ricambiò il suo sorriso. Un ghigno da lupo, ma con una sfumatura di soddisfazione che poteva essere definita soltanto innocente. Com’era a letto? Ong corrugò la fronte con atteggiamento maestoso e si alzò per parlare. — Signore e signori, penso che siamo pronti per cominciare. Forse è opportuno iniziare con le presentazioni. Il signor Roger Camden e la signora Camden sono, ovviamente, i nostri clienti. Il signor John Jaworski, l’avvocato del signor Camden. Signor Camden, questa è Judith Sullivan, capo dell’ufficio legale del nostro Istituto; Samuel Krenshaw rappresenta il direttore dell’Istituto, il dottor Brad Marsteiner che sfortunatamente non è potuto essere qui, oggi, e la dottoressa Susan Melling che ha sviluppato la modificazione genetica che agisce sul sonno. Qualche punto legale che può interessare entrambe le parti… — Lasci perdere il contratto per un minuto — lo interruppe Camden. — Parliamo della questione riguardante il sonno. Mi piacerebbe fare qualche domanda. Susan chiese: — Che cosa vorrebbe sapere? — Gli occhi di Camden spiccavano azzurrissimi nel volto dai lineamenti privi di spigolosità: non era come lei se lo era aspettato. La signora Camden, che mancava apparentemente sia di un nome di battesimo sia di un avvocato, visto che Jaworski era stato presentato come avvocato di suo marito ma non suo, sembrava astiosa oppure impaurita, era difficile stabilire quale delle due cose, Ong disse con espressione acida: — Allora forse dovremmo cominciare con una breve presentazione della dottoressa Melling. Susan avrebbe preferito un botta e risposta per vedere che cosa le avrebbe chiesto Camden. Tuttavia aveva seccato troppo Ong durante la seduta. Obbediente, si alzò. — Permettetemi di iniziare con una breve descrizione del sonno. I ricercatori sanno da lungo tempo che esistono tre tipi di sonno. Uno è il "sonno a onde lente" caratterizzato sull’EEG da onde delta. Il secondo è il "sonno a rapidi movimenti oculari" o sonno REM, che è un tipo di sonno molto più leggero e maggiormente caratterizzato da sogni. Insieme, questi due formano il "nucleo del sonno". Il terzo tipo di sonno è il "sonno opzionale", così definito perché sembra che le persone possano andare avanti senza di esso e non subire alcun effetto negativo; coloro che dormono poco non ne hanno affatto e dormono naturalmente solo tre o quattro ore per notte. — Come me — disse Camden. — Mi sono allenato a farlo. Non potrebbero riuscirci tutti? Sembrava che, dopo tutto, avrebbero condotto un dialogo a botta e risposta. — No. Il meccanismo del sonno vero e proprio è parzialmente flessibile, ma non allo stesso modo per tutti. I nuclei del rafe sulla zona pontina cerebrale… Ong la interruppe: — Non penso che abbiamo bisogno di dettagli a questo livello, Susan. Atteniamoci alle cose basilari. Camden disse: — I nuclei del rafe regolano l’equilibrio fra i neurotrasmettitori e i peptidi che portano all’impulso di dormire, vero? Susan non poté farne a meno: sogghignò. Camden, il finanziere implacabile, tagliente come un laser, stava lì seduto cercando di apparire solenne, un bambinetto di terza elementare in attesa di vedere apprezzati i propri compiti. Ong aveva un’espressione sgradevole. La signora Camden distolse lo sguardo, fissando fuori dalla finestra? — Sì, è giusto, signor Camden. Ha effettuato anche lei delle ricerche? Camden replicò: — Si tratta di mia — Benissimo — proseguì Susan. — Allora lei sa già che il motivo per cui le persone dormono è l’impulso a dormire che si forma nel cervello. Nel corso degli ultimi vent’anni la ricerca ha stabilito che si tratta dell’ "Il sonno ha fornito un’importante funzione evolutiva. Una volta che il Clem pre-mammifero aveva finito di riempirsi lo stomaco e di schizzare sperma tutto attorno, il sonno lo manteneva