"La Luna è una severa maestra" - читать интересную книгу автора (Heinlein Robert Anson)

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Presi la metropolitana Trans-Crisi per Luna City, ma non andai a casa; Mike voleva sapere di un raduno che si teneva quella sera, alle 21, al Teatro degli Stilyagi, luogo di raduno, normalmente, dei nostri capelloni. Mike era solito ascoltare e registrare concerti, conferenze eccetera; ma qualcuno, quella sera, aveva staccato il suo collegamento con il Teatro degli Stilyagi. Credo che se ne sentisse offeso.

Potevo immaginare il perché era stato tolto il collegamento. Si trattava di politica, un raduno di protesta. Che ragione ci fosse di impedire a Mike di seguire il dibattito, non riuscivo a capire; era facile scommettere che fedelissimi del Governatore si sarebbero mescolati alla folla. Non che ci si aspettasse un tentativo da parte dell’Ente di sciogliere il raduno o di arrestare gli esiliati non ancora naturalizzati, se avessero aperto bocca. Non era necessario.

Mio nonno Stone sosteneva che la Luna era la sola prigione aperta della storia. Niente sbarre, niente secondini, niente regole e nessun bisogno di istituirle. Nei primi anni, diceva, prima che diventasse evidente che l’esilio sulla Luna era una condanna all’ergastolo, qualcuno tentò di scappare. In astronave, naturalmente; e dato che il peso di una nave è calcolato fino all’ultimo grammo, questo implicava la corruzione di un uomo dell’equipaggio.

Dicono che alcuni si lasciarono corrompere. Ma non ci furono fughe ugualmente. Non è detto che ci si possa sempre fidare fino in fondo dell’uomo che abbiamo tentato di corrompere.

Ricordo di aver visto un uomo subito dopo l’eliminazione attraverso la Porta Stagna Est. Non crediate che un cadavere abbia un aspetto più simpatico solo perché galleggia in orbita.

Il Governatore non si agitava per niente, quando avvenivano raduni di protesta. Lasciateli chiacchierare, era la sua politica. Quelle chiacchiere avevano lo stesso significato dei miagolii di gattini rinchiusi in una scatola. Alcuni Governatori si limitavano ad ascoltare, mentre altri, a dire il vero, cercavano di mettere a tacere le proteste; ma in entrambi i casi le conseguenze erano identiche: nessuna conseguenza.

Quando Mort divenne governatore, nel 2068, ci fece una predica su come le cose sarebbero cambiate sulla Luna durante la sua amministrazione (roba tipo un paradiso terrestre realizzato con le nostre forti mani, spingere insieme la ruota, in uno spirito di fratellanza e dimentichiamo gli errori del passato per puntare i nostri occhi avanti, verso la nuova alba luminosa). Udii quel discorso nell’Osteria di Mamma Boor, trangugiando un litro di grappa australiana su un piatto di stufato irlandese. Mi ricordo il commento di Mamma Boor: "Parla fiorito, non ti pare?".

Quel commento fu l’unico risultato della predica. Furono inoltrate alcune petizioni, e le guardie del corpo del Governatore cominciarono a portare armi di nuovo tipo: non ci furono altri mutamenti. Dopo qualche tempo, Mort smise di farsi vedere pubblicamente, anche al video.

Andai al raduno, quella sera, solo perché Mike era curioso. Quando passai dalla stazione della metropolitana alla Porta Stagna Ovest, presi un registratore in miniatura e lo nascosi nella borsa appesa alla cintura, in modo che Mike potesse ricevere un resoconto completo anche nel caso che mi fossi addormentato.

Poco mancò che non riuscissi nemmeno a entrare. Risalii dal livello 7-A e mi infilai in una porta laterale del teatro. Fui fermato da uno dei giovani stilyagi: indossava una salopette aderente, di pelle, imbottita, aveva la schiena nuda luccicante e spruzzata con polvere di stelle. Non che a me interessi come si veste la gente; io stesso portavo una salopette aderente, non imbottita però, e a volte mi ungo la parte superiore del corpo, quando vado ai ricevimenti.

