"La torre proibita" - читать интересную книгу автора (Bradley Marion Zimmer)

CAPITOLO OTTAVO

Giaceva sul pavimento.

Prima di riprendere completamente conoscenza, se ne accorse, e pensò, confusamente: Come diavolo sono finito qui? Provava un dolore acuto alla testa, e uno ancora più forte all’inguine. Qualcuno gli sollevò il capo. Emise un mormorio di protesta quando si sentì esplodere il cervello, e aprì gli occhi. Damon, completamente nudo, era inginocchiato vicino a lui.

— Sta’ fermo — disse bruscamente quando Andrew cercò di alzarsi. — Lascia che ti asciughi il sangue dagli occhi, idiota!

L’emozione principale di Andrew, così forte da scacciare perfino il dolore, era l’indignazione. Respinse con violenza la mano di Damon. — Cosa diavolo ci fai, qui? Come osi? Io e Callista stavamo…

— Anche noi — replicò Damon, con un mezzo sorriso ironico. — E lo sai benissimo. Credi che ci tenessimo, a essere interrotti in quel modo? Ma meglio noi che i servitori, amico, se si fossero precipitati qui per scoprire chi stava morendo assassinato. In nome dell’inferno, non hai sentito Callista urlare?

Andrew udiva soltanto singhiozzare, ma gli sembrava che nella sua mente ci fosse la coscienza — non esattamente un ricordo — di urla strazianti. Si alzò in piedi faticosamente, ignorando la mano tesa di Damon.

— Callista! Devo andare da lei…

— C’è Ellemir che le tiene compagnia, e non credo che possa affrontarti proprio adesso. Lascia che ti dia un’occhiata. — Le mani indagatrici erano così impersonali che Andrew non poté offendersi. — Ti fa male?

Sì, faceva male. Damon aveva l’aria molto seria; ma dopo un breve esame, disse: — Non ci sono lesioni permanenti ai testicoli, credo. No, non guardare. Non sei esperto di ferite, e ti sembrerebbe più grave di quanto è in realtà. Ci vedi bene?

Andrew socchiuse le palpebre. — È tutto appannato — disse. Damon gli asciugò di nuovo il taglio alla fronte. — Le ferite alla testa sanguinano molto, ma credo che per questa ci vogliano un paio di punti.

— Lascia stare. — I singhiozzi di Callista lo straziavano. — Come sta? Oh Dio, le ho fatto male?

— Tu far male a lei? — disse Ellemir, dietro di loro, in tono pungente. — Non è riuscita a ucciderti, questa volta.

— Lasciala in pace — ribatté Andrew, scattando. Ricordava soltanto la passione e l’interruzione violenta: terribilmente violenta. — Cos’è successo? Un terremoto?

Callista giaceva sul fianco, col volto gonfio per le lacrime. Era nuda, e sembrava così indifesa che Andrew si sentì stringere il cuore. Prese la sua vestaglia e gliela drappeggiò delicatamente sul corpo nudo.

— Tesoro… tesoro, cosa ti ho fatto?

Lei ricominciò a piangere freneticamente. — Ho tentato… e per poco non l’ho ucciso, Damon. Credevo di essere pronta, e non lo ero! Avrei potuto ucciderlo…

Damon le scostò dolcemente i capelli dal volto madido di lacrime. — Non piangere più, breda. Tutti i fabbri delle fucine di Zandru non possono restaurare un uovo rotto. Non l’hai ucciso, e questo è l’importante.

— Stai cercando di dirmi che Callista…

— Un errore di giudizio — disse seccamente Damon. — Non avresti dovuto tentare senza prima chiedermi di controllarla per vedere se era pronta. Credevo di potermi fidare, di lei.

Andrew udì nella mente l’eco delle parole di Callista: Non è di te che non mi fido. E Damon che diceva: L’uomo che violenta una Custode rischia la vita e la ragione. Evidentemente Callista era ancora difesa da una serie di riflessi psi del tutto involontari, riflessi che lei non poteva controllare… e che non riconoscevano differenze tra un tentativo di stupro e l’amore più tenero.

Damon disse: — Elli, devo dare qualche punto alla fronte di Andrew. Resta con Callista, e non lasciarla neppure per un momento. — Guardò la moglie negli occhi e disse, in tono grave: — Adesso capisci quanto è importante?

Lei annuì. All’improvviso Andrew notò che era nuda e che non aveva l’aria di accorgersene. Dopo un momento, quando la sua consapevolezza si ripercosse in Ellemir, la giovane donna si girò e infilò una vestaglia di Callista abbandonata su una sedia; poi si sedette accanto alla sorella, tenendole la mano.

— Vieni, devo ricucire quel taglio — disse Damon. Quando furono nell’altra parte dell’appartamento comune, Damon indossò un accappatoio, e andò a prendere una cassetta di legno, e indicò a Andrew di sedersi sotto la lampada. Pulì la ferita con qualcosa di freddo e bagnato che produsse un blando effetto anestetico, poi disse: — Sta’ fermo. Forse ti farà un po’ male. — In verità fu molto doloroso, ma finì tutto così in fretta che, prima ancora che Andrew avesse il tempo di scostarsi, Damon stava sterilizzando l’ago nella fiamma di una candela, per riporlo. Riempì un bicchiere per Andrew e uno per sé e gli si sedette di fronte, guardandolo pensieroso. — Se l’altra lesione ti darà molto fastidio, domani, fa’ un paio di bagni caldi. Maledizione, Andrew, cosa ti ha preso? Tentare di farlo ora, senza neppure chiedere…

— Cosa diavolo t’interessa quando (e se) dormo con mia moglie?

— La risposta mi sembra evidente — rispose Damon. — Ci hai interrotti in un momento critico, lo sai. Avrei potuto abbassare una barriera, ma pensavo che potesse essere utile a Callista. Invece, se non fossi stato istruito nella Torre, entrambi avremmo subito gravi conseguenze. Io ho ricevuto il contraccolpo: quindi è affar mio, capisci? E poi — aggiunse, più gentilmente, — mi preoccupo per Callista, e anche per te.

— Io credevo che avesse semplicemente paura. Perché era sempre isolata, protetta, condizionata alla verginità…

Damon imprecò. — Per gli inferni di Zandru, come possono accadere cose simili? Siamo tutti e quattro telepati, e nessuno di noi ha avuto il buonsenso di discuterne onestamente! È colpa mia. Lo sapevo, ma non ho mai immaginato che tu ne fossi all’oscuro. Pensavo che te l’avesse detto Leonie; e lei, evidentemente, ha pensato che l’avessi fatto io. E credevo che Callista ti avrebbe avvertito, prima di tentare… Be’, maledizione, ormai è fatta e non si può rimediare.

Andrew era in preda a una disperazione totale. — È inutile, vero Damon? Io non vado bene né per Callie né per nessun altro. Dovrò… uscire senza chiasso dalla sua vita? Andarmene, rinunciare a tentare, smettere di tormentarla?

Damon tese la mano e gli strinse forte il braccio. Disse, incalzante: — Vuoi che lei muoia? Sai quanto è vicina alla morte? Adesso potrebbe uccidersi con un pensiero, con la stessa facilità con cui ha quasi ucciso te! Lei non ha nessun altro, non ha nient’altro, e può abbandonare la vita con un solo pensiero. E tu vuoi farle questo?

