"La città proibita" - читать интересную книгу автора (Brackett Leigh)

15.

Len seguì Hostetter e l’altro uomo, che si chiamava Kovacs, nella cabina, che occupava quasi due terzi della lunghezza della barca, e serviva soprattutto come tettoia per proteggere la stiva, più che per fornire qualche comodità all’equipaggio. C’erano delle cuccette strette sistemate sulle pareti, e Amity era distesa su una di esse, con i capelli in disordine e il viso pallido e gonfio di pianto. Esaù sedeva sul bordo della cuccetta, e le stringeva la mano. Apparentemente era là da molto tempo, e aveva una strana espressione, che Len non gli aveva mai visto prima, intenta, preoccupata e ansiosa.

Len guardò Amity. Lei gli parlò, senza guardarlo negli occhi, e lui la salutò, e gli parve di parlare a una persona diversa, a un’estranea. Pensò, provando un palpito che era già molto debole, alla ragazza dai capelli biondi che aveva baciato sotto il roseto, e si domandò come mai quella ragazza fosse scomparsa così presto, sparita insieme alle rose. Ora Amity era una donna, la donna di un altro uomo, già segnata dalle preoccupazioni e dalle angosce della vita, e lui non la conosceva.

«Hai visto mio padre, Len?» domandò. «Sta bene? È salvo?»

«Era sano e salvo, l’ultima volta che l’ho visto,» le disse Len. «I contadini non avevano niente contro di lui. Non l’hanno sfiorato neppure con un dito».

Esaù si alzò.

«Ora cerca di dormire un poco. Ne hai bisogno, ti farà bene». Le accarezzò la mano, e poi abbassò una specie di tenda, formata da una coperta inchiodata alla parete, in alto. Lei gemette un poco, protestando, e disse a Esaù di non allontanarsi troppo. «Non preoccuparti di questo,» la rassicurò Esaù, con una lievissima traccia di esasperazione nella voce. «Non c’è nessun posto dove andare, qui». Diede una rapida occhiata a Len, poi guardò Hostetter.

Len disse:

«Congratulazioni, Esaù».

Esaù arrossì un poco, un lieve rossore che gli invase il volto. Poi raddrizzò le spalle, ritrovando un poco della sua aria di sfida, e guardò negli occhi Len, e disse, in tono quasi di sfida:

«Credo che sia meraviglioso, davvero. E tu sai benissimo com’era la cosa, Len, prima. Cioé, prima non potevamo sposarci, a causa del giudice».

«Certo, certo,» disse Len. «Lo so».

«E ti dirò un’altra cosa,» disse Esaù. Len provò quasi il desiderio di sorridere, vedendolo così diverso da come lo aveva sempre conosciuto. «Sarò un padre migliore di quanto non lo sia stato per me mio padre».

«Non saprei,» rispose Len. «Mio padre era il padre più buono del mondo, eppure anch’io non ho saputo corrispondere ai suoi desideri».

Seguì Hostetter e Kovacs nella stiva, alla quale si accedeva per una stretta e ripida scala.

La barca non pescava molto, ma era lunga venti metri e larga sei, e ogni metro di spazio era riempito di ceste, balle e sacchi. Emanava un intenso aroma di legno e di acqua di fiume, di farina e di stoffa, di pece e molte altre cose che Len non riuscì a identificare. Dietro la parete della stiva, a poppa, si udiva soffocato e tonante il ritmo costante del motore. Sotto il portello era stato lasciato uno spazio angusto, una specie di pozzo, in modo che un uomo potesse scendere la scala e controllare che tutto il carico fosse in perfetto ordine, e la scala sembrava un solido pezzo di costruzione fissato sul ponte. Ma una tavola quadrata dell’impiantito era stata tolta, e c’era un piccolo pozzo, là, e nel pozzo c’era una cosa che Len riconobbe subito… una radio, anche se era più grande di quella che lui ed Esaù avevano posseduto, ed era diversa sotto diversi punti di vista. Un uomo era seduto accanto alla radio, e stava parlando, con una lanterna appesa sopra di lui, per avere luce.

«Eccoli qui, adesso,» disse. «Aspettate un momento». Si voltò, e si rivolse a Hostetter. «Collins pensa che la cosa migliore sarebbe quella di mettersi in contatto con Rosen alle cascate. Il fiume è abbastanza basso, ora, e penso che con un po’ d’aiuto potremmo scrollarceli di dosso là».

«Vale la pena di tentare,» commentò Hostetter. «Cosa ne pensate, Joe?»

Kovacs dichiarò che, secondo lui, Collins aveva ragione.

«Una cosa è sicura… non vogliamo altri scontri, e se proseguirano così ci raggiungeranno. I rimorchiatori sono veloci».