Ma non uso cosmetici, e i miei capelli sono troppo radi per acconciature di fantasia. Quel ragazzo aveva il cranio rasato ai lati e una ciocca centrale che saliva come una cresta di gallo. In cima al tutto portava un berretto rosso, con una specie di visiera sul davanti.

Era un Berretto della Libertà… il primo che avessi mai visto. Feci per passare, ma il ragazzo mi sbarrò la strada con un braccio e piazzò la faccia a pochi centimetri dalla mia. — Biglietto!

— Mi dispiace — dissi. — Non lo sapevo. Dove si compera?

— Non si compera.

— Ripeti, per favore — dissi. — Non ho sentito bene.

— Nessuno può entrare senza un invito che garantisca per lui. Chi sei?

— Sono Manuel Garcia O’Kelly — risposi, con cautela — e tutti i vecchi mi conoscono. Chi sei tu?

— Non ti riguarda. O tiri fuori il biglietto con regolare contromarca, o te ne vai fuori di qui.

Chissà se quel ragazzo contava di vivere a lungo. I turisti spesso notano quanto sono gentili gli abitanti della Luna… con il commento sottinteso che non si aspettavano di trovare tanto civile una ex prigione. Essendo stato sulla Terra e avendo visto come si comportano laggiù, so che cosa intendono. È inutile dire che noi siamo quello che siamo perché i cattivi soggetti hanno vita breve sulla Luna.

Non avevo però intenzione di fare a pugni, nonostante il comportamento da teppista di quel giovanotto: mi limitai a pensare a come sarebbe stata attraente la sua faccia se gli avessi accarezzato la bocca con il braccio numero sette.

Ma era una semplice riflessione. Stavo per rispondere cortesemente, quando vidi all’interno Shorty Mkrum. Shorty era un gigantesco negro, alto due metri, deportato sul Sasso per omicidio, ed era l’uomo più gentile e servizievole con il quale avessi mai lavorato. Gli avevo insegnato a perforare la roccia con i raggi laser, prima che mi bruciassi il braccio. — Shorty!

Mi udì e mi sorrise. — Salve, Mannie! — Si avvicinò. — Sono contento che tu sia venuto, Man!

— Non sono certo di essere venuto — dissi. — C’è un posto di blocco.

— Non ha il biglietto — spiegò il giovanotto.

Shorty infilò la mano nella sua borsa e me ne porse uno. — Ora ce l’ha. Entra, Mannie.

— Mostrami la contromarca — insistette il giovane.

— È la mia contromarca — disse Shorty gentilmente. — Va bene, tovarisch?

Nessuno discuteva con Shorty… Ancora non riesco a capire come fosse rimasto coinvolto in un omicidio. Ci avviammo verso il palcoscenico dove c’era la fila di poltrone riservate ai pezzi grossi. — Voglio presentarti una ragazzina simpatica — mi disse Shorty.

Era una ragazzina solo per Shorty. Io non sono basso, sono un metro e settantacinque; ma lei era più alta. Era esattamente un metro e ottanta, come appresi più tardi, e pesava settanta chili; era tutta curve, e bionda quanto Shorty era nero. Conclusi che doveva essere stata deportata, dato che la carnagione difficilmente rimane così chiara sulla Luna, alla seconda generazione. Un viso simpatico, molto bello, una massa di riccioli biondi a corona e la struttura solida ma slanciata, deliziosa.

Mi fermai a tre passi di distanza per osservarla da capo a piedi, e fischiai di ammirazione. Rimase immobile per un istante poi fece un cenno di ringraziamento, ma molto asciutto. I complimenti la seccavano, non c’era dubbio. Shorty attese che i preliminari dell’incontro fossero terminati, poi disse a voce bassa: — Wyoh, questo è il compagno Mannie, il miglior minatore che abbia mai perforato una galleria. Mannie, questa ragazzina si chiama Wyoming Knott ed è venuta apposta per dirci come vanno le cose a Hong Kong. Non è carino da parte sua?

