"Il mondo delle streghe" - читать интересную книгу автора (Norton Andre)

Capitolo secondo Il nido del falcone

Il grosso uccello, con l’arte tipica dei rapaci, planava sopra di loro ad ali spiegate. Simon vide i nastri o i geti rossovivi che svolazzavano tra le zampe, e capì che non era un animale selvatico.

«Capitano!» Tunston andò a svegliare Koris, che si sollevò a sedere, stropicciandosi gli occhi con i pugni, in un gesto quasi infantile.

«Capitano, i Falconieri!»

Koris alzò la testa di scatto, poi si alzò in piedi, schermandosi gli occhi con la mano, e seguì i lenti volteggi dell’uccello. Fischiò un richiamo che salì, in note squillanti. Il falcone smise di volteggiare, e Simon assistette ad un miracolo di fulminea precisione… la discesa. Il rapace venne a posarsi sul manico dell’ascia di Volt, che giaceva seminascosta tra l’erba del piccolo prato. Il becco adunco si aprì, lanciando un grido aspro.

Il Capitano s’inginocchiò accanto all’uccello. Cautamente, sollevò una delle cordicelle annodate alle zampe, e un minuscolo ciondolo metallico balenò nel sole, mentre l’uomo lo esaminava.

«Nalin. Deve essere una delle sentinelle. Vai, guerriero alato,» disse Koris, rivolgendosi all’uccello irrequieto. «Noi siamo della stessa razza del tuo padrone, e c’è pace tra noi.»

«Peccato, Capitano, che le tue parole non possano giungere alle orecchie di questo Nalin.» commentò Tunston. «I Falconieri usano prima difendere i loro confini e poi fare domande, se resta ancora in vita qualche invasore da interrogare.»

«Proprio così, vagabondo!»

Quelle parole risuonarono dietro di loro. Si voltarono quasi all’unisono, e scorsero soltanto le rocce e l’erba. Era stato l’uccello a parlare? Jivin scrutò dubbioso il rapace, ma Simon rifiutò di accettare quella magia… o quell’illusione. Toccò la sua unica arma, il coltello che portava infilato nella cintura quando era giunto a riva.

Koris e Tunston non si mostrarono sorpresi. Evidentemente, si aspettavano quella sfida. Il Capitano alzò la testa e parlò all’aria, lentamente, come se le sue parole dovessero convincere l’ascoltatore invisibile.

«Io sono Koris, Capitano di Estcarp, spinto su questa terra da una tempesta. E costoro sono Guardie di Estcarp: Tunston, ufficiale del Grande Forte, Jivin e Simon Tregarth, uno straniero entrato al servizio della Guardiana. Per il Giuramento della Spada e dello Scudo, del Sangue e del Pane, ti chiedo l’ospitalità concessa quando due non si fanno guerra, ma vivono delle loro armi!»

L’eco fioca delle sue parole ondeggiò nell’aria e svanì. Poi il rapace lanciò di nuovo quel grido stridulo e si sollevò. Tunston sogghignò ironicamente.

«Ed ora, immagino, dobbiamo attendere una guida o un dardo nella schiena?»

«Un nemico invisibile?» chiese Simon.

Koris scrollò le spalle. «Ogni comandante ha i suoi misteri. E i Falconieri ne hanno molti. Se manderanno una guida, saremo veramente fortunati.» Fiutò l’aria. «Ed è inutile soffrire la fame durante l’attesa.»


Simon mangiò il pesce, ma continuò a sorvegliare il piccolo prato tagliato dal ruscello. I suoi compagni sembravano rassegnati al futuro, e lui non immaginava come fosse stato compiuto quel trucco con la voce. Ma aveva imparato a considerare Koris come una specie di strumento di misura, quando si presentava una situazione nuova. Se il Capitano della Guardia era disposto ad attendere, forse non sarebbero stati costretti a combattere, dopotutto. D’altra parte, gli sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più sul conto dei suoi possibili ospiti.

«Chi sono i Falconieri?»

«Come Volt,» disse Koris, posando la mano sull’ascia in un gesto carezzevole, «appartengono alla leggenda ed alla storia, ma non solo altrettanto antichi.

