"Un cantico per Leibowitz" - читать интересную книгу автора (Miller Walter M.)

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Un po' sconvolto dalla commozione che si era sparsa nell'abbazia, frate Francis ritornò quello stesso giorno nel deserto, per completare la sua Vigilia quaresimale in una solitudine piuttosto desolata. Aveva previsto che le reliquie avrebbero destato un po' di eccitazione, ma l'eccessivo interesse che tutti dimostravano per il vecchio pellegrino lo sorprendeva. Francis aveva parlato del vecchio soltