"La rivincita dei mendicanti" - читать интересную книгу автора (Kress Nancy)4"Oggi" pensò Theresa. "Oggi è il gran giorno." Stesa nel letto la mattina presto, avvertì la familiare nuvola nera calarle sulla mente. Pesante, nauseante, senza speranza. "Il cane nero che non molla mai" lo aveva chiamato qualcuno nei tempi antichi. "Gli oscuri boschi di cui la morte è appena più amara". Quello era "Dante": ricordava quel nome. "La bestia che consuma il cervello". Quello invece non lo ricordava. Thomas, il suo sistema personale, le aveva trovato le citazioni in qualche database, e Theresa non riusciva più a dimenticarle. Cani, bestie, boschi, nuvole: aveva vissuto così a lungo con l’oscurità che non aveva più bisogno di darle un nome, anche se ne aveva a disposizione a volontà. Come la stessa paura. Quel giorno, però, la paura nauseante non l’avrebbe fermata. Lei non le avrebbe "permesso" di fermarla. Quello era il gran giorno. — Prendi un neurofarmaco — la incalzava sempre Jackson. — Posso prescriverti… Tessie, è uno squilibrio nella chimica cerebrale. Non è diverso dal diabete o dall’anemia. Si regola la chimica. Si "aggiusta". — E Theresa non trovava mai le parole per farlo capire. Perché le parole non erano importanti, lo era l’azione. Lei lo aveva compreso solo da poco. Quando se n’era resa conto, si era sentita assalire da una profonda vergogna. Come aveva fatto a essere così indulgente con se stessa, così piagnucolante verso la sua stessa debolezza d’anima? Era passato oltre un anno dall’ultima volta che aveva lasciato l’appartamento, e non era mai uscita dall’Enclave di Manhattan Est. Mai, in tutta la sua vita. Non c’era da meravigliarsi che fosse ciò che Jackson definiva "clinicamente depressa". "Oggi." Jackson era andato con Cazie, molto presto, per controllare uno stabilimento da qualche parte. Theresa lo aveva sentito uscire. Si sentiva a disagio tutte le volte che lui lasciava l’appartamento, ma cercava strenuamente di non farglielo capire. Non sarebbe stato corretto. Jackson restava già anche troppo in casa per lei. Vegliava su di lei, si preoccupava per lei. "Posso prescriverti"… Si preoccupava per lei ma non capiva. Lui non capiva che cosa fosse realmente ciò che chiamava "squilibrio della chimica cerebrale". Soltanto Theresa sapeva cosa fosse davvero. Era un dono. Il modo della sua anima di dirle che avrebbe fatto meglio a cambiare abitudini e a fare attenzione a quello che era realmente importante. Theresa tirò giù i piedi dal bordo del letto e aspettò che l’ansia quotidiana recedesse. Se se lo concedeva, poteva restare a letto tutto il giorno. Era così sicuro lì. Invece si incamminò verso la doccia sonar, si lavò per trenta secondi e ne uscì. Nella camera da letto colse un’occhiata di sé, nuda, nel lungo specchio sulla parete a ovest e si fermò. Non "assomigliava" nemmeno a tutti gli altri. Il suo corpo era bello, immaginava. Tutti erano belli. Ma in qualche modo lei pareva… non essere lì. Capelli e occhi pallidi, volto pallido e piccolo, pelle pallida. Ma che cosa avevano avuto in mente i suoi genitori? Una fatina. Un fantasma. Un ologramma privo di sostanza, sfuocato ai margini. Non c’era da meravigliarsi se lei non si sentiva mai di appartenere a nessun posto, se non conosceva nessuna persona che potesse comprendere la sua lotta per quello che essa era. Nemmeno Jackson, per quanto fosse un fratello amorevole. Perfino Jackson pensava che Theresa fosse nata male, che fosse stata danneggiata, non si sa come, durante la modificazione genetica in vitro. Perfino Jackson non riusciva a comprendere la natura del dono che era stato conferito a Theresa: perché era un dono, indipendentemente da quello che dicevano tutti. Il dolore lo era sempre. Il dolore significava che bisognava cambiare qualcosa, che bisognava imparare a pensare al mondo in modo differente. I semi provavano un dolore tremendo quando, immaginava Theresa, facevano scoppiare il