"Un cantico per Leibowitz" - читать интересную книгу автора (Miller Walter M.)1Frate Francis Gerard dello Utah non avrebbe mai scoperto, probabilmente, i documenti benedetti, se non fosse stato per il pellegrino dai lombi cinti che apparve al giovane novizio durante il digiuno quaresimale nel deserto. Mai, prima di allora, frate Francis aveva visto un pellegrino dai lombi cinti, ma quella fu proprio una prova di buonafede che lo convinse non appena si fu ripreso dall'agghiacciante effetto dell'apparizione del pellegrino all'orizzonte, come una tremolante iota nera nel riverbero scintillante del calore. Privo di gambe e con un capo minuscolo, la iota si materializzò dalla lucentezza di specchio della strada dissestata e sembrò avvicinarsi vibrando più che camminando, inducendo frate Francis ad afferrare stretto il crocifisso del suo rosario e a mormorare un paio di Ave Maria. La iota faceva pensare a una minuscola apparizione evocata dai demoni del calore che torturavano la terra a mezzogiorno, quando ogni essere vivente che si trovava nel deserto — ad eccezione delle poiane e di pochi eremiti come Francis — giaceva immobile nel suo covo o si nascondeva dietro una roccia per ripararsi dalla ferocia del sole. Soltanto una cosa mostruosa, una cosa preternaturale, o una cosa dallo spirito corrotto poteva scendere deliberatamente lungo quella pista, a mezzogiorno, in quel modo. Frate Francis aggiunse una frettolosa preghiera a San Raul il Ciclopeo, protettore dei malnati, invocando il suo aiuto contro gli infelici protetti dal santo. Perché, chi non sapeva che in quei giorni v'erano molti mostri sulla Terra? Ciò che nasceva vivo e vitale doveva, secondo la legge della Chiesa e della Natura rimanere vivo ed essere aiutato a raggiungere la maturità, se possibile, da coloro che lo avevano generato. Non sempre la legge era rispettata, ma lo era pur sempre in misura sufficiente da permettere l'esistenza di una popolazione sparsa di mostri adulti, che spesso sceglievano per i loro vagabondaggi le più remote tra le terre deserte, dove la notte si aggiravano attorno ai fuochi dei viaggiatori della prateria. Ma alla fine la iota uscì dalle colonne d'aria riscaldata nell'aria limpida, dove diventò manifestamente un pellegrino lontano; frate Francis lasciò andare il crocifisso con un piccolo Il pellegrino era un vecchio magrissimo con un bastone, un cappellaccio, una barba ispida, e un otre appeso alla spalla. Masticava e sputava con eccessivo gusto per essere una apparizione, e sembrava troppo fragile e sparuto per essere un bandito. Tuttavia Francis si scostò lentamente dalla linea di visuale del pellegrino e si accosciò dietro un mucchio di pietre, da dove poteva osservare senza essere visto. Gli incontri fra estranei nel deserto, sebbene fossero rari, erano occasione di reciproco sospetto, ed erano contraddistinti da preparazioni iniziali da ambo le parti, in attesa di un episodio che si dimostrasse cordiale od ostile. Era difficile che un laico o uno straniero percorresse la vecchia strada che passava accanto all'abbazia: questo non accadeva più di tre volte all'anno, nonostante l'oasi che consentiva l'esistenza di quella abbazia e che avrebbe trasformato il monastero in un naturale ospizio per i viandanti se quella strada non fosse stata una strada che veniva dal nulla e puntava verso il nulla, secondo il concetto dei viaggi di quei tempi. Forse, in età più antiche, quella strada era stata una porzione della via più breve dal Grande Lago Salato alla Vecchia El Paso: a sud dell'abbazia intersecava una striscia molto simile, di pietra spezzata, che puntava verso est e verso ovest. Il crocicchio era consunto dal tempo… ma non dall'uomo, almeno in tempi recenti. Il pellegrino avanzò fino a giungere a portata di voce, ma il novizio rimase nascosto dietro il mucchio di macerie. I lombi del pellegrino erano veramente cinti con un pezzo di canovaccio sudicio che era il suo unico indumento, a eccezione del cappello e dei sandali. Avanzava ostinato, con mosse meccaniche, aiutando la gamba invalida con il pesante bastone. La sua andatura ritmica era quella di un uomo che aveva percorso molta strada e ne aveva ancora molta davanti a sé. Ma, entrando nella zona coperta dalle antiche rovine, si fermò per guardarsi intorno. Francis si chinò. Non c'era ombra fra i mucchi di macerie, là dove un tempo era sorto un gruppo di edifici antichisssimi, ma qualcosa delle pietre più grosse poteva offrire un po' di frescura ad alcune parti dell'anatomia dei viaggiatori che conoscevano la strada del deserto come aveva dimostrato di conoscerla il pellegrino. Cercò per alcuni istanti una pietra di proporzioni adatte. Frate Francis osservò, con approvazione, che il pellegrino non afferrava la pietra per rovesciarla avventatamente: invece si fermò a qualche passo e, usando il bastone come leva e una pietra più piccola come fulcro, sollevò quella più grande fino a che l'inevitabile creatura sibilante che era nascosta lì sotto uscì strisciando. Il viandante uccise spassionatamente il serpente con il bastone e ne gettò da parte la carcassa che ancora si contorceva. Dopo aver eliminato l'occupante della fresca fessura che stava sotto la pietra, il pellegrino la rovesciò. Poi, sollevando la parte posteriore della tela che gli fasciava i lombi, posò le natiche avvizzite sulla parte inferiore, relativamente fresca, della pietra, si tolse scalciando i sandali e premette le piante dei piedi contro ciò che era stato il fondo sabbioso della fresca depressione. Così ristorato, agitò le dita, sorrise con la bocca sdentata e cominciò a mormorare una melodia. Dopo un po', stava cantando una specie di lamentosa cantilena in un dialetto che il novizio non conosceva. Stanco di starsene acquattato, frate Francis si agitò, irrequieto. Mentre cantava, il pellegrino aprì un involto che conteneva una galletta e un pezzo di cacio. Poi smise di cantare e si alzò per un attimo a dire, sommessamente, nel vernacolo della regione: "Benedetto sia Adoni Elohim, Re di Tutto, che fa crescere il pane dalla terra" con una strascicata voce nasale. Poi tornò a sedersi e cominciò a mangiare. Il viandante veniva certo da molto lontano pensò frate Francis, che non conosceva vicino alcun reame governato da un monarca con un nome così poco familiare e con pretese tanto strane. Il vecchio faceva un pellegrinaggio di penitenza, azzardò frate Francis… forse al santuario dell'abbazia, sebbene il "santuario" non fosse ancora ufficialmente un santuario, e il suo "santo" non fosse ancora ufficialmente un santo. Frate Francis non riusciva a trovare altra spiegazione per la presenza del vecchio viandante su quella strada che non conduceva in alcun luogo. Il pellegrino era occupato con il pane e il formaggio, e il novizio diventava sempre più irrequieto, via via che la sua ansia svaniva. La regola del silenzio per i giorni del digiuno quaresimale non gli permetteva di conversare volontariamente con il vecchio, ma se avesse lasciato il suo nascondiglio dietro il mucchio di macerie prima che il vecchio si allontanasse, certamente sarebbe stato visto o sentito dal pellegrino, poiché aveva ricevuto la proibizione di allontanarsi dal suo eremitaggio prima della fine della Quaresima. Ancora un po' esitante, frate Francis si schiarì forte la gola, poi si alzò, mettendosi in vista. — Ehm! Il pane e il cacio del pellegrino schizzarono via. Il vecchio afferrò il bastone e scattò in piedi. — Vuoi aggredirmi, eh? Brandiva minacciosamente il bastone verso la figura incappucciata che era sorta dietro il mucchio di pietre. Frate Francis notò che l'estremità del bastone era armata di uno sperone. Il novizio si inchinò cortesemente per tre volte, ma il pellegrino non badò e quel gesto gentile. — Adesso resta dove sei! — gracchiò. — Resta a