"Demon" - читать интересную книгу автора (Varley John)UNOPoco dopo l'arrivo di Cirocco alla casalbero, una carovana di sette individui — tre titanidi e quattro umani — raggiunse la sommità dell'ultima collina che dava accesso alla valle ove il fiume Briareo faceva gomito. Guardando giù videro la grande roccia, l'immenso albero, e la casalbero di Chris annidatavi dentro. Nel tempo impiegato dal gruppo a percorrere i duecento chilometri intercorrenti fra Bellinzona e il Briareo, Cirocco aveva corso per quasi metà della circonferenza interna di Gea. Avrebbero potuto viaggiare più in fretta. Ma uno di loro si era rifiutato di cavalcare a dorso di titanide, e quindi l'intero gruppo aveva dovuto rallentare per non lasciarlo indietro. Parecchi degli altri sei avevano osservato quanto poco il settimo componente avesse mostrato di apprezzare tale attenzione. Dopo una breve sosta, durante la quale i titanidi intonarono lodi al grandioso panorama e composero alcune canzoni per celebrare l'arrivo, il gruppo prese a discendere lungo l'incerto sentiero che conduceva al fiume. Conal era di nuovo innamorato. Non che fosse infedele a Cirocco. L'amava ancora, e l'avrebbe sempre amata. Ma questo era un altro genere di amore. E neppure si dava il caso ch'egli potesse venire ricambiato, poiché colei lo detestava nella maniera più assoluta. Ma insomma, l'amore è amore, e sperare non costa nulla. E poi, lei odiava tutti. Conal non riusciva a credere che qualcuno potesse odiare per sempre tutti gli altri. Magari, quando lei fosse giunta a superare quella fase, l'avrebbe notato che bravo ragazzo era Conal Ray. Non erano esattamente queste le considerazioni che Conal stava rimuginando mentre il gruppo intraprendeva l'ultima tappa del suo viaggio al fiume Briareo, sebbene analoghi pensieri gli navigassero per la mente. Disteso sull'ampio dorso di Rocky il titanide, egli ondeggiava al momento in una piacevole condizione sospesa tra il sonno e la veglia. Gran parte del viaggio l'aveva trascorsa dormendo. Lavorando per Capitan Cirocco, che era capace di rimanere sveglia per un intero ettoriv e non sembrava mai stanca, Conal aveva appreso quanto fosse importante concedersi tutto il sonno possibile. La sua era una filosofia da soldato di fanteria: riposo a iosa in un letto asciutto, ventre bello pieno, e la vita gli sorrideva. Si svegliò solo quando le donne s'abbandonarono con voci stridule a una di quelle loro ferocissime discussioni. Le prime volte aveva temuto che venissero alle mani, nel qual caso una di loro sarebbe morta di sicuro. Ma si erano sempre fermate in tempo. Alla fine aveva concluso che non sarebbero mai giunte alle estreme conseguenze, e s'era quindi potuto godere i loro scontri a suon di urla per quel gran spettacolo che erano. Davvero incredibile, la quantità d'imprecazioni che conoscevano quelle donne! Ciò ampliò il suo vocabolario, e accrebbe il suo amore. Conal si girò dall'altra parte, addormentandosi profondamente. Benché il sentiero fosse ripido e sassoso, l'incedere dei titanidi era morbido e uniforme come il movimento di una ruota di gomma su un pavimento di linoleum. Qualcuno aveva detto che quelle creature rappresentavano il più comodo mezzo di trasporto mai scoperto. I titanidi non erano proprio entusiasti di venir considerati un mezzo di trasporto, ma neppure se ne offendevano. E portavano sulla loro schiena solamente chi desideravano portare. Pochissimi umani potevano dire d'aver cavalcato un titanide. Mellotron (Trio Lidio Doppiodiesis) Rock'n'Roll non aveva nulla in contrario a portare Conal. Dal giorno in cui aveva operato Cirocco Jones, quasi cinque miriariv prima, lui e Conal erano divenuti amici per la pelle. Succedeva, a