Anche Esaù li aveva seguiti. Era fermo accanto a Len, e ascoltava.

«Watts?» domandò.

«Penso di sì. Deve essere andato anche a Shadwell, per trovare aiuto e uomini. Incredibile!»

«Sono completamente pazzi,» disse Kovacs. «Non possono prendersela con i contadini, e così se la prendono con noi. inoltre, siamo selvaggina dovunque ci trovino». Era un omone giovane, abbronzato dal sole. Aveva l’aria di chi non si lascia spaventare facilmente, e in quel momento non appariva spaventato; c’era qualcosa di notevole, però, nella sua decisione di non lasciarsi prendere dalla gente di Refuge, qualcosa che fece pensare Len, dandogli uno strano brivido.

Hostetter fece un cenno all’uomo che sedeva davanti alla radio.

«D’accordo, Sam. Chiamate Rosen».

Sam si congedò da Collins, e cominciò ad armeggiare con i bottoni.

«Dio,» esclamò Esaù, quasi singhiozzando. «Ricordi come abbiamo lavorato, su quei bottoni, senza ascoltare neppure un bisbiglio, e poi i libri, e poi, e poi…» Si interruppe, e scosse il capo, sconsolato.

«Se non aveste casualmente ascoltato durante la notte,» disse Hostetter, «Non avreste mai sentito niente. Len mi ha accennato alla cosa». Era curvo dietro alle spalle di Sam, ora, in attesa.

«L’idea era stata di Len,» disse Esaù. «Lui pensava che di giorno fosse troppo rischioso usarla, per timore di essere visti o sentiti da qualcuno».

«Come in questo momento,» disse Kovacs. «Abbiamo alzato l’antenna… fin troppo evidente, con la luce sufficiente. E c’è una splendida luna».

«Fate silenzio, tutti,» disse Sam, curvo sulla radio. «Come diavolo credete che io possa… Ehi, gente, volete lasciarmi libero un canale, almeno per un momento? È una situazione di emergenza.» Una confusione di voci dall’altoparlante si solidificò in una sola voce, che disse:

«Qui Petto, al traghetto indiano. Devo ritrasmettere?»

«No,» disse Sam. «Voglio Rosen; è entro la mia portata. Volete abbassare, per favore? Abbiamo dei banditi alle calcagna.»

«Oh,» disse la voce di Petto. «Fate un fischio, se avete bisogno di aiuto.»

«Grazie.» Sam ricominciò ad armeggiare con i bottoni e le manopole, e continuò a chiamare Rosen. Len rimase vicino alla scaletta, e osservò, e ascoltò, e gli parve in retrospettiva di avere passato quasi tutta la sua vita a Piper’s Run in ginocchio sull’argine del Pymatuning, tentando di fare uscire delle voci da una scatoletta ostinata. Ora, sommerso da un’ondata di meraviglia e di stanchezza, vedeva, e sentiva, e non riusciva a rendersi conto che ormai ne faceva parte, che aveva raggiunto l’obiettivo dei suoi sogni.

«È molto più grossa di quella che avevamo noi,» disse Esaù, avvicinandosi. I suoi occhi brillavano, come avevano brillato sulla riva del fiume di casa, e la lieve piega di debolezza della sua bocca si smarriva in quella sua eccitazione improvvisa. «Come funziona?» domandò, e il ragazzo curioso di Piper’s Run era ritornato, e Len aveva gli occhi scintillanti a sua volta, e tutto quanto era accaduto parve per un momento smarrito nelle nebbie del fiume. «Che cos’è un’antenna? Come…»

Kovacs gli diede qualche vaga spiegazione sulle batterie e i transistor. La sua mente era distratta, i suoi pensieri erano concentrati su altre cose. Lo sguardo di Len era attirato irresistibilmente dal volto di Hostetter, un po’ ombreggiato dalla falda del cappello… il familiare cappello bruno degli Amish, il familiare taglio dei capelli e della barba… e stava pensando a papà, e a suo fratello James che ora aveva due bambini suoi, e alla nonna che ormai non avrebbe più rimpianto il vecchio mondo che l’aveva vista nascere, e alla piccola Esther, che doveva essere già alta, ora, e girò il capo, per non vedere più Hostetter, ma solo l’ombra impersonale dietro il circolo di luce della lanterna, un’ombra piena di forme indistinte e prive di significato, il carico di una barca su un fiume molto, molto lontano da casa sua. Il motore borbottava, con il suo battito costante, monotono, lento e sicuro, con un lieve sospiro che ricordava il respiro regolare di qualcuno che dormiva profondamente, in un sonno sereno. Poteva sentire il rumore delle pale della ruota che battevano l’acqua, e ora si accorgeva che c’erano molti altri suoni, lo scricchiolare del legno della barca, e il gorgoglio dell’acqua che scivolava oscura sotto la chiglia. E fu assalito in quel momento da uno dei suoi momenti di disorientamento, un selvaggio intervallo di meraviglia, nel quale si chiedeva che cosa stesse facendo in quel luogo, e razionalizzò a sua volta, pensando che molte cose erano accadute, nel corso delle ultime ventiquattro ore, e che lui era stanco, terribilmente stanco.

