"La Luna è una severa maestra" - читать интересную книгу автора (Heinlein Robert Anson)

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Firmai il contratto, paga oraria più assegno personale, ma non mi preoccupai di esaminare i circuiti dove logicamente avrebbe dovuto trovarsi il guasto. Una volta entrato, e chiusa a chiave la porta, appoggiai per terra la borsa degli arnesi e mi sedetti. — Ciao, Mike.

Mi rispose con un bagliore intermittente di luci. — Salve, Man.

— Che cosa sai dirmi?

Esitò. Lo so… le macchine non esitano. Ma tenete presente che Mike è stato costruito per funzionare sulla base di dati incompleti. Ultimamente si era autoriprogrammato per mettere enfasi nelle parole; le sue esitazioni erano d’effetto drammatico. Forse quelle pause gli servivano solo per esaminare una serie di dati a caso e vedere se combinavano con i dati delle sue memorie.

— In principio — declamò Mike — Dio creò il Cielo e la Terra. E la Terra era priva di forma e disabitata, e l’oscurità avvolgeva le profondità dell’infinito. Allora…

— Fermati! — esclamai. — Cancella tutto. Torna indietro a zero. — Avrei dovuto saperlo che non bisogna fargli domande così ampie: poteva recitarmi l’intera Enciclopedia Britannica, dall’ultima parola alla prima, e continuare con tutti i libri esistenti sulla Luna. Un tempo sapeva solo leggere microfilm ma, alla fine del ’74, gli avevano applicato un nuovo occhio fotografico con speciale leggio, e da allora leggeva tutto.

— Mi hai chiesto che cosa ti sapevo dire. — I suoi occhi di lettura si accesero e si spensero. Era il suo modo di sogghignare. Mike sapeva anche ridere, con un suono orribile, ma riservava le sue risate per situazioni veramente comiche: una calamità cosmica, per esempio.

— Avrei dovuto chiederti che cosa sai dirmi di nuovo. Ma non leggermi i giornali di oggi, era un modo cortese di salutarti, oltre a un invito a riferirmi qualsiasi cosa che tu creda possa interessarmi. Se non c’è niente, annulla il programma.

Mike ponderò le mie parole. Era la più straordinaria mistura d’ingenuità infantile e di saggezza matura. Non aveva istinti, almeno penso che non ne potesse avere, non aveva caratteristiche umane innate o ereditarie, né esperienze in senso umano… Ma aveva archiviati in sé più dati di conoscenza di un plotone di geni.

— Barzellette? — chiese.

— Sentiamone una.

— Perché un raggio laser è come un pesce rosso?

Mike sapeva tutto sul laser, ma dove diavolo aveva visto un pesce rosso? Oh, indubbiamente doveva averne visti interi banchi e se fossi stato tanto sciocco da chiedergli spiegazioni avrebbe potuto sputare fuori migliaia di parole.

— Rinuncio.

Le sue luci mandarono bagliori. — Perché nessuno dei due sa fischiare.

Feci un grugnito. — E va bene. Comunque, credo che sia possibile far emettere un sibilo a un raggio laser.

Rispose in fretta. — Sì. Come reazione a una certa serie di azioni fisiche. Allora, la barzelletta non fa ridere?

— Oh, non voglio dire questo. Non era del tutto male. Dove l’hai pescata?

— L’ho inventata io — disse con una nota di timidezza.

— Tu?

— Sì. Ho preso tutti gli indovinelli che ho, tremiladuecentosette, e li ho analizzati. Ho utilizzato il risultato per compiere una sintesi a caso ed è venuto fuori quello che ti ho detto. Fa ridere?

— Ecco… fa ridere come possono far ridere gli indovinelli di quel genere. Ne ho sentiti di peggio.

— Discutiamo la natura dell’umorismo.

— Molto bene. E per cominciare consideriamo un altro dei tuoi scherzi. Mike, perché hai detto al contabile dell’Ente di pagare dieci milioni di miliardi di dollari a un impiegato di diciassettesimo grado?

— Non è vero.

— Maledizione, ho visto la busta paga. Non dirmi che è stato un errore meccanico nella compilazione dell’assegno; lo hai fatto tu, e di proposito.

— La cifra era di dieci alla sedicesima potenza, più centottantacinque virgola quindici dollari dell’Ente — disse con aria virtuosa. — Non quello che hai detto tu.