volte, fra un titanide e un umano. Rocky conosceva il caso di Chris e Valiha, che si erano amati per vent'anni, e quello di Cirocco Jones e Cornamusa, che talvolta erano amanti oltre a essere nonna e nipote… sebbene non si trattasse di un normale grado di parentela, poiché nessun albero genealogico titanide è mai semplice. E aveva sentito parlare del grande amore che Gaby Plauget aveva nutrito per Salterio (Trio Lidio Diesis) Fanfara. Rocky non aveva mai fatto fisicamente l'amore con Conal, non si aspettava di farlo, e sapeva che Conal sarebbe rimasto scandalizzato se avesse scoperto che Rocky la considerava un'esperienza desiderabile. E poi non aveva nulla a che vedere con ciò che gli umani sono abituati a considerare amore. Chris Major l'aveva imparato con Valiha, e quella consapevolezza l'aveva ferito. Ma neppure coincideva con l'amore che un titanide poteva provare per un suo simile. Era qualcosa d'altro. Era qualcosa che qualunque titanide percepiva chiaramente. All'improvviso, e senza un valido motivo, ognuno di loro comprendeva che questo o quell'umano apparteneva al tale o talaltro titanide, sebbene avessero tutti la delicatezza di non esporre la situazione in questi termini. Rocky sapeva che Conal era il suo umano, nel bene e nel male. E si domandava se anche Conal pensasse a lui come al Dietro Conal e Rocky venivano Robin e Valiha. Robin era emotivamente esausta. E niente affatto ansiosa di rivedere Chris dopo tutti quegli anni. Lui era rimasto su Gea, lei invece se n'era andata… ma non era tornata a casa. Non ce l'aveva più, una casa. Nella Congrega aveva fatto carriera fino ai massimi livelli, e per qualche tempo era stata Madonna Nera, capo del Consiglio. Aveva ottenuto tutti gli onori che la sua società potesse concedere, a un'età inferiore a quella di chiunque altra prima di lei. Era stata, e continuava a essere, disperatamente infelice. Quei venti, difficili anni, avevano lasciato il segno. Si domandava cos'avessero significato per Chris. — Valiha, non sai se… La titanide ruotò il capo verso di lei, e Robin desiderò che non l'avesse fatto. I titanidi erano spaventosamente dinoccolati. — Sì? Che cosa? Robin aveva dimenticato la sua domanda. Scrollò la testa, e Valiha tornò a dedicare la propria attenzione al sentiero. Era rimasta esattamente come Robin se la ricordava. Quanti anni aveva avuto, allora? Cinque? Dunque adesso doveva essere sui venticinque. A partire dai tre anni, allorché raggiungevano la maturità, e sin verso i cinquanta, quando incominciavano a mostrare i segni dell'età, i titanidi non mutavano granché di aspetto. Aveva dimenticato tante di quelle cose… L'atemporalità di Gea, per esempio. Avevano viaggiato a lungo, ma quanto, non avrebbe saputo dire. Si erano accampati due volte, ed era stata così stanca che aveva dormito un sonno profondo come non le capitava da anni. Il viaggio era durato abbastanza da permettere al suo naso di guarire e alla ferita sulla spalla di migliorare. Vent'anni. Un periodo interminabile, sostanziato di quel soffio d'eternità che solo il tempo immoto di Gea sapeva instillare. Vent'anni. Com'erano stati, per Chris? Valiha (Assolo Eolio) Madrigale era preoccupata per Robin. Le pareva fosse trascorso così poco tempo, da quando la giovane strega era salita a bordo dell'astronave per far ritorno alla Congrega. Quell'ultimo giorno Valiha, Robin, Chris e Serpentone s'erano ritrovati per una scampagnata. La Maga non era con loro, ma avvertivano ugualmente la sua presenza, così come quelle altre invisibili presenze: Salterio, Oboe, e Gaby. Poi Robin li aveva lasciati. Ora aveva trentanove anni terrestri, e ne dimostrava dieci di più. S'era portata appresso quell'insopportabile, straordinaria, folle