distanza amico. Non ho nulla che possa interessarti… a meno che non sia il cacio, e questo posso dartelo. Se è carne che vuoi, non sono altro che cartilagine, ma mi batterò per conservarla. Indietro, adesso! Indietro! — Aspetta… — Il novizio si interruppe. La carità, o anche la semplice cortesia, poteva avere la precedenza sulla regola del silenzio quaresimale, quando le circostanze lo richiedevano, ma spezzare il silenzio di propria volontà lo rendeva sempre un po' nervoso. — Non sono un malvagio, buon uomo — continuò usando la formula più educata. Gettò indietro il cappuccio per mostrare la sua tonsura monastica, e sollevò la corona del rosario. — Sai cosa è questo? Per parecchi secondi il vecchio rimase all'erta come un gatto pronto al combattimento, mentre studiava il volto d'adolescente del novizio, bruciato dal sole. Il pellegrino aveva commesso un errore naturale. Le creature grottesche che infestavano i bordi del deserto portavano spesso cappucci, maschere, o cappe voluminose per nascondere le loro deformità. Fra esse ve ne erano di quelle la cui deformità non era limitata al corpo, e che consideravano i viandanti come una sicura riserva di selvaggina. Dopo un breve esame, il pellegrino si raddrizzò. — Oh… uno di Frate Francis si inchinò educatamente ed annuì. — Cosa stai facendo, qui fra le rovine? Il novizio raccolse un frammento di pietra simile al gesso. Era statisticamente improbabile che il viandante non fosse analfabeta, ma frate Francis decise di tentare. Poiché il volgare del popolo non aveva né alfabeto né ortografia, scrisse le parole latine per Penitenza, Solitudine e Silenzio su una grande pietra piatta, e più sotto le trascrisse in antico inglese, sperando che — nonostante il suo segreto desiderio d'aver qualcuno con cui parlare — il vecchio comprendesse e lo lasciasse alla sua solitaria vigilia quaresimale. Il vecchio sorrise ironicamente, vedendo l'iscrizione. La sua risata sembrò più un belato fatalistico che una risata. — Hmmmm-hnnn! È ancora tutto scritto a rovescio! — disse; ma non lasciò capire se aveva compreso l'iscrizione. Depose il bastone, tornò a sedersi sulla pietra, riprese dalla sabbia il pane e il cacio e cominciò a grattarli per ripulirli. Francis si inumidì affamato le labbra, ma distolse lo sguardo. Non aveva mangiato altro che fichi d'India e una manciata di grano secco fin dal Mercoledì delle Ceneri: le regole del digiuno e dell'astinenza erano piuttoso rigorose per le vigilie di vocazione. Notando il suo imbarazzo, il pellegrino spezzò il pane e il cacio e ne offrì una porzione a frate Francis. Nonostante la disidratazione, causata dalla sua magrissima scorta d'acqua, la bocca del novizio si inondò di saliva. Gli occhi rifiutarono di staccarsi dalla mano che offriva il cibo. L'universo si contrasse e il suo esatto centro geometrico fu quel pezzo sabbioso di pane nero e di pallido formaggio. Un demone comandò ai muscoli della sua gamba sinistra di portare il suo piede sinistro in avanti di mezzo metro. Poi il demone si impossessò della sua gamba destra perché portasse il piede destro davanti al sinistro, forzò i muscoli pettorali e i bicipiti destri a tendere il braccio, finché la mano toccò la mano del pellegrino. Le sue dita sentirono il cibo: sembrarono persino assaggiarlo. Un brivido involontario percorse il suo corpo affamato. Chiuse gli occhi e vide il Signor Abate che gli lanciava occhiate folgoranti brandendo una sferza da toro. Ogni volta che il novizio cercava di immaginare visivamente la Santissima Trinità, l'aspetto di Dio Padre si confondeva sempre con il viso dell'abate, che di solito era molto corrucciato, almeno così pareva a Francis. Dietro l'abate infuriava un fuoco, e in mezzo alle fiamme gli occhi del Beato Martire Leibowitz si posavano, nella sofferenza della morte, sul suo protetto digiuno, colto nell'atto di prendere il formaggio. Il novizio rabbrividì