immobile e lontano dai predatori. Il sonno rappresentava un aiuto per la sopravvivenza. Adesso, però, si tratta di un meccanismo superfluo, una vestigia, come l’appendice. Scatta ogni notte, ma il bisogno non esiste più. Così noi spegniamo l’interruttore alla fonte, nei geni." Ong si contrasse. La odiava quando semplificava esageratamente in quel modo. Forse, invece, era l’allegria quella che lui odiava. Se quella presentazione fosse stata eseguita da Marsteiner non ci sarebbero stati i Clem pre-mammiferi. — Che mi dice del bisogno di sognare? — chiese Camden. — Non è una necessità. È un bombardamento aggiuntivo della corteccia cerebrale per mantenere il cervello in stato di semi allerta, nel caso in cui un predatore dovesse attaccare durante il sonno. La veglia lo fa anche meglio. — Perché, allora, non avere direttamente veglia, dall’inizio dell’evoluzione? L’uomo la stava mettendo alla prova. Susan gli rivolse un gran sorriso, godendo della sua impudenza, — Gliel’ho già detto. Una forma di sicurezza contro i predatori. Ma quando attacca un predatore moderno, diciamo un investitore su atolli-dati oltre frontiera, è più sicuro essere svegli. Camden la incalzò: — Che mi dice dell’alta percentuale di sonno REM nei feti e nei neonati? — Un altro postumo evolutivo. Il cervello si sviluppa perfettamente anche senza di esso. — Che mi dice della riparazione neurale durante il sonno a onde lente? — Avviene comunque, ma può avvenire anche durante la veglia, se il DNA è programmato in modo tale da consentirlo. Non c’è perdita di efficienza neurale, per quel che ne sappiamo. — E per quanto riguarda la produzione dell’enzima della crescita umana in così alta concentrazione durante il sonno a onde lente? Susan lo guardò con ammirazione. — Avviene anche senza il sonno. Le regolazioni genetiche la collegano ad altri cambiamenti nella ghiandola pineale. — E gli… — Gli Susan si voltò verso Elizabeth Camden. Si era del tutto dimenticata che si trovasse lì. La donna più giovane fissò Susan, con gli angoli della bocca sempre abbassati. — Sono contenta che me lo abbia chiesto, signora Camden, perché esistono degli effetti collaterali. — Susan fece una pausa: si stava divertendo. — Confrontati con i compagni della stessa età i bambini che non dormono, che Camden prese una sigaretta. Quell’abitudine sudicia e arcaica sorprese Susan. Si accorse quindi che si trattava di una posa deliberata: Roger Camden stava attirando l’attenzione su un atteggiamento ostentato per distogliere l’attenzione da quello che stava provando. Il suo accendino era d’oro, personalizzato con un monogramma, innocentemente vistoso. — Lasci che mi spieghi meglio — proseguì Susan. — Il sonno REM bombarda la corteccia cerebrale con scariche neurali casuali provenienti dal midollo allungato: i sogni si creano perché la povera corteccia, assediata, si sforza terribilmente di dare un senso alle immagini e ai ricordi attivati. Per questa operazione utilizza moltissime energie. Senza quello spreco di energia i cervelli che non dormono si risparmiano il logorio e risultano migliori nella coordinazione degli input provenienti dalla vita reale. Di qui, la più alta intelligenza e la capacità di risolvere meglio i problemi. "Inoltre i medici sanno da sessant’anni che gli antidepressivi, che sollevano l’umore di pazienti depressi, sopprimono interamente anche il sonno REM. Quello che è stato dimostrato negli ultimi dieci anni è che è ugualmente vero il contrario: sopprimendo il sonno REM le persone non si deprimono. I bambini privi di sonno sono allegri, sereni… — A quale costo? — chiese la signora Camden. Aveva mantenuto il collo rigido, ma i muscoli sulle mascelle continuavano a fremere. — Nessun costo. Assolutamente nessun effetto collaterale negativo. — Per il momento — ribatté seccamente la signora Camden. Susan alzò le spalle. — Per il momento. — Ma hanno soltanto quattro anni! I più grandi! Ong e Krenshaw la stavano esaminando attentamente. Susan si accorse del momento in cui la Camden se ne rese conto: la donna sprofondò nuovamente nella poltrona, stringendosi addosso la pelliccia, con espressione vacua. Camden non guardò la moglie. Produsse una nuvoletta di fumo di sigaretta. — Tutto ha dei costi, dottoressa Melling. Alla donna piacque il modo in cui lui pronunciò il suo nome. — Generalmente sì. In particolare nella modificazione genetica. Ma, onestamente, in questo caso non siamo riusciti a trovarne alcuno, nonostante le ricerche. — Sorrise direttamente negli occhi di Camden. — È forse troppo credere che, per una volta, l’universo ci abbia dato qualcosa di interamente buono, che sia realmente un passo avanti, un vero beneficio privo di sanzioni nascoste? — Non l’universo. L’intelligenza di persone come lei — rispose Camden, sorprendendo Susan più di quanto fosse accaduto in precedenza. Lo sguardo dell’uomo aveva bloccato quello di lei. Susan sentì qualcosa serrarle il petto. — Penso — disse seccamente il dottor Ong — che la filosofia dell’universo vada oltre l’argomento che ci interessa, ora. Signor Camden, se non ha ulteriori domande di tipo medico da porre, potremo forse tornare alle questioni legali che la signora Sullivan e il signor Jaworski hanno evidenziato. Grazie, dottoressa Melling. Susan annuì. Evitò di guardare di nuovo Camden, ma continuò a essere cosciente di cosa diceva, dell’espressione che aveva, del fatto che fosse lì. La casa era approssimativamente come lei se l’era aspettata, un’immensa costruzione stile finto Tudor sul lago Michigan a nord di Chicago. Il terreno era fortemente boschivo fra il cancello di entrata e la casa, aperto, invece, fra la casa e l’acqua ondeggiante. Chiazze di neve punteggiavano l’erba assopita. Il Biotech aveva lavorato con i Camden per quattro mesi, ma questa era la prima volta che Susan si recava a casa loro, Mentre si incamminava verso l’edificio, un’altra automobile le si avvicinò alle spalle. No, un camioncino, che proseguì svoltando sul vialetto curvo in direzione di un’entrata di servizio sul lato della casa. Un uomo suonò al campanello della porta di servizio, un secondo cominciò a scaricare dal fondo del camioncino un recinto da gioco per bambini avvolto nella plastica. Bianco, con coniglietti rosa e gialli. Susan chiuse brevemente gli occhi. Camden le aprì personalmente la porta. Lei riuscì a scorgere lo sforzo dell’uomo per non apparire preoccupato. — Non saresti dovuta venire fin qui, Susan; sarei venuto io in città! — No, non volevo che lo facessi, Roger. C’è anche la signora Camden? — È in salotto. — Camden la condusse in una grande sala con un caminetto in pietra. Mobilio stile casa di campagna inglese e stampe di cani o navi tutte appese quaranta centimetri troppo in alto: l’arredamento doveva essere stato appannaggio di Elizabeth Camden. La donna non si alzò dalla poltrona quando Susan entrò. — Permettetemi di essere concisa e veloce — disse Susan. — Non voglio prolungare la cosa per voi più di quanto non sia necessario. Abbiamo tutti i risultati dei test di amniocentesi, ultrasuoni e Langston. Il feto sta bene e mostra uno sviluppo normale, per essere di due settimane; nessun problema con l’impianto sulla parete uterina. Ma è venuta fuori una complicazione. — Cosa? — disse Camden. Prese una sigaretta, guardò sua moglie e la ripose senza averla accesa. Susan continuò serenamente: — Signora Camden, per puro caso il mese scorso entrambe le sue ovaie hanno rilasciato un ovulo. Ne abbiamo rimosso uno per l’operazione genetica. Per un ulteriore puro caso, anche il secondo è rimasto fertilizzato e impiantato. Lei