"La rivincita dei mendicanti" - читать интересную книгу автора (Kress Nancy)

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Volavano sull’Africa da meno di mezz’ora, quando l’aereo cominciò a scendere. Jennifer Sharifi guardò fuori dal finestrino. Nell’alba rosata i profili di una città risultavano indistinti, come se gli edifici potessero anche non essere effettivamente lì. "Principio di indeterminazione di Heisenberg" pensò lei, e non sorrise.

— Atar — annunciò Will Sandaleros e si stirò come poteva nei limiti angusti del Mitsu-Boeing quattro posti. Due giorni addietro lui e Jennifer erano scesi dal Rifugio, la prima volta in quattro mesi da quando erano tornati dalla Terra alla stazione orbitale degli Insonni. Ogni traccia di Miranda e degli altri Super era eliminata dal Rifugio. Anche gli amici imprigionati con Jennifer erano tornati alla stazione orbitale, le loro condanne più brevi scontate ormai da tempo: Caroline Renleigh, Paul Aleone, Cassie Blumenthal e gli altri. Erano tornati per portare a termine la lotta per la libertà.

Soltanto Jennifer e Will, tuttavia, avevano intrapreso quel viaggio fino allo spazioporto di Madeira. Si erano trasferiti direttamente all’Hotel Machado, costruito e posseduto dal Rifugio attraverso una serie complessa di holding cieche, un lussuoso albergo commerciale che garantiva una sicurezza totale agli emissari esecutivi delle stazioni orbitali e terrestri. Per due giorni erano rimasti nella loro camera dallo scudo a energia-Y mentre il personale dell’albergo, costituito per metà da Insonni e per metà da Normali ben pagati, aveva scoperto l’identità di tutti gli agenti, i reporter, i terroristi e i pazzi che seguivano inevitabilmente a scia Jennifer Sharifi. La notte precedente, Jennifer e Will avevano lasciato il Machado, servendosi di un tunnel sotterraneo costruito con l’albergo e così ben schermato che soltanto dieci persone al mondo ne conoscevano l’esistenza. Un’auto li aveva portati sulla costa e al Mitsu-Boeing. Will, abituato all’esercizio fisico, era irrequieto dopo tre giorni passati all’interno di veicoli e di camere blindate.

Jennifer non era mai irrequieta. Aveva imparato a restare seduta completamente immobile e a ritirarsi nei propri pensieri per ore, per giorni. Per mesi. Anche Will avrebbe dovuto imparare. Era una disciplina necessaria per racchiudere tutto quello che si aveva dentro e ridurlo a un singolo punto, come la luce del sole focalizzata da un’immobile lente di ingrandimento. Un punto incandescente.

— Ci staranno aspettando? — chiese lei al di sopra dello schienale del sedile al pilota. Lui annuì. I suoi capelli scuri, gli occhi grigi e i lineamenti imperturbabili potevano venire da cinque diversi continenti. Non parlava mai. Al suo fianco la guardia del corpo Insonne, Gunnar Gralnick, controllò le proprie armi.

L’aereo si posò su un campo di atterraggio polveroso e non segnalato nel deserto, Atar visibile a mala pena sull’orizzonte orientale. L’unico edificio, un rettangolo di cemespugna senza finestre, stranamente immacolato e privo di polvere sotto lo scudo a energia-Y, si sarebbe potuto trovare in qualsiasi parte del mondo. L’aria era più fredda di quanto Jennifer non ricordasse, così vicino all’equatore. Il sole però non era ancora alto. In seguito, l’aria sarebbe diventata incandescente.

C’erano tre uomini ad aspettarli, vestiti con abiti leggeri stile arabo. Materiali sintetici non consumabili, notò Jennifer. Erano tutti Cambiati. In Africa, non lo si poteva mai sapere per certo. Gli uomini avevano la pelle scura e bruciata dal sole ma gli occhi chiari: due verdi e uno azzurri. Quello con gli occhi azzurri aveva anche i capelli rossi, nessuna delle due caratteristiche era modificata geneticamente per questioni di moda. Berberi.

