"Il mondo delle streghe" - читать интересную книгу автора (Norton Andre)

Capitolo terzo Una strega a Kars

Simon si sollevò a sedere sulla branda, stringendosi la testa dolorante. Aveva fatto un sogno vivido e terrificante, di cui ricordava solo il terrore. Si era svegliato, e s’era trovato nell’austera stanza di un Falconiere, con quel dolore tremendo che gli trafiggeva la testa. Ma ancora più torte della sofferenza c’era la sensazione di dover obbedire ad un ordine… oppure doveva rispondere ad un’invocazione?

Il dolore si dileguò, ma il turbamento rimase. Non poteva rimanere a letto. Indossò gli abiti di cuoio forniti dai suoi ospiti, ed uscì, calcolando che doveva mancare poco all’aurora.

Erano al Nido da cinque giorni, e Koris intendeva dirigersi presto al nord, avviandosi verso Estcarp attraverso leghe e leghe di territorio infestato dai banditi. Simon sapeva che il Capitano sperava di legare i Falconieri alla causa della nazione settentrionale. Appena giunto alla capitale, avrebbe usato la sua influenza per vincere i pregiudizi delle streghe, in modo che i valenti guerrieri dagli elmi a testa di rapace potessero venire arruolati al servizio di Estcarp.

La caduta di Forte Sulcar aveva scosso gli abitatori delle montagne, e si parlava di preparativi di guerra. Nelle grotte più basse della strana fortezza, i fabbri lavoravano giorno e notte, gli armaioli non avevano tregua, e un gruppo di tecnici preparava le minuscole sfere che venivano fissate ai geti dei falchi e che permettevano ai rapaci di riferire ai loro padroni. Quello era il segreto più gelosamente custodito della nazione, e Simon era riuscito soltanto a sapere che era basato su un congegno meccanico.

Molte volte, Tregarth era rimasto sconcertato, nella sua valutazione di quei popoli, da sorprese inaspettate come quella. Gli uomini che combattevano armati di spade e scudi non avrebbero dovuto realizzare mezzi di comunicazione tanto complessi. Quelle stranezze erano sconcertanti. Poteva accettare la «magia» delle streghe più facilmente dell’idea che i falconi portassero occhi, orecchi e — quand’era necessario — anche voci.

La magia delle streghe… Simon salì una scala intagliata in una delle gallerie, e uscì in una postazione di vedetta. Non c’erano nebbie che nascondessero la catena di colline, nella luce del mattino. Attraverso un varco lontano, poteva scorgere la distesa pianeggiante che sapeva essere Karsten.

Karsten! Era così intento ad osservare che Simon non si accorse della presenza della sentinella fino a quando l’uomo parlò:

«Hai un messaggio, Guardia?»

Un messaggio? Quelle parole fecero scattare qualcosa nella mente di Simon. Per un istante, sentì rinascere la sofferenza sopra gli occhi, la certezza di dover fare qualcosa. Era una sorta di precognizione, ma diversa da quella che aveva provato sulla strada per Forte Sulcar. Adesso veniva chiamato, non avvertito. Koris e le Guardie potevano dirigersi a nord, se volevano: ma lui doveva andare a sud. Simon abbassò l’ultima difesa contro quella sensazione insidiosa, e lasciò che lo invadesse.

«È giunta qualche notizia dal sud?» chiese alla sentinella.

«Chiedilo al Signore delle Ali, Guardia.» L’uomo era sospettoso, come tutti i suoi simili. Simon si avviò verso la scala.

«Puoi starne certo!»

Prima di recarsi dal Comandante dei Falconieri, cercò il Capitano: lo trovò occupato nei preparativi per la partenza. Koris alzò gli occhi dai sacchi da sella, e smise di tirare fibbie e cinghie.

«Cosa c’è?»

«Ridi pure, se vuoi,» rispose seccamente Simon. «La mia strada volge al sud.»

Koris sedette sull’orlo di un tavolo, facendo dondolare lentamente un piede avanti e indietro. «Perché Karsten ti attira?»

«È così e basta!» Simon si sforzò di tradurre in parole ciò che lo trascinava, contro ogni suggerimento della ragione. Non era mai stato molto eloquente, e stava scoprendo che lì era ancora più difficile esprimersi. «Mi sento attratto…»

Il piede di Koris smise di dondolare. Sul bel volto amareggiato era impossibile leggere una qualunque espressione. «Da quando… e com’è cominciato?» La domanda fu brusca ed aspra: la domanda di un ufficiale che esigeva un rapporto.

Simon disse la verità. «Ho fatto un sogno, e poi mi sono svegliato. Quando ho guardato le valli di Karsten ho compreso che la mia strada conduce là.»

«E il sogno?»

«Era un sogno di pericolo: non ricordo altro.»

Koris batté un pugno sul palmo dell’altra mano. «Così sia! Vorrei che tu avessi maggior potere… o meno. Ma se ti senti attirato, andremo a sud.»

«Andremo?»

«Tunston e Jivin porteranno nostre notizie ad Estcarp. I Kolder non potranno sfondare la barriera del Potere ancora per diverso tempo. E Tunston può comandare la Guardia. Ascolta, Simon: io sono di Gorm, ed ora Gorm combatte contro la Guardia, anche se forse Gorm è morto e animato da demoni. Ho servito Estcarp meglio che ho potuto, da quando la Guardiana mi ha concesso asilo, e continuerò a servirla. Ma forse è venuto il tempo in cui potrò servirla meglio al di fuori dei ranghi dei suoi guerrieri.

«Come posso…» Gli occhi scuri erano cerchiati d’ombra: occhi stanchi di uno sfinimento che non era fisico. «Come posso sapere se il pericolo non colpirà il cuore stesso di Estcarp per mio tramite, poiché io sono di Gorm? Abbiamo visto ciò che i Kolder hanno fatto ad uomini che conoscevo bene. Che altro potranno fare quegli esseri diabolici? Hanno volato nell’aria per prendere Forte Sulcar.»

«Ma questo potrebbe non essere il risultato di una magia,» l’interruppe Simon. «Nel nostro mondo, il volo aereo è un normale mezzo per viaggiare. Vorrei avere avuto la possibilità di vedere come erano arrivati… potrebbe esserci utile!»

Koris rise sarcasticamente. «Senza dubbio avremo in futuro molte altre occasioni di osservare i loro metodi. Credo, Simon, che se sei attirato verso il sud, questo abbia uno scopo intelligente. E due spade, o meglio,» si corresse con un sorrisetto, «un’ascia e un lanciadardi sono più forti del solo lanciadardi. Il fatto stesso che tu sia stato chiamato è un buon segno: deve significare che colei che è venuta con noi a Forte Sulcar è ancora viva, e agisce in favore della nostra causa.»

«Ma come possiamo sapere che si tratta di lei? E perché?» Anche Simon aveva avuto quel sospetto: e la conferma da parte di Koris gli pareva decisiva.

«Come? Perché? Coloro che hanno il Potere possono lanciarlo lungo certe vie della mente, come i Falconieri inviano i loro rapaci attraverso l’aria. E se incontrano qualcuno della loro specie, possono chiamare o avvertire. In quanto al perché… sono convinto, Simon, che sia la dama che tu hai salvato dai cacciatori di Alizon, poiché sarebbe facilmente in grado di comunicare con qualcuno che conosce.

«Tu non sei sangue del nostro sangue, ossa delle nostre ossa, Simon Tregarth: e si direbbe che nel tuo mondo il Potere non sia esclusivamente nelle mani delle donne. Non avevi fiutato l’imboscata sulla strada costiera, esattamente come avrebbe potuto fare una strega? Sì, verrò a Karsten affidandomi alle prove che mi hai dato, poiché conosco il Potere e perché, Simon, ho combattuto al tuo fianco. Lasciami il tempo di dare a Tunston le istruzioni ed un messaggio per la Guardiana, e andremo a gettare le reti in acque turbolente, in cerca di grossi pesci.»

Partirono a cavallo verso il sud, equipaggiati con gli usberghi e le armi tolti ai nemici uccisi, gli scudi senza stemma per indicare che erano mercenari disposti ad accettare un ingaggio. La guardia confinaria dei Falconieri li scortò fino al limitare delle montagne, dove passava la strada dei mercanti che portava a Kars.