ha due feti. Elizabeth Camden si raggelò. — Gemelli? — No — fece Susan. Si rese conto quindi di ciò che aveva detto. — Voglio dire, sì. Sono gemelli ma non identici. Solamente uno è stato alterato geneticamente. L’altro non risulterà più somigliante al primo di un qualsiasi fratello. È un cosiddetto bambino normale. E so che voi non volevate un cosiddetto bambino normale. — No, non lo volevo — confermò Camden. Elizabeth Camden ribatté: — Io lo volevo. Camden le lanciò un’occhiata feroce che Susan non fu in grado di interpretare. Lui tirò fuori nuovamente la sigaretta e l’accese. Mostrava a Susan solamente il profilo e stava riflettendo intensamente; Susan dubitò che si rendesse conto della sigaretta o che l’avesse accesa. — Il bambino è danneggiato in qualche modo dalla presenza dell’altro? — No — rispose Susan. — No, ovviamente no. Stanno semplicemente… coesistendo. — È possibile abortirlo? :- Non senza abortire tutti e due. La rimozione del feto inalterato provocherebbe cambiamenti nel rivestimento uterino che condurrebbero probabilmente a un rigetto spontaneo dell’altro. — Trasse un respiro profondo. — Ovviamente c’è questa opzione. Possiamo ricominciare la procedura da capo. Ma, come le avevo già detto, siete stati molto fortunati quando l’inseminazione Camden disse: — La presenza del secondo feto sta recando danno a mia figlia? Le sta sottraendo nutrimento o altro? Cambierà qualcosa per lei con l’avanzare della gravidanza? — No. Esiste ovviamente la possibilità di una nascita prematura. Due feti occupano molto più spazio nell’utero e, se lo spazio si fa ridotto, la nascita può avvenire prematuramente. Ma il… — Quanto prematuramente? Abbastanza da minacciare la sopravvivenza? — Molto probabilmente no. Camden continuò a fumare. Apparve un uomo alla porta. — Signore, una telefonata da Londra. James Kendall da parte del signor Yagai. — Vengo subito. — Camden si alzò. Susan lo guardò esaminare il volto di sua moglie. Quando parlò, fu proprio a lei che si rivolse. — D’accordo, Elizabeth. D’accordo. — Lasciò la stanza. Per un lungo momento le due donne rimasero sedute in silenzio. Susan si era accorta del disappunto: quello non era il Camden che si era aspettata di vedere. Si accorse anche che Elizabeth Camden la stava osservando divertita. — Oh, sì dottoressa. È fatto così. Susan non commentò. — Completamente con il pieno controllo della situazione. Ma non questa volta. — Rise sottovoce, tutta eccitata. — Due. Lei… sa quale sia il sesso dell’altro. — Tutti e due i feti sono femminili. — Io volevo una bambina, sa? E adesso l’avrò. — Allora porterà avanti la gravidanza? — Oh, sì. Grazie per essere venuta, dottoressa. Susan venne congedata. Nessuno l’accompagnò alla porta ma, quando stava per salire in automobile, Camden sfrecciò fuori dalla casa, senza cappotto. — Susan! Volevo ringraziarti. Per avere fatto tutta questa strada fin qui per comunicarci personalmente la notizia. — Mi hai già ringraziato. — Già. Be’. Sei sicura che il secondo feto non rappresenti una minaccia per mia figlia? Susan disse deliberatamente: — Così come il feto alterato geneticamente non rappresenta una minaccia per quello concepito naturalmente. Lui sorrise. Parlò con voce bassa e malinconica. — E pensi che questo dovrebbe importarmi altrettanto. Ma non è così. Perché mai dovrei fingere quel sentimento? Specialmente con te? Susan aprì la portiera dell’auto. Non era ancora pronta, oppure aveva cambiato idea o qualcos’altro. A quel punto, però, Camden si chinò in avanti per chiudere la portiera e nei suoi modi non si notò nulla di incline al sentimento, nessun accenno di untuoso tentativo di ingraziarsela. — Farò meglio a ordinare un secondo recinto per giocare. — Sì. — E un secondo seggiolino per l’auto. — Sì. — Ma non una seconda balia