— Benvenuti in Mauritania — disse a Will il più anziano degli uomini con un inglese quasi privo di accento. Non lanciò nemmeno un’occhiata a Jennifer. Lei se lo era aspettato. Non disse nulla. — Sono Karim. Questi sono Ali e Beshir. Avete fatto un buon volo?

— Sì, grazie — rispose Will.

— Niente complicazioni?

— Non siamo stati seguiti.

— Noi non abbiamo notato nulla, da qui — confermò Karim. — Ma è meglio non indugiare. Vi prego, seguitemi.

Il pilota rimase sull’aereo. Gli altri sei salirono su una grossa aeromobile, Will e Jennifer sul sedile posteriore con Gunnar fra di loro. Volarono basso, inoltrandosi ulteriormente nel Sahara, che si faceva sempre più illuminato dal sole col passare dei minuti. Rocce, vegetazione sparuta, un’oasi occasionale il cui verde si interrompeva repentinamente insieme con il sistema di irrigazione, come se fosse tagliato con le forbici. Quindi nessuna vegetazione: soltanto roccia e sabbia. Atterrarono accanto a un piccolo edificio in cemespugna il cui scudo a cupola era parzialmente sepolto sotto la sabbia mossa dal vento.

Gli arabi atterrarono con l’aeromobile all’interno della cupola, su terreno compatto, libero dalla sabbia. L’edificio si aprì tramite scansione della retina, notò Jennifer. Una compagnia clandestina tedesca aveva sviluppato di recente un software in grado di duplicare la codificazione della retina. I berberi avrebbero dovuto aggiornare il loro sistema di sicurezza.

L’ascensore parlò brevemente in arabo. Will non dette segno di comprendere la lingua. Jennifer capiva l’arabo anche se, pure lei, non lo mostrò. I berberi sapevano quali lingue lei parlasse o capisse. Sapevano tutto su tutti e tre i visitatori Insonni, tutto quello che compariva su ogni banca dati. E quelle non erano mai informazioni cruciali. I Dormienti non lo capivano.

Jennifer rimase accanto a loro, per disciplina, e indirizzò il proprio odio, con calma, in un fuoco controllato. Per disciplina. L’ascensore, "Che la pace di Allah sia con voi", poteva essere parte di una programmazione satirica. Se di satira si trattava, era una debolezza: la satira indicava la capacità di porsi al di fuori delle proprie tradizioni e di sbeffeggiarle. Se non era satira, invece, indicava la forza della tradizione.

La Mauritania aveva moltissime tradizioni. Orgogliosi nomadi berberi. Islamismo. Oppressione coloniale. Crollo, siccità, pestilenze, guerre e brutalità come in tutto il resto dell’Africa, ma anche di più. La Mauritania era stata l’ultimo paese in Africa a dichiarare fuorilegge la schiavitù, meno di duecento anni prima. La schiavitù era rimasta, tuttavia, unitamente ad altre pratiche illegali e a nuovi schiavi genetici e tecnologici. Alla Mauritania non era rimasto un governo di cui valesse la pena di parlare: quello che esisteva si poteva acquistare facilmente.

L’ascensore si fermò in profondità sotto terra. Si aprì direttamente su una sala conferenze tutta scintillanti pareti bianche nano-costruite e fragrante odore di caffè forte. Le porte conducevano, presumibilmente, ai laboratori e agli appartamenti. Sulla lucida tavola in teak circondata da comode sedie c’era un servizio da caffè in argento. Altre sedie erano allineate contro le pareti. Un tavolinetto sorreggeva un olopalco.

Jennifer si accomodò su una sedia al lato della stanza, sedendosi a occhi bassi. Quello era il risultato di negoziati condotti da Will. I berberi, abili uomini di affari nel loro ambiente implacabile per tre millenni, si erano adattati facilmente a fungere da mediatori per imprese clandestine internazionali. Erano meno disponibili ad adattarsi a imprenditori di sesso femminile. Se Jennifer fosse stata una qualsiasi altra donna al mondo, non le sarebbe stato nemmeno concesso di entrare nella stanza.

Qualsiasi altra donna a parte una: Miranda, che aveva tradito il suo popolo rendendo necessaria quell’interazione con la feccia Dormiente.

