"Le fontane del Paradiso" - читать интересную книгу автора (Clarke Arthur C.)

3 Le fontane

 Per giorni, elefanti e schiavi si erano torturati sotto il sole impietoso, trasportando l'interminabile catena di secchi lungo la faccia del dirupo. — Siete pronti? — aveva chiesto il Re, di tanto in tanto. — No, Maestà — aveva risposto il sovrintendente ai lavori — il serbatoio non è ancora pieno. Ma domani, forse…

Finalmente era giunto domani, e ora l'intera corte era radunata nei Giardini del Piacere, sotto tende di stoffa dai colori vivaci. Al Re facevano fresco grandi ventagli, agitati da supplicanti che avevano pagato il ciambellano per quel privilegio rischioso. Era un onore che poteva condurre alla ricchezza, o alla morte.

Tutti gli occhi erano puntati sulla Montagna, e sulle minuscole figure che si muovevano sulla sua cima. Venne agitato uno stendardo; molto più in basso, un corno risuonò brevemente. Alla base del dirupo, gli operai mossero freneticamente le leve, tirarono le corde. Eppure, per lungo tempo non successe niente.

Sulla faccia del Re cominciò ad apparire una ruga, e L'intera corte tremò. Per qualche secondo persino i ventagli si agitarono più piano, ma ripresero subito velocità, non appena chi li reggeva ricordò i pericoli di quel compito. Poi gli uomini ai piedi di Yakkagala uscirono in un grande urlo, un grido di gioia e di trionfo che si fece sempre più vicino, correndo lungo i sentieri circondati di fiori. E col grido arrivò anche un altro suono, non troppo forte, che però dava l'impressione di forze irresistibili, domate, protese verso lo scopo che dovevano raggiungere.

L'una dopo l'altra, nascendo dal terreno come per magia, le snelle colonne d'acqua si lanciarono verso il cielo senza nubi. Alte quattro volte un uomo, fiorirono in una rugiada di spruzzi. Il sole che si rifrangeva su di loro creava una nebbiolina d'arcobaleni che rendeva ancora più strana e più bella la scena. Mai, nell'intera storia di Taprobane, occhi umani avevano visto una meraviglia simile.

Il Re sorrise, e i cortigiani trovarono il coraggio di tirare di nuovo il respiro. Questa volta le tubature interrate non erano esplose sotto la pressione dell'acqua. A differenza dei loro sfortunati predecessori, i muratori che le avevano deposte avevano discrete possibilità di arrivare alla vecchiaia, come tutti quelli che lavoravano per Kalidas.

Con la stessa lentezza del sole al tramonto, le colonne d'acqua stavano diventando più piccole. Adesso non erano più alte d'un uomo: i serbatoi riempiti con tanta fatica erano quasi vuoti. Ma il Re era estremamente soddisfatto. Alzò la mano, e le fontane guizzarono e si levarono di nuovo come per rendere un ultimo omaggio al trono, poi si esaurirono in silenzio. Per un po' le acque si agitarono avanti e indietro sulla superficie delle vasche; poi tornarono di nuovo a essere specchi immobili, che riflettevano l'immagine della Montagna eterna.

— Gli uomini hanno lavorato bene — disse Kalidas. — Ridate loro la libertà.

"Quanto" bene, ovviamente, non lo avrebbero mai capito, perché nessuno poteva condividere le visioni solitarie di un artista-re. E Kalidas, mentre scrutava i meravigliosi giardini che circondavano Yakkagala, provò il massimo della felicità che gli era concessa.

Lì, ai piedi della Montagna, aveva concepito e creato il paradiso terrestre. Ora, in alto sulla cima, gli restava solo da costruire il Paradiso vero.