rivestimento nella terra fredda e scura e cominciavano a spingersi alla cieca verso una luce che non avevano mai visto. Il dolore era ciò che faceva crescere. Nessuno sembrava capirlo. Tutti quelli che conosceva, non appena provavano dolore, facevano il possibile per mandarlo via. Medicine. Droghe ricreative. Sesso. Feste frenetiche. Alla fine, si trattava sempre della stessa cosa: distrazioni dal dolore. Come era possibile che nessun altro in quel secolo la pensasse così? Soltanto lei. — Ogni ambiente premia profili di personalità diversi — le aveva detto una volta Jackson nel modo pacato e attento di parlare con lei. — Il nostro premia la vivacità, l’aggressività accoppiata con l’indifferenza apparente, una certa crudeltà distratta. Tu non sei così, Tess. Sei un tipo di persona differente. Non peggiore, soltanto differente. Va bene essere differenti. Già, era vero, ma solo perché lei era giunta a credere che la sua differenza aveva un "senso". La nuvola nera nel cervello, la paura di ogni novità, gli attacchi di ansia così forti che a volte non la facevano respirare: il loro senso era di far rompere a Theresa il suo guscio di pigrizia e di spingerla alla cieca verso la luce. Ci credeva, anche se non l’aveva mai vista e non sapeva esattamente verso cosa si stesse spingendo, anche se a volte disperava dell’esistenza della luce. Pure quello era parte del dono: le faceva esaminare attentamente tutto quello che le accadeva attorno, nel caso in cui le sfuggisse una chiave essenziale per quello che avrebbe fatto in seguito. Non aveva confidato a Jackson quel pensiero: si preoccupava già troppo per lei e non avrebbe capito comunque. Era davvero buffo: Jackson era quello intelligente, Theresa quella la cui modificazione del QI non era riuscita del tutto. Jackson però non capiva, anche se aveva ragione sul discorso delle diverse personalità premiate in culture differenti, che non era andato fino in fondo nell’analisi di quell’idea. Theresa sì: aveva passato migliaia di ore al terminale, inviando lentamente e faticosamente Thomas alla ricerca attraverso i database storici. Alla fine aveva trovato il luogo che avrebbe premiato ciò che lei era: l’Età della Fede. Sarebbe dovuta nascere cattolica: nel tardo Medio Evo, quando uomini e donne erano stati onorati per avere dedicato le loro vite al dolore e al servizio della crescita spirituale. Lì sarebbe stata adeguata: entrando in un’abbazia, trovando una ragione di esistere nella vita di clausura, unita con altri in costante preghiera. Invece era nata in un’epoca in cui nessuno di quelli che conosceva credeva in Dio. Lei inclusa. Theresa sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Le ricacciò indietro con impazienza e si allontanò dalla vista del suo corpo nudo nello specchio. Era stupido piangere. Lei era nata in quell’epoca, non nel passato e anche quello faceva parte del dono. Era destinata a trovare un’altra via, una spinta differente verso la luce che così spesso disperava di trovare. Dopo interi mesi, anni, di meditazione e false partenze, era arrivata a capire cosa fosse. Doveva uscire. Fuori dall’appartamento, fuori dall’enclave. Jackson di solito la incalzava a non guardare i notiziari perché la facevano sentire male e, fino a qualche mese prima, Theresa era stata felice di accontentarlo. Negli ultimi tempi, tuttavia, aveva guardato gli olonotiziari tutte le volte in cui Jackson non si trovava in casa e, anche se la maggior parte delle notizie riguardavano solitamente i Muli, c’erano stati anche accenni ai Vivi, in mezzo ai servizi sul mercato azionario, alle notizie politiche dell’enclave e perfino all’occasionale reportage nazionale da Washington, che più nessuno considerava importante quanto gli affari interni dell’enclave. Soltanto qualche accenno ai Vivi, e quei Vivi stavano soffrendo. Non di fame, quello mai più, ma di mancanza di beni come coni a energia, abbigliamento adeguato e parti di