«All’inizio erano mercenari, giunti attraverso il mare a bordo di navi di Sulcar, da una terra dove avevano perduto i loro possedimenti in seguito ad un’invasione barbarica. Per qualche tempo servirono i mercanti come guardie delle carovane e fanti di marina. Talvolta si arruolano ancora, quando sono molto giovani. Ma in maggioranza non amavano il mare: erano nati tra le vette, e la nostalgia per le montagne li divorava. Perciò si recarono dalla Guardiana, nella Città di Estcarp e proposero un patto, offrendosi di proteggere i confini meridionali in cambio del diritto d’insediarsi tra i monti.»

«Era una proposta saggia!» interruppe Tunston. «Peccato che la Guardiana non potesse accettare.»

«E perché non poteva?» chiese Simon.

Koris sorrise cupamente. «Non hai abitato ancora abbastanza a lungo in Estcarp, Simon, se non sai che è un matriarcato? Infatti, il Potere che ne garantisce la sicurezza non sta, in primo luogo, nelle spade dei suoi uomini, ma nelle mani delle sue donne. E le detentrici del Potere sono veramente donne.

«D’altra parte, i Falconieri hanno strani costumi, a loro cari quanto i costumi di Estcarp sono cari alle streghe. È un ordine guerriero, formato esclusivamente da maschi. Due volte l’anno, vengono prescelti giovani che si recano nei loro vari villaggi abitati dalle donne, per generare nuova prole, come gli stalloni vengono mandati al pascolo con le giumente. Ma i Falconieri non riconoscono né affetto, né simpatia, né eguaglianza tra uomini e donne. E non ammettono che una donna abbia altra funzione che partorire figli.

«Perciò, agli occhi di Estcarp, apparivano inevitabilmente come selvaggi, le cui usanze corrotte disgustavano la gente civile, e la Guardiana giurò che se si fossero insediati tra le montagne, entro i confini del paese, con il consenso delle streghe, il Potere profanato sarebbe svanito. Perciò fu loro risposto che Estcarp non permetteva di stabilirsi sulle sue frontiere. Tuttavia, fu accordato loro di attraversare in pace il paese, con le provviste necessarie, per andare in cerca di altre montagne. Se fossero stati disposti a crearsi una signoria oltre i confini di Estcarp, le streghe avrebbero augurato loro ogni bene e non li avrebbero attaccati. E così è stato per più di cento anni.»

«E immagino che i Falconieri riuscirono a crearsi una signoria?»

«Infatti.» Fu Tunston a rispondere alla domanda di Simon. «Tanto che per tre volte hanno battuto le orde inviate contro di loro dai Duchi di Karsten. Il territorio che hanno prescelto combatte al loro fianco.»

«Tu hai detto che Estcarp non offrì loro amicizia,» osservò Simon. «E allora, che cosa intendevi quando hai parlato del Giuramento della Spada e dello Scudo, del Sangue e del Pane? Sembrava che aveste veramente una specie di legame.»

Koris s’indaffarò ad estrarre una minuscola lisca dal suo pesce. Poi sorrise, e Tunston rise apertamente. Solo Jivin assunse un’espressione un po’ vergognosa, come se parlassero di cose che era meglio non ricordare.

«I Falconieri sono uomini…»

«Ed anche le Guardie di Estcarp lo sono,» azzardò Simon.

Il sorriso di Koris si allargò, sebbene Jivin stesse aggrottando la fronte. «Non fraintenderci, Simon. Abbiamo la massima reverenza per le Donne del Potere. Ma il loro modo di vivere le divide da noi, e dalle cose che possono motivarci. Infatti, come sai, il Potere abbandona una strega, se diventa veramente donna. Perciò sono doppiamente gelose della loro forza, poiché per detenerla hanno rinunciato ad una parte della loro vita. Inoltre, sono fiere di essere donne. Per loro, i costumi dei Falconieri, che negano quella fierezza ed il Potere, riducendo una donna ad un corpo privo d’intelligenza e di personalità, sono più o meno ispirati dai demoni.

«Non possiamo essere d’accordo con la mentalità dei Falconieri, ma come combattenti noi Guardie li consideriamo con rispetto, e quando li abbiamo incontrati in passato non vi sono mai stati dissidi tra noi. Le Guardie di Estcarp ed i Falconieri sono in pace. Inoltre…» aggiunse, gettando via lo stecco da cui aveva staccato a morsi l’ultimo pezzo di pesce, «forse presto verrà un giorno in cui questo sarà utile per tutti.»