Poiché non avevano altra guida che quella vaga sensazione, Simon si chiedeva se quella decisione era veramente saggia. Ma il richiamo lo assillava notte e giorno, anche se non aveva più incubi. E ogni mattina si svegliava impaziente di rimettersi in cammino.

Karsten aveva molti villaggi, sempre più grandi e più ricchi via via che i viaggiatori penetravano nelle fertili terre nere, lungo gli ampi fiumi. E c’erano signorotti, insediati nei feudi, che offrivano d’ingaggiare i due guerrieri venuti dal nord. Mentre Koris rideva sprezzante dei salari che venivano loro proposti, accrescendo così il rispetto ispirato da lui e dalla sua ascia, Simon parlava poco, ma osservava tutto attentamente, tracciando le mappe del territorio nella propria mente, annotando le usanze e le leggi del comportamento; e intanto, quando viaggiavano soli, cercava di estorcere al Capitano informazioni sempre nuove.

Il Ducato era stato un tempo un territorio scarsamente popolato da una razza affine all’antica stirpe di Estcarp. E di tanto in tanto un’orgogliosa testa bruna, un volto pallido dai lineamenti fini, ricordavano a Simon gli uomini del nord.

«Qui, fu la maledizione del Potere a finirli,» osservò Koris, quando Simon gliene parlò.

«La maledizione?»

Il Capitano scrollò le spalle. «È a causa della natura del Potere. Coloro che l’usano non si riproducono. Perciò ogni anno, il numero delle donne che si sposano ed hanno figli continua a ridursi. Una fanciulla da marito, a Estcarp, può scegliere tra dieci uomini; tra poco potrà scegliere tra venti. E vi sono molte case senza bambini.

«E così avvenne anche qui. Perciò, quando i barbari vennero d’oltremare e s’insediarono lungo le coste, non incontrarono un’opposizione attiva. S’impadronirono di territori sempre più vasti. Poi, con l’andare del tempo, s’imposero i comandanti militari. Perciò vennero i Duchi, ed ora c’è questo Yvian… che era solo un mercenario, e che ha dato la scalata al trono grazie all’intelligenza e alla forza del suo braccio.»

«E ad Estcarp toccherà la stessa sorte?»

«Forse. Ma c’è stata l’unione con il sangue di Sulcar, l’unico, sembra, che possa dare unioni feconde con Estcarp. Perciò al nord il vecchio sangue si è rinnovato e rinvigorito. Tuttavia, forse Gorm ci inghiottirà prima che si veda qualche risultato. Dimmi, Simon: la cittadina cui ci stiamo avvicinando ti ispira qualcosa? È Gartholm, sul fiume. E più oltre c’è soltanto Kars.»

«Allora andiamo a Kars,» rispose Simon, dopo un lungo istante. «Perché il peso continua ad opprimermi.»

Koris inarcò le sopracciglia, sotto l’elmo senza cimiero. «Allora dovremo procedere con prudenza e guardarci le spalle. Sebbene il Duca non sia di sangue nobile, e venga guardato con disprezzo dalle antiche famiglie, è tutt’altro che stupido. A Kars ci saranno occhi ed orecchi aperti per seguire gli stranieri, e agli scudi senza stemma verranno rivolte molte domande. Soprattutto se non cercheranno di arruolarsi sotto la bandiera del sovrano.»

Simon guardò pensieroso le chiatte fluviali all’ancora lungo il molo.

«Ma il Duca non sarebbe disposto ad arruolare un mutilato. Inoltre, a Karsten non ci sono dottori capaci di curare un uomo ferito in battaglia? Un uomo, diciamo, che in seguito ad un colpo in testa non vede più bene?»

«Quell’uomo sarebbe accompagnato da un camerata, che lo condurrebbe dai famosi dottori di Kars, no?» ridacchiò Koris. «Sì, ottima idea, Simon. E chi è il guerriero ferito?»

«Credo che il ruolo spetti a me. Potrebbe coprire gli eventuali errori che non sfuggirebbero ad un’attenta spia del Duca.»