— Dio, no!

— Ti credo — disse Damon, dopo un attimo. — Ma dovrai farlo credere a lei.  — Esitò. — Devo saperlo. Sei penetrato in lei, sia pure leggermente?

L’indignazione di Andrew fu così grande che Damon arretrò. — Senti, Damon, cosa…

Damon sospirò. — Potrei chiederlo a Callie, ma pensavo di risparmiarglielo.

Andrew fissò il pavimento. — Non ne sono sicuro. È tutto… confuso.

— Credo che, se l’avessi fatto, per te sarebbe stato peggio.

Andrew disse, in uno scatto d’incontrollabile amarezza: — Non sapevo che lo detestasse tanto!

Damon posò una mano sulla spalla del terrestre. — Non è così. Non devi lasciare che questo guasti il ricordo di ciò che è stato bello. Quello era vero. — E aggiunse, dopo un momento: — Lo so: ero presente, ricordi? Mi dispiace che questo ti turbi: ma accade, capisci, fra i telepati, e noi siamo stati collegati tutti mediante la matrice. Era vero, e Callista ti ama e ti vuole. Quanto al resto, semplicemente ha sbagliato i calcoli: deve aver pensato di essere libera. Vedi: di solito le Custodi, se rinunciano alla loro carica per sposarsi, lasciano la Torre prima che il loro condizionamento sia completo. Oppure scoprono di non poter lavorare senza troppe sofferenze, perciò il condizionamento cede e allora rinunciano e se ne vanno. L’addestramento di una Custode è terribile. Su tre ragazze che ci provano, due non ce la fanno. E quando è completo e perfetto, è molto raro che scompaia. Quando Leonie ha dato a Callista l’autorizzazione di sposarsi, deve aver pensato che fosse uno di quei casi rarissimi: altrimenti Callista non avrebbe desiderato lasciare la Torre.

Andrew impallidì. — Cosa si può fare?

— Non lo so — disse sinceramente Damon. — Farò quello che posso. — Si passò stancamente la mano sulla fronte. — Vorrei avere un po’ di kirian da darle. Ma per il momento ha bisogno di essere rassicurata, e tu solo puoi farlo. Vieni, prova.

Ellemir aveva lavato a Callista il volto, le aveva pettinato e intrecciato i capelli, e le aveva infilato la camicia da notte. Quando Callista vide Andrew, i suoi occhi si riempirono di lacrime.

— Andrew, ho tentato! Non odiarmi! Per poco… per poco…

— Lo so. — Lui le prese le dita. — Avresti dovuto dirmi esattamente cosa ti faceva paura, amore.

— Non potevo. — Lei aveva gli occhi colmi di sofferenza e di rimorso.

— Quello che ho detto prima lo pensavo davvero, Callista. Ti amo, e posso aspettare. Per tutto il tempo che sarà necessario.

Lei gli strinse forte la mano. Damon si chinò su di lei e disse: — Elli dormirà qui con te, stanotte. Voglio che ti stia sempre vicina. Soffri?

Callista annuì, mordendosi le labbra. Damon chiese a Ellemir: — Quando l’hai vestita hai visto ustioni, o macchie nere?

— Niente di grave. Una macchia nera nell’interno della coscia — rispose Ellemir, scostando la camicia da notte, e Andrew guardò inorridito l’ustione. L’energia psi colpiva come il fulmine? Damon disse: — Non lascerà cicatrici, probabilmente. Accidenti, Callie, mi dispiace dovertelo chiedere, però…

— No — disse lei, in fretta. — Non è penetrato in me.

Damon annuì, con sollievo evidente, e Andrew, guardando l’ustione, comprese all’improvviso, inorridito, perché il marito di Ellemir aveva fatto quella domanda.

— Andrew non è ferito seriamente: un ematoma alla testa, e niente commozione cerebrale. Ma se hai dolori, sarà meglio che io controlli. — Alla sommessa protesta di lei, Damon ribatté gentilmente: — Callista, io controllavo i meccanismi psi quando tu eri solo una bambina. Ecco, sdraiati supina. Meno luce, Elli. Non posso vedere molto, così. — Andrew giudicò strana quell’osservazione, ma quando Ellemir abbassò le luci Damon annuì in segno di approvazione e poi accennò a Andrew di avvicinarsi. — Vorrei aver avuto il buonsenso di mostrartelo molto tempo fa.

Passò la punta delle dita sul corpo di Callista, senza toccarla, un paio di centimetri al di sopra della camicia da notte. Andrew sbatté le palpebre quando vide una lieve luce seguire le sue mani: correnti vorticose, che turbinavano qua e là in fioche e nebulose spirali di colore.

— Guarda. Questi sono i canali nervosi principali… Aspetta, voglio che prima tu veda uno schema normale. Ellemir?

Subito lei si sdraiò accanto a Callista. Damon disse: — Vedi? Le correnti principali, i canali ai lati della spina dorsale, il positivo e il negativo, e i centri principali che se ne diramano: fronte, gola, plesso solare, utero, base della spina dorsale, genitali. — Indicò le spirali di luce viva. — Ellemir è una donna adulta, sessualmente destata — disse, con tranquillo distacco. — Se fosse vergine, le correnti sarebbero identiche ma i centri inferiori sarebbero meno luminosi, meno carichi di energia. Questo è lo schema normale. In una Custode le correnti sono state alterate, mediante il condizionamento, per escludere gli impulsi provenienti dai canali inferiori, gli stessi canali che trasportano le energie sessuali e la forza psi. In una telepate normale (Ellemir possiede un laran considerevole) le due forze ascendono insieme, alla pubertà, e dopo certe perturbazioni, che vengono chiamate malesseri della soglia, si assestano e operano selettivamente, trasportando l’una o l’altra a seconda della necessità, sotto la spinta della forza della mente. Talvolta i canali si sovraccaricano. Ricordi, quando abbiamo lavorato nella matrice, che ti ho avvertito della possibilità di un’impotenza temporanea? Ma in una Custode le forze psi che vengono usate sono così enormi che un duplice flusso sarebbe eccessivo: un organismo non potrebbe reggerlo, a meno che i canali venissero tenuti completamente sgombri per la forza psi. In questo modo i canali superiori sono separati da quelli inferiori, che reggono la vitalità sessuale, e non c’è ritorno di fiamma. Quello che abbiamo qui — (Damon indicò Callista, e Andrew ricordò, assurdamente, i gesti di un insegnante di anatomia) — è un grave sovraccarico dei canali. Normalmente, le forze psi fluiscono qui. — Damon indicò di nuovo, mostrando a Andrew che i centri inferiori di Callista, così brillanti in Ellemir, erano fiocamente luminosi, e pulsavano come ferite infiammate, in vortici pesanti, torpidi, malsani. — Ci sono stati gli stimoli e il risveglio sessuale, ma i canali che normalmente avrebbero trasportato gli impulsi sono stati bloccati e cortocircuitati dall’addestramento come Custode. — Delicatamente le posò le mani sul corpo, toccando una delle vorticose correnti. Ci fu uno schiocco netto, e Callista gemette.