ancora. — Apage Satanas! — sibilò mentre balzava all'indietro e lasciava cadere il cibo. Senza preavviso, spruzzò il vecchio con acqua santa, da una minuscola fiala che si tolse dalla manica. Il pellegrino era diventato per un attimo indistinguibile dall'Arcinemico nella mente del novizio stordito dal sole. Quell'attacco di sorpresa contro le Potenze delle Tenebre e della Tentazione non produsse alcun immediato risultato soprannaturale, ma i risultati naturali si presentarono Vergognandosi dell'odore di formaggio che persisteva sui suoi polpastrelli, e pentendosi del suo irrazionale esorcismo, il novizio ritornò al suo lavoro tra le vecchie rovine, mentre il pellegrino si rinfrescava i piedi e sfogava la sua ira scagliando di tanto in tanto un sasso contro il giovane quando quello ricompariva fra i mucchi di macerie. Quando, alla fine, il suo braccio fu troppo stanco, si limitò a fingere di scagliare i sassi e quando Francis smise di scostarsi alle sue finte si accontentò di brontolare sul pane e sul cacio. Il novizio si muoveva fra le rovine, e ogni tanto si dirigeva barcollando verso qualche punto focale del suo lavoro con una pietra grande quanto il suo torace, stretta in un abbraccio faticoso. Il pellegrino lo osservò mentre sceglieva una pietra, ne calcolava le dimensioni a spanne, la scartava, ne sceglieva un'altra, la liberava dalle macerie, la sollevava e la trascinava via. Dopo pochi passi la lasciò cadere e, sedendosi all'improvviso, si posò la testa sulle ginocchia nello sforzo evidente di non svenire. Dopo aver ansimato un poco, si alzò di nuovo e fece rotolare la pietra verso la sua destinazione. Cominciò il suo lavoro mentre il pellegrino, invece di guardarlo corrucciato, cominciava a osservarlo con interesse. Il sole scagliava le sue maledizioni meridiane sulla terra incartapecorita, stendendo il suo anatema su tutte le cose umide. Francis continuò a lavorare nonostante il caldo. Quando il viandante ebbe inghiottito l'ultimo pezzo del pane e del cacio sabbiosi con l'aiuto di pochi sorsi del suo otre, infilò i piedi nei sandali, si alzò con un grugnito e avanzò fra le rovine, verso il punto in cui il novizio lavorava. Notando l'approssimarsi del vecchio, frate Francis si affrettò a mettersi a distanza di sicurezza. Il vecchio brandì verso di lui il bastone chiodato in un gesto irridente, ma sembrava più incuriosito dal lavoro del giovane che ansioso di vendetta. Si fermò ad osservare la tana del novizio. Lì, vicino al limitare orientale delle rovine, frate Francis aveva scavato una trincea poco profonda, usando un bastone per zappa e le mani per badile. Il primo giorno di Quaresima aveva coperto quel fosso con un mucchio di frasche, e se ne era servito, di notte, come di un rifugio contro i lupi del deserto. Ma, via via che i giorni del digiuno passavano, la sua presenza aveva accresciuto le sue tracce nei dintorni, ed ora i lupi sembravano eccessivamente attratti dall'area delle rovine e giungevano persino a raspare con le zampe attorno al mucchio di frasche, dopo che il fuoco si era spento. Dapprima Francis aveva cercato di scoraggiare i loro scavi notturni aumentando lo spessore del mucchio di arbusti sulla sua trincea, e circondandola con un cerchio di pietre molto vicine le une alle altre. Ma la notte precedente, qualcosa era balzato sul mucchio di arbusti e aveva ululato mentre Francis se ne stava disteso lì sotto, rabbrividendo; di conseguenza aveva deciso di fortificare il rifugio e, usando il primo cerchio di pietre come fondamenta, aveva cominciato a erigere un muro. Il muro si inclinava verso l'interno, man mano che cresceva; ma poiché la sua pianta aveva approssimativamente una rozza forma ovale, le pietre di ogni nuovo strato si appoggiavano alle pietre adiacenti, evitando un crollo verso l'interno. Ora frate Francis sperava che, scegliendo con cura le pietre e aiutandosi con terra e ciottoli