"La rivincita dei mendicanti" - читать интересную книгу автора (Kress Nancy)6Jackson si svegliò con l’assoluta convinzione che qualcuno si stesse muovendo in camera sua, al buio. Un sogno? No. L’intruso era reale e non un robot. Un’indistinta sagoma umana attraverso la stanza, passava brevemente davanti alla finestra semioscurata. Theresa? Non entrava in camera sua di notte e, se lo avesse fatto, avrebbe acceso la luce. Giacque immobile, simulando il respiro profondo del sonno, e rifletté sulle opzioni che aveva. Poteva chiamare il servizio di sicurezza dell’edificio. Ma il neurofarmaco rilasciato non avrebbe avuto effetto prima che l’intruso sparasse a Jackson, sentendo il suono della sua voce. Poteva rotolare giù dal letto, tenendolo fra sé e la finestra, e poi cercare di raggiungere lo scudo di sicurezza personale che teneva nel cassetto inferiore del comodino. Oppure era nel secondo? Si immaginò ad armeggiare, nudo, in mezzo alle calze e alle mutande alla ricerca del piccolo aggeggio mentre l’intruso aspettava cortesemente. Già, certo. Poteva balzare dal letto e tentare di stendere l’intruso, contando sull’effetto sorpresa per impedirgli di sparare. Nei secondi che gli occorsero per decidere, l’intruso disse: — Accendere luci — e la stanza si illuminò. — Salve Jackson, tesoro — salutò Cazie. Era nuda e ricoperta di fango. Era incrostato sul pube, spalmato sul seno sodo e ricadeva in pezzi umidi sul tappeto bianco della stanza. Jackson sentì immediatamente il pene irrigidirsi. Bella figura da idiota avrebbe fatto se avesse chiamato la sicurezza. — Dio, maledizione Cazie, che diavolo credevi di fare? — Ti piacerà moltissimo quello che farò, Jack. Andiamo a una festa. Sono venuta via soltanto per venirti a prendere. Si avvicinò al letto e lui riuscì a vedere gli occhi dalle pagliuzze verdi. Era sotto l’effetto di qualcosa di maledettamente più forte dell’Endorbacio. Lei si accorse del volto accigliato di lui e gli allungò l’inalatore. — Vuoi un tiro? — No! — Allora andiamo alla festa. — Lei gli strappò di dosso la coperta. Il fango che aveva sulle mani macchiò il tessuto non consumabile. — Oh, guarda, sei già bello e pronto! Sei sempre riuscito a diventare subito duro, Jack. Mi piace. Vieni, andiamo. Ci stanno aspettando. Lui le strappò di nuovo la coperta e si sentì un idiota. — Io non vado da nessuna parte. — Oh, sì, invece — miagolò lei. Lasciò la coperta della disputa e gli si gettò addosso, baciandolo furiosamente. Lui non poté resistere. Strinse le braccia attorno al suo corpo facendole penetrare subito la lingua nella bocca aperta. Sentì il pene pronto a esplodere. Cazie scoppiò a ridere, la bocca ancora su quella di lui, e lo allontanò: era più forte di quanto ricordasse. Goffamente, ridendo ancora, rotolò giù dal letto e si avviò alla porta. — Non qui, Jack. Vieni, non vorrai perderti la festa. — Cazie! Aspetta! — La sentì correre con delicatezza attraverso l’appartamento e dire al portone di ingresso di aprirsi. Jackson afferrò un paio di pantaloni e li infilò. Le corse dietro, a piedi e a torso nudi, sperando di non svegliare Theresa. Cazie era scomparsa. Jackson spalancò la porta di casa. — Buona serata, dottor Aranow — gli disse la porta. — Devo cancellare la sveglia per domani mattina? — Sì — disse Jackson. — No. Cazie! Lei si era già infilata nell’ascensore che si era chiuso. Mentre lui la guardava impotente, la porta si riaprì. Lei era in piedi lì, nuda, infangata e sorridente, e stava abbassando l’inalatore. — Dai, vieni, Jackson. L’acqua è magnifica. — Devo aspettare, dottor Aranow? — chiese l’ascensore. — O intende rimanere a questo piano? Jackson entrò in ascensore. Cazie scoppiò a ridere. — Sesto