— Ti fa male? Lo temevo — si scusò Damon. — E non posso neppure liberare i canali. Non c’è neppure un po’ di kirian, in casa, vero? Altrimenti non riuscirai mai a superare il dolore.

Per Andrew erano discorsi incomprensibili, ma poteva vedere il gorgo turgido, rossocupo, che in Callista sostituiva i regolari impulsi luminosi visibili nel corpo di Ellemir.

— Non preoccupartene, adesso — disse Damon. — Forse si schiarirà dopo che avrai dormito.

Callista replicò, con un filo di voce: — Credo che dormirei meglio se Andrew mi tenesse fra le braccia.

Damon osservò, in tono pietoso: — So quello che provi, breda, ma sarebbe imprudente. Da quando hai cominciato veramente a reagire a lui, ci sono due serie contrastanti di riflessi. — Si rivolse a Andrew, molto serio. — Non voglio che tu la tocchi prima che i canali si siano liberati di nuovo! — Rivolto a Callista aggiunse in tono severo: — E questo vale anche per te.

Ellemir s’infilò nel letto accanto a Callista, e sistemò la coperta. Andrew notò che i canali luminosi erano scomparsi e si chiese come aveva fatto Damon a renderli visibili. Damon captò quel pensiero e disse: — Non è un trucco: una volta o l’altra t’insegnerò a farlo. Hai abbastanza laran per riuscirci. Perché non ti sdrai sul letto di Callista e cerchi di dormire? A vederti, si direbbe che ne hai bisogno. Io starò qui e controllerò Callista fino a quando sarò sicuro che non avrà una crisi.

Andrew si stese sul letto di Callista. Conservava ancora la lieve fragranza dei suoi capelli, il profumo che usava sempre, un delicato aroma di fiori. Per un po’ rimase sveglio, inquieto e infelice, pensando al male che aveva fatto a Callista. Lei aveva sempre avuto ragione. Vedeva Damon, seduto in silenzio sulla poltrona, che li osservava; e per un momento gli parve che non fosse un essere fisico ma una rete di correnti magnetiche, di campi elettrici, una trama di energie. Infine piombò in un inquieto dormiveglia.


Dormì poco, quella notte. La testa gli doleva in modo insopportabile, e ogni nervo del suo corpo urlava per la tensione. Di tanto in tanto si svegliava con un sussulto, udendo Callista gemere o piangere nel sonno, e non poteva fare a meno di rivivere l’incubo del fallimento. Fuori si stava già facendo chiaro quando vide Damon alzarsi senza far rumore dalla poltrona e avviarsi verso la sua camera. Andrew scivolò dal letto e lo seguì. Nella mezza luce, Damon appariva esausto e molto serio. — Neppure tu sei riuscito a dormire, parente?

— Ho dormito un po’. — Andrew pensò che Damon aveva un aspetto terribile. L’altro captò il suo pensiero e sorrise ironicamente. — La cavalcata di ieri, e poi quello che è successo stanotte… Ma sono quasi sicuro che lei non avrà crisi o convulsioni, questa volta, così posso fare un sonnellino. — Entrò nel suo appartamento. — Tu come ti senti?

— Ho un mal di testa atroce!

— E qualche altro dolore, immagino — disse Damon. — Comunque sei stato fortunato.

Fortunato! Andrew attese, incredulo, ma Damon non fornì spiegazioni. Andò alla finestra e la spalancò, affacciandosi nel vento gelido a guardare il bianco turbine della neve. — Accidenti. Sembra che ci sarà tempesta. La cosa peggiore che potesse capitare. Specialmente adesso, con Callista…

— Perché?

— Perché, amico mio, quando nevica sulle Colline di Kilghard, nevica sul serio. Potremmo restare bloccati per trenta o quaranta giorni. Avevo sperato di mandare qualcuno alla Torre di Neskaya a chiedere un po’ di kirian (non credo che Callista ne abbia già preparato) per il caso che debba liberarle i canali. Ma nessuno può viaggiare, con questo tempaccio: non posso chiedere a nessuno di farlo. — Damon si accasciò esausto sul davanzale. Andrew esclamò, vedendo il vento gelido che gli agitava i capelli: — Non addormentarti , accidenti: prenderai la polmonite. — Chiuse la finestra. — Va’ a riposare, Damon. Posso badare io, a Callista. È mia moglie, e la responsabilità è mia.

Damon sospirò. — Ma adesso che Esteban è invalido, io sono il parente più prossimo di Callie. E sono stato io a mettervi in contatto per mezzo della matrice. Quindi la responsabilità è mia, per il giuramento che ho fatto. — Barcollò, poi sentì che Andrew l’afferrava per la spalla e lo sorreggeva. Disse, con voce impastata: — Ma devo cercare di dormire, altrimenti non potrò aiutarla se avrà bisogno di me.

Andrew lo guidò verso il letto in disordine; e Damon captò un filo del pensiero del terrestre, un ricordo turbato e pieno di rimorso per aver assistito mentre lui e Ellemir facevano l’amore. Si chiese, vagamente, perché Andrew ne era turbato, ma era troppo stanco per curarsene. Si buttò sul letto, e per un momento s’impose di pensare con chiarezza. — Resta vicino alle donne. Lascia dormire Callista; ma se si sveglia e sente dolore, chiamami. — Si girò sul dorso, cercando di vedere chiaramente il terrestre con gli occhi offuscati. — Non toccarla… neppure se te lo chiede lei… È maledettamente importante… Può essere pericoloso…

— Correrò il rischio, Damon.

— Pericoloso per lei  — disse Damon, incalzante, e pensò: Maledizione, se non posso fidarmi di lui dovrò tornarci io…

Andrew captò quel pensiero e replicò: — E va bene, lo prometto. Ma voglio che me lo spieghi, quando potrai. — E Damon, con un sospiro di stanchezza, abbandonandosi al sonno, disse: — Lo prometto. — Andrew gli rimase accanto a guardare il volto contratto dalla stanchezza che si distendeva nel sonno, poi gli sistemò addosso una coperta e se ne andò. Diede ordine al valletto di Damon di lasciarlo dormire; poi, d’impulso, poiché Ellemir si svegliava sempre prestissimo, e sarebbe stato imbarazzante se qualcuno fosse andato a cercarla, gli disse d’informare il maggiordomo che erano rimasti svegli fino a tardi e che nessuno doveva disturbarli fino a quando avessero chiamato.

Tornò a sdraiarsi sul letto di Callista. Dopo un poco si riaddormentò. Si svegliò all’improvviso, e si rese conto di aver dormito diverse ore. Era giorno, ma era ancora buio e la neve turbinava oltre le finestre. Callista e Ellemir giacevano a fianco a fianco nel suo letto; ma mentre lui le guardava, Ellemir si sollevò a sedere, scese in punta di piedi e gli andò accanto.

— Dov’è Damon?

— A dormire, spero.