«Questo è vero!» disse Tunston, in tono concitato. «Karsten ha combattuto contro di loro. E piaccia o no alla Guardiana, se Karsten marcerà contro Estcarp, i Falconieri si troveranno in mezzo. Ma noi lo sappiamo bene, e in quest’ultimo anno la Guardiana ha fatto finta di non vedere, quando c’è stata la Grande Nevicata e grano e bestiame sono stati portati a sud, ai villaggi dei Falconieri.»

«C’erano donne e bambini che soffrivano la fame, in quei villaggi,» disse Jivin.

«Sì. Ma le vettovaglie erano abbondanti, più di quanto avrebbero potuto consumare gli abitanti dei villaggi,» ribatté Tunston.

«Il Falcone!» Jivin indicò il cielo: videro il rapace bianco e nero veleggiare nell’aria sopra di loro. Questa volta, era l’avanguardia di un gruppetto d’uomini a cavallo, che apparvero e si fermarono ad osservare le Guardie.

I cavalli erano piccoli, con il vello ruvido, e Simon giudicò che dovevano essere abbastanza agili per percorrere gli stretti sentieri di montagna. Le selle erano semplicissime, ma con il corno biforcuto: su ognuno di essi stava appollaiato uno dei falconi; l’uccello che li aveva guidati fin lì andò a posarsi sulla sella del capo.

Come le guardie e gli uomini di Forte Sulcar, indossavano usberghi di maglia metallica e portavano sulle spalle piccoli scudi rombici. Ma gli elmi erano modellati ad imitazione delle teste degli uccelli che addestravano. E sebbene sapesse che erano occhi umani, quelli che li scrutavano dietro le visiere, Simon giudicò inquietante quella foggia bizzarra.

«Io sono Koris, al servizio di Estcarp.»

Koris, con la grande ascia appoggiata sull’avambraccio, si alzò di fronte ai quattro uomini taciturni.

L’uomo il cui falcone era appena tornato a posarsi alzò la destra in un gesto universale, antico quanto il tempo.

«Nalin delle montagne esterne.» La sua voce echeggiò cavernosa dietro la visiera.

«Tra noi vi è pace.» Koris tenne un tono quasi interrogativo a quelle parole.

«Tra noi vi è pace. Il Signore delle Ali schiude il Nido al Capitano di Estcarp.»


Simon temeva che quei cavallini non avrebbero potuto trasportare un doppio carico. Ma quando montò dietro uno dei Falconieri, si accorse che l’animale procedeva sicuro, anche sul sentiero più pericoloso, e che il peso supplementare di un altro cavaliere non sembrava infastidirlo.

Le piste del territorio dei Falconieri non erano fatte certamente per attirare un comune viaggiatore. Simon tenne gli occhi aperti con uno sforzo di volontà, mentre procedevano lungo le cengie, costeggiando strapiombi che preferiva non misurare.

Di tanto in tanto, uno dei falconi s’involava per precedere il gruppo, scrutando le valli strette che caratterizzavano quella regione, e più tardi ritornava dal suo padrone. Simon avrebbe voluto chiedere informazioni su quello strano accordo tra uomini e rapaci, perché sembrava che gli esploratori alati avessero un loro modo di fare rapporto.

Scesero da un pendio, su una strada pianeggiante, ma l’attraversarono e ripresero a salire sul terreno accidentato. Simon si azzardò a parlare all’uomo dietro al quale cavalcava.

«Non conosco questa terra meridionale… Quella non è una via che attraversa le montagne?»

«È una delle strade dei mercanti. Noi gliele manteniamo aperte, e c’è guadagno per tutti. Dunque tu sei lo straniero che è entrato nelle Guardie?»

«Infatti.»

«Le Guardie non sono scudi senza stemma. E il loro Capitano è un valoroso. Ma sembra che il mare vi abbia conciati male.»

«Nessun uomo può vincere le tempeste,» rispose evasivamente Simon. «Siamo vivi… e questa è una fortuna.»