piano, per favore. — Cazie, sei nuda! — Tu invece no. Ma si può rimediare. Non è una gran fortuna che la festa si tenga proprio nel tuo condominio? — Allungò una mano, la serrò sulla parte superiore dei suoi pantaloni e lo attirò a sé. Sganciò l’unico fermaglio che lui era riuscito a chiudere quando l’ascensore di bloccò e la porta si aprì. — Sesto piano, signora Sanders — disse l’ascensore. — Buona serata! — "Cazie…" — Forza, Jack! Siamo in ritardo! — Corse lungo il corridoio, dispensando fango. Imprecando, Jackson la seguì. Doveva tornare a casa immediatamente. Le natiche di lei, macchiate di fango, si muovevano in alternanza, "destra sinistra destra sinistra". Aveva il sedere sodo ma non tanto da impedire che ballonzolasse un po’ mentre correva. Jackson la seguì. La festa era da Terry Amory. Jackson conosceva Terry, ma non bene. La porta era aperta. Cazie lo condusse attraverso un arredamento minimalista pseudoasiatico fino alla sala da pranzo. — È arrivato! Diamo inizio ai giochi! — Appena in tempo — biascicò Terry. — Stavamo per iniziare senza di voi. Salve, Jackson. Benvenuto alla psicobanca. Sei persone nude, tre uomini e tre donne, stavano oziando in una zona di alimentazione della dimensione della camera da letto di Jackson. Nell’humus organico mischiato secondo i gusti personali era stata versata dell’acqua: il fango che ne risultava era spesso, ricco e delicatamente profumato. Il programma della parete mostrava colori tipici della terra, grigi, marrone e ocra, che si dissolvevano riformando disegni da caverna. Dal soffitto pendevano stalattiti… probabilmente olografiche. Due donne erano sdraiate in atteggiamento disinvolto sopra uno degli uomini; Jackson si accorse che era Landau Carson: quella sera però non indossava api. Landau e Terry erano le uniche due persone che Jackson riconobbe. La donna che non era stesa su Landau, una rossa slanciata e alta dai brillanti occhi azzurri, disse a Jackson: — Be’, togliti i pantaloni, caro. Non hanno un aspetto molto commestibile. Jackson prese in considerazione l’ipotesi di andare via. Cazie, però, respirò un’altra boccata di qualsiasi sostanza le stesse strapazzando il cervello. Quella piccola pazza. Sapeva almeno cosa c’era nell’inalatore? Non sapeva che si trovavano droghe, in commercio, che causavano danni permanenti al cervello, alterando i tracciati neurali prima ancora che il Depuratore Cellulare avesse l’opportunità di distruggerle? — Dammi l’inalatore, Cazie. Con sua grande sorpresa, lei lo fece, consegnandoglielo con atteggiamento mite. Quando lui allungò la mano per prenderlo, lei lo spinse nel terreno di alimentazione. Jackson provò un’ondata di furia. Che quella pazza si distruggesse pure il cervello. Che si scopasse ognuno di quei dementi, di tutt’e due i sessi. Era malata, aveva una sanità mentale inferiore a quella di Theresa e con molte meno ragioni. Che andasse all’inferno. Si trascinò in piedi per andarsene quando vide i coltelli. Erano dodici, infilati ordinatamente in riga a punta in giù su un apposito supporto. Le else erano tutte di forma differente, ornate di crudeli animali intagliati che facevano eco ai dipinti da caverna del programma per la parete. Coltelli da lancio ma non ben equilibrati. Deliberatamente. — Ho io la pittura — disse la rossa. Dette una sniffata all’inalatore. — Chi è il primo? — Prima i neofiti — propose Cazie. — Prima io e poi Jackson. — Ecco qui — cantilenò Terry. — Lascia che ti assista, come disse il Cro-Magnon al Neanderthal. Ummmm, bene. — Infilò una mano nel vaso e passò la pittura del colore del sangue seccato sui capezzoli di Cazie. Quindi, liberamente, sulla peluria macchiata di fango in mezzo alle sue