— Nessuno mi ha cercata? — Andrew le spiegò quello che aveva detto, e lei lo ringraziò. — Devo andare a vestirmi. Userò il bagno di Callista, se non ti dispiace. Non voglio disturbare Damon. E metterò un abito di mia sorella. — Muovendosi come un’ombra, prese alcuni indumenti dal guardaroba. Andrew la guardò con un vago risentimento: preferiva disturbare Callista piuttosto che Damon? Ma evidentemente la familiare presenza della gemella non turbava il pesante sonno di Callista.

Senza volerlo, Andrew ricordò Ellemir accanto a Callista, quella notte, nuda e per nulla impacciata. Pensò che se si era abituati ad aprire del tutto la mente, la nudità fisica non aveva molta importanza. Ma per un attimo rammentò la notte precedente, quando gli era sembrato di avere tra le braccia Ellemir, calda, ardente, che reagiva a lui come Callista non poteva fare… Inquieto, le voltò le spalle. Un calore bruciante gli inondò la faccia, e una fitta gli ricordò dolorosamente l’insuccesso della sera innanzi. Si chiese se Ellemir sapeva che lui aveva partecipato al suo atto d’amore, se ne aveva avvertito la presenza.

Ellemir lo guardò per un istante con un sorriso turbato; poi, mordendosi un labbro, andò in bagno, trascinandosi dietro una bracciata di biancheria azzurra e candida.

Sforzandosi di ritrovare la compostezza, Andrew guardò sua moglie addormentata. Sembrava pallida e stanca, con grandi cerchi scuri sotto gli occhi chiusi. Giaceva sul fianco, coprendosi parzialmente il volto con un braccio; e Andrew rammentò, con una sofferenza crescente, che l’aveva vista giacere così, nella fioca luce del sopramondo. Prigioniera degli uomini-felini nelle buie grotte di Corresanti, era venuta a lui in spirito, nel sonno: ferita, sanguinante, esausta, terrorizzata. E lui non aveva potuto far nulla per lei. L’impotenza l’aveva esasperato, allora: e adesso provava di nuovo tutti i tormenti dell’impotenza, di fronte alla sofferenza solitaria di Callista.

Lei aprì gli occhi, lentamente.

— Andrew?

— Sono qui con te, amore mio. — Vide la sofferenza passarle sul volto come un’ombra. — Come stai, tesoro?

— Orribilmente — disse lei, con una smorfia amara. — Come se fossi stata travolta da una mandria di oudrakhi imbizzarriti. — Solo Callista, pensò Andrew, era capace di scherzare in un momento come quello. — Dov’è Damon?

— Dorme, amore. Ellemir è andata a fare il bagno e a vestirsi.

Lei sospirò, chiudendo gli occhi per un momento. — E avevo pensato che oggi sarei stata davvero una sposa. Grazie a Evanda sono stati Damon e Ellemir a sentirci, e non quel marmocchio di Dezi con le sue provocazioni. — Andrew rabbrividì al pensiero. Era stato il sarcasmo di Dezi, infatti, a provocare quel disastro.

Disse, con forza: — Vorrei avergli spezzato il collo!

Callista sospirò, scuotendo la testa. — No, no, non è stata colpa sua. Siamo entrambi adulti, siamo capaci di prendere decisioni da soli. Lui è stato scortese. Fra telepati s’impara presto a non impicciarsi di queste cose, e se si scopre involontariamente qualcosa del genere ci si deve attenere alla discrezione. È stato imperdonabile: ma non è stata colpa sua quello che è accaduto dopo, amore mio. È stata una nostra scelta.

— Una mia scelta — disse Andrew, abbassando gli occhi. Lei gli prese la mano: aveva le dita fredde. Il terrestre vide ancora l’ombra del dolore passarle sul volto, e disse: — Damon mi ha avvertito di chiamarlo se ti fossi svegliata soffrendo.

— Non ancora. Lascialo dormire. Si è stancato tanto, per noi. Andrew…

Quando lui le s’inginocchiò accanto, Callista tese le braccia. — Andrew, stringimi… Solo per un momento. Voglio starti vicina… sentirti vicino a me…

Andrew si mosse prontamente, reagendo a quelle parole, pensando che anche dopo quella notte lei l’amava ancora, lo voleva ancora. Poi, ricordando, si ritrasse. Disse, angosciato: — Tesoro, ho promesso a Damon di non toccarti.

— Oh, Damon, Damon, sempre Damon — esclamò Callista, freneticamente. — Sono così infelice, e voglio soltanto che tu mi abbracci… — S’interruppe e riabbassò gli occhi con un sospiro desolato. Andrew smaniava per l’impulso di prenderla tra le braccia: questa volta non per il desiderio — era svanito, adesso — ma solo per tenerla vicina, proteggerla, calmarla, consolare il suo dolore. Ma la promessa lo teneva inchiodato; e infine Callista disse: — Oh, accidenti, immagino che abbia ragione lui. Di solito è così. — Ma Andrew lesse di nuovo la sofferenza nei suoi occhi: la invecchiava, le scavava il volto. Inspiegabilmente — e quel pensiero lo fece inorridire — gli ricordava le fattezze di Leonie: tirate, stanche, logore e vecchie.

Ancora una volta l’assalì un ricordo: quando per un attimo, quella notte, erano stati sommersi completamente dall’amore di Damon e Ellemir. Lei si era abbandonata — e aveva incominciato a reagire a lui — solo dopo la piena partecipazione con l’altra coppia. Di nuovo, l’aspra sofferenza pulsante nell’inguine e il torturante ricordo del fallimento offuscarono l’eccitazione. Il suo amore per Callista non era diminuito di un atomo, ma lui provava la sensazione indefinìbile e spaventosa che qualcosa fosse stato contaminato. Il soffio dell’intrusione: come se Damon e Ellemir — benché cari e vicini — si fossero in un modo o nell’altro intromessi fra lui e Callista.

Gli occhi di Callista erano colmi di lacrime. Ancora un attimo e lui, dimentico della promessa, l’avrebbe presa tra le braccia se Ellemir, fresca e rosea dopo il bagno, vestita di un accappatoio che Andrew aveva visto addosso a Callista, non fosse ritornata nella stanza. Vide che la sorella era sveglia e andò da lei.

— Ti senti meglio, breda?

Callista scosse la testa. — No. Peggio, se mai.

— Ce la fai ad alzarti, tesoro?

— Non lo so. — Callista provò a muoversi. — Dovrei farlo, credo. Mi chiami la mia ancella?

— No, Callie. Nessuno deve toccarti, ha detto Damon, e poi non voglio che quelle sciocche ragazze spettegolino. Mi occuperò io, di te. Andrew, va’ ad avvertire Damon che si è svegliata.

Andrew trovò Damon già alzato: si stava facendo la barba nel lussuoso bagno identico a quello nella sua metà dell’appartamento. Accennò al cognato di entrare. — Callista sta meglio?

Poi notò l’esitazione di Andrew. — Diavolo, non avevo mai pensato… Nell’impero ci sono i tabù della nudità?

Andrew sentì, stranamente, che doveva essere lui, non Damon, a provare imbarazzo. — In certe culture sì. La mia, tra le altre. Ma io mi trovo nel vostro mondo: quindi immagino che devo essere io ad adattarmi alle vostre usanze, non voi alle mie.