Ci toccammo le mani e lei guardò la mia testa senza copricapo. — Allora sei un minatore. Shorty, dov’è il suo Berretto? Pensavo che i minatori qui fossero organizzati. — Lei e Shorty indossavano l’identico piccolo copricapo rosso che portava il ragazzo alla porta, come forse un terzo dei presenti.

— Non faccio più il minatore — spiegai. — Lo facevo prima di perdere quest’ala. — Sollevai il braccio mostrandole la linea di congiunzione fra la protesi e il braccio in carne e ossa. Non ho paura di richiamare l’attenzione delle donne su questa mia menomazione: ne allontana alcune, ma suscita in altre l’istinto materno… — Attualmente faccio il tecnico dei calcolatori.

— Sei un servo dell’Ente? — mi chiese con voce aspra.

Persino adesso che il numero delle donne sulla Luna è pari a quello degli uomini, sono troppo all’antica per essere sgarbato con una donna, in qualsiasi occasione. Hanno, in troppa misura, le qualità di cui noi uomini manchiamo. Ma lei aveva messo il dito sulla piaga e risposi con quasi altrettanta asprezza: — Non sono un dipendente del Governatore. Lavoro per l’Ente in base a contratti privati.

— Allora va bene — disse lei, con voce di nuovo calda. — Tutti quanti facciamo affari con l’Ente, non possiamo evitarlo; è proprio questo il guaio. Ed è proprio questo che cambieremo.

Davvero? E come? pensai. Tutti hanno rapporti d’affari con l’Ente per la stessa ragione per cui hanno rapporti con la Legge di Gravità. Cambieremo anche questa? Tenni però i pensieri per me.

— Mannie è un tipo fidato — aggiunse gentilmente Shorty — garantisco io per lui. Ecco un cappello — e infilò una mano nella borsa. Fece per mettermelo in testa.

Wyoming Knott glielo tolse di mano. — Garantisci tu per lui?

— L’ho detto.

— Bene. Ecco come facciamo a Hong Kong. — Wyoming mi si avvicinò, mi mise il cappello in testa… e mi baciò sulla bocca.

Fece le cose senza fretta. Essere baciati da Wyoming Knott è un’esperienza molto più definitiva che essere sposati, nella maggioranza dei casi di matrimonio. Se fossi stato Mike, le mie luci si sarebbero accese tutte contemporaneamente.

Infine mi resi conto che il bacio era finito e che la gente intorno a me stava fischiando. Battei le palpebre e dissi: — Sono lieto di essere diventato socio. Ma socio di che cosa?

— Non lo sai? — mi chiese Wyoming.

Intervenne Shorty. — Il raduno sta per cominciare… lo scoprirà da solo. Siediti, Man. Siediti, per piacere, Wyoh. — Ci sedemmo proprio mentre un uomo stava battendo sul tavolo con un martelletto.

Con il martelletto e un altoparlante a pieno volume l’uomo riuscì a farsi sentire. — Chiudete le porte! — gridò. — È un raduno a porte chiuse. Controllate chi siede davanti a voi, dietro a voi, vicino a voi. Se vedete qualcuno che non conoscete, e se nessuno di vostra conoscenza può garantire per lui, cacciatelo fuori!

— Cacciarlo fuori? No, all’inferno — gridò una voce — bisogna eliminarlo dalla porta stagna più vicina.

— Calma, per favore! Un giorno o l’altro lo faremo. — Ci fu fermento tutto intorno, e una zuffa, al termine della quale fu strappato un cappello rosso dalla testa di un uomo. Il proprietario del copricapo fu scaraventato fuori, e navigò con grazia attraverso una porta laterale. Dubito che si accorgesse di quello che gli accadeva; doveva essere in stato di incoscienza. Anche una donna fu scacciata, gentilmente. Ma non fu gentile lei, e fece violenti commenti sul conto delle persone che l’avevano buttata fuori. Io mi sentii imbarazzato.