Will e i berberi si sedettero attorno alla tavola di teak lucido. Gunnar rimase in piedi, contro la parete, fra Jennifer e l’ascensore, per poter sorvegliare ogni cosa.

— Caffè? — chiese Karim.

— Sì, grazie — rispose Will. — Dov’è il dottor Strukov?

— Si unirà a noi fra pochi minuti. Siamo arrivati un po’ in anticipo.

Il caffè aveva un aspetto scuro, ricco, amaro. Jennifer sentì l’acquolina in bocca. Bloccò la saliva. I berberi bevvero con gusto, senza parlare, perfettamente a proprio agio. Anche Karim, però, si irrigidì lievemente quando si aprì una porta ed entrò Serge Mikhailovich Strukov.

Il leggendario genio russo era immenso, chiaramente modificato geneticamente nelle dimensioni. La pelle aveva il caratteristico aspetto salutare di quella di tutti i Cambiati. Le siringhe erano piovute in Ucraina come in ogni altro posto della Terra, ma non si sapeva fino a che punto fossero state usate: non soltanto l’Ucraina aveva serrato tutti i confini, ma vi erano fioriti anche bizzarri culti antitecnologici dopo che le Guerre Nucleari Localizzate avevano rallentato fortemente l’utilizzo della Rete. Quello che non si trovava nella Rete non poteva essere trafugato. Gran parte dell’Europa dell’est e dell’Asia occidentale risultava sconosciuta perfino al Rifugio.

Non Strukov, però. Lui era conosciuto ovunque e altrettanto introvabile.

Era fuggito dall’Ucraina a diciassette anni, ignorante in microbiologia ma, in qualche modo, modificato geneticamente a livello del QI. Non raccontava mai dei suoi genitori, della sua provenienza, della sua adolescenza, di come avesse imparato a parlare, oltre al russo, anche il cinese idiomatico e, con un po’ di accento, il francese. A ventidue anni aveva conseguito una laurea in microbiologia al Centre d’Étude du Polymorphisme Humain di Parigi. A trentuno aveva ottenuto il Premio Nobel in medicina per il suo lavoro sulle eccitotossine modificate geneticamente nei mitocondri neurali. Non si era mai recato a Stoccolma a ritirare il premio. Tre mesi dopo era uscito dal suo laboratorio di Parigi ed era scomparso.

Nel corso del decennio successivo, affiorarono strani rapporti su Strukov nella Rete clandestina: accenni che lavorasse per i cinesi, per gli egiziani, per il Brasile, sempre sulla guerra batteriologica, sempre su progetti di modificazione genetica che però non arrivavano mai ai notiziari mondiali. O che non riuscivano mai ad allontanarsene. Un microbiologo dell’Enclave di San Francisco Bay dichiarò di riconoscere la mano di Strukov in una terribile modificazione genetica virale inviatagli da un medico coinvolto nella guerra cilena: un retrovirus mortale che distruggeva la formazione della memoria nell’ippocampo. Una settimana dopo, quel microbiologo era affogato nella baia.

Strukov sedette a capotavola. Quindi, ignorando volutamente Will, fece ruotare la sedia per fissare direttamente Jennifer. Lei non sollevò lo sguardo ma lui continuò a guardarla comunque: cinque secondi, dieci, quindici. Lei riuscì a sentire la tensione nella sala crescere vorticosamente.

Alla fine Strukov si girò nuovamente verso gli uomini seduti attorno alla tavola. Sorrise debolmente. — Cosa desidera adesso da me il Rifugio? — Il suo inglese aveva un forte accento russo, ma la struttura della frase non era russa: veniva mentalmente tradotta dal francese, immaginò Jennifer.

Will apparve meno composto di Strukov. — È già stato informato di quello che vogliamo.

— Vorrei sentire le sue parole.

— Vogliamo che lei riadatti il virus modificato geneticamente che ha già sviluppato — disse Will, un po’ troppo tagliente. — I campioni che abbiamo ricevuto non sono soddisfacenti.

— E come mai il Rifugio, in possesso dei migliori laboratori scientifici del sistema solare, non può modificare personalmente questo virus?