Sapeva che era da sciocchi provare imbarazzo o collera o indignazione al ricordo di Damon, la notte precedente, nudo, chino su Callista e intento a scrutare il suo fragile corpo nudo e tormentato.

Damon scrollò le spalle e disse, tranquillamente: — Qui non ci sono molti tabù del genere. Qualcuno, tra i cristoforos; oppure per la presenza di non umani, o fra le diverse generazioni. A me non farebbe piacere comparire nudo davanti a un gruppo di coetanei di mio padre o di Dom Esteban, per esempio. Ma non è proibito, e certamente non è imbarazzante nel senso in cui sei imbarazzato tu. Io non andrei in giro nudo, senza una ragione, in mezzo a un gruppo di ancelle; ma se la casa andasse a fuoco o qualcosa del genere, non esiterei. Un uomo della mia età, sposato alla sorella di mia moglie… — Scrollò le spalle. — Non ci avevo mai pensato.

Andrew comprese che avrebbe dovuto intuirlo la notte prima, quando Ellemir non aveva neppure dato segno di averlo notato.

Damon si sciacquò la faccia, poi la frizionò con una lozione di erbe, verde e dal profumo gradevole. Quell’aroma ricordò a Andrew la piccola distilleria di Callista. Damon rise, infilando la camicia, e disse: — Quanto a Elli, per te dovrebbe essere un sollievo. Significa che ti ha accettato come componente della famiglia. Vorresti che si sentisse imbarazzata davanti a te e si affrettasse a coprirsi in tua presenza, come se fossi un estraneo?

— No, a meno che lo volessi tu. — Ma forse questo significava che Ellemir non lo considerava un maschio? Un modo sottile di svirilizzarlo?

— Da’ tempo al tempo — disse Damon. — Andrà tutto a posto. — Continuò a vestirsi, tranquillamente. — Nevica ancora?

— Più che mai.

Damon andò a guardare: ma quando socchiuse la finestra per affacciarsi, il vento irruppe nella stanza come un uragano. Sì affrettò a richiudere. — Callie è sveglia? Chi c’è con lei? Bene: mi ero proprio augurato che Ellemir avesse il buonsenso di tener lontane le ancelle. Nelle sue condizioni, la presenza di non telepati sarebbe quasi insopportabile. Vedi, è per questo che nelle Torri non ci sono servitori umani. — Si voltò verso la porta. — Hai mangiato qualcosa?

— Non ancora — rispose Andrew, accorgendosi che era mezzogiorno passato e che lui aveva una gran fame.

— Allora scendi, se non ti dispiace, e di’ a Rhodri di mandare su qualcosa. Credo che dovremmo stare tutti vicino a Callista. — Damon esitò. — Devo affidarti una missione delicata. Va’ a dare a Dom Esteban una specie di spiegazione. Se andassi io, basterebbe che mi guardasse per sapere tutto: mi conosce fin da quando avevo nove anni. Non credo che ti sonderà per approfondire. Per lui sei ancora abbastanza estraneo, e quindi non violerà il tuo riserbo. Ti dispiace? Io non me la sento di dargli spiegazioni.

— Non mi dispiace — rispose Andrew. In realtà gli dispiaceva, ma sapeva che fornire una specie di spiegazione all’invalido era doveroso. Ormai era passata da un pezzo l’ora in cui Ellemir si alzava di solito, e Dom Esteban era abituato alla compagnia di Callista.

Scese, e disse al maggiordomo di sala che erano rimasti svegli tutti fino a tardi e che avrebbero fatto colazione nei loro appartamenti. Ricordando quello che aveva detto Damon a proposito della presenza dei non telepati, spiegò che nessuno doveva entrare: il vassoio doveva essere lasciato davanti alla porta. Senza mostrare la minima curiosità, come se fosse stata una richiesta normalissima, il maggiordomo replicò: — Certamente, Dom Ann’dra.

Nella Grande Sala, Dom Esteban stava sulla poltrona a rotelle davanti alla finestra, e la guardia Caradoc gli teneva compagnia. Andrew vide con sollievo che Dezi non c’era. Dom Esteban e Caradoc erano impegnati in un gioco simile agli scacchi, che una volta Damon aveva cercato d’insegnare a Andrew. Era chiamato «i castelli»: c’erano pezzi di cristallo scolpito, che non venivano disposti in ordine sulla scacchiera ma gettati a caso e mossi dal punto dove cadevano, secondo certe regole complesse. Dom Esteban prese dalla scacchiera un pezzo di cristallo rosso, rivolse a Caradoc un sogghigno trionfante, poi alzò gli occhi verso Andrew.

— Buongiorno. O devo dire buonasera? Spero che tu abbia dormito bene.

— Abbastanza bene, signore, ma Callista è… è un po’ indisposta. E Ellemir è con lei.

— E voi due state con le vostre mogli: molto giusto — commentò Dom Esteban sorridendo.

— Se c’è qualcosa da fare, suocero…

— Con questo tempaccio? — Il vecchio indicò la neve. — Niente. Non devi scusarti.

Andrew ricordò che anche il vecchio era un potente telepate. Se la tempesta della notte precedente aveva disturbato Damon e Ellemir addirittura nel letto coniugale, aveva sconvolto anche Dom Esteban? Ma se era così, neppure un fremito delle palpebre stava a dimostrarlo. Il nobile Alton aggiunse: — Porta i miei saluti a Callista, e i miei auguri di riprendersi presto. E di’ a Ellemir di assistere sua sorella. La compagnia non mi manca, quindi per un giorno o due posso fare a meno di voi.

Nel pesante dialetto delle montagne, Caradoc commentò che la stagione delle tormente andava benissimo per rimanere in casa a godersi la compagnia della moglie. Dom Esteban sghignazzò, ma quella battuta infastidì un po’ Andrew. Provava riconoscenza per il vecchio, ma si sentiva teso, vergognoso. Nessuno che possedesse un’ombra di facoltà telepatica poteva aver dormito, quella notte, pensò. Doveva aver svegliato i telepati fino a Thendara!

Avevano già portato di sopra la colazione, e Damon l’aveva portata al capezzale di Callista. Lei era di nuovo a letto: era pallida ed esausta. Ellemir stava cercando d’indurla a mangiare qualcosa, a bocconcini, come avrebbe fatto con una bambina malata. Damon fece posto a Andrew e gli porse un panino caldo. — Non ti abbiamo aspettato. Io avevo molta fame, dopo questa notte. I servitori, probabilmente, penseranno che stiamo facendo un’orgia!

Callista disse, con una risatina ironica: — Vorrei che avessero ragione. Sarebbe sempre meglio di questo. — Scosse la testa quando Ellemir le offrì un pezzetto di pane caldo, spalmato di aromatico miele di montagna. — No, davvero, non me la sento.

Damon la scrutava inquieto. Lei aveva bevuto qualche sorso di latte ma aveva rifiutato di mangiare, come se lo sforzo d’inghiottire fosse troppo grande. Infine le disse: — Adesso che ti occupi tu della distilleria, hai preparato il kirian?

Lei scrollò la testa. — Ho continuato a rimandare da un giorno all’altro; e qui non c’è nessuno che ne abbia bisogno, dato che Valdir è a Nevarsin. E poi è un fastidio, prepararlo: bisogna distillarlo tre volte.