Le porte vennero infine chiuse. Cominciò a suonare una marcia, e una bandiera fu fatta sventolare al di sopra del palcoscenico. Portava scritte tre parole: Libertà, Fraternità, Uguaglianza. Tutti si misero a fischiare e alcuni cominciarono a cantare, a voce spiegata e stonati: Destatevi, prigionieri della fame…

Non posso dire che ci fossero intorno persone denutrite. Però la canzone mi ricordò che non mangiavo dalle due del pomeriggio; speravo che il raduno non sarebbe durato a lungo. Questo pensiero mi fece venire in mente che il registratore che avevo portato con me funzionava solo per due ore e mi fece anche venire in mente che cosa sarebbe successo se si fossero accorti che ce l’avevo. Mi avrebbero fatto volare dalla porta, facendomi rompere le ossa per terra? O mi avrebbero eliminato? Non mi preoccupai troppo, però. Avevo costruito io stesso il registratore, servendomi del braccio numero tre: soltanto un tecnico specializzato in manufatti miniaturizzati si sarebbe reso conto di che cos’era.

Poi vennero i discorsi.

Il contenuto logico era pressoché nullo. Un fanatico propose di marciare sul Palazzo del Governatore, a fianco a fianco, per reclamare i nostri diritti. Immaginate la scena. Ci andiamo sulle capsule della metropolitana e veniamo fuori uno alla volta alla sua stazione privata? E le sue guardie del corpo che cosa faranno? Oppure ci infiliamo le tute a pressione e marciamo in superficie fino alla sua porta stagna superiore? Con i martelli pneumatici a laser e una bella riserva di energia si può scassinare una porta stagna, ma fino a che punto si può scendere? Con l’ascensore? Oppure calandosi in qualche modo e forzando le porte stagne inferiori, a una a una?

Non mi piacerebbe lavorare in quel modo, a pressione zero. Gli infortuni che accadono quando si indossa una tuta a pressione sono troppo permanenti… specialmente quando gli infortuni non sono accidentali ma provocati volontariamente da altri.

Una delle prime cose che gli uomini appresero sulla Luna, sin dai tempi delle prime navi cariche di deportati, era che la pressione zero consigliava le buone maniere. I capisquadra con carattere nervoso non duravano per molti turni di lavoro; avveniva un incidente, e i capi impararono presto a non fare inchieste sulle cause. Nei primi tempi il tasso di mortalità arrivava al 70 per cento, ma i sopravvissuti erano brava gente. Non sottomessi, non mezze calzette, la Luna non è per loro. Però, bene educati.

Mi sembrava che tutte le teste calde della Luna si fossero date convegno quella sera al Teatro degli Stilyagi. La proposta della marcia a fianco a fianco fu accolta da applausi e fischi di entusiasmo.

Quando fu aperta la discussione, ci furono alcuni interventi sensati. Si alzò in piedi un ometto timido, con gli occhi iniettati di sangue, tipici del minatore di antica data. — Lavoro nelle miniere di ghiaccio — disse. — Ho imparato il mestiere al servizio del Governatore, come la maggior parte di voi. Da trent’anni mi sono messo in proprio e mi è andata bene. Ho allevato otto bambini e tutti si sono guadagnati da vivere, nessuno di loro è stato eliminato o ha avuto guai seri. Posso dire che mi è andata bene… perché oggi bisogna scavare sempre più lontano e sempre più in profondità per trovare ghiaccio.

"In questo non c’è niente di male, c’è ancora ghiaccio sul Sasso e un buon minatore sa dove trovarlo. Però l’Ente paga oggi per il ghiaccio lo stesso prezzo che pagava trent’anni fa. Peggio ancora, la moneta dell’Ente non ha più il potere d’acquisto di allora. Mi ricordo quando i dollari di Hong Kong si scambiavano alla pari con quelli dell’Ente. Ora ci vogliono tre dollari dell’Ente per un dollaro HKL. Io non so cosa si debba fare… Però so che ci vuole ghiaccio per rifornire d’acqua i villaggi sotterranei e le fattorie."