per il turno di notte. — Questo lo devi decidere tu. — E tu. — Improvvisamente lui si chinò in avanti e la baciò in modo così cortese e rispettoso che Susan ne rimase sbalordita. Non l’avrebbero scioccata né lussuria né atteggiamento di conquista: questo invece sì. Camden non le diede l’opportunità di reagire: chiuse la portiera dell’auto e si incamminò nuovamente verso casa. Susan si diresse al cancello, con le mani che le tremavano sul volante, finché il divertimento non sostituì lo stupore: era stato un bacio deliberatamente distaccato, rispettoso, un enigma ben congegnato. E niente altro avrebbe potuto garantire altrettanto bene che ce ne sarebbe stato un altro. Si chiese che nomi avrebbero dato i Camden alle figlie. Il dottor Ong misurava a grandi passi il corridoio dell’ospedale in cui l’illuminazione era stata dimezzata di intensità. Dal reparto delle infermiere della Maternità un’infermiera avanzò di un passo come per fermarlo… era notte fonda, ben oltre il periodo delle visite… gli dette una bella occhiata in volto e svanì poi nuovamente all’interno della guardiola. Dietro l’angolo si trovava la vetrata che dava sulla nursery. Con suo grande dispetto, Susan Melling teneva il volto premuto contro il vetro. Con suo ulteriore dispetto, stava piangendo. Ong si rese conto che non gli era mai piaciuta quella donna. Forse nessuna donna. Perfino quelle dotate di menti superiori non sembravano in grado di evitare di farsi fregare dalle loro emozioni. — Guardi — disse Susan sorridendo un po’, asciugandosi il volto. — Dottore… Al di là del vetro Roger Camden, con camice e mascherina, stava sollevando un neonato con la camicina bianca e una coperta rosa. Gli occhi azzurri di Camden… azzurri in modo quasi teatrale; un uomo non avrebbe mai dovuto avere occhi così appariscenti… scintillavano. La testa del neonato era ricoperta da una peluria bionda: aveva occhi enormi e la pelle rosata. Gli occhi di Camden da sopra la mascherina dicevano che nessun altro bambino aveva mai avuto quegli attributi. Ong chiese: — Parto privo di complicazioni? — Sì — rispose Susan Melling con un singulto. — È andato tutto perfettamente. Elizabeth sta bene. Sta dormendo. Non è magnifica? Quell’uomo possiede lo spirito più avventuroso che io abbia mai visto. — Si asciugò il naso su una manica; Ong comprese che era ubriaca. — Le ho mai detto che una volta sono stata fidanzata? Quindici anni fa, alla scuola di medicina. Ho rotto con lui perché stava diventando troppo comune, troppo noioso. Oh, Dio, non le dovrei raccontare queste cose, mi dispiace. Mi dispiace. Ong si allontanò da lei. Al di là del vetro, Roger Camden depose la neonata in una piccola culla a rotelle. Il cartellino di riconoscimento su di essa diceva: NEONATA CAMDEN N° 1. 2.9 K.G. Un’infermiera del turno di notte guardò la scena con indulgenza. Ong non aspettò per vedere Camden emergere dalla nursery o per sentire Susan Melling dire ciò che gli avrebbe detto. Ong andò a farsi chiamare l’ostetrico. Il rapporto della Melling, date le circostanze, non era completamente attendibile. Si trattava di un’occasione perfetta e senza precedenti per analizzare ogni dettaglio sull’alterazione genetica con un campione di confronto non alterato, e la Melling mostrava più interesse per le sue sdolcinate emozioni. Ong, ovviamente, avrebbe dovuto occuparsi personalmente del rapporto, dopo avere parlato con l’ostetrico. Era bramoso di ottenere ogni dettaglio e non solo sulla neonata dalle guance rosate che si trovava fra le braccia di Camden. Voleva sapere tutto sulla nascita della bambina nella culla a fianco: NEONATA CAMDEN N° 2. 2.5 KG. La bambina dai capelli scuri con il viso a chiazze rosse rannicchiata nella coperta rosa, addormentata. |
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