Finalmente, ora, Sam stava parlando con Rosen.

«Ora cercheremo di aumentare la velocità. Dovrebbe essere subito dopo l’alba, se non ci areniamo su qualche banco di sabbia.»

«Be’, fate attenzione,» rispose la voce gracchiante di Rosen, dall’altoparlante. «Il canale è pericoloso, ora.»

«Non scende niente per le rapide?»

«Niente, solo il legname. Le chiuse sono numerose. Non voglio fare niente di sospetto, a meno che non sia assolutamente necessario: ho passato anni e anni a stabilirmi qui, e a ottenere la piena fiducia, e basterebbe l’ombra di un dubbio…»

«Non mi sembra il sistema adatto per la mia barca,» disse Kovacs. «Abbiamo ancora un lungo viaggio da percorrere, e vorrei che arrivasse a destinazione con il fondo tutto d’un pezzo. Deve esserci qualche altro sistema.»

«Lasciatemi pensare,» disse Rosen.

Ci fu una lunga pausa, durante la quale egli cercò di trovare una soluzione. Gli uomini aspettavano, intorno alla radio, ansiosi.

Piuttosto timidamente, una voce parlò:

«Sono di nuovo Petto, del traghetto indiano.»

«Va bene. Cosa c’è?»

«Be’, ho avuto una… una specie d’idea. Il fiume è basso, ora, e il canale è stretto. Non dovrebbe essere molto difficile bloccarlo.»

«Avete un’idea precisa?» domandò Hostetter.

«C’è una draga che lavora proprio alla fine della punta,» disse Petto. «Gli uomini vengono a passare la notte al villaggio, così non dobbiamo temere che qualcuno anneghi. Ora, se vi riuscisse di passare di là quando sarà ancora buio, e io fossi pronto a lasciare libera la draga… il fiume fa una curva, qui, e la corrente farebbe ruotare la draga, e la porrebbe di traverso, e scommetto che neppure una canoa potrebbe passare, prima che la draga venga recuperata.»

«Petto,» disse Sam, «Siete una meraviglia. Avete sentito, Rosen?»

«Ho sentito. Sembra una soluzione.»

«Lo è,» disse Kovacs. «Ma quando arriveremo lì, fateci passare dalle chiuse in fretta, per precauzione.»

«Sarò pronto,» disse Rosen. «Ci vediamo.»

«Benissimo,» disse Sam. «Petto?» Cominciarono a parlare, discutendo di segnali e di tempi, parlando delle condizioni del canale tra la loro posizione attuale e il traghetto indiano. Kovacs si voltò, e guardò Len ed Esaù.

«Venite,» disse. «Ho un lavoro per voi. Sapete qualcosa sui motori a vapore?»

«Qualcosa,» disse Len.

«Benissimo. Tutto quello che dovrete fare è di tenere acceso il fuoco. Abbiamo fretta.»

«Certo,» disse Len, lieto di avere qualcosa da fare. Era molto stanco, ma poteva accettare di stancarsi ancora di più, se questo avesse impedito alla sua mente di girare e girare intorno ai vecchi ricordi e ai pensieri sgradevoli, e di vedere l’immagine del volto di Dulinsky morente, che già cominciava a confondersi con il ricordo del volto di Soames. Salì la scaletta, seguendo Kovacs. Nella cabina, scoprirono che Amity doveva essersi addormentata, perché non si mosse, quando essi passarono. Esaù si muoveva in punta di piedi, e lanciava occhiate nervose alla coperta che copriva la cuccetta della ragazza. Per un momento, furono sfiorati dall’aria notturna, più fresca e pulita, e poi scesero di nuovo nel pozzo, dove si trovava il motore. Là trovarono un odore di ferro rovente e di carbone, e un uomo rosso e sudato con una grossa pala, che si spostava continuamente da un punto all’altro. Kovacs disse:

«Ti ho portato degli aiutanti, Charlie. Dobbiamo andare svelti.»

Charlie annuì.

«Ci sono delle altre pale, da questa parte.» Aprì lo sportello, e cominciò ad ammucchiare il carbone. Len si tolse la camicia. Esaù cominciò a farlo, ma si fermò, guardando il meccanismo.