Si sedette, con uno sguardo triste. Nessuno fischiò ma tutti volevano prendere la parola. L’uomo che parlò dopo di lui precisò che si può estrarre acqua dalle rocce. Bella novità! La percentuale di acqua, in alcune rocce, è del sei per cento, ma quelle rocce sono più rare dei giacimenti d’acqua minerale.

Molti agricoltori espressero il loro malcontento; tipico l’intervento di un produttore di grano: — Avete sentito quello che ha detto Fred Hauser, a proposito del ghiaccio. Fred, l’Ente non ci fa pagare il ghiaccio poco come lo paga a voi. Ho cominciato a fare il contadino quando tu hai cominciato a scavare le miniere, in una galleria lunga due chilometri affittata dall’Ente. Con l’aiuto di mio figlio maggiore l’ho sigillata e pressurizzata; avevamo a disposizione un piccolo giacimento di ghiaccio e abbiamo fatto il primo raccolto contraendo un debito con la banca per pagare le spese dell’energia, dell’illuminazione, delle sementi e dei fertilizzanti.

"Continuammo a scavare gallerie per allargare il terreno coltivato, a comprare nuova energia e a piantare sementi migliori; ora otteniamo un prodotto per ettaro nove volte superiore a quello della più efficiente fattoria all’aria aperta sulla Terra. Il risultato? Siamo diventati ricchi? Fred, abbiamo più debiti adesso del giorno in cui ci siamo messi in proprio! Se vendessi tutto, ammesso che si trovi qualcuno tanto matto da comprare, andrei in fallimento. Perché? Perché devo comprare l’acqua dall’Ente e devo vendere il grano all’Ente, e non ne esco in pari. Vent’anni fa compravo acqua di fogna dall’Ente, la sterilizzavo io stesso e riuscivo a fare un profitto con i raccolti. Oggi, quando compro l’acqua di fogna, mi fanno pagare il prezzo dell’acqua distillata e in più mandano anche la fattura per i rifiuti solidi. Eppure il prezzo di una tonnellata di grano al capolinea della catapulta è lo stesso di vent’anni fa. Fred, bada a me, sbarazziamoci dell’Ente!"

Fu un coro di fischi di approvazione. Una bella idea, pensai io, ma chi va a mettere la testa nelle fauci del leone?

Wyoming Knott chiese la parola. Il presidente si tirò da parte e lasciò che Shorty la presentasse come una coraggiosa ragazza venuta da Hong Kong Luna per riferirci come i nostri compagni cinesi affrontano la situazione; la scelta delle parole dimostrava che Shorty non era mai stato a Hong Kong. Nessuna sorpresa: nel 2075, la metropolitana per HKL finiva a Endsville, lasciando un migliaio di chilometri di mari da percorrere in autobus rolligon: il mare della Serenità e parte del mare della Tranquillità. Un viaggio costoso e pericoloso. Io c’ero stato… ma per lavoro, con il razzo postale.

Prima che i viaggi diventassero a buon mercato, gli abitanti di Luna City e di Novylen pensavano che Hong Kong fosse una città di cinesi. Invece anche a Hong Kong le razze erano mescolate, come da noi. La Grande Cina aveva esiliato tutti quelli che non voleva in casa, dalla Vecchia Hong Kong e da Singapore, ma poi erano arrivati australiani, neozelandesi, negri, malesi e chissà quanti altri. Anche vecchi russi da Vladivostok, Harbin e Ulan Bator. Wyoh aveva l’aspetto da svedese, cognome inglese e nome americano, ma poteva benissimo essere russa.

A quell’epoca raramente un Lunare sapeva chi fosse suo padre e, se allevato all’asilo pubblico, poteva avere dubbi anche sull’identità della madre.


Pensavo che Wyoming sarebbe stata troppo timida per parlare. Stava in piedi sulla piattaforma e sembrava spaventata e addirittura piccola, con Shorty che torreggiava sopra di lei come una gigantesca montagna nera. La ragazza attese che i fischi di ammirazione si fossero spenti. A Luna City, allora, il rapporto fra maschi e femmine era di due a uno e saliva a dieci a uno in quel raduno: sarebbe stata applaudita anche se avesse recitato l’alfabeto.