— Ci sono dei motivi per cui preferiamo non farlo — rispose Will.

— Sono in grado di immaginarlo. Il Rifugio è governato da decisioni comuni, non è così? E molti si oppongono al vostro piano, qualunque sia. Molti non ne saranno nemmeno al corrente. In più, i vostri laboratori al Rifugio sono specializzati per la modificazione genetica di embrioni e per la ricerca nel campo. Non siete specializzati nella creazione e nella diffusione di virus mortali.

Will non commentò. Strukov tirò indietro la testa e rise, una risata possente e aspra che riempì la stanza. Karim sorrise. Jennifer Sharifi e Will Sandaleros erano stati in prigione per aver tenuto in ostaggio cinque grandi città americane con la minaccia di rilasciare un virus mortale modificato geneticamente.

Strukov riprese: — Ventotto anni cambiano molte cose, eh? E non solo in microbiologia. Tuttavia, plus ça change, plus c’est la même chose. Volete tentare ancora l’assalto al governo americano?

— No — rispose Will. — Ma ciò che faremo con il virus sono affari nostri. Suo compito, come da accordi, è di fornircelo.

— Andrà tutto liscio come l’olio — assicurò Strukov, godendo chiaramente del modo di dire. Karim rise.

— Forse no — commentò Will. — Lei non conosce ancora le modificazioni che richiederemo.

— Mi consenta, allora, di mostrarle le modificazioni che ho già creato — disse Strukov. — Angelique, commencez. Le programme de démonstrer.

— Oui - rispose il sistema. L’olopalco si animò. Apparve un modello tridimensionale grigio chiaro del cervello umano circondato dal fantasmatico profilo di un cranio. Due aree a forma allungata delle dimensioni dell’unghia del pollice di un neonato, localizzate appena dietro le orecchie, si illuminarono improvvisamente di rosso.

— Le amigdale destra e sinistra — spiegò Strukov. — Si appoggiano sulla parte interna inferiore dei lobi temporali. Le due amigdale sono essenzialmente identiche. Angelique, ga va.

L’amigdala sinistra si allargò improvvisamente, riempiendo l’intero palco e sostituendo il cervello. Divenne un intricato ed elaborato groviglio di neuroni, stipati insieme, con nervi immissari ed emissari che si ramificavano verso l’esterno.

Strukov continuò: — Il neurotrasmettitore dominante nelle amigdale è il glutammato. È un aminoacido interessante. Sottili cambiamenti metabolici possono trasformare il glutammato in un’eccitotossina che uccide i neuroni nell’ipotalamo, la parte del cervello che si utilizza nella formazione della memoria. Uno scarso apporto di glutammato può uccidere i neuroni nel cervello e nel midollo spinale. La sovrastimolazione di produzione del glutammato conduce a svariate malattie croniche di tipo degenerativo.

L’espressione di Jennifer non cambiò. Quelle erano informazioni base molto comuni. Strukov stava sopravvalutando la sua ignoranza. Errore? Insulto?

Will lo interruppe: — Ma qualsiasi cambiamento metabolico che producesse tossine sarebbe attaccato dal Depuratore Cellulare. Distruggerebbe le tossine nel momento in cui fossero create. Una sovrapproduzione darebbe come risultato un codice DNA sbagliato che sarebbe corretto dal Depuratore Cellulare non appena identificato.

— Vero — commentò Strukov. — Ecco perché malattie come il morbo di Huntington e l’ASL sono scomparse, come l’avvelenamento accidentale. Ma l’amigdala fa altro. Angelique, ça va.

L’olomodello cambiò, mostrando un agglomerato di una decina di cellule ingrandite, lunghi assoni e dendriti che si avvinghiavano gli uni attorno agli altri. Le strutture all’interno e attorno alle membrane cellulari brillarono di giallo e arancione.

— I siti recettori gialli si chiamano recettori AMPA. Quelli arancione sono i recettori NMDA. I recettori AMPA si attivano in risposta al glutammato e provocano una reazione di sconcerto.