«Credevo che fosse diverso.»

«Che cosa?» domandò Kovacs.

«Be’, il motore. Voglio dire che, venendo da Bartorstown, potete avere tutti i tipi di motori che volete, e pensavo…»

Kovacs scosse il capo:

«Legna e carbone sono gli unici combustibili esistenti. Dobbiamo usare quelli. Inoltre, ci si ferma in moltissimi posti, lungo il fiume, e molte persone salgono a bordo, e la prima cosa che vogliono vedere è il motore. Lo riconoscerebbero in pochi secondi, se fosse differente dai soliti. E se si guastasse? Cosa fareste, mandereste a prendere i pezzi mancanti fino a Bartorstown?»

«Già,» disse Esaù. «Già, penso che abbiate ragione.» Era visibilmente deluso. Kovacs se ne andò. Esaù finì di togliersi la camicia, prese una pala, e si mise al lavoro, accanto a Len. Alimentarono il fuoco, mentre Charlie si occupava dello sfiatatoio, e teneva d’occhio la valvola di sicurezza. Il tonfo del pistone si fece sempre più veloce, e la barca acquistò velocità, seguendo la corrente. Finalmente Charlie disse loro di riposarsi per un momento, e si fermarono, appoggiati alle pale, coperti di sudore e rossi in viso. Ed Esaù disse:

«Temo che Bartorstown sia molto diversa da come l’avevamo immaginata.»

«Come tutto il resto, immagino,» disse Len.


Passò un tempo infinitamente lungo prima che un uomo scendesse a dire che la corsa era finita, e che Len ed Esaù potevano sospendere il loro lavoro. I due si arrampicarono sul ponte, e Len sentì l’urto sulla barca, mentre il mozzo della ruota veniva invertito. Non era la prima volta che questo accadeva, durante la notte, e Len pensò che Kovacs doveva avere, o essere egli stesso, il diavolo come pilota.

Si appoggiò alla parete della cabina, rabbrividendo nella fresca aria notturna. Era l’ora pigra e oscura nella quale la luna aveva già lasciato il cielo, e il sole non era ancora salito a darle il cambio. La riva era una bassa macchia nera, con una cornice di nebbia fluttuante nel buio. Davanti sembrava curvarsi, come una parete solida, come se il fiume terminasse là, e tra un momento la barca si sarebbe scontrata con quella parete invalicabile. Len sbadigliò, e ascoltò il concerto delle rane. La barca girò, seguendo la curva del fiume. Nell’ansa della curva c’era un villaggio, e le forme quadrate delle case s’intravvedevano appena. Vicino alla punta ardevano due luci rosse, apparentemente sospese nell’aria, a mezza altezza.

A prua venne mostrata una lanterna, e coperta tre volte in rapida successione. Da un punto molto in basso, a livello delle acque, giunse la risposta, una serie di brevi lampi di luce. Conoscendone l’esistenza, Len poté scorgere vagamente una canoa con un uomo a bordo, e poi, improvvisamente, la vasta, spettrale forma di una draga parve balzare contro di lui dalle tenebre. Scivolò oltre, una massa scheletrica simile a una casa diroccata posata su di una piattaforma bassa, massiccia, dai grandi contrappesi di ferro. Poi fu dietro di loro, e Len osservò le luci rosse di posizione. Per molto tempo non parvero muoversi, e poi gli parve che si spostassero un poco, e poi un poco di più, e alla fine con una lentezza inesorabile e massiccia descrissero un lungo arco verso la riva opposta e si fermarono, e il rumore risuonò nel fiume silenzioso un attimo dopo.

Esaù disse:

«Saranno fortunati, se riusciranno a tirarla fuori di là prima di ventiquattro ore.»

Len annuì. Ora sentiva allentarsi la tensione, o forse questa sensazione era dovuta al fatto che per la prima volta, dopo molte settimane, si sentiva al sicuro. Ora gli uomini di Refuge non potevano seguirlo, e gli avvertimenti che avrebbero potuto mandare lungo il fiume sarebbero arrivati troppo tardi per fermarli.

«Ora penso di riposare un poco,» disse, e andò nella cabina. Amity era sempre addormentata, dietro la tenda che la riparava. Len scelse la cuccetta più lontana da quella della giovane donna, e si addormentò quasi immediatamente. L’ultimo pensiero che balenò nella sua mente fu quello di Esaù che diventava padre, e non pareva una cosa giusta o possibile, in un certo senso. Poi il volto di Watts s’intrufolò nei suoi pensieri, e si sollevò intorno un tremendo odore di umidità, e di pesce. Len si sentiva soffocare, e piangeva, e poi l’oscurità scese in dense volute sopra di lui, immobile e silenziosa e profonda.