— Lo so. Io non l’ho mai preparato, ma ho visto come si fa — disse Damon, guardandola attentamente mentre lei si muoveva. — Soffri ancora?

Callista annuì, e disse con un filo di voce: — Sanguino.

— Anche questo? — Non le veniva risparmiato proprio nulla? — È molto in anticipo sul normale? Se si tratta di pochi giorni, può essere semplicemente il trauma.

Lei scosse la testa. — Non capisci. Non… non c’è nessun ritmo normale, per me. Questa è la prima volta…

Lui la fissò inorridito, quasi incredulo. Poi disse: — Ma avevi tredici anni, quando sei andata alla Torre: i tuoi cicli non erano ancora apparsi?

A Andrew parve che Callista fosse imbarazzata, quasi vergognosa. — No. Leonie aveva detto che era un bene che non fossero ancora iniziati.

Damon esclamò irosamente: — Avrebbe dovuto aspettarli, per cominciare la tua preparazione!

Callista distolse gli occhi, arrossendo. — Mi aveva detto che… che se cominciavo così giovane, alcuni dei normali processi fisici si sarebbero alterati. E che per me sarebbe stato tutto più facile se i cicli non mi comparivano neppure.

Damon esclamò: — Credevo che fosse una barbarie delle epoche del caos! Da generazioni è normale che una Custode debba essere una donna fatta!

Callista si affrettò a difendere la madre adottiva. — Mi aveva detto che altre sei ragazze avevano tentato di adattarsi e non c’erano riuscite, ma che per me sarebbe stato più facile: meno sofferenze e meno fastidi…

Damon aggrottò la fronte e sorseggiò un bicchiere di vino, fissando nel vuoto come se vi scorgesse qualcosa di sgradevole.

— Rispondimi, e rifletti attentamente. Nella Torre ti hanno dato qualcosa per sopprimere le mestruazioni?

— No. Non è mai stato necessario.

— Non posso credere una cosa simile, di Leonie, ma ha mai lavorato con una matrice sulle correnti del tuo corpo?

— Solo il normale schema di addestramento, credo — rispose dubbiosa Callista. Andrew intervenne: — Un momento: cos’è questa storia?

Damon era torvo. — Nei tempi antichi, qualche volta una futura Custode veniva castrata: l’ha detto anche Marisela, ti ricordi? Non posso credere… non posso credere  — aggiunse con enfasi, — che Leonie abbia annullato in questo modo la tua femminilità!

Callista replicò, turbata: — Oh, no, Damon! Oh, no! Leonie mi vuole bene, non avrebbe mai… — Ma la sua voce si spense. Aveva paura.

Leonie era stata così sicura che la sua scelta fosse definitiva, aveva esitato tanto a lasciarla libera…

Andrew strinse la fredda mano di Callista. Damon disse, aggrottando la fronte: — No, naturalmente, so che non sei stata castrata. Se il ciclo è incominciato, allora il tuo orologio si è rimesso in moto. Ma talvolta lo si faceva anticamente, quando pensavano che la verginità fosse un peso meno opprimente per una ragazza ancora immatura.

— Ma adesso che è incominciato le andrà tutto bene, no? — chiese ansiosa Ellemir, e Damon rispose: — Speriamo. — Fose l’eccitazione della notte precedente, per quanto abortita, aveva ridestato alcuni dei canali ostruiti; se Callista era maturata all’improvviso, forse la sofferenza e il disagio fisico potevano essere i normali disturbi della pubertà. Ricordava, dagli anni trascorsi nella Torre, che le giovani donne addestrate come future Custodi — e addirittura tutte le donne che lavoravano con la meccanica psi a un livello superiore a quello del controllo — andavano soggette a dolori mestruali ricorrenti, e qualche volta tormentosi. Callista, seguendo i suoi pensieri, rise lievemente e disse: — Ad Arilinn distribuivo tè di fiordoro e rimedi del genere alle altre donne, e mi consideravo fortunata perché ero immune dai loro disturbi. A quanto sembra, sono entrata a far parte della schiera delle donne normali, almeno in questo! So che abbiamo tè di fiordoro, nella distilleria: Ferrika lo dà a metà delle donne della tenuta. Forse andrà bene anche per me.

Ellemir disse: — Vado a preparartene un po’. — Tornò dopo qualche minuto con una tazzina di fumante infuso. Aveva un forte aroma di erba. Per un momento, la voce di Callista rifletté un’eco della sua gaiezza di un tempo.

— Non l’ho mai assaggiato. Spero che non sia disgustoso.

Ellemir rise. — Ti starebbe bene se lo fosse, sciagurata, visto che distribuisci decotti del genere senza sapere che gusto hanno! No, anzi, ha un sapore gradevole. A me non è mai dispiaciuto, berlo. Però ti farà venir sonno, quindi sdraiati e lascia che faccia effetto.

Ubbidiente, Callista bevve il fumante liquido e si assestò sotto le coperte. Ellemir prese un ricamo e si sedette accanto a lei. Damon disse: — Vieni, Andrew, adesso è tutto a posto. — E si scostò per lasciarlo passare.

Al pianterreno, nella distilleria, Damon cominciò a frugare tra le erbe, le essenze, gli apparecchi. Andrew, guardando i recipienti dalla forma strana, i mortai e i pestelli e le bottiglie allineati sugli scaffali, i mazzi di erbe secche, di foglie, di steli, di baccelli, di fiori e di semi, chiese: — Sono tutte medicine?

— Oh, no — rispose distrattamente Damon, aprendo un cassetto. — Quelle — fece, indicando un mucchietto di semi pestati, — sono spezie da cucina, e Callista prepara un incenso per aromatizzare l’aria, e lozioni cosmetiche e profumi. La roba che si può acquistare nelle città non vale neppure la metà di quello che si fa qui, secondo le vecchie ricette.

— Cos’era la bevanda che Ellemir ha dato a Callista?

Damon scrollò le spalle. — Il fiordoro? Un blando tonico muscolare, che fa bene per i crampi e gli spasmi di ogni genere. Non può farle male: lo danno anche alle donne incinte e ai neonati con le coliche. — Ma si chiese, preoccupato, se poteva aiutare Callista. Un’interferenza così grave nei processi fisiologici… Com’era possibile che Leonie avesse fatto una cosa simile?

Andrew captò quel pensiero, chiaramente come se Damon l’avesse formulato a voce. — Sapevo che le Custodi subivano certe alterazioni fisiche. Ma questo…?

— Anch’io sono scandalizzato — disse Damon, rigirando tra le mani un mazzetto di fogliaspina. — Non è certo la consuetudine, ai giorni nostri. Credevo che fosse contrario alle leggi. Naturalmente Leonie aveva le migliori intenzioni. Hai visto le alterazioni delle correnti nervose, no? Alcune ragazze soffrono moltissimo per le mestruazioni, e probabilmente Leonie non voleva vederla star male. Ma a che prezzo! — Fece una smorfia e ricominciò ad aprire i cassetti. — Se Callista l’avesse scelto liberamente… Ma Leonie non gliel’aveva detto! È questo che non riesco a comprendere né a perdonare!