figlia in perenne ebollizione, una seconda Robin elevata a potenza. E poi c'era quel coso… l'embrione. Valiha non ignorava le caratteristiche distintive dei cuccioli umani, avendone veduti a migliaia. Ma le era sempre rimasta la sensazione che ci fosse in loro qualcosa di sbagliato. Scansò la coperta scoprendolo, e gli diede un'occhiata. Tanto piccolo da non parer neppure in grado di riempirle il palmo della mano, il bimbo le ricambiò lo sguardo coi suoi occhioni celesti, rivolgendole un gran sorriso. Aveva solo un paio di dentini. Protese a lei una minuscola mano. — Ma-ma! — disse, e gorgogliò beato. Prestazione che praticamente esauriva le sue attuali facoltà dialettiche. Stava imparando a camminare e a parlare. Entro pochi anni avrebbe padroneggiato altre capacità. Era quella una fase che i titanidi non dovevano attraversare. Essi saltavano completamente l'infanzia e gran parte del periodo che gli umani avrebbero considerato fanciullezza. Camminavano già a poche ore dalla nascita, e parlavano poco dopo. Fra le tante destrezze che i cuccioli umani dovevano far proprie, ce n'era una che questo bimbetta non aveva ancor neppure cominciato a intravedere. I titanidi non l'acquisivano mai; loro, d'altro canto, non avevano bisogno d'esser portati in braccio a destra e a manca, e quindi in pratica la cosa non costituiva un problema. Valiha si girò, porgendo il piccolo a sua madre. — Questo ha un'altra volta il pannolino zuppo. — — Ti chiedo scusa. Il fatto è che il suo sesso sembra ancora così privo d'importanza. Robin rise in tono amaro. — Magari avessi ragione tu. E invece è praticamente l'unica cosa che conti per lui, in questo mondo pidocchioso. Valiha non aveva voglia di affrontare l'argomento. Guardò avanti, e ripensò a Chris. Sarebbe stato bello rivederlo. Era passato quasi un miriariv, dall'ultima volta. Serpentone (Trio Mixolidio Doppio Bemolle) Madrigale aveva incontrato Chris in diverse occasioni, nel corso dell'ultimo miriariv. In effetti passava gran parte del suo tempo insieme a Chris. Egli si considerava straordinariamente fortunato. Sebbene Chris non avesse partecipato al trio che aveva generato Serpentone, gli aveva però fatto da padre nei suoi primi quattro anni di vita. Serpentone possedeva un padre titanide — antepadre e retropadre riuniti nel medesimo individuo — e due madri: Valiha, la sua retromadre, e un'antemadre ora morta. Ma nessuno dei suoi genitori aveva minimamente rappresentato per lui ciò che invece era stato Chris. Egli sapeva che il rapporto fra genitori e figli era diverso, per gli umani. E gli bastava guardare il gioioso idiota fra le braccia di Robin per comprendere il motivo di tale imprescindibile diversità. Ma benché la fanciullezza titanide durasse poco, purtuttavia era una condizione oggettivamente individuabile, e differiva in modo tangibile dalla maturità. Man mano che i titanidi crescevano, tendevano a divenire seri… anzi, Ciò capitava anche agli umani, ma non in modo esagerato. Nessun padre titanide gli avrebbe insegnato a giocare a baseball. Ai titanidi piaceva correre, ma a parte questo ignoravano qualunque genere di sport. Non era stato facile impiantare le federazioni sportive che Chris e Serpentone avevano organizzato per tutta una serie di giochi che andavano dal baseball e dal football (Chris l'aveva inizialmente chiamato polo, ma poi aveva eliminato le mazze, lasciando semplicemente che i ragazzi calciassero la palla) al tennis, all'hockey e al cricket, ma c'erano riusciti. Avevano scoperto che se un giovane titanide cresceva abituato agli sport di squadra, avrebbe continuato a giocar bene anche da adulto. Serpentone era il miglior lanciatore delle Folgori della