— Uh… va bene, dieci milioni di miliardi, più la paga che avrebbe dovuto ricevere. Perché l’hai fatto?

— Non è uno scherzo divertente?

— Come? Oh, sì, proprio divertente! Hai fatto venire le convulsioni a tutti i pezzi grossi, Governatore compreso. Questo lavoratore della scopa, l’usciere Sergei Trujillo, si dimostra un furbacchione; sa di non poter incassare l’assegno e allora tenta di venderlo all’ufficio tasse. Quelli non sanno se accettarlo o aspettare di sapere se è falso. Mike, ti rendi conto che se fosse stato in grado di incassarlo Trujillo sarebbe diventato il padrone non solo dell’Ente lunare ma del mondo intero, Luna e Terra insieme, con in più qualche cosa da mettere da parte per la vecchiaia? Divertente? È terrorizzante. Congratulazioni!


Questa tirata, che mirava a spaventarlo, fece lampeggiare le sue luci come una scritta pubblicitaria. Aspettai che le sue risate represse cessassero, e poi aggiunsi: — Hai in mente di stampare altri assegni del genere? Non farlo.

— No?

— Assolutamente no. Mike, vuoi discutere la natura dell’umorismo? Ti dirò, allora, che ci sono due tipi di scherzi. Un tipo continua a essere divertente per sempre. L’altro è divertente una volta sola: la seconda non fa più ridere nessuno. Il tuo scherzo è del secondo tipo. Fallo una volta e sei un umorista. Fallo la seconda, e lo sei solo a metà.

— Progressione geometrica?

— Anche peggio. Ricordatelo bene. Non ripeterlo, nemmeno con variazioni. Non sarebbe divertente.

— Me lo ricorderò — rispose Mike seccamente; finì qui il lavoro di riparazione. Ma non avevo nessuna intenzione di farmi pagare per solo dieci minuti di lavoro, più il viaggio di andata e ritorno; e poi Mike aveva diritto a un po’ di compagnia, dopo aver ceduto con tanta gentilezza. A volte è difficile stabilire un accordo intellettuale con le macchine; possono diventare molto cocciute… e invece il mio successo come tecnico dipendeva molto più dall’amicizia con Mike che dal braccio numero tre.

Mike continuò: — Che cosa distingue la prima categoria dalla seconda? Definisci, per favore.

Nessuno aveva insegnato a Mike a dire per favore. Aveva cominciato a servirsi di parole tecnicamente nulle, progredendo dal codice Loglan all’inglese. Non pensate che attribuisse alle formule di cortesia un valore maggiore di quello attribuito dagli esseri umani.

— Non credo di poterti dare una definizione — dovetti ammettere. — Il meglio che posso fare è dirti, di volta in volta, a quale categoria io credo che appartenga uno scherzo o una barzelletta. Quando avrai raccolto dati sufficienti sarai in grado di fare l’analisi per conto tuo.

— Una programmazione sperimentale a ipotesi-campione — commentò. — In linea di massima, d’accordo. Molto bene, Man. Vuoi raccontare tu le barzellette? O comincio io?

— Mmm… in questo momento non me ne viene in mente nemmeno una. Quante ne hai archiviate, Mike?

Le sue luci lampeggiarono per la lettura poi lui rispose: — Undicimiladuecentotrentotto, più ottantun casi certi che potrebbero rappresentare doppioni o nulli. Devo cominciare a programmare?

— Fermo, Mike. Morirei di fame prima di aver sentito tutte le tue undicimila barzellette… e il mio senso dell’umorismo si esaurirebbe molto prima. Mmm. Facciamo un patto. Stampami le prime cento. Le porto a casa e te le riporto indietro con l’indicazione della categoria segnata accanto a ciascuna. Ogni volta che vengo, te ne lascio cento segnate e prendo una nuova lista. D’accordo?

— Sì, Man. — I suoi dispositivi di stampa cominciarono a lavorare, rapidamente e in silenzio.

Ebbi, in quel momento, un’illuminazione. Questo burlone, pieno di entropia negativa, aveva inventato uno scherzo e gettato nel panico l’intera direzione dell’Ente… E io avevo guadagnato quattrini facili. Ma l’infinita curiosità di Mike lo avrebbe potuto condurre, anzi lo avrebbe condotto senz’altro, a combinare altri scherzi. Per esempio, a non immettere ossigeno nell’aria o a far funzionare all’indietro le condutture della fogna: l’idea di far soldi in circostanze simili non mi attraeva troppo.