per riempire gli interstizi, sarebbe riuscito a completare una cupola. E un'unica fila di pietre ad arco, sfidando in un certo senso la gravità, se ne stava eretta sul suo rifugio, come simbolo di questa ambizione. Frate Francis abbaiò come un cucciolo, quando il pellegrino saggiò curiosamente la resistenza dell'arco con il suo bastone. Preoccupato per il suo rifugio, il novizio si era avvicinato durante l'ispezione del pellegrino. Questi rispose al suo strillo agitando il bastone e lanciando un ululato agghiacciante. Frate Francis incespicò nell'orlo della tunica e cadde a sedere. Il vecchio ridacchiò. — Hmmm-hnnn! Avrai bisogno di una pietra dalla forma strana per adattarla a Il giovane annuì e distolse lo sguardo. Restò seduto sulla sabbia e, con il suo silenzio e lo sguardo abbassato, sperò di far capire al vecchio che non era libero di conversare né di accettare volentieri la presenza di un estraneo nel luogo della sua solitudine quaresimale. Il novizio cominciò a scrivere sulla sabbia con uno stecco: — Non ti ho ancora offerto di cambiare in pane queste pietre, vero? — chiese di rimando il vecchio viaggiatore Frate Francis alzò subito lo sguardo. Dunque era così! Il vecchio — Hmmm-hnnn! Dunque bisogna lasciarti in pace, no? Bene, allora, farò meglio a riprendere il cammino. Dimmi, i tuoi fratelli dell'abbazia permettono a un vecchio di riposare un po' alla loro ombra? Frate Francis annuì. — Ti daranno anche acqua e cibo — aggiunse sottovoce, in carità. Il pellegrino ridacchiò. — In cambio ti troverò una pietra adatta a quella fessura, prima di andarmene. Dio sia con te. Nel frattempo, frate Francis si riposò. Pregò per riottenere quella intimità interiore richiesta dallo scopo della sua vigilia: una pergamena pulita dello spirito su cui le parole di una chiamata potessero essere scritte nella sua solitudine… se quell'altra Incommensurabile Solitudine che era Iddio avesse teso la Sua mano e avesse toccato quella minuscola solitudine umana per segnarvi la vocazione. Il " — Ehi! Ecco qua! — fu il grido che si levò oltre i mucchi di macerie. Frate Francis levò lo sguardo per un attimo, ma il pellegrino non era visibile. I suoi occhi si riabbassarono. " — Ehi, ragazzo! — risuonò di nuovo il grido. — Ti ho trovato una pietra, che probabilmente si adatterà al buco. Questa volta, quando frate Francis alzò lo sguardo, intravide il bastone del pellegrino che si agitava facendogli segnali, dietro un mucchio di macerie. Sospirando, il novizio riprese la lettura. " E la voce irritata, al di là del mucchio di macerie: — E va bene, allora, fai come vuoi. Farò un segno sulla pietra e vi pianterò vicino un ramo. Tu provala o no, fai come vuoi. — Grazie — sospirò il novizio, ma dubitò che il vecchio lo udisse. Continuò a leggere: " — Ecco — gridò il pellegrino. — Ho messo il ramo, e il segno. E ti auguro di ritrovare presto la voce, ragazzo. Poco dopo che l'ultimo grido fu svanito, frate Francis intravide il pellegrino avanzare sulla pista che conduceva all'abbazia. Il novizio sussurrò una rapida benedizione dietro di lui, e una preghiera perché il suo cammino fosse sicuro. Ora che la sua intimità gli era stata resa, frate Francis rimise il libro nel rifugio e ricominciò la sua azzardata attività edilizia, senza prendersi ancora il disturbo di esaminare ciò che il pellegrino aveva scoperto. Mentre il suo corpo famelico si tendeva e vacillava sotto il peso delle pietre, la sua mente continuava a ripetere macchinalmente la preghiera per la certezza della sua vocazione: " "Liberami, o Signore, dai miei vizi, così che nel cuore…". Un gregge di cumuli, diretti ad impartire la benedizione della pioggia alle montagne, dopo aver crudelmente deluso il deserto inaridito, cominciò a nascondere il sole e a trascinare strisce d'ombra sull'arida terra, offrendo ristoro intermittente ma bene accetto dalla bruciante luce solare. Quando una fuggevole