Chiave di Mi, i campioni di cricket della Federazione di Iperione. Serpentone aveva un mucchio di motivi per voler parlare a Chris. Uno di essi consisteva in una favolosa idea che gli era venuta di recente a proposito della Coppa del Mondo. Nonostante la guerra, l'ultimo Campionato Mondiale si era tenuto sulla Terra quattro anni prima. Onde evitar di offrire un unico allettante bersaglio, gli incontri erano stati sparpagliati un po' dappertutto intorno al globo. Ciò nonostante, tre partite avevano subito prematura conclusione allorché stadio, giocatori e spettatori erano rimasti inceneriti. La Coppa, alla fine, era stata rivendicata dalla Siberia Orientale. Quest'anno, però, anno di Coppa del Mondo, sulla Terra non sarebbe proprio stato possibile disputare alcuna gara. Non era rimasto neanche un campo di gioco. Per indisponibilità della sede principale, la Coppa del Mondo si sarebbe tenuta su Gea. E Serpentone aveva intenzione di organizzarla. Si emozionò talmente, a quel pensiero, che affrettò il passo, salvo rammentarsi subito dopo, per la centesima volta, di quella balorda che veniva in coda al gruppo. Rallentò, e volse il capo a guardarla arrancare faticosamente, mentre avrebbe potuto benissimo stargli in groppa. Le aveva pur offerto di salire, no? Serpentone sbuffò. Se i piedi le facevano male, doveva prendersela solo con se stessa. Nova aveva altri problemi, a parte i piedi doloranti. Al pari di sua madre, non si era mai dimostrata un esplosivo a miccia lunga. E ormai era prontissima a deflagrare. Appena un anno prima, il volto dell'esistenza e le tortuosità del mondo non avevano avuto segreti, per lei. La Congrega fluttuava in LaGrange Due, solida, incrollabile, reale. Poi il Consiglio aveva deliberato di partire. Troppe colonie O'Neil erano state distrutte. Nessuno poteva dire quale sarebbe stata la prossima mossa di quei pazzi furiosi che infestavano la Terra. Avevano quindi fatto i necessari preparativi, e i possenti motori erano stati avviati. Le streghe della Congrega intendevano dirigersi alla volta di Alpha Centauri. All'inizio dell'anno, Robin era stata Madonna Nera. Adesso, Robin non era più nulla. Aveva a stento evitato la pena di morte. La maniera in cui se n'era andata non le concedeva possibilità di ritorno. E quella caduta repentina e irrimediabile aveva travolto anche sua figlia. Nova era un'apolide. La sua intera cultura navigava ormai, irraggiungibilmente perduta, verso remote stelle. E poi, ovviamente, c'era Che razza di sistema per compendiare quel coso, pensava. Un essere talmente orribile da richiedere tutta una nuova serie di pronomi. E poi, come se non bastasse, adesso c'era pure quel posto spaventoso. Appena giunte, lei e Robin avevano dovuto lottare per sopravvivere. E avevano ammazzato quasi un centinaio di persone. L'enormità di quel massacro l'aveva sopraffatta. Fino a quel momento, non aveva mai ucciso nessuno. E poi, Robin si aspettava che Nova trattasse quei mostruosi animali come se fossero persone. Si aspettava che facesse E poi tutti quanti si aspettavano che lei desse confidenza a quell'abominevole Conal, quel contorto, puzzolente, peloso, rozzo, stupido ammasso di muscoli, che aveva perso l'occasione d'indovinarne una in vita sua quando non s'era fatto abortire al momento giusto. Senza contare che fra poco avrebbero persino incontrato Tutto, su Gea, era spaventoso. La temperatura era eccessiva. Le spremeva ogni giorno secchiate di sudore. Arrampicarsi decentemente era impossibile. Scopriva di essere sempre troppo leggera, e non faceva altro che incespicare mentre i riflessi acquisiti continuavano a tradirla. Quella maledetta penombra che la seguiva ovunque. Quell'aria che puzzava di