Koris annuì vigorosamente. «Venderemo i nostri cavalli qui a Gartholm. Sono troppo riconoscibili, e denuncerebbero la nostra provenienza dalle montagne. E in Karsten, i montanari sono sospetti. Possiamo imbarcarci su uno dei battelli fluviali. Un piano eccellente.»

Fu il Capitano a trattare la vendita dei cavalli; stava ancora contando i pezzi di metallo a forma di cuneo che servivano come moneta nel ducato, quando raggiunse Simon sulla chiatta. Koris ripose il danaro nella borsa, con un sorriso.

«Ho sangue di mercante, e oggi l’ho dimostrato,» disse. «Una volta e mezzo il prezzo che ero disposto ad accettare: quanto basta per ungere le ruote quando arriveremo a Kars se fosse necessario. E per vivere, fino a quando verrà il momento.» Depose il sacco accanto all’ascia da cui non si era mai separato dal momento in cui l’aveva presa dalle mani di Volt.

Per due giorni scivolarono pigramente sulla corrente del fiume. Verso il tramonto del secondo giorno videro le mura e le torri di Kars che spiccavano non molto lontano, e in quel momento Simon si portò le mani alla testa. La sofferenza lo trafisse di nuovo sopra gli occhi con l’intensità di una percossa. Poi sparì, lasciando una piccola immagine vivida di un vicolo mal lastricato, un muro, ed una porta. Quella era la loro meta: e si trovava in Kars.

«Allora ci siamo, Simon?» Il Capitano gli posò la mano sulla spalla.

«Sì.» Simon chiuse gli occhi ai colori del tramonto che si rispecchiavano nel fiume. In qualche angolo di quella città doveva trovare il vicolo, il muro, la porta, e incontrarsi con colei che attendeva.

«Un vicoletto, un muro, una porta…»

Koris comprese. «Non è molto,» osservò. Scrutava la città come se, con la forza della volontà, potesse far valicare ad entrambi lo spazio che ancora separava la chiatta dal molo.

Poco dopo, risalendo il lungofiume, giunsero alla porta della città. Simon camminava lentamente, recitando il suo ruolo, e cercava di muoversi con l’incertezza di un uomo che non può fidarsi della propria vista. Eppure i suoi nervi fremevano: era certo che, una volta in città, avrebbe saputo trovare il vicolo. Il filo che l’aveva attirato attraverso l’intero ducato adesso era più solido.

Koris parlò per entrambi, alla porta; e la spiegazione dell’infermità di Simon, accompagnata da un dono passato sottobanco al sergente della guardia, servì a farli ammettere. Il Capitano sbuffò, quando giunsero in fondo alla via e svoltarono all’angolo.

«Se quell’uomo fosse ad Estcarp, gli avrei tolto lo stemma dallo scudo e l’avrei cacciato dalla città prima che avesse tempo di dirmi il suo nome! Si dice che il Duca si sia rammollito, da quando è salito al trono: ma non avrei mai creduto fino a questo punto!»

«Si dice anche che ogni uomo ha il suo prezzo,» osservò Simon.

«È vero. Ma un ufficiale intelligente conosce il prezzo degli uomini che comanda, e li utilizza di conseguenza. Questi sono mercenari, e si possono comprare, nelle cose di poco conto. Ma forse, se il loro codice ha ancora valore, si batteranno coraggiosamente per colui che li paga. Cosa c’è?»

Lo chiese bruscamente, perché Simon s’era fermato, e s’era voltato a mezzo.

«Siamo avviati nella direzione sbagliata. Dobbiamo andare verso est.»

Koris studiò la strada. «C’è un vicolo, quattro porte più avanti. Sei sicuro?»

«Sono sicuro.»

Temendo che il sergente di guardia alla porta fosse più furbo di quanto l’avessero giudicato, procedettero a passo lento: Simon si lasciava guidare. Il vicolo rivolto verso est portava ad altre vie. Simon si soffermò sotto un voltone, mentre Koris andava a controllare il tratto che avevano già percorso. Nonostante il suo aspetto facilmente riconoscibile, il Capitano sapeva bene come non farsi notare. Poco dopo ritornò.