All’improvviso, l’ologramma della cellula scomparve. Al suo posto comparve un cannone laser che ruotò e sparò direttamente contro Will. Una deflagrazione assordò tutti. Gunnar reagì all’istante, lanciò attorno a Jennifer e Will uno scudo a energia-Y, estrasse la pistola. Il cannone laser era solo un ologramma. Strukov tirò indietro la testa e scoppiò nella sua solita fragorosa risata.

— Così. Avete reagito con la paura: pulsazioni, pressione sanguigna, scarica di adrenalina, non è vero? I vostri recettori AMPA si sono illuminati come alberi di Natale.

— Non mi piace essere parte della sua dimostrazione — disse Will irrigidendosi. Jennifer restò a osservare.

— Ma dimostra il punto, no? Tuttavia, esiste ben altro. I recettori AMPA che hanno creato la sua risposta di paura scompaiono in fretta non appena termina la paura. La reazione neurale risulta temporanea. Non è rimasto impaurito dopo essersi accorto che il cannone non era reale. E i suoi recettori NMDA non si sono attivati. Quei recettori sono differenti. Ciò che li attiva è una risposta di paura relativa a stress forti e prolungati. A quel punto, i recettori NMDA collegano le esperienze. I percorsi neurali creati in questo modo risultano permanenti.

— Che significa "collegano le esperienze"?

— Guardi. Angelique, ça va. Questa è una registrazione in tempo reale.

Il cannone laser venne sostituito da una gabbia a energia-Y grossa e trasparente, profilata da sottili sbarre in plastica nera. La gabbia conteneva due topi. A una estremità, lo scudo si abbassò e sfrecciò dentro un gatto che indossava un brillante collare rosso. Il gatto si gettò su uno dei topi, che emise uno squittio agonizzante. Il gatto affondò i denti. Il sangue sprizzò fuori dal topo che strillò con un tono così acuto che Jennifer sentì dolere le orecchie. Il gatto allungò una zampa e, con indifferenza e quasi con noncuranza, passò gli artigli estesi sul dorso dell’altro topo che si era rifugiato in un angolo.

— Adesso — disse Strukov. — Una settimana dopo.

La stessa gabbia con lo stesso topo. Il dorso mostrava ferite recenti. Entrò lo stesso gatto con lo stesso collare rosso acceso. Il topo mostrò immediatamente intensa paura, rannicchiandosi e allo stesso tempo mostrando i denti. Evidentemente c’era uno scudo a energia-Y che divideva in maniera invisibile la gabbia in due: il gatto non poteva avanzare se non fino a metà strada verso il topo, che continuava a mostrare paura.

— Tre mesi dopo — disse Strukov. Stesso topo, le ferite ulteriormente guarite. Una mano entrò dalla parte superiore della gabbia tenendo un collare color rosso acceso in pelle. Immediatamente il topo mostrò segni di intensa paura.

— Ora, questo è soltanto un riflesso condizionato di Pavlov, vero? Il topo associa il collare con la paura. Avviene anche in un uomo che ha combattuto il quale, venticinque anni dopo, sente un forte rumore e si getta a terra. L’esperienza del rumore assordante e del pericolo mortale sono associate nel suo cervello e l’amigdala è il luogo in cui avviene il collegamento. Adesso, tuttavia, la cosa si fa interessante. Le amigdale del topo sono state rimosse.

Stesso topo. Il gatto entrò. Il topo sollevò lo sguardo, vide il gatto e tornò ad annusare disinteressato la gabbia. Quindi si avvicinò al gatto che gli balzò addosso immediatamente e lo uccise.

Will disse: — Niente amigdala, niente paura.

— Niente paura ricordata — precisò Strukov. — La paura istintiva può ancora essere indotta, come, per esempio, gettando il topo da una grande altezza e monitorandone le biorisposte durante la caduta. La paura di cadere è istintiva. Quella ricordata, invece, dipende dai recettori NMDA posti nelle amigdale. Creano un tracciato neurale permanente, come alcune droghe che si trovano per la strada, che a sua volta altera permanentemente la reazione. L’organismo non può "non" provare paura dato uno stimolo adeguato. Angelique, ça va.