ombra di nube passava sopra le rovine, il novizio lavorava rapidamente fino a che l'ombra si allontanava, poi riposava fino a che il cumulo seguente oscurava il sole. Fu per puro caso che frate Francis scoprì, alla fine, la pietra del pellegrino. Mentre vagava lì attorno, incespicò nel ramo che il vecchio aveva infisso nel suolo come segnale. Si trovò a terra, sulle mani e sulle ginocchia, a fissare un paio di segni scritti di fresco con il gesso su una vecchia pietra: I segni erano tracciati con tanta cura che frate Francis intuì immediatamente che doveva trattarsi di simboli, ma dopo alcuni minuti di meditazione rimase egualmente perplesso. Forse erano simboli della stregoneria? Ma no, il vecchio aveva esclamato "Dio sia con te" e uno stregone non l'avrebbe fatto. Il novizio liberò la pietra dalle macerie e la capovolse. Mentre lo faceva, il mucchio di pietre rombò debolmente, dall'interno: una minuscola pietra scese rumoreggiando lungo la china. Francis si scostò, temendo una valanga, ma non successe altro. Tuttavia, nel punto in cui era stata confitta la pietra del pellegrino adesso c'era un piccolo buco nero. I buchi sono spesso abitati. Ma questo buco pareva essere stato tappato così saldamente dalla pietra del pellegrino che difficilmente una pulce avrebbe potuto entrarvi, prima che Francis lo scoperchiasse. Tuttavia prese uno stecco e lo spinse, imbarazzato, nell'apertura. Il fuscello non incontrò resistenza. Quando lo lasciò andare, scivolò nel buco e svanì, come se sotto vi fosse una cavità più grande. Attese, innervosito: non ne uscì nulla. Si mise di nuovo in ginocchio e fiutò cautamente il buco. Poiché non aveva sentito odore di animali o di zolfo, vi fece rotolare dentro un sassolino e si piegò più vicino, per ascoltare. Il sassolino rimbalzò una volta, qualche metro più sotto l'apertura, poi continuò a rotolare verso il basso, colpì nel passare qualcosa di metallico e finalmente si fermò in un punto imprecisabile, molto in basso. Gli echi facevano pensare a una cavità sotterranea grande quanto una stanza. Frate Francis si rimise in piedi, faticosamente, e si guardò intorno. Era solo, come al solito, ad eccezione della sua amica poiana che, incrociando in alto, lo aveva sorvegliato in quegli ultimi tempi con tanto interesse che talvolta altre poiane avevano lasciato i loro territori vicino all'orizzonte ed erano venute a indagare. Il novizio girò attorno al mucchio di macerie, ma non trovò alcuna traccia di un secondo buco. Salì su un mucchio vicino e guardò verso la pista, strizzando le palpebre. Il pellegrino era scomparso ormai da molto tempo. Nulla si muoveva lungo l'antica strada, ma intravide frate Alfred che attraversava una collinetta, un paio di chilometri più a est, in cerca di legna da ardere, vicino al suo eremitaggio quaresimale. Frate Alfred era sordo come una campana. Non c'era nessun altro, in vista. Francis non prevedeva di avere qualche motivo per invocare aiuto, ma calcolare in anticipo i probabili risultati di una simile invocazione, se mai si fosse resa necessaria, sembrava soltanto un esercizio di prudenza. Dopo una attenta osservazione del terreno circostante, scese dal monticello. Il fiato necessario per gridare sarebbe stato meglio utilizzarlo per correre. Pensò di rimettere la pietra del pellegrino al suo posto, per chiudere il buco come prima, ma le pietre adiacenti si erano spostate leggermente, così che quella, ora, non si riadattava più al suo posto nel rompicapo. Inoltre, la lacuna nella fila superiore del suo rifugio era ancora vuota, e il pellegrino aveva ragione: la forma e le dimensioni di quella pietra lasciavano credere che sarebbe andata bene. Dopo una breve apprensione, sollevò la pietra e tornò vacillando verso il suo rifugio. La pietra si adattò perfettamente al foro. Provò il nuovo cuneo con un calcio. La fila di pietre resse bene, anche se il colpo provocò un