Andrew provava uno sbigottimento insidioso, un orrore fisico. Perché, dopotutto, doveva sconvolgerlo tanto? Le modificazioni fisiche non erano cose inaudite. A quasi tutte le donne che facevano parte degli equipaggi delle astronavi imperiali, e che comunque venivano rese sterili dalle radiazioni dello spazio profondo, si risparmiava il fastidio delle mestruazioni. I trattamenti ormonali, le rendevano inutili, per le donne che non intendevano avere figli. Perché doveva sentirsi tanto turbato? Non era sconvolgente… ma lo sembrava a Damon! Non si sarebbe mai abituato a quella specie di vita in una vasca di pesci rossi? Non era neppure capace di pensare con la sua testa?

Damon frugava tra i mazzi di erbe. Disse: — Devi capire. Callista ha compiuto i vent’anni. È una donna adulta, che per anni ha svolto un lavoro difficile e altamente tecnico in qualità di meccanico delle matrici. È una professionista, specializzata nella più impegnativa attività di Darkover. E adesso tutta la sua preparazione, tutte le sue conoscenze, non servono più a nulla. Sta lottando col decondizionamento e col risveglio sessuale, e ha tutti i problemi emotivi di una sposa novella. E adesso, oltre a tutto questo, scopro che fisicamente è stata mantenuta nelle condizioni di una ragazzina di dodici o tredici anni! Per Evanda! Se avessi saputo…

Andrew fissò il pavimento. Più di una volta, dopo il terribile fiasco di quella notte, aveva provato ciò che a suo avviso doveva provare uno stupratore. Se Callista, fisicamente, era una ragazzina impubere… Sentì una fitta di orrore.

Damon disse, gentilmente: — No! Non lo sapeva neppure lei. Non dimenticare che per sei anni ha vissuto come una professionista adulta ed esperta. — Eppure sapeva che neanche questo era del tutto vero. Callista doveva essere stata ben conscia dell’enorme e insopprimibile abisso tra lei e le altre donne. Forse Leonie aveva risparmiato qualche sofferenza fisica alla sua protetta: ma a che prezzo?

Be’, era un buon segno che il ciclo mestruale si fosse imposto spontaneamente. Forse, col tempo e la pazienza anche le altre barriere si sarebbero dissolte. Prese un mazzo di fiori secchi e li fiutò, cautamente. — Oh, eccoli qui. Kireseth… No, non fiutarli: giocano strani scherzi, alla mente umana. — Provò un lieve senso di colpa, al ricordo. Il tabù contro il kireseth, tra gli operatori psi, era assoluto, e lui aveva la sensazione di aver commesso un delitto maneggiandolo. Disse, rivolgendosi più a se stesso che a Andrew: — Con questo posso preparare il kirian. Non so distillarlo come fanno ad Arilinn, ma posso ricavarne una tintura… — Stava pensando alle varie possibilità: una forte soluzione di resine sciolte in alcool. Forse, con l’aiuto di Ferrika, avrebbe potuto fare un’unica distillazione. Posò i fiori, immaginando che il profumo giungesse alle radici del suo cervello, distruggesse l’autodominio, abbattesse le barriere tra la mente e il corpo…

Andrew camminava irrequieto avanti e indietro. Aveva la mente colma di orrore. — Damon, Callista doveva sapere ciò che poteva succedere.

— Certo, che lo sapeva — disse Damon, senza ascoltarlo veramente. — Già prima di compiere i quindici anni aveva imparato che nessun uomo può toccare una Custode.

— E se ho potuto spaventarla così terribilmente… Damon! — All’improvviso Andrew fu vinto dall’orrore e dalla ripugnanza che si erano impadroniti di lui quella notte. Abbassò la voce. — Sai cosa voleva che facessi? Mi ha chiesto… di farle perdere i sensi e di violentarla mentre… mentre non poteva resistere. — Cercò di esprimere almeno in parte l’orrore che l’aveva preso; ma Damon si limitò a guardarlo, pensieroso.

— Forse sarebbe stata una soluzione, se è per questo — disse. — Callista è stata molto acuta, a pensarlo. Dimostra che ha un’idea dei problemi in gioco.

Andrew non seppe reprimere un’esclamazione inorridita: — Dio santo! E tu lo dici con tanta calma!

Damon si voltò, e si accorse all’improvviso che il giovane era allo stremo della sopportazione. Disse, gentilmente: — Lo sai cosa ti ha salvato dalla morte, vero?

— Non so più nulla. E quello che so non serve a molto! — Andrew era disperato. — Davvero credi che avrei potuto…

— No. No, naturalmente, bredu. Capisco perché non potevi. Non credo che nessun uomo onesto potrebbe fare una cosa simile! — Damon gli posò la mano sul polso. — Quello che ti ha salvato… che vi ha salvati… è stato il fatto che lei non aveva paura. Che ti amava e ti voleva. Perciò ti ha colpito soltanto col riflesso fisico, che non poteva controllare. Non ti ha fatto neppure perdere i sensi: sei svenuto perché hai battuto la testa. Se Callista fosse stata terrorizzata e ti avesse resistito, se tu avessi cercato davvero di prenderla contro la sua volontà, riesci a immaginare cos’avrebbe potuto farti? Callista è una dei più potenti telepati di Darkover, ed è stata istruita come Custode ad Arilinn! Se non avesse voluto, se l’avesse considerato uno stupro, se avesse provato… paura o ripugnanza nei confronti del tuo desiderio, tu saresti morto. — E ripeté, con maggior forza: — Saresti morto, morto!

Ma Callista aveva avuto paura, pensò Andrew, fino a quando Damon e Ellemir avevano stabilito il contatto… Era stata la consapevolezza del piacere di Ellemir a farle desiderare di condividerlo! E ancora più inquietante era il pensiero di Damon, conscio di Callista come lui era stato conscio di Ellemir. Damon, captando la sua angoscia, per un momento restò turbato, come per un rimprovero. Erano stati tutti così vicini… Andrew non voleva essere parte di ciò che erano? Posò la mano sulla spalla del terrestre: un contatto insolito per un telepate ma naturale in quel momento, nel ricordo dell’intimità che avevano condiviso. Andrew si scostò, e Damon ritrasse la mano, turbato e un po’ rattristato. Doveva restare così lontano? Per quanto tempo? Per quanto tempo? Era un fratello o un estraneo?

Tuttavia disse, gentilmente: — So che per te è una cosa nuova. Continuo a dimenticare che io sono un telepate fin dalla nascita e ho sempre accettato tutto questo come una cosa naturale. Andrà tutto bene, vedrai.