L’agglomerato di neuroni dell’amigdala riapparve. Alcune linee evidenziate collegavano svariati siti recettori gialli e arancione.

— Inoltre — proseguì Strukov — sono in grado di far sviluppare il processo in senso inverso. Innescando le modifiche virali corrette, iniettandole nel sangue o nel fluido cerebrospinale, i trasmettitori naturali di eccitazione come il glutammato, fra molti altri, possono essere trasformati in eccitotossine. Di conseguenza, i tracciati della paura possono essere creati anche senza una precedente esperienza. Ovviamente, non sono specifici della memoria, visto che non ne esiste ricordo. Non c’è alcun input proveniente dall’ippocampo. I tracciati della paura, tuttavia, risultano permanenti, perché non dipendono dalle molecole che rimangono nel cervello. Il Depuratore Cellulare può anche intervenire due minuti dopo l’iniezione, ma voilà! I tracciati NMDA sono già stati formati.

"Inoltre il processo metabolico che muta la struttura neurale è magnificamente complesso e così le variazioni possibili sono meravigliosamente differenziate. Sono in grado di creare le reazioni permanenti per paure abbastanza specifiche, se la risposta istintuale basilare è codificata geneticamente. Angelique, ça va."

Altra registrazione in tempo reale: Jennifer riuscì a stabilirlo dalla qualità dell’ologramma. Un ragazzino arabo, non modificato geneticamente nell’aspetto fisico, trascinava oziosamente i piedi. Si sedette in una stanza indescrivibile, giocando a qualcosa sull’oloterminale. Strukov entrò nella stanza e premette un pulsante. Un’intera parete svanì, aprendo la stanza su un giardino con un ruscello invitante e alte palme da dattero. Il ragazzino impallidì di colpo. Cominciò a respirare affannosamente sollevando e abbassando la cassa toracica. In preda al panico, girò le spalle al giardino e premette la faccia contro la parete opposta, tremando e mugolando. — No, no, no, no…

— Agorafobia — disse Strukov.

— Permanente? — chiese Will.

— Probabilmente. A meno che non si sottoponga a un’intensa modificazione del comportamento personale o non assuma i farmaci correttivi che il suo Depuratore Cellulare distruggerà, ovviamente, a meno che essi non vengano rinnovati costantemente. Occorrerà un altro virus modificato geneticamente oppure molte, molte applicazioni alla settimana.

— Quanto sarebbe difficile creare un tale virus?

Strukov alzò le spalle. — Per chi? Per i soliti medici? Impossibile. Per una buona struttura di ricerca medica? Difficile ma non impossibile. Per vostra nipote Miranda Sharifi e i Super-Insonni? Chi può dirlo? Angelique, ça va.

Il display mostrò una ragazzina di undici o dodici anni, non araba, con i capelli spettinati e le braccia ossute. Con lei una donna sulla sessantina, seduta a leggere tranquillamente. La ragazzina vagava irrequieta per la stanza, toccando le pareti, le finestre, il terminale, i giochi ma senza fermarsi a utilizzare nulla. Ogni pochi secondi, toccava la donna, come per rassicurarsi che quella fosse ancora lì. Il suo volto, non modificato geneticamente ma grazioso, era distorto da un’ansia perenne.

— Paura dell’abbandono — precisò con soddisfazione Strukov. — Non può sopportare di essere lasciata da sola. Guardate.

La donna più anziana si alzò dalla sedia, appoggiò il libro e disse: — Nathalie, je vais à la cabinet de toilette.

— Non, non, Emilie… s’il vous plaît!

— Un minute, seulement, chérie.

— Non! Vous ne sortez pas!

La ragazzina si aggrappò disperatamente a Emilie. Dolcemente, la donna slacciò le braccia che la piccola le aveva serrato attorno. Nathalie allora si strinse attorno alle gambe di Emilie, cominciando a piangere. Emilie si staccò e andò in bagno, chiudendo la porta a chiave. Nathalie scoppiò in singhiozzi violenti e si accucciò in posizione fetale sul pavimento. Jennifer osservò la faccia della ragazzina. Era una maschera di paura e ansia.