ricambio per i terminali, mentre persone come Theresa, Jackson, Cazie e quegli orribili amici che Cazie aveva portato la sera prima, avevano più "cose" di quante potessero usarne. Ecco quando le bruciava dentro la vergogna. Poi Theresa aveva visto all’oloTV qualcosa che le aveva fatto capire che lei "doveva" andare fuori. C’erano Vivi che cercavano effettivamente di organizzarsi in gruppi spirituali! Il canale dei notiziari aveva indicato dove stava trascorrendo l’inverno uno di quei gruppi. L’oloservizio era stato carico di scherno, ovviamente… ma le aveva fornito le coordinate del distretto. Si mise uno dei lunghi e ampi vestiti a fiori. Theresa li disegnava personalmente e poi inviava gli schizzi con le misure a una ditta tessile che lavorava ancora il cotone. Trovò un cappotto caldo, non avevano effettuato votazioni per stabilire il clima, fuori, e un vecchio paio di stivali. Quindi esitò. Che cosa poteva portare da dare loro? Coni a energia, certo: ne aveva già ordinati una decina a spese della TenTech, e il robot della posta glieli aveva consegnati la settimana precedente. Theresa non aveva capito bene come effettuare l’ordinazione. Di solito era Jackson a occuparsi di quelle cose. Aveva utilizzato un "codice chiave del proprietario" che lui le aveva dato una volta, ma doveva essere quello sbagliato perché il sistema aveva capito che lei voleva entrare nella documentazione delia ditta. Aveva vagato un po’ nei dati prima di rendersi conto dell’errore: sperava soltanto di non avere causato disfunzioni in nessun sistema da nessuna parte. Dopo avere trovato il file con le ordinazioni per la casa, comunque, era stata in grado capire come richiedere quello che voleva. La cosa le aveva dato uno strano senso di potere, di cui aveva diffidato immediatamente. "L’orgoglio precede sempre la caduta". Glielo diceva sempre sua madre. Abiti. Avrebbe portato degli abiti decenti. Negli olovideo i Vivi indossavano quelle cose terribili tessute in casa oppure tute di colori davvero terrificanti, ma tutti i suoi abiti erano in cotone o in seta. Non sarebbero andati bene. I Vivi erano tutti Cambiati. Avevano bisogno di tessuti non consumabili. Entrò nella camera di Jackson e depredò il suo guardaroba. Camicie, pantaloni, tuniche, giacconi, calze, scarpe. Lui poteva sempre ordinarne degli altri. Il viaggio successivo, avrebbe portato qualche abito non consumabile da donna. Che altro? Denaro, ovviamente. Ma come funzionavano le cose per i Vivi? Non usavano soldi, non lo avevano fatto prima del Cambiamento. Avevano avuto gettoni pasto e carte di Identificazione e i politici inviavano gratuitamente ogni cosa in cambio di voti. Ormai nessuno votava più, eccetto che per le elezioni delle enclavi. Be’, era evidente: i Vivi si trovavano in quella posizione perché non avevano soldi per comperare i beni di cui avevano bisogno. La maggior parte di loro si spingeva a sud, dove non c’era bisogno di riscaldamento o di vestiti, si nutriva all’aria aperta, si gettava in stupide guerre e si dimenticava completamente della civiltà. Non tutti, però. Quelli che avrebbe visitato Theresa avrebbero trovato un uso per i soldi. Ma come si firmava un accredito per delle persone che non avevano conti correnti? Avrebbe usato un terminale portatile. Un’unità mobile. Forse loro avevano una specie di conto collettivo intestato all’organizzazione, o qualcosa del genere. Forse avrebbe studiato come aprirne uno a loro nome ma con un accesso parziale al suo denaro. Non doveva essere troppo difficile. La gente apriva conti in Rete di continuo. Avrebbe lasciato loro l’unità mobile. L’avrebbe fatto. Davvero. Per la prima volta in vita sua, dopo tante false partenze lei, Theresa Katherine Aranow, sarebbe stata di aiuto a qualcosa più grande di lei. La nuvola nera che aveva nella mente non si dissipò ma si alleggerì un poco, e Theresa sorrise. Nella via verso l’uscita, passò davanti al terminale