«Se ci hanno messo alle calcagna un segugio, dovrebbe essere più abile dei più abili uomini di Estcarp, e non lo credo. Perciò muoviamoci, prima di dare nell’occhio. La pista conduce sempre ad est?»

Il dolore sordo nella testa di Simon affluiva e defluiva; poteva servirsene, stranamente, come di una guida. Poi una fitta particolarmente acuta lo condusse all’imboccatura di un vicolo tortuoso. Era fiancheggiato da muri ciechi, e le poche finestre che vi si affacciavano erano buie e chiuse da tende.

Affrettarono il passo, e Simon lanciò un’occhiata ad ogni finestra, temendo di scorgervi un volto. Poi scorse la porta della visione. Si fermò, ansimando un poco, non per la fatica ma per il tumulto interiore. Alzò il pugno e bussò.

Non ebbe risposta, e si sentì assurdamente deluso. Poi spinse, e sentì che la porta doveva essere bloccata da una sbarra.

«Sei sicuro che sia qui?» chiese Koris.

«Sì!» Non c’era un chiavistello esterno che Simon potesse forzare. Eppure ciò che cercava, ciò che l’aveva portato fin là, stava dall’altra parte.

Koris arretrò di qualche passo, misurando con gli occhi l’altezza del muro.

«Se fosse più buio potremmo scavalcarlo. Ma adesso verremmo notati.»

Simon abbandonò ogni prudenza e bussò con violenza, come se percuotesse un tamburo. Koris gli afferrò il braccio.

«Vuoi attirare qui tutte le compagnie del Duca? Andiamo in una taverna, e torniamo al cader della notte.»

«Non ce n’è bisogno.»

Koris sollevò l’ascia dalla spalla. Simon si portò la mano sul lanciadardi. La porta si socchiuse e una voce bassa ed atona giunse fino a loro.

Tra il legno della porta ed i mattoni del muro stava un giovane. Era molto più piccolo di Simon, addirittura più di Koris, e molto snello. La parte superiore del volto era nascosta dalla visiera di un elmo, e portava un usbergo di maglia senza l’emblema di un signore.

Guardò prima Simon, poi il Capitano; la vista di Koris, stranamente, parve rassicurarlo, perché arretrò ed accennò loro di entrare. Si trovarono in un giardino, con gli steli fragili dei fiori uccisi dall’inverno disposti in aiuole ordinate, e passarono oltre una fontana asciutta, segnata da un bordo di antica schiuma, dove un uccello di pietra con il becco spezzato cercava all’infinito la propria immagine nell’acqua che non c’era più.

C’era un’altra porta, che conduceva all’interno della casa; e là il torrente di luce era come uno striscione di benvenuto. Il giovane passò in mezzo a loro, correndo, dopo aver sbarrato la porta del giardino. Ma sulla soglia c’era qualcun altro che fece loro segno di entrare.

Simon aveva visto quella donna vestita di stracci, mentre fuggiva davanti a una muta di segugi. E l’aveva vista nel consiglio, avvolta nelle vesti austere del suo ordine. Aveva cavalcato al suo fianco, quando lei era partita insieme alle Guardie, chiusa nell’armatura. Adesso era abbigliata d’oro e di scarlatto, con anelli alle dita e una reticella ingemmata che racchiudeva i capelli corti.

«Simon!» Non gli tese le mani, non gli rivolse altro saluto che quel nome, e tuttavia Tregarth si sentì riscaldare e rasserenare. «E Koris.» Rise, dolcemente, come invitandoli a partecipare ad uno scherzo, e si rivolse a loro con la profonda reverenza d’una dama di corte. «Siete venuti, signori, a consultare la Donna Saggia di Kars?»

Koris appoggiò l’ascia sul pavimento e lasciò cadere le sacche da sella che teneva gettate sulle ampie spalle.

«Siamo accorsi al suo richiamo, o meglio al richiamo che hai inviato a Simon. E quel che faremo qui spetta a te deciderlo. Tuttavia, è bello sapere che sei sana e salva, signora.»

Simon si limitò ad annuire. Ancora una volta, non riusciva a trovare le parole adatte per esprimere sensazioni che preferiva non definire.