Dopo qualche momento, Emilie uscì dal bagno. Nathalie arrancò fino a lei e si strinse di nuovo alle ginocchia della donna più anziana.

Strukov ribadì: — Paura di essere soli.

Will chiese: — La ragazzina deve stare con una persona in particolare?

— Ma no — rispose Strukov, sorridendo. — Si comporta esattamente allo stesso modo con chiunque si trovi nella stanza. Si sente tranquilla e libera da ansia soltanto quando nella stanza ci sono molte persone e tutte sembrano pronte a restare per parecchie ore. Allora, e soltanto allora, la paura dell’abbandono si attenua. Angelique, ça va… ma questa l’avete già vista, no? Avete deciso che non vi andava bene.

Un paese americano di Vivi all’inizio di autunno: gli alberi accesi di colori. Tre persone lacere stavano vicine su una strada nanolastricata. Dai volti distorti e dalle braccia che si agitavano si deduceva che stessero discutendo animatamente. Un uomo dette uno spintone all’altro. La donna si allontanò, gridando qualcosa a tutt’e due da sopra le spalle e si addentrò in un bosco. Ci furono due primi piani del suo volto terrorizzato quando altri due uomini che indossavano olotute la afferrarono e la costrinsero a entrare in una piccola aeromobile.

— L’hanno chiamato "il legame" — fece Strukov in tono di scherno. — Ma voi lo sapete meglio di me, no? Siete stati voi stessi a produrre l’olovideo che i pezzenti hanno guardato. Dopo averlo visto, si sono iniettati con le siringhe rosse e si sono legati. Adesso, questo è stato ripreso tre ore dopo che la donna era stata portata vìa.

La donna rapita era seduta da sola in una stanza confortevole. Improvvisamente ansimò, si serrò il petto con le mani e scivolò giù dalla sedia. I suoi occhi fissi indicavano che era morta. L’ologramma sovrimpresse una ripresa da robocamera degli altri due uomini legati con lei, tutt’e due morti.

— Un evento elettrico nel cuore — disse Strukov. — Un meccanismo davvero pulito, davvero elegante. Mi piace questa tecnica per controllare i vostri pezzenti. Li rende molto dipendenti l’uno dall’altro e le loro azioni risultano soltanto molto limitate, no? Ottima progettazione. Ma non lo volete. Mi dite di lasciar perdere questa linea di ricerca, di darvi qualcosa di diverso.

Will non rispose direttamente. — L’intera gamma di paure che lei può indurre permanentemente… la biochimica prevede che siano tutte così pronunciate come in questi due esempi?

— Ma no. Questi recettori NMDA sono stati fortemente attivati. Hanno creato tracciati neurali di forza imponente. È possibile creare effetti minori.

Will chiese: — È possibile crearne "per lei"?

— Ma è ovvio. Angelique, ça va.

L’olopalco passò a modalità monitor. Balenarono, una schermata dopo l’altra, schemi, equazioni, diagrammi molecolari, formule chimiche, tabelle di variabilità e reazioni schematiche di ioni, malignamente complessi per quanto erano state semplici le dimostrazioni precedenti.

— Gran parte del lavoro sulla paura e l’ansia si è occupata di sinapsi, neurotrasmettitori e sottotipi di recettori — disse Strukov. — Io mi sono occupato maggiormente di processi dello stress cellulare all’interno delle cellule nervose, dove si formano i neuropeptidi. È lì che hanno origine e si concludono le reazioni chimiche. Ogni neurone piramidale riceve oltre centomila contatti dai neuroni con i quali si collega. Si comincia quindi con i modelli della trasmissione nervosa.

"E con un’altra cosa: esistono peptidi che si formano soltanto in condizioni patologiche. È possibile innescare una reazione a catena delle ammine complesse, a cominciare dall’interno di una cellula. Alcune ammine nella catena sono patologiche, altre sono normali, altre ancora sono aminoacidi endogeni eccitanti trasformati in eccitotossine. Questa catena ha il proprio inizio nei tracciati alterati delle amigdale.