principale. Era acceso e mostrava una schermata del libro di Theresa su una delle prime Insonni, Leisha Camden. Un’altra falsa partenza. Sapeva di non essere un gran che come scrittrice: il libro non era molto bello. Tuttavia aveva voluto scrivere su Leisha, quell’outsider rispetto alla sua stessa gente che aveva combattuto strenuamente per evitare che Muli e Insonni si dividessero in due fazioni armate. Leisha aveva cercato di impedire agli Insonni di ritirarsi, armati, nel Rifugio. Aveva cercato di impedire agli Insonni di boicottare le multinazionali in cui avevano investito denaro. Aveva cercato di salvare Miranda Sharifi dall’isolamento che aveva portato al tradimento la nonna di Miranda. Leisha aveva fallito, su tutti i fronti. Gli Insonni avevano creato i Super-Insonni e tutto era peggiorato. Leisha però aveva tentato. Che cosa aveva spinto Leisha, si chiedeva Theresa, prima che fosse uccisa da Vivi fuorilegge in un desolato acquitrino della Georgia? Qualcosa l’aveva spinta. Una specie di luce forse che Leisha vedeva più chiaramente di Theresa. Arrivata all’ascensore che portava sul tetto, con le braccia cariche di vestiti di Jackson, costosi e dal taglio perfetto, Theresa esitò. Era difficile uscire. Così tante cose nuove… e se le fosse venuto un attacco? Forse, se prima avesse guardato un concerto di Drew Arlen, quello per affrontare i rischi… Drew Arlen, il Sognatore Lucido. C’era stato un periodo, lungo svariati mesi, durante il quale Theresa aveva guardato un concerto di Arlen due o tre volte al giorno. Aveva lasciato che Arlen la ipnotizzasse, con le sue forme grafiche subliminali e programmate che afferravano la mente inconscia, portandola a un diverso tipo di sogno: un sogno profondo, personale, creato dall’arte di Drew tramite ipnosi di massa e simboli universali cui lui aveva facile accesso. Il sogno diveniva tutto quello che l’ascoltatore desiderava che fosse, aveva bisogno che fosse, e il sognatore si svegliava più libero e più forte. Come con una qualsiasi droga temporanea. No. "Oggi no." Non avrebbe guardato un concerto di Drew Arlen, né lo avrebbe utilizzato come un qualsiasi altro neurofarmaco. Avrebbe agito da sola. Poteva farlo. Quello era il gran giorno. — Buon giorno, signorina Aranow — disse l’ascensore. Lei si lasciò ingoiare dalla cabina. — Perché lo stai facendo, tu? — Io volevo… Vi ho visti al notiziario. Il vostro… i tentativi che state portando avanti… — Theresa trasse un profondo respiro. L’uomo non era alto ma era grosso, aveva la barba, era bruciato dal sole e la guardava con espressione truce. Le stava troppo vicino. Erano in tre, due uomini e una donna, erano corsi all’aeromobile non appena essa era atterrata a una rispettosa distanza dal loro edificio. Il cuore le batteva all’impazzata, il respiro le si bloccava in gola e non voleva uscire. Oh, non adesso, non "adesso". Respirò a fondo. L’aria all’esterno era più fredda di quanto non si fosse aspettata e più grigia. Tutto lì fuori, aria, alberi, facce, pareva freddo, grigio e duro. Theresa si rivolse alla donna. Forse con una donna sarebbe stato più facile. — So che state cercando di trovare… di fare… il notiziario diceva che era un "esperimento spirituale". — Ciò che il notiziario aveva detto, in effetti, era stato "un esperimento semispirituale che si riferiva a un’allucinazione umana del tutto irrilevante". Il volto del secondo uomo si addolcì. Era più giovane, forse dell’età di Theresa, più magro, senza barba. — Sei interessata, tu, a quello che facciamo? — Non farti prendere in giro, Josh — fece tagliente la donna. — È un Mulo, lei! — Vediamo un po’ chi è — disse il primo uomo. Tirò fuori dalla tasca un’unità mobile: ma i Vivi allora ne avevano? — Attivare. Controllo ID. Numero aeromobile 475-9886 — seguito dai codici di autorizzazione. Ma come faceva a conoscerli? Il terminale annunciò: — Aeromobile registrata sotto il nome di Jackson William Aranow. Enclave