cosce. Cazie sorrise. La rossa le passò una cintura con un piccolo pulsante scuro davanti. Armeggiando e ridendo, Cazie la fissò attorno alla vita e premette il pulsante. Jackson notò il debole scintillio di uno scudo personale a energia-Y avvolgerla tutta. Cazie avanzò a fatica nel fango fino alla parte opposta della stanza. Si appoggiò contro la parete, sotto una stalattite, con le braccia distese lungo il corpo dopo avere dato un altro tiro all’inalatore. Terry annunciò: — Diritto di prelazione per chi ospita, signori e signore — e allungò una mano verso il supporto con i coltelli. Jackson rifletté in fretta. Se lo scudo era di tipo standard, come pareva, un coltello non lo avrebbe trafitto di certo. Terry avrebbe potuto mirare alle zone dipinte del corpo esposto di Cazie, che non erano realmente vulnerabili. Era solo un gioco, un brivido fasullo, una simulazione di pericolo. — Piacere o dolore? — rifletté Terry in maniera teatrale. La sua mano passò sopra un coltello dopo l’altro. — Dolore o piacere? E per un corpo così bello, così pieno e maturo, piacere o dolore? — scelse un coltello. Mentre Terry lo liberava dal supporto, Jackson notò che anche la lama del coltello era avvolta dallo scintillio di uno scudo a energia-Y. Un brivido improvviso gli passò per la spina dorsale. La rossa sprofondò nel fango a pancia in giù, si girò nella depressione formata dal suo corpo e rotolò sulla schiena, macchiandosi di fango. Poi si sollevò sui gomiti per avere una visuale migliore di Cazie. I suoi seni conici si alzavano e abbassavano a ogni respiro. Terry lanciò il coltello e Cazie emise un grido. Jackson arrancò nel fango. Cazie non era ferita: il coltello era incastrato nella parete e Cazie rise di lui. — Ti ho ingannato, tesoro! Prima che reagisse, Terry lanciò un altro coltello. Jackson lo vide volare nell’aria, "era" sbilanciato, i coltelli erano studiati per rendere difficile colpire il bersaglio, e colpì il seno sinistro di Cazie, a sinistra del capezzolo dipinto. Il coltello rimbalzò contro lo scudo e cadde nel fango. — Nessun punto! — annunciò la rossa. — Male, male, pessima mira, caro Terry. — Ancora un tiro — disse l’uomo che Jackson non conosceva. — Amico di Cazie, togliti dai piedi, per favore. Non riusciamo a vedere e siamo troppo aggrovigliati per riuscire a muoverci. — Io potrei non muovermi mai più — disse una delle due donne che stavano avvinghiate a Landau Carson. — Oh, fallo di nuovo, Landau. Un terzo coltello fischiò nell’aria, mancò Cazie e si infilzò nella parete. — Tre tiri e sei fuori, Terry — sentenziò Landau. — Il prossimo sono io. — Come lanciatore? — Non pensarci nemmeno. Come bersaglio, ovviamente. Landau prese il posto di Cazie contro la parete. Cazie si gettò nel fango sulla pancia e usò l’inalatore. Jackson guardò la rossa dagli occhi azzurri scegliere un coltello, con grande carica drammatica, e lanciarlo contro i genitali di Landau. Andò a bersaglio e rimbalzò nel fango. — Uuuummmm — fece Landau. — Che bello. — Sai perfettamente che non puoi sentire niente attraverso lo scudo, Landau — disse Cazie. — Irina, tre punti. — Lei sollevò di nuovo l’inalatore. Aveva gli occhi lucidi. Irina lanciò il secondo coltello e fece cilecca. — Oh, non farti venire il singhiozzo proprio adesso — implorò Landau. — Colpiscimi, amore. Lei lo fece. Il terzo coltello colpì appena al di sopra del cazzo eretto di Landau. Tutti scoppiarono a ridere e applaudirono. — Sei punti! — gridò Terry. — Irina, cosa scegli? Irina guardò sorridendo Landau. Lui la fissò con grande aspettativa. Jackson si accorse del sottile cambiamento di atmosfera nella stanza: c’era una tensione diversa, più spessa e incandescente. — Scelgo di