«Ed è una fortuna anche più grande che non siate stati spinti più a sud. I saccheggiatori di Verlaine raccolgono molte cose dal mare. Ma non amano gli uomini vivi. Un giorno,» aggiunse, in tono più tagliente, «forse Verlaine scoprirà che le sue scogliere non basteranno a salvarla. Quando il Duca imporrà il suo dominio su quel luogo, non sarà più un piccolo fuoco per ingannare i viaggiatori, ma una fornace ardente!»

«Verlaine appartiene a Karsten?» chiese Simon. Cercava di raccogliere notizie appena poteva, e le aggiungeva, frammento per frammento, per ricostruire l’enorme rompicapo di quel mondo.

«La figlia di Verlaine sta per sposare il Duca, secondo le consuetudini di quegli stranieri. Infatti, credono che una femmina possa avere diritti sulle terre! E grazie a questo diritto assurdo, il Duca pretenderà Verlaine, per i ricchi tesori strappati al mare in tempesta: e forse ingrandirà la trappola per catturare tutte le navi dirette verso la costa. Da molto tempo abbiamo messo le nostre spade al servizio dei mercanti, anche se il mare non è il nostro campo di battaglia prediletto: quindi forse verremo chiamati, quando Verlaine dovrà essere spazzata via.»

«Gli uomini di Forte Sulcar sono tra coloro che sareste disposti ad aiutare?»

L’uomo annuì vigorosamente, scuotendo l’elmo a forma di testa d’uccello. «Fu a bordo di navi di Sulcar che scampammo al sangue, alla morte ed al fuoco, Guardia! Sulcar ha la prima opzione nei nostri confronti, da quel giorno!»

«Non l’avrà più.» Simon non sapeva perché avesse detto questo, e subito se ne pentì.

«Porti qualche notizia, Guardia? I nostri falchi volano lontano, ma non si spingono fino ai promontori settentrionali. Che è accaduto a Forte Sulcar?»

L’esitazione di Simon si prolungò, mentre tutti i falchi volteggiavano nel cielo, lanciando strida.

«Lasciami andare e scendi!» ordinò bruscamente il cavaliere. Simon obbedì; e le quattro Guardie restarono sul sentiero, mentre i cavalli avanzavano ad un’andatura temeraria, per quella zona. Koris accennò ai compagni di proseguire.

«C’è una sortita.» Cominciò a correre dietro ai cavalli, con l’ascia sulle spalle, procedendo ad un trotto forzato che soltanto Simon riuscì ad eguagliare.

Da lontano giungevano grida e clangore di metallo contro metallo.

«Forze di Karsten?» chiese ansimante Simon, mentre raggiungeva il Capitano.

«Non credo. Vi sono fuorilegge tra queste montagne, e Nalin ha detto che diventano sempre più sfrontati. Secondo me, è solo una piccola parte della verità. Alizon minaccia dal nord, Kolder avanza da occidente, le bande di fuorilegge diventano irrequiete, e Karsten si agita. Da molto tempo i lupi e i rapaci notturni sognano di spolpare le ossa di Estcarp, anche se finiranno per azzuffarsi tra loro per la spartizione della preda. Alcuni uomini vivono nella sera e sprofondano nelle tenebre difendendo i resti di ciò che venerano.»

«E questa è la sera per Estcarp?» chiese Simon, stentando a trovare il fiato.

«Chi può dirlo? Ah… sono banditi!»

Videro, dall’alto, una delle strade dei mercanti. E vi infuriava una battaglia. I cavalieri dagli elmi a testa di falcone smontarono, poiché il terreno pianeggiante era troppo limitato per offrire un vantaggio alla cavalleria, e avanzarono all’unisono, abbattendo coloro che si erano lasciati indurre ad uscire allo scoperto. Ma c’erano cecchini nascosti tra cespugli e rocce, ed i loro dardi causavano perdite tra i Falconieri.

Koris balzò sul sentiero, e piombò in una depressione dove stavano accovacciati due uomini. Simon proseguì lungo una pista fino ad un punto da cui, con una pietra, abbatté un bandito intento a sparare nella mischia. Gli bastò un momento per spogliare il cadavere del lanciadardi e delle munizioni; e subito puntò l’arma contro i camerati dell’ucciso.