Manhattan Est. — Aggiunse numero di cittadinanza e indirizzo. Theresa non sapeva che fossero pubblici. — Io sono Theresa Aranow, la sorella di Jackson. — Cercò di respirare normalmente. — E ci hai portato dei rifornimenti, tu — disse la donna. — Per pura e semplice bontà d’animo. — Sì — sussurrò Theresa. — Voglio dire, no, non penso di essere… così buona… — Ma ti senti bene, tu? — chiese quello più giovane, Josh. Theresa si appoggiò all’aeromobile e lui le toccò un braccio. Lei si contrasse. — Io… sì. Sto bene. — Josh, scarica i rifornimenti, tu — ordinò l’altro uomo. — Possiamo anche tenerceli. Theresa si costrinse a respirare normalmente. Era arrivata fino a quel punto. — Potrei… per favore, vedere quello che state facendo qui? Non in cambio dei rifornimenti, ma solo perché mi interessa? La donna ribatté: — Non abbiamo nessun bisogno di spie, noi — nello stesso momento in cui Josh diceva: — Ti interessa davvero? Il legame? — Chiudi il becco! — schioccò la donna. I due si lanciarono un’occhiataccia. Theresa non ricordava di aver sentito nulla al notiziario che riguardasse un "legame". Rabbrividì per un’improvvisa folata di vento. Era molto freddo. L’uomo più anziano prese repentinamente una decisione. — Può sapere, lei. È il momento che la gente sappia. Noi facciamo quello che è giusto, noi, e funziona e noi lo sappiamo. Dovremmo spargere in giro la voce, noi. — Mike… — cominciò la donna con voce infuriata. — No, è il momento. E se un Mulo è davvero interessato, lei… — Osservò Theresa, esaminandola attentamente. — Io dico di no, io — ripeté la donna. — Io dico di sì, io — ribatté Josh. — Patty, prendi qualche cono. Patty li afferrò sgraziatamente. Theresa prese alcuni abiti di Jackson dall’auto e si incamminò con Josh verso l’edificio, cercando di stare il più lontano possibile da Patty e Mike. L’edificio era un immenso rettangolo basso e privo di finestre. Forse un tempo era stato una specie di deposito. Non la portarono all’interno. Si infilarono dentro soltanto loro, uno alla volta, per lasciare il carico di coni e il vestiario. Poi la condussero sul retro dell’edificio. Li seguirono parecchie altre persone, finché non si fu radunata una piccola folla. Dietro l’edificio, una tenda di plastica trasparente si stendeva su un terreno smosso. La tenda, sostenuta al centro da pali sottili alti un metro e venti, cadeva rapidamente sui lati ed era fissata a terra con picchetti provvisori. All’interno c’era un cono a energia-Y, un’area di alimentazione e sei persone nude, divise in due gruppetti di tre. — Vedi? — spiegò Josh con una certa grazia. — Sono gruppi legati, loro. Si alimentano in armonia. Quelli, sei mesi fa, erano nemici, loro. — Non nemici — corresse Patty tagliente. — Nemmeno amici — ribatté Josh. — Abbiamo avuto un sacco di lotte, noi. Come la maggior parte delle tribù. Abbiamo rischiato di disperderci, noi, di andarcene via da soli, di essere isolati. — Il che vuol dire che stavamo negando la nostra umanità, noi — precisò Mike. — Gli umani sono fatti per stare insieme. Isolati, non siamo completi. — Oh — fece Theresa. Forse aveva ragione quel Vivo sano ma dall’aspetto lacero? Era quello il motivo per cui la sua vita era sembrata così vuota, per cui lei si era isolata? Si sentì pervadere dalla delusione. Le sembrò troppo semplice, troppo facile. Tutti quei mistici eremiti e isolati di cui aveva letto nella biblioteca, che avevano avuto visioni e avevano sofferto per la verità, avevano avuto bisogno di ben altro che non di semplice compagnia! Cercò qualcosa da dire che non offendesse i suoi ospiti. — Come avete posto fine alle lotte e… siete divenuti così uniti? — Il legame! — disse trionfante Josh. — Ci è stato dato da Madre Miranda, lei, e noi l’abbiamo preso e adesso guarda! — Madre Miranda? — chiese Theresa. — Siete gli stessi che chiedono che Miranda Sharifi sviluppi un farmaco dell’immortalità? — No — rispose Mike. — Noi non chiediamo, noi, per