piccolo crollo un po' più in là. I segni tracciati dal pellegrino, sebbene un po' confusi dal suo continuo maneggiare, erano ancora abbastanza chiari da poter essere ricopiati. Frate Francis li tracciò attentamente su un'altra pietra, usando come stilo uno stecco carbonizzato. Quando il Priore Cheroki avrebbe fatto il suo solito giro del sabato per visitare gli eremitaggi, forse avrebbe potuto dire se quei segni avevano un significato, come incantesimo o come maledizione, forse. Era proibito temere le cabale pagane, ma il novizio era curioso di sapere quale segno avrebbe coronato il suo rifugio, in considerazione del peso dell'edificio su cui quel segno era tracciato. Le sue fatiche continuarono durante l'afa del pomeriggio. Un cantuccio della sua mente continuava a ricordargli del buco — il piccolo buco interessante eppure spaventevole — e il modo in cui il sassolino, rotolando, aveva destato deboli echi dalle profondità sotterranee. Sapeva che le rovine che lo circondavano erano molto antiche. Sapeva anche che, secondo la tradizione, quelle rovine erano state gradualmente logorate, fino a ridursi ad anormali mucchi di pietre, da generazioni di monaci e di visitatori occasionali, uomini che cercavano un carico di pietre o i frammenti di acciaio arrugginito che si potevano trovare fracassando le sezioni di colonne e le lastre più grandi per estrarre le vecchie strisce di quel metallo, misteriosamente piantato nella pietra da uomini d'una età quasi dimenticata dal mondo. Questa erosione umana aveva quasi completamente cancellato la somiglianza con gli edifici che la tradizione ascriveva alle rovine in un periodo anteriore, benché l'attuale mastro costruttore dell'abbazia fosse ancora orgoglioso della sua abilità nel riconoscere e nell'indicare qua e là i resti di un piano terreno. E c'era ancora metallo da recuperare, se qualcuno ci teneva a spezzare una sufficiente quantità di pietra per trovarlo. La stessa abbazia era stata costruita con quelle pietre. Francis considerava molto improbabile che parecchi secoli di costruzioni avessero lasciato ancora qualcosa di interessante da scoprire fra le rovine. Eppure, non aveva mai sentito parlare di edifici con cantine o stanze sotterranee. Il mastro costruttore, ricordò finalmente, era stato molto chiaro nel precisare che gli edifici, in quel luogo, dovevano essere stati costruiti in economia, senza fondamenta profonde, e per la maggior parte posti su lastre di cemento. Ora che il suo rifugio si avvicinava al completamento, frate Francis tornò ad avventurarsi fino alla buca e rimase ritto a guardarla; era incapace di accantonare la convinzione, tipica di un abitante del deserto, che dovunque esista un posto per ripararsi dal sole, c'è già dentro qualcosa che vi si ripara. Anche se la buca era disabitata, adesso, senza dubbio qualcosa vi sarebbe rientrata, scivolando, prima dell'alba seguente. D'altra parte, se c'era già qualcosa che viveva in quel buco, Francis pensava che sarebbe stato meno rischioso farne la conoscenza di giorno, piuttosto che di notte. Non c'erano altre orme, lì vicino, eccetto le sue, quelle del pellegrino e quelle dei lupi. Con improvvisa decisione, cominciò a togliere detriti e sabbia dalla imboccatura del buco. Dopo mezz'ora di lavoro, il buco non era più largo, ma la convinzione che si aprisse su di una fossa sotterranea era diventata una certezza. Due piccoli massi, semisepolti e vicini all'apertura, erano ovviamente incastrati dalla forza di una massa eccessiva che stringeva la bocca del pozzo: sembravano imprigionati in un collo di bottiglia. Quando il novizio spinse una pietra verso destra, la sua vicina rotolò a sinistra, fino a che non fu più possibile alcun movimento. L'effetto contrario si verificò quando spinse nella direzione opposta, ma continuò a spingere. La pietra gli schizzò improvvisamente dalle mani, colpendolo di striscio su un lato della