"Da lì si estende attraverso il nucleo del nervo centrale all’interno delle cellule in molti altri posti: nel cervello, nei muscoli, nelle ghiandole e negli organi. La catena finisce con l’agire su parecchie bioammine, incluse l’acetilcolina, guardate questo diagramma, la norepinefrina, la CRF, il glutammato, la C gamma critica. Molte, molte ammine.

"Inoltre, la catena continua costantemente, una volta iniziata dal virus di innesco. Visto che poi essa è formata da sostanze interamente create dallo cervello stesso, lo stupido Depuratore Cellulare non le attaccherà. Distruggerà il virus, ma a quel punto sarà troppo tardi. La catena sarà partita. Secondo lo stupido Depuratore Cellulare, inoltre, quella catena apparterrà a quel posto. Secondo lo stupido Depuratore Cellulare, la catena sarà ’indigena’." Strukov scoppiò a ridere. — E lo è.

— E tutti i cervelli umani reagiranno allo stesso modo al virus iniziale? — chiese Will.

Strukov alzò le spalle. — Ovviamente no. Le persone differiscono sempre nelle loro reazioni a qualsiasi cosa agisca sulle loro ammine biogene. Alcuni si ammaleranno. Alcuni reagiranno esageratamente. Pochi non reagiranno affatto. La maggior parte delle persone, tuttavia, diventerà ciò che voi mi avete chiesto di renderla: inibita, timorosa di ogni novità, carica di ansia per ogni separazione da quello che è familiare. Come i bambini con l’ansia da estraneo. In essenza, la mia reazione a catena porterà alla luce, come primaria, una funzione primitiva del cervello, che la crescita umana sopprime in favore di funzioni più complesse. Io invertirò la tendenza.

Strukov fissò direttamente Jennifer e sorrise. — Alla fine, io trasformerò la vostra popolazione bersaglio in una nazione di bambini impauriti.

Jennifer lo fissò di rimando. Dovette combattere per non mostrare la repulsione che provava per l’enorme gigante barbuto totalmente compreso dalla propria genialità, completamente a proprio agio per la dimostrazione offerta sulla pelle della sua stessa gente. Jennifer aveva sempre saputo che i Dormienti non conoscevano lealtà verso i propri simili, che non avevano senso morale. Avrebbero fatto qualsiasi cosa al prossimo, se fosse stato in palio denaro sufficiente. Non erano neanche capaci di distinguere fra la pena scontata in prigione da Jennifer, nata dalla paura che i Dormienti avevano di lei e del suo senso dell’obbligo morale di salvaguardare il suo popolo, e la pena che sarebbe stata comminata a quel brillante disgraziato se i suoi esperimenti sul cervello fossero stati scoperti dalle autorità dei Dormienti. Strukov era una malattia. Avrebbe utilizzato quella malattia per proteggere il suo popolo, se costretta. Ma non avrebbe concesso a una malattia l’attenuante morale della tradizione.

Si alzò, fissando negli occhi Strukov. — E lei ci può fornire il virus modificato geneticamente per l’innesco della catena con un’iniezione, senza che venga individuato?

— L’ho già detto — rispose Strukov, divertito, mentre i tre arabi si alzavano in piedi infuriati. — Il vettore contiene sedici proteine differenti, cinque mai esistite prima d’ora. Tutto verrà distrutto dal Depuratore Cellulare prima che qualsiasi autorità scientifica possa isolarlo e svilupparne una coltura.

Karim disse a Will: — Avevamo stipulato un accordo su chi dovesse parlare in questa riunione!

— L’iniezione non ci va bene — lanciò Jennifer a Strukov.

— Sua nipote ha rimodellato il corpo umano e lei vuole rimodellare la mente umana, vero? — rispose lui, sorridendo.

— Quello che facciamo non sono fatti suoi — ribatté Jennifer mentre Beshir diceva infuriato a Will: — Controlli sua moglie!

— Lei parla sempre alla prima persona plurale, Madame Sharifi? — chiese Strukov. — Che forma di diffusione del virus gradirebbe avere? E a quale scadenza?

— Due modi diversi di diffusione. Uno sviluppato e testato non appena possibile, l’altro a un mese di distanza.

— E i due modi di diffusione sarebbero?

Lei glieli indicò.