niente. Non chiediamo niente. Però abbiamo preso il dono, noi, quando lo abbiamo trovato. "Il dono." — Quale dono? Fu Josh a risponderle, con voce fervente. — All’inizio abbiamo pensato che erano altre siringhe del Cambiamento, noi. Ma le nuove siringhe erano rosse, non nere, e c’era anche un ologramma da vedere sul terminale. C’era Miranda Sharifi che ci diceva, lei, che quello era un dono che cominciava a dare a noi e che poi avrebbe dato a tutti gli altri. Il dono del legame, per bilanciare l’isolamento provocato dal Cambiamento! — Un olovideo di Miranda Sharifi — ripeté Theresa. Jackson aveva detto che Miranda e i suoi compari Super-Insonni si erano nanocostruiti una base lunare, Selene, dopo che Jennifer Sharifi era uscita di prigione e li aveva cacciati dal Rifugio. Era accaduto oltre un anno prima. Come faceva Miranda a inviare le siringhe dalla Luna? — Con un "nuovo" Cambiamento — proseguì Mike. — Il legame. Così non possiamo più essere soli, noi. Così "dobbiamo" sviluppare l’aspetto spirituale di noi stessi e andare d’accordo insieme. In tre, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Theresa lanciò nuovamente un’occhiata verso il campo di alimentazione sotto la tenda. Tre persone in un lato, due donne e un uomo. Tre sull’altro, un uomo, una donna e un ragazzino. Attorno a lei, nella folla, le persone erano raggruppare in tre e alcuni gruppi si tenevano per mano. Patty, Mike e Josh si erano spostati impercettibilmente verso Theresa per formare un gruppetto. — Una siringa — disse lei. — Conteneva una nuova droga, voi l’avete presa e… Patty parlò direttamente a Theresa, guardandola in volto, sorridendo in maniera sgradevole. — E la droga ci ha resi uno solo. Non ci "possiamo" muovere, noi, lontani l’uno dall’altro. Siamo la vita l’uno dell’altro! La folla improvvisamente si mise a intonare: — Siamo la vita e la giusta via. Siamo la vita e il sangue. Siamo la vita e i prescelti. — Capisci adesso, tu? — disse Josh con entusiasmo. — Siamo una vera comunità. Le siringhe del Cambiamento hanno diviso le persone, tutti sono stati in grado di andarsene per loro conto, di mangiare, essere sani e vivere senza avere nessun bisogno degli altri. Le siringhe del legame uniscono. Se io, Mike o Patty ci allontaniamo l’uno dall’altro, noi, moriamo. — Morite? — Theresa si sentì mancare. — Morite davvero? Patty confermò trionfante: — Moriamo davvero. E a un gruppo legato è successo. In un’altra tribù. Li ho "visti" io. Quei pazzi non credevano in Madre Miranda, e lo Spirito Santo se n’è andato e in una notte gli altri due sono morti. — Ma… e se avete un bambino? Il bambino… — Abbiamo ancora moltissime siringhe — spiegò Josh. — Un bambino non è un problema. Resta semplicemente con la madre finché non è abbastanza grande da potersi legare con un suo gruppo. Theresa avvertì un’ondata di nausea. Desideravano strenuamente un motivo per avere bisogno l’uno dell’altro, per essere una comunità… ma "quello" doveva avere a che fare con i feromoni. Jackson le aveva spiegato il meccanismo dei feromoni. Erano sostanze chimiche emanate nell’aria che venivano captate da altre persone, anche se non se ne rendevano conto. Le sostanze chimiche agivano sul comportamento delle persone. Forse, senza quel nuovo odore si liberava del veleno nel corpo delle persone legate. Ma il Depuratore Cellulare non avrebbe distrutto ogni veleno? Non era il motivo per cui era stato "creato" il Depuratore Cellulare? Ovviamente, se li aveva fatti tutti e due Miranda Sharifi… ma Miranda Sharifi lo avrebbe fatto? Perché? Una parte della mente di Theresa sussurrò: "perché hanno rimodellato i corpi umani a loro immagine. Adesso i Super vogliono possedere le menti degli umani". No. Il cervello di Theresa era suo, la parte che aveva così paura delle nuove esperienze e delle novità, la parte che non voleva mai lasciare l’appartamento. Xenofobia. Inibizione. Agorafobia. Ansia per le