provare io stessa il coltello — disse Irina. Landau apparve dispiaciuto ma c’era qualcosa d’altro in quel dispiacere, pensò Jackson, qualcosa di incongruo: sollievo? Guardò nuovamente il supporto con i coltelli, avvolti nello scintillio degli scudi. Perché erano schermati? — Aspetta — disse Cazie. — Non scegliere ancora, Irina. Terry, aiutami, fannullone. Cazie e Terry raccolsero dal fango i sei coltelli già lanciati. Mentre ricercavano nella densa fanghiglia, Terry spalmò velocemente una goccia di fango sulla schiena di Cazie come se lei fosse stata di sua proprietà. All’improvviso Jackson capì che Terry aveva già fatto del sesso con Cazie. Forse come parte del generale rotolamento nel fango che rappresentava il preambolo al gioco coi coltelli. Jackson sentì il petto serrarsi e bruciargli. — Va bene, adesso ci sono tutti — annunciò Terry. — Irina, scegli. Dodici coltelli, sei scintillanti e sei infangati, stavano eretti, come falli, sul loro supporto. Irina vi si inginocchiò davanti, nel fango, con le labbra increspate, prolungando il momento della scelta. Gli altri osservavano, col fango seccato sui magnifici corpi modificati geneticamente, coi volti tesi e gli sguardi incandescenti. Landau si sfregò le dita sulla clavicola. Una delle donne si mordicchiò il labbro inferiore. — Questo — indicò Irina. Estrasse un coltello pulito, con una rozza testa di mammut intagliata sull’elsa. Irina vi fece sopra qualcosa col pollice. Lo scintillio dello scudo-Y scomparve. — Piacere o dolore, dolore o piacere — cantilenò dolcemente Landau. — Piacere o dolore… Irina sorrise a tutti, a turno. Quindi passò la lama sulla tenera carne dell’avambraccio macchiata di fango. Uscì del sangue. Una donna si contrasse. Landau mostrò i denti. Per un lungo istante nessuno si mosse. Quindi Irina crollò nel fango a faccia in giù, contorcendosi. Cazie la afferrò e la tirò su in posizione seduta. — Piacere! — gracchiò Landau. Il volto di Irina si trasformò. Tirò indietro la testa, inarcò la schiena e il suo intero corpo prese a fremere. Poi crollò di nuovo contro Cazie, tremando. Chiuse gli occhi. — Una dose forte — commentò Terry. — Fortunata Irina. Cazie scoppiò a ridere. Jackson non riuscì a guardarla. Dovette girarsi parzialmente, in piedi nel fango fino alla caviglia. Si trattava di uno stimolatore nervoso selettivo, che puntava direttamente ai centri del piacere. Dava assuefazione, degenerazione ed era illegale. Il sangue colava dal tenero braccio di Irina. Il Depuratore Cellulare se ne sarebbe preso cura: avrebbe guarito il taglio più velocemente di quanto avrebbe fatto il corpo privo di aiuto, distrutto batteri infettivi, consumato il fango nella ferita. Nessun rischio. — Che cosa c’è sui coltelli del "dolore"? — chiese. — Proprio quello. Lo stimolatore funziona direttamente sul cervello — rispose Terry. — Davvero sgradevole — disse Landau. — E sembra durare un’eternità. — Siete tutti malati — intervenne Jackson. — Tutti quanti. — Oh, caro — commentò Landau. — Altra morale. — Jackson, è una "festa" — protestò Cazie. — Non fare il musone. Lui la fissò con espressione vacua. Lei gli sorrise, cullando teneramente Irina. Quella gente era biologicamente sottoeccitata. La sottoeccitazione produceva un comportamento che ricercava il brivido. Ne avrebbe potuto recitare a memoria i tratti neurochimici: livelli insufficienti di ossidasi monoamminica, serotonina e cortisolo. Battito cardiaco rallentato, bassa conduttanza della pelle, alta soglia di inneschi nervosi. Eccesso di dopamina, squilibrio di norepinerfina e alintilomase. Più, ovviamente, tutti gli squilibri che producevano con gli inalatori. Conoscere la biochimica non modificò il suo