I falchi volavano urlando, avventandosi su facce ed occhi, lacerando con gli artigli aguzzi. Simon sparò, prese di nuovo la mira e tornò a sparare, constatando i propri successi con rabbiosa soddisfazione. Un po’ dell’amarezza per la sconfitta subita a Forte Sulcar lo abbandonò in quei momenti frenetici, mentre c’era ancora resistenza attiva intorno a lui e sulla strada.

Uno squillo di corno stroncò le grida degli uccelli. Dall’altra parte della valle, una bandiera lacera si agitò vigorosamente, e i fuorilegge che erano ancora in piedi ripiegarono, sebbene non si dessero alla fuga fino a quando raggiunsero una zona boscosa, dove gli uomini a cavallo non avrebbero potuto inseguirli. Stava scendendo rapidamente la sera, e le ombre li inghiottirono.

I banditi potevano nascondersi agli uomini, ma non agli occhi dei falchi. I rapaci volteggiarono sui pendii, lanciandosi in picchiata: talvolta trovavano una preda, come attestavano le urla di dolore. Simon vide Koris sulla strada, con l’ascia in pugno chiazzata di scuro. Parlava concitatamente con un Falconiere, senza badare agli altri che passavano da un caduto all’altro e che talvolta sferravano con la spada un rapido colpo di grazia. C’era lo stesso impegno rabbioso, in quella procedura, che Simon aveva osservato dopo l’imboscata tesa dalle truppe di Gorm. Simon si diede da fare per allacciarsi la nuova cintura, poiché preferiva non osservare quella particolare attività.

I falchi stavano ridiscendendo nel cielo della sera, in risposta ai fischi dei loro padroni. I corpi di due Falconieri vennero legati attraverso le selle, e altri uomini cavalcavano fasciati, sorretti dai compagni. Ma le perdite dei fuorilegge erano state molto più pesanti.

Simon montò di nuovo in sella dietro un Falconiere: ma non era lo stesso uomo. E questo non aveva voglia di parlare: si stringeva al petto il braccio ferito e imprecava sommessamente ad ogni scossone.

La notte scese rapida tra le montagne: i picchi più alti nascondevano il sole, cingendo gore sempre più vaste d’oscurità. Si avviarono per un sentiero più largo e pianeggiante che, con una ripida scalata, li portò al nido che i Falconieri s’erano costruiti nella terra del loro esilio. La vista del forte strappò a Simon un fischio di meraviglia.

Era stato profondamente colpito dalle antiche mura di Estcarp, che sembravano modellate dalle ossa di quel mondo nei giorni della sua creazione. E Forte Sulcar, sebbene ammantato dalla nebbia innaturale, gli era apparso poderoso. Ma questa fortezza faceva parte dei precipizi e della montagna. Poteva solo pensare che i costruttori avessero scoperto per caso una vetta traforata da una serie di grotte, e le avessero ampliate e adattate. Il Nido non era un castello: era una montagna trasformata in fortezza.

Attraversarono un ponte levatoio gettato su un abisso fortunatamente nascosto dal crepuscolo: era così stretto che poteva passare solo un cavallo per volta. Simon riprese a respirare solo quando il cavallo passò sotto le punte affilate d’una saracinesca ed entrò in una caverna. Aiutò il Falconiere ferito a smontare e l’affidò ad uno dei suoi compagni, poi si girò per cercare le Guardie: notò la testa bruna di Tunston prima di scorgere gli altri.

Koris si diresse verso di loro, seguito da Jivin. Per qualche istante, sembrò che i loro ospiti li avessero dimenticati. I cavalli furono condotti via, e ciascuno degli uomini si trasferì il falcone sul guanto imbottito, prima di avviarsi verso un’altra galleria. Alla fine, uno degli elmi a forma di testa d’uccello girò verso di loro, e un ufficiale dei falconieri si avvicinò.

«Il Signore delle Ali vorrebbe parlare con voi, Guardie. Sangue e Pane, Spada e Scudo al nostro servizio!»

Koris gettò in aria l’ascia, l’afferrò al volo, e rivolse cerimoniosamente la lama lontano dall’altro. «Spada e Scudo, Sangue e Pane, uomo dei falchi!»