marcio, di fumo, di cose selvatiche. Era un posto Avrebbe voluto addormentarsi, e poi risvegliarsi per scoprire ch'era stato tutto un sogno. Sarebbe andata in Consiglio, e lei e Robin ne avrebbero riso insieme. Ti ricordi, madre, di quel posto dove capitasti quand'eri ragazza? Be', ho sognato che eravamo lì tutt'e due, e che tu avevi un figlio. Niente sogno. Niente risveglio. Si mise a sedere in mezzo al viottolo. Il titanide giallo chiamato Serpentone, che era assolutamente identico a sua madre ma che loro pretendevano di farle credere fosse un maschio, si fermò e le disse qualcosa. Lei fece finta di nulla. Quello aspettò un momento, poi proseguì. A Nova andava benissimo così. Adesso vedeva dov'era la casalbero. Quando si fosse sentita pronta, sarebbe scesa giù anche lei. O forse sarebbe semplicemente rimasta lì seduta a morire. L'ultimo membro del gruppo era anche il più contento della compagnia. Nel corso della sua breve vita, per tre volte era andato vicino a morire, ma lui non lo sapeva. Il suo primo potenziale assassino era stata la sua stessa madre. Robin ci aveva riflettuto bene e a lungo, dopo aver visto che cosa il suo grembo sofferente aveva prodigiosamente scodellato in quell'inquieto mondo. Più di recente, era stato quasi ucciso da un commerciante di bambini. Conservava, dell'episodio, un ricordo assai vago. Era finito tutto così in fretta. Rammentava però l'uomo che aveva chinato la fronte a sorridergli. Quell'uomo gli piaceva. C'era un sacco di gente nuova. Anche questo gli piaceva. E gli andava altresì a genio il nuovo posto. Camminare qui era più facile. Non gli capitava così spesso di cadere. Un po' di quella gente nuova era molto grossa, e aveva un sacco di gambe. E portava pure indosso tanti colori entusiasmanti, così vividi e luminosi che lui rideva di gioia ogni volta che li vedeva. Aveva imparato una parola nuova: Ni-De. Era un Ni-De giallochiaro che lo scarrozzava adesso. La cavalcata risultava di suo gusto. Due sole cose guastavano quell'altrimenti perfetto meriggio. Si sentiva il sederino bagnato, e incominciava a chiedersi quanto mancasse all'ora di pranzo. Era proprio sul punto di affrontare tali argomenti, allorché il Ni-De lo porse alla mamma. La mamma lo depose sulla groppa del Ni-De, e lui stette a rimirare la lunga, vaporosa, rosea chioma ondeggiargli sopra mentre mamma gli cambiava il pannolino. Il Ni-De roteava la testa di qua e di là, cosa che a lui pareva molto divertente. E ora la mamma rideva! L'aveva fatto così di rado, ultimamente. Adam era al settimo cielo. Robin si aprì la camicetta, lo tirò su, e lui trovò il capezzolo. Il mondo, adesso, era davvero perfetto. Il gruppo raggiunse l'estremità esterna del ponte sospeso e cominciò a traversarlo in fila indiana. Adam si era addormentato. Robin era pronta per il sonno. Nova sarebbe stata più che pronta, ma era rimasta molto indietro rispetto agli altri. Sfilarono sotto un ingresso ad arco che portava dipinto il nome della casalbero di Chris: Tuxedo Junction. Robin si domandò cosa volesse dire. Pandemonio era di nuovo in movimento. Gea, attraversando la foresta dell'Iperione settentrionale, meditava su recenti avvenimenti. Non era contenta, e quando Gea era scontenta, quelli che le stavano accanto se ne accorgevano immancabilmente. Un elefante non riuscì a scansarsi in tempo. Senza neppure cambiare andatura, Gea gli sferrò un calcio. L'elefante volò in aria, atterrando smezzato cento metri più in là. Gea stava scegliendo il programma per la prossima sosta. Dopo lungo elucubrare optò per Alla fine ci ripensò, e scoppiò a ridere di gusto. Il secondo spettacolo sarebbe stato l'8 di Fellini. |
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