disgusto. — Vieni, Cazie. Noi ce ne andiamo. Io e te. Adesso. Lei continuò a sorridergli, nuda, coperta di fango, la sognante e comatosa Irina fra le braccia. Ovviamente si sarebbe rifiutata di seguirlo. Si era sempre rifiutata di fare tutto quello che lui le aveva chiesto. Il suo umore cambiò all’improvviso, facendogli provare un temibile entusiasmo. Lei si sarebbe rifiutata. Quindi, vedendola così con quei disgraziati sottoeccitati… dopo quello, lui si sarebbe liberato di Cazie. Finalmente. Sarebbe finita. Lui sarebbe stato libero. — D’accordo, Jackson — acconsentì Cazie. — Vengo. Adagiò con attenzione Irina nel fango e si alzò, togliendosi un bel grumo di fango dal polso. — Ehi, Caz, non puoi andartene adesso! — disse Terry. — La festa sta appena cominciando! — E io sono la prossima — si lamentò una donna. — Chi vuole lanciare? — Appannaggio del perdente — ordinò Landau. — Visto che Irina non ha scelto me per il coltello. — Cazie! Non andare! — Buona notte — salutò Cazie. — Dite a Irina che la chiamerò domani. — Prese Jackson per mano. Lui la lasciò cadere: svuotato, infuriato, intrappolato d’amore. Lei lo seguì docilmente fino all’ascensore, lungo il corridoio, non incontrarono nessuno, erano le tre del mattino, fino all’appartamento. Nella doccia. Jackson notò che lei aveva lasciato l’inalatore alla festa. — Mi dispiace, Jack — disse Cazie quando furono puliti. — Non pensavo in maniera lucida. Era ovvio che non ti sarebbe piaciuta una festa simile. È soltanto che… mi mancavi. Lui la fissò, cercando di conservare il proprio disgusto, capendo che aveva fallito. — Non sentivi la mia mancanza. Volevi soltanto un po’ più di eccitazione. Le uniche esperienze che hai mai ritenuto degne di avere erano quelle intensamente eccitanti. — Lo so. — Non è normale, Cazie. Le persone normali non hanno bisogno di una costante eccitazione pericolosa per sentirsi felici! — E c’è un numero maledettamente alto di Muli che non sono normali. Che non lo sono più. Stringimi, Jack. Jackson restò rigido, senza muoversi. Lei lo cinse con le braccia e gli si premette contro. Il pene nudo di lui si alzò fino all’ombelico della donna. Il seno morbido di Cazie gli respirava dolcemente nel petto. — Oh, Cazie… — Era un lamento, metà di desiderio, metà di sconfitta. — No… — Sarò dolce — gli mormorò lei contro il collo. — Tu sei così bravo a prenderti cura di me. Effettivamente rimase dolce. Tenera, gentile: una Cazie vulnerabile che non tratteneva nulla e dava tutto. In seguito, si addormentò contro la spalla di Jackson, accoccolata vicino a lui come una bambina. Le lenzuola erano bagnate dei corpi che non avevano asciugato dopo la doccia e degli umori dolciastri dell’amore. Jackson rimase steso e sveglio al buio, stringendola, desiderando che non fosse venuta via con lui dalla festa, desiderando che non lasciasse mai più la sua camera da letto, desiderando essere una persona diversa da quello che era: più risoluto, più in grado di mantenere la rabbia, più capace di cancellare quella donna. C’erano neurofarmaci che l’avrebbero aiutato a farlo, modificando la sua neurochimica, riequilibrando trasmettitori, ormoni ed enzimi. Meno CRF. Più testosterone. Meno serotonina. Ancora meno inibitori di dopamina. Più ADL. Come le persone alla festa. Terry, Irina e Landau. No. Non riuscì ad addormentarsi. Dopo essersi girato e rigirato nel letto per una mezz’ora, si alzò. Baciò Cazie su una guancia, infilò una vestaglia e si recò in biblioteca. — Caroline, messaggi, per favore. — Sì. Jackson — disse il suo sistema personale con il tono di voce leggermente formale che lui preferiva. — Ci sono quattro messaggi. Li devo elencare nell’ordine di ricezione? — Perché no? — Si