novità. Jackson le aveva insegnato quelle parole, era lei che aveva sbagliato, che non riconosceva il sentiero verso la luce quando lo vedeva… No. Non era lei. Ciò che facevano quelle persone era "sbagliato". Sentì mancare il respiro, il cuore prese a batterle freneticamente. Sentì arrivare l’attacco, nausea, vertigini, il terrore di non riuscire a respirare, e agitò una mano, come se potesse allontanarlo fisicamente. Patty equivocò il gesto. — Non mi credi, eh? Allora vieni a vedere l’olovideo! — No, io… ti prego "non"… — Patty la afferrò per un braccio e la trascinò attorno all’edificio e poi la fece entrare. Dentro i Vivi, in gruppi di tre, le si affollarono intorno, le respirarono in faccia. Era scuro, si sentì sopraffare e… — Il momento di Madre Miranda! L’olopalco si animò. Ci fu un gradevole turbinio di colori privi di significato e poi apparve Miranda Sharifi, soltanto spalle e testa, lo sfondo una semplice e scura cabina di registrazione studiata per risultare anonima. Miranda indossava un abito bianco senza maniche e un nastro rosso le tratteneva i capelli neri e crespi. — Sono Miranda Sharifi e vi parlo da Selene. Vorrete sapere cos’è questa nuova siringa. È un meraviglioso nuovo dono, studiato apposta per voi. Un dono migliore delle siringhe del Cambiamento. Quelle vi hanno liberato a livello biologico, ma vi hanno anche condotto a un forte isolamento quando non avete più avuto bisogno degli altri per il cibo e per la sopravvivenza. Per l’uomo non è bene essere solo. Questa siringa, questo magnifico dono… Dietro l’olopalco, in un angolo del deposito, Theresa scorse un bambino non-Cambiato. Aveva circa due anni e stava seduto in un angolo, con le gambe gracili stese in avanti. Un lato della testa era privo di capelli, la pelle consumata in chiazze circolari da cui spurgava del pus. Dagli occhi velati gli scendeva muco. La gola di Theresa si serrò del tutto. — Voi, le persone che ho scelto, le prime che conosceranno la vita e la giusta via… Il bambino piagnucolò. Una ragazza non più vecchia di Theresa balzò avanti e lo prese in braccio. Una forte, sana ragazza Viva, libera da fame e malattie che poteva camminare con le proprie gambe e vedere da occhi limpidi… Il bambino non-Cambiato forse pativa del "vero dolore"? — … dono spirituale, la vita e la giusta via… Non riusciva a respirare. Per quanto si sforzasse, non riusciva a respirare… — … partendo dal lavoro svolto dalla siringa del Cambiamento che vi ho dato anni fa quando… …non riusciva a "respirare" e stava per morire, quella volta sarebbe morta davvero… — Cosa succede alla ragazza Mulo? — Cosa c’è che non va? — Fatele spazio! — Sta morendo! — Le persone non muoiono, scemo! L’olovideo è finito! Iniettala! — Non c’è nessuno qui per farci un gruppo… — Sì! Le due persone nuove! Cathy ed Earl! — Iniettateli tutti e tre! Iniettateli! La stanza prese a vorticare e si oscurò in un’ondata profonda che la inghiottì, come se qualcuno avesse divelto la parete opposta e l’onda le stesse precipitando addosso. "Metti la testa fra le ginocchia" le disse la voce di Jackson nella mente. "Respira profondamente. Prendi un neurofarmaco." Si piegò in due. Due persone la tirarono su, una per lato, il suo nuovo gruppo di legame. Nella sala che vorticava apparve una siringa rossa, nella mano di qualcuno. — No! — gridò Theresa. — No, non fatelo… — È tutto a posto, Mulo — le disse una voce di donna, cercando di calmarla. Le tolsero la giacca. — Non fa male. È soltanto come un’altra siringa del Cambiamento, non la sentirai nemmeno, tu. Madre Miranda dice che non fa altro che aggiungersi al primo Cambiamento. La siringa rossa le si avvicinò al braccio. La stanza vorticò e l’onda nera le si rovesciò sopra. Presa dalle vertigini stava per vomitare. All’ultimo momento riuscì in qualche modo a tirar fuori dalla bocca le parole. — Io… non sono… Cambiata! L’oscurità la avvolse. Esterno. Era stesa a terra all’esterno ed era