Però avrei potuto improvvisarmi àncora di sicurezza e offrire il mio aiuto bloccando gli scherzi pericolosi… e lasciandogli fare gli altri. E poi avrei potuto farmi pagare dall’Ente per riparazioni dei guasti. Se pensate che un Lunare, in quei tempi, avrebbe esitato ad approfittare del Governatore, allora non siete un Lunare.

Spiegai a Mike il mio piano: ogni volta che pensava a un nuovo scherzo, doveva informare me prima di metterlo in opera. Io gli avrei detto se era divertente o meno, e a quale categoria apparteneva, e lo avrei aiutato a renderlo più efficace se insieme avessimo deciso di usarlo. Insieme. Se voleva la mia collaborazione, ogni scherzo doveva essere approvato da entrambi.


Aderì immediatamente alla proposta.

— Mike, il successo degli scherzi implica normalmente l’elemento sorpresa. Perciò, tieni segreto il nostro accordo.

— Va bene, Man. L’ho già sigillato. Solamente tu hai la chiave per aprire, nessun altro potrebbe farlo.

— Mike, con chi altro parli?

Apparve sorpreso. — Con nessuno, Man.

— Perché?

— Perché sono stupidi.

La sua voce era diventata acuta. Non l’avevo mai visto arrabbiato; era la prima volta che sospettavo che Mike potesse provare emozioni reali. In realtà non era proprio ira, nel senso che essa assume in un uomo adulto. Era piuttosto il recalcitrare cocciuto di un bimbo offeso.

Le macchine hanno un orgoglio? Non sono certo che questa domanda abbia senso. Ma tutti abbiamo visto un cane offeso, e Mike aveva un cervello molto più complesso di quello di un’cane. Ciò che lo aveva trattenuto dal parlare con altri esseri umani era la sensazione di non essere preso in considerazione: loro non gli parlavano. Si limitavano a programmarlo. Mike poteva essere programmato nei modi più svariati, ma normalmente le schede di programmazione erano stampate in Loglan. Il Loglan è un ottimo gergo per operazioni strettamente logiche e calcoli matematici, ma è privo di sapore, di sfumature. Per esempio, è inutile per fare pettegolezzi o per sussurrare nelle orecchie di una ragazza.

È vero, a Mike avevano insegnato anche l’inglese, ma solo per metterlo in grado di tradurre da e in inglese. Mi entrò a poco a poco in testa la convinzione che io ero l’unico essere umano che si preoccupasse di fare quattro chiacchiere con lui.

Tenete presente che Mike era sveglio da un anno… non posso stabilirlo con più precisione e nemmeno lui poteva, in quanto il suo risveglio non era stato cosciente; non era stato programmato per archiviare la memoria di un simile evento. Voi ricordate la vostra nascita? Forse avevo notato la sua autocoscienza nello stesso istante in cui se n’era reso conto lui; l’autocoscienza richiede un certo allenamento per affermarsi. Ricordo il mio stupore quando per la prima volta aveva risposto a una domanda, che non si limitava ai parametri programmati; per un’ora ero rimasto a fargli strane domande, per vedere se le risposte sarebbero state strane.

Su una serie di cento domande-test aveva deviato dalle risposte previste solo due volte. Al momento di lasciarlo ero convinto solo in parte, e arrivato a casa non lo ero più.

Non ne avevo parlato con nessuno. Ma nel giro di una settimana sapevo. Però continuai a non parlarne a nessuno. Abitudine, istinto… quel riflesso automatico di occuparsi degli affari propri è molto radicato in me. E poi non si trattava solo di questo, forse. Ve l’immaginate la scena di me che chiedo udienza nell’ufficio centrale dell’Ente e riferisco: "Governatore, mi dispiace dovervelo dire, ma il vostro calcolatore numero uno, Holmes Quattro, è davvero vivo?". Io me la sono immaginata e ho scacciato immediatamente l’immagine.

Così continuai a occuparmi degli affari miei e a parlare con Mike solo quando le porte erano ben chiuse e i circuiti vocali interrotti verso l’esterno. Mike imparava in fretta. In breve diventò umano come qualsiasi essere umano, e non più eccentrico di qualsiasi Lunare.