versò un whisky dalla bottiglia sul tavolino. — Messaggio da parte di Kenneth Bishop. da Wichita. Soggetto: Stabilimento di Willoughby. — Era il responsabile tecnico della TenTech. Finalmente aveva controllato l’impianto difettoso. Una settimana dopo. Forse la TenTech aveva bisogno di un nuovo responsabile. Cristo, Jackson odiava avere a che fare con quelle grane. — Messaggio da Tamara Gould. da Manhattan. Soggetto: festa. — L’ultima cosa di cui aveva bisogno Jackson quella sera era un’altra festa. Cazie forse ci sarebbe voluta andare? Se ce l’avesse portata, sarebbe rimasta con lui un po’ più a lungo? — Messaggio da Brandon Hileker da Yale. Soggetto: riunione di classe. — Oh, Dio, erano già passati dieci anni da quando aveva preso la laurea? Una riunione. "E cosa fai tu Jackson? Il medico? Non è un po’… obsoleto?" — Messaggio da Lizzie Francy. Soggetto: progetto neonato. — "Neonato? Progetto?" Ma che significava? Forse era accaduto qualcosa al piccolo che Jackson aveva aiutato a partorire la settimana prima? Perché chiamarlo "progetto"? Ma, in fondo, che ne sapeva Jackson di come chiamassero le cose i Vivi? — Caroline, passami quel messaggio, per favore. Il volto di Lizzie si formò sullo schermo a parete. A differenza dell’ultima volta in cui l’aveva vista, l’espressione di Lizzie era sveglia e i capelli ben pettinati. I suoi occhi neri scintillavano. Il suo modo di parlare, notò, sembrava da Mulo, non da Vivo. Opera di Victoria Turner? — Lizzie Francy per il dottor Jackson Aranow. Dottor Aranow, la chiamo perché ho bisogno del suo aiuto. Si tratta di un progetto connesso con la salute dei bambini: non soltanto del bambino che lei mi ha aiutato a partorire, ma di tutti i bambini della tribù. E forse anche di altre tribù. — Esitò e il tono della sua voce cambiò. — La prego, mi richiami. È davvero importante. — Un’altra esitazione e poi un curioso e leggero inchino con il capo. — Grazie. — Fine messaggio — disse Caroline. — Desidera inviare una risposta? — No. Sì. — Se il bambino aveva avuto un qualche tipo di incidente… "progetto"? — Registra messaggio. — Registrazione. — Dottor Jackson Aranow per Lizzie Francy. Ti prego di fornirmi ulteriori dettagli sul tuo problema. Forse il bambino ha bisogno di cure mediche? Se così, allora… Con sua grande sorpresa, il volto di Lizzie in diretta interruppe la sua registrazione. Erano le quattro e mezzo del mattino. Come mai si sovrapponeva al suo sistema personale? E come faceva a riuscirci? — Dottor Aranow, grazie per avere richiamato! Io… noi abbiamo disperatamente bisogno del suo aiuto. Non potrebbe… — Il bambino sta bene? — Il bambino sta bene. Vede? — Allargò la visuale dello schermo e lui vide che stava allattando il neonato. — Allora perché hai detto che questo "progetto" riguardava la salute del bambino? — È "così". Ma a lungo termine. Non sapevo a chi altro rivolgermi. È un progetto davvero importante! Jackson ebbe la sensazione di dover riattaccare. Vivi. Era sempre un errore farsi coinvolgere da loro. Fornire le necessità basilari per pura carità umana, sì. I Muli avevano tentato di farlo: non era stata colpa loro se i Vivi avevano rifiutato il contratto sociale, beni in cambio di voti, per il quale erano stati riforniti del necessario. Al di là di questo, i Vivi erano complicati. Maleducati, arroganti, ingrati, pericolosi. Inoltre la vista del seno gonfio di Lizzie in bocca al neonato lo metteva stranamente a disagio. Pensò a Cazie, addormentata nel suo letto. Lizzie disse: — Ha mai sentito parlare di una donna che si chiama Ellie Sandra Lester? Jackson trasse un profondo respiro. — Sì — disse. — Vai avanti. |
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