freddo. Non indossava la giacca. Aprì gli occhi, e la luce del sole li colpì, facendoglieli dolere. La gente le stava attorno a gruppi, i volti orribili la fissavano. In un gruppo Cathy, Earl e Theresa. Era legata. — Sta tornando in sé. — Fatele spazio, maledizione! — Non abbiamo dato niente a quella cagna, noi. — Theresa, non sei legata, tu. Non lo abbiamo fatto. — Josh le stava inginocchiato accanto, senza toccarla. Theresa si concentrò sulla respirazione. A volte gli attacchi le venivano in coppia o perfino tre alla volta. Il solo pensiero le fece aumentare il battito cardiaco e le mozzò il respiro. — Ti ho detto che non ti abbiamo legata, noi. Il volto di Josh era gentile. Com’era possibile, ricevere gentilezze da un Vivo? Non poteva capire quello che le era successo, non lo capiva nemmeno Jackson. Theresa cercò di respirare profondamente. Patty intervenne: — Deve essere vero. Quello che abbiamo sentito. Che nemmeno le enclavi hanno più siringhe del Cambiamento. — Il suo tono di voce era vagamente compiaciuto. Theresa si sedette. Casa. Doveva tornare a casa. Le avrebbero permesso di tornare a casa? Che cosa le avrebbero fatto? Le si riempirono gli occhi di lacrime. — Oddio, sta piangendo, lei — disse Patty. — Lasciamo andare questa strega. — No, aspetta — si intromise Mike. — Ha un’unità mobile. Conosce codici di ingresso che ci potrebbero servire. — Ma non sa niente, quella. Guardala! Non è nemmeno Cambiata! — E allora? Ha parecchia roba stipata nel cervello, è un Mulo. Josh le si avvicinò. Theresa si contrasse. Lui aveva un respiro dolce e caldo ma, in qualche modo, estraneo. Le disse, a voce molto bassa: — Alzati, intanto che stanno discutendo. Entra nell’aeromobile e parti. Lei lo guardò sconcertata. Lui le fece un cenno di assenso col capo, l’aiutò ad alzarsi e le sussurrò qualcosa all’orecchio. Mike e Patty avevano cominciato a prendersi a spinte, i volti sconvolti, le parole che uscivano come sputi dagli angoli della bocca. Theresa corse verso l’aeromobile. — Fermatela! — gridò Mike. — Fermati! Theresa inciampò e cadde. Aveva il fiatone, il terreno sembrò vacillare e bloccarla: "non di nuovo". Non un altro attacco. Si costrinse ad alzarsi in piedi e si guardò alle spalle. Patty e Mike cercavano di inseguirla, ma ogni volta che si allontanavano di qualche metro da Josh si fermavano, tornavano indietro e tentavano di trascinarlo con loro. Josh si faceva pesante e floscio come un sacco di stracci. Mike e Patty non potevano inseguire Theresa senza di lui. Lei arrancò nell’aeromobile e crollò all’interno. — Chiusura portiere. Decollo automatico… Coordinate di casa. — L’aeromobile decollò. Sotto, vide Patty che trascinava Josh. Theresa si accasciò sul sedile, cercò di controllare la respirazione, di impedire al mondo di vorticare in un’altra nauseante ondata nera. Casa. Doveva tornare a casa. Non sarebbe dovuta uscire, non sarebbe dovuta partire dall’enclave, non avrebbe dovuto pensare di essere forte o valorosa e di riuscire a scoprire qualcosa sulla luce. Era soltanto un Mulo difettato e privilegiato. No, quelle persone avevano "torto", quella non era la giusta via, corteggiare la morte per costringersi a fare parte di una comunità, no, no, no. Così no. La risposta non era quella. Chiuse gli occhi. Escluse il mondo che vorticava ma non riuscì a escludere la cosa che più la terrorizzava. La cosa più terribile di un pomeriggio di terrore: il volto di Josh che le sussurrava un’ultima frase. Gentili, cariche di rammarico, orribili, le sue parole. — "Non sei pronta, tu. Almeno non ancora." Theresa rabbrividì. Non sarebbe mai stata pronta per una cosa simile. Legata per sempre a tre metri da due Vivi, condannata a morire se li avesse lasciati. No. Era sbagliato. Un vicolo cieco. Ma che cosa stava "facendo" Miranda Sharifi? E che cosa avrebbe fatto Theresa? Era nuovamente sola con la sua vita vuota. |
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