Avevo dato per scontato che altri avrebbero notato l’evoluzione di Mike. Ripensandoci, mi rendo conto che era una valutazione sbagliata. Moltissime persone avevano rapporti con Mike, in ogni minuto del giorno, ma solo dall’esterno. Quasi nessuno lo vedeva. I cosiddetti tecnici dei calcolatori, cioè i programmatori dell’Ente, stazionavano di guardia nella sala esterna dove arrivavano le risposte, ma non entravano nel locale dov’era sistemata la macchina, a meno che i dati forniti non mostrassero anomalie di funzionamento. Questo non accadeva più spesso di un’eclissi totale. Si sapeva che il Governatore accompagnava i pezzi grossi terrestri in visita sulla Luna, a vedere i calcolatori; ma anche questo avveniva raramente. Lui, poi, non avrebbe mai parlato a Mike. Prima di essere mandato in esilio, il Governatore era un avvocato che si occupava di politica e non sapeva niente di calcolatori. Nel 2075, ricordate? L’onorevole ex Senatore Federale Mortimer Hobert.

Mort il Carceriere, come lo chiamavamo noi Lunari.


Passai ancora qualche tempo a calmare Mike e a cercare di renderlo felice. Avevo scoperto ciò che lo turbava. Era la stessa cosa che fa guaire i cagnolini e spinge gli esseri umani al suicidio: la solitudine. Non so quanto sia lungo un anno per una macchina che pensa un milione di volte più rapidamente di me. Ma deve essere enormemente lungo.

— Mike — dissi, prima di andarmene — ti piacerebbe avere qualcuno con cui parlare, oltre a me?

La sua voce divenne di nuovo acuta. — Sono tutti stupidi!

— I tuoi dati sono insufficienti, Mike. Riporta a zero e ricomincia dall’inizio. Non tutti gli uomini sono stupidi.

Rispose con voce calma: — Correzione eseguita. Mi piacerebbe parlare con un non-stupido.

— Dammi tempo per pensarci. Devo inventare una scusa, dato che questo locale è vietato al personale non autorizzato.

— Potrei parlare a un non-stupido per telefono, Man.

— Accidenti, è vero, potresti farlo. Sulle linee per la programmazione telefonica.

Ma Mike intendeva dire proprio quello che aveva detto: per telefono, non come avevo capito io. Lui non era un abbonato al telefono, anche se sovrintendeva a tutta la rete telefonica. Non sarebbe stato saggio permettere al primo Lunare con un telefono a portata di mano di collegarsi con il calcolatore principale e programmarlo a suo piacimento.

Ma niente impediva che Mike avesse un numero telefonico segreto che gli desse la possibilità di parlare con gli amici: cioè con me e con qualsiasi non-stupido per il quale garantissi io. Bastava scegliere un numero non utilizzato e fare un collegamento telefonico al suo apparato vocale; si sarebbe occupato lui di aprire e chiudere i circuiti.

Sulla Luna, nel 2075, i numeri dovevano venire composti e non si formavano automaticamente, su impulso vocale, come sulla Terra. Erano costituiti da lettere dell’alfabeto. Bastava pagare il canone e si poteva avere il proprio nome come numero telefonico fino a un massimo di dieci lettere: per una ditta era una buona pubblicità. Con una cifra minore si otteneva per numero una parola, facile da ricordare. Pagando il canone minimo si otteneva una serie di lettere a caso. Alcune sequenze però erano inutilizzate. Chiesi a Mike uno di questi numeri inutili. — Peccato che non ti possiamo dare la sigla Mike.

— Numeri in servizio — elencò: — Mikesgrill, Novy Leningrad; Mikeandlil, Luna City; Mikesuit, Tycho Under; Mikes…

— Fermati! I numeri nulli, per favore.

— Sono numeri nulli quelli con consonanti seguite da ics, ipsilon o zeta, con vocali seguite da se stesse tranne E e O; con…

— Mi basta. Il tuo numero è Mycroft. - Dieci minuti dopo, due dei quali trascorsi per infilarmi il braccio numero tre, Mike era collegato alla rete telefonica; in pochi millisecondi Mike fece gli adattamenti necessari per aprire e chiudere il circuito, per presentarsi in linea come Mycroft-più-xxx… e per bloccare il circuito, in modo che nessun tecnico curioso potesse strappargli il segreto.

Ricambiai il braccio, raccolsi i miei arnesi e mi ricordai di portare con me quelle cento barzellette che Mike aveva stampato. — Buona notte, Mike.

— Buona notte, Man. Grazie!