Tutto bene?, si chiese Andrew. Sapere che il solo fatto che lui fosse diventato involontariamente un guardone aveva impedito a sua moglie di ucciderlo? Sapere che Damon e Ellemir la consideravano una cosa normale, al punto che l’avevano prevista e poi accolta con gioia? Per caso Damon era risentito in quanto lui voleva Callista tutta per sé? Ricordò la proposta che lei gli aveva fatto, ricordò l’impressione di tenere tra le braccia Ellemir, calda, ardente… come Callista non poteva essere. Sconvolto, confuso e disperato, voltò le spalle a Damon, brancolando, per uscire da quella stanza. Era oppresso dalla vergogna e dall’orrore. Voleva… doveva andare via, dovunque, dovunque, lontano da lì, lontano dal contatto rivelatore di Damon, dall’uomo che sapeva leggere i suoi pensieri più intimi. Non si rendeva conto di essere ammalato, di avere una malattia autentica chiamata trauma culturale. Sentiva soltanto che era indisposto, e che il malessere assumeva la forma di una rabbia furiosa nei confronti di Damon. Il pesante odore delle erbe gli fece temere un conato di vomito. Disse, con voce impastata: — Vado a prendere un po’ d’aria. — E spalancò la porta, attraversando le cucine deserte. Uscì nel cortile. Si fermò, in mezzo alla neve che cadeva fitta, e maledisse il pianeta dov’era venuto a vivere e la sorte che l’aveva condotto lì.

Avrei dovuto morire quando l’aereo è precipitato. Callie non ha bisogno di me… Non riuscirò mai ad altro che a farle male.

Alle sue spalle, Damon disse: — Andrew, vieni, parlane con me. Non andartene così, da solo, cercando di rinnegare tutto.

— Oh Dio — mormorò Andrew, inalando un respiro che era quasi un singulto. — Devo fare così. Non posso più parlare. Non lo sopporto più. Lasciami in pace, maledizione: non sei capace di lasciarmi in pace almeno per un po’?

Sentiva la presenza di Damon come un’acuta sofferenza fisica, una pressione, un’ossessione. Sapeva di fargli male: rifiutava di capire, di voltarsi, di guardare… Infine Damon disse, gentilmente: — Sta bene, Ann’dra. So che hai già sopportato anche troppo. Ti lascerò stare per un po’, allora. Ma non troppo a lungo. — E Andrew comprese, senza voltarsi, che Damon se n’era andato. No, pensò con un fremito d’orrore: Damon non era mai venuto lì, era ancora nella piccola distilleria.

Rimase nel cortile, al centro del pesante turbine di neve, appena attutito dai muri che lo circondavano. Callista. Cercò il rassicurante contatto con lei, ma lei non c’era: c’era solo una pulsazione fioca, inquieta, e Andrew non osò disturbare quel sonno indotto dalla pozione soporifera.

Cosa posso fare? Cosa posso fare? Sgomento e inorridito, cominciò a piangere, solo tra la neve. Non si era mai sentito così solo in vita sua, neppure quando l’aereo era precipitato e lui si era trovato su un pianeta sconosciuto, sotto un sole ignoto, fra montagne inesplorate…

Tutto quello che conoscevo è finito, inutile, insignificante o peggio. I miei amici sono estranei, mia moglie è la più estranea di tutti. Il mio mondo è scomparso, rinnegato. Non posso ritornarvi: mi credono morto.

Pensò: Almeno prendessi la polmonite e morissi. E poi, conscio della puerilità di quel desiderio, si rese conto di trovarsi in un pericolo molto reale. Stordito, spinto da qualcosa che non era l’istinto di conservazione ma la vaga ombra di un senso del dovere, rientrò. La casa gli sembrava aliena, estranea: non era un luogo dove un terrestre potesse vivere. Era mai stata accogliente, era mai stata per lui una vera casa? Con un profondo senso di alienazione, girò lo sguardo intorno a sé nella sala vuota, e provò sollievo nel vederla così. Dom Esteban doveva essere andato a riposare, come faceva sempre a metà della giornata. Le ancelle chiacchieravano sottovoce. Si lasciò cadere esausto su una panca, appoggiò la testa sulle braccia, e restò così, senza dormire, chiuso in se stesso, sperando che se rimaneva immobile, in silenzio, tutto sarebbe svanito e non sarebbe più stato vero.

Molto tempo dopo, qualcuno gli mise in mano un bicchiere. Ingollò il contenuto con un senso di gratitudine; e poi ne trovò un altro, e un altro ancora. Si sentì stordito. Udì la propria voce che parlava, confidava tutto a un ascoltatore comprensivo. Poi bevve ancora. Si rese conto di perdere i sensi, e ne provò sollievo.

C’era una voce nella sua mente, una voce che si insinuava al di là delle sue barriere, affondava nel suo inconscio, superando ogni resistenza.

Qui nessuno ti vuole. Qui nessuno ha bisogno di te. Perché non te ne vai subito, prima che succeda qualcosa di spaventoso? Vattene subito, torna da dove sei venuto, torna al tuo mondo. Là sarai più felice. Vattene. Vattene subito. Nessuno se ne accorgerà o se ne curerà.

Sapeva che c’era una lacuna, in quel ragionamento. Damon gli aveva fornito una valida ragione per non andarsene… ma poi ricordò che era in collera con Damon.

La voce insistette, gentile, suadente:

Tu credi che Damon sia tuo amico. Non fidarti di lui. Si servirà di te quando avrà bisogno del tuo aiuto, e poi si scaglierà contro di te. C’era qualcosa di familiare, in quella voce… ma non era una voce. Era nella sua mente. In preda al panico, tentò di escluderla. Ma era così persuasiva…

Vattene subito. Vattene subito. Qui nessuno ha bisogno di te. Sarai felice quando tornerai dalla tua gente. Qui non lo sarai mai.

A passi barcollanti, uscì nel corridoio. Trovò il mantello, e se l’allacciò sulle spalle. Qualcuno lo stava aiutando ad affibbiarlo. Era Damon? Damon sapeva che lui non poteva restare. Non poteva fidarsi di Damon. Sarebbe stato felice tra la sua gente. Sarebbe ritornato a Thendara, alla Città Commerciale e all’impero terrestre, dove la sua mente era soltanto sua…

Vattene subito. Qui nessuno ti vuole.

Sebbene fosse ubriaco e stordito, la violenza della tormenta lo colpì mozzandogli il fiato. Stava per tornare indietro, quando la voce martellò nella sua mente.

Vattene. Va’ via. Qui nessuno ti vuole. Hai fallito. Stai solo facendo del male a Callista. Vattene, torna dalla tua gente.

Gli stivali affondavano nella neve, ma lui continuò a camminare, alzandoli e abbassandoli ostinatamente. Callista non ha bisogno di te. Era più ubriaco di quanto se ne rendesse conto. Stentava a reggersi. A malapena riusciva a respirare; oppure era la neve turbinante a togliergli il respiro, a rubarglielo e poi rifiutarsi di restituirlo?

Vattene. Torna dalla tua gente. Qui nessuno ha bisogno di te.

Riprese in parte l’autodominio, con un ultimo e disperato guizzo dell’istinto di conservazione. Era solo nella tormenta, e le luci di Armida erano scomparse nell’oscurità. Si girò, vacillando, e cadde in ginocchio: sapeva di essere ubriaco, o impazzito. Si rialzò, incespicando, sentì la mente offuscarsi, e cadde lungo disteso nella neve. Doveva alzarsi, proseguire, tornare indietro, trovare un riparo… ma era così stanco.

Riposerò qui per un minuto… un minuto solo…

La tenebra avvolse la sua mente. Perse i sensi.