Fu allora che Wyoming si scagliò contro di loro.

— Tu! Tu sei un agricoltore… sull’orlo del fallimento. Sai quanto paga una donna indiana un chilo di farina fatta col tuo frumento? A quanto si vende una tonnellata del tuo grano a Bombay? Sai quanto poco costa all’Ente lanciarlo con la catapulta dalla Luna all’Oceano Indiano? Tutto il percorso in discesa! Bastano alcuni retrorazzi a combustibile solido per rallentare la caduta. E da dove viene tutto questo? Da qui! E che cosa ottieni in cambio? Poche navi cariche di prodotti di lusso, di proprietà dell’Ente e venduti a prezzi astronomici con l’etichetta importato. Importato, importato!… Nemmeno la tocco, io, la roba importata! Se un oggetto non è prodotto a Hong Kong, non lo uso. Che altro ricevi in cambio del tuo grano? Il privilegio di vendere ghiaccio lunare all’Ente Lunare, ricomprarlo sotto forma di acqua per lavarsi, poi cederlo, attraverso i tubi di scarico, di nuovo all’Ente; ricomprare la stessa acqua per la seconda volta per fare funzionare il gabinetto e ridarla ancora all’Ente con l’aggiunta di materiale solido pregiatissimo; ricomprare la stessa acqua per la terza volta, a prezzo sempre più alto, per coltivare la terra; poi mieti il grano e lo vendi all’Ente, a prezzo fissato da loro, e compri energia dall’Ente per farlo crescere, sempre al loro prezzo! Energia lunare. Nemmeno un chilowatt di provenienza terrestre. È ricavata dal ghiaccio lunare e dall’acciaio lunare o dalla luce del sole che illumina il suolo della Luna… Tutta roba prodotta dai Lunari! Oh, teste di pietra, meritate di morire di fame!

Le sue parole produssero un silenzio molto più rispettoso di un uragano di applausi. Infine una voce timida chiese: — Che cosa ti aspetti che facciamo, compagna? Dobbiamo scagliare sassi contro il Governatore?

Wyoh sorrise. — Sì, potremmo scagliare sassi. Ma la soluzione è così semplice che già tutti la sapete. Sulla Luna siamo ricchi. Tre milioni di lavoratori indifesi, intelligenti, abili, acqua a sufficienza, materie prime in abbondanza, energia illimitata, un numero infinito di metri cubi di spazio. Ma… ciò che manca è un libero mercato. Dobbiamo sbarazzarci dell’Ente!

— Sì… ma come?

— In primo luogo, solidarietà. A Hong Kong stiamo imparando. L’Ente fa pagare troppo l’acqua? Non la compriamo. Paga il ghiaccio troppo poco? Non lo vendiamo. Ha il monopolio dell’esportazione? E noi non esportiamo. Giù a Bombay vogliono il grano. Se non arriva, verrà il giorno in cui gli uomini d’affari indiani verranno quassù a comprarlo… a un prezzo tre o quattro volte superiore all’attuale!

— Nel frattempo che cosa facciamo? Crepiamo di fame?

Era la stessa voce timida. Wyoming identificò chi aveva parlato e scosse la testa in quel vecchio gesto con cui una donna lunare vuol dire sei troppo grasso per me. Disse: — Nel tuo caso, amico, un digiuno non farebbe male. — Un coro di risate mise l’uomo a tacere. Wyoh proseguì: — Nessuno morirà di fame. Fred Hauser, prendi il tuo martello pneumatico e vieni a Hong Kong; l’Ente non ha in proprietà il nostro sistema idrico e atmosferico, e noi paghiamo il giusto prezzo del ghiaccio. Tu che hai la fattoria in fallimento… se hai il coraggio di ammettere che sei rovinato, vieni a Hong Kong e ricomincia daccapo. Abbiamo una scarsità cronica di mano d’opera, e uno che lavora sodo non muore di fame. — Si guardò intorno e aggiunse: — Ho detto abbastanza. Ora tocca a voi. — Scese dal palcoscenico e si sedette fra me e Shorty.