testa, e sparì in una cavità. Il colpo lo fece ondeggiare. Una pietra staccatasi dal pendio lo colpì sul dorso; cadde cercando di aggrapparsi a qualcosa, senza capire se stava cadendo nel buco o no, fino al momento in cui il suo ventre urtò contro il terreno solido. Il rombo provocato dalla valanga di pietre fu assordante ma breve. Accecato dalla polvere, Francis giacque boccheggiando e chiedendosi se doveva azzardarsi a muoversi, tanto era acuto il dolore che provava al dorso. Dopo aver ripreso un po' di fiato, riuscì ad infilare una mano dentro l'abito e cercò a tentoni il punto fra le spalle in cui dovevano esservi alcune ossa rotte. Il punto pareva sbucciato, e pungeva. Quando ritrasse le dita, erano umide e rosse. Si mosse, ma gemette e giacque di nuovo immobile. Vi fu un lieve sbattere di ali. Frate Francis levò lo sguardo in tempo per vedere la poiana che si accingeva a porsi su un mucchio di macerie, a pochi metri di distanza. Improvvisamente l'uccello riprese quota, ma Francis ebbe l'impressione che l'avesse guardato con una specie di preoccupazione materna, come una gallina spaventata. Rotolò in fretta su se stesso. Un intero stormo nero di rapaci si era raccolto, e veleggiava in cerchio, a una quota curiosamente bassa. Sfioravano i monticelli di macerie. Quando Francis si mosse, si levarono a quota più alta. Dimenticando improvvisamente la possibilità di avere qualche vertebra incrinata o una costola rotta, il novizio si rimise in piedi, tremando. Delusa, la nera orda celeste risalì ad alta quota sfruttando le invisibili correnti ascensionali d'aria calda, poi si sciolse e si disperse verso più remote veglie aeree. Oscure alternative al Paracleto di cui attendeva la discesa, i rapaci sembravano talvolta ansiosi di scendere al posto della Colomba; il loro sporadico interesse in quegli ultimi tempi era stato snervante, e Francis decise prontamente, dopo qualche sperimentale scrollata di spalle, che la pietra aguzza non aveva provocato altro che lividi e abrasioni. Una colonna di polvere che si era levata dal fianco della cavità si stava disperdendo nella brezza. Sperò che qualcuno la vedesse dalle torri di guardia dell'abbazia e venisse a indagare. Ai suoi piedi, un buco di terra quadrata si apriva nella terra, proprio dove un fianco del monticello era crollato nella fossa sottostante. Una rampa di scale conduceva in basso, ma solo i primi gradini non erano sepolti dalla valanga che si era fermata e mezza strada per sei secoli, aspettando l'aiuto di frate Francis prima di completare la sua ruggente discesa. Su una parete un'insegna semisepolta era ancora leggibile. Mettendo a frutto la sua modesta conoscenza dell'inglese prediluviale, sussurrò esitando le parole: Provviste per 180 giorni, per un solo occupante: dividere per il numero effettivo degli occupanti. Entrando nel rifugio, controllare che il Primo Portello sia ben chiuso e sigillato, che gli schermi anti-intrusi siano elettrificati per impedire l'accesso a persone contaminate che tentassero di entrare, che le luci di avvertimento siano ACCESE all'esterno della chiusura… Il resto era sepolto; ma le prime parole bastarono a Francis. Non aveva mai visto un Frate Francis immaginava un Fallout come un essere metà salamandra — perché secondo la tradizione, la Cosa era nata nel Diluvio di Fiamma — e metà incubo che contaminava le vergini nel sonno, perché i mostri del mondo non erano forse tuttora chiamati "figli del Fallout?" Che il demone fosse capace di infliggere tutti i tormenti abbattutisi su Giobbe era un fatto documentato, quasi un articolo di fede. Il novizio fissò sbigottito la scritta. Il suo significato era abbastanza chiaro. Aveva involontariamente fatto irruzione nel rifugio (deserto, pregò) non soltanto di uno, ma di quindici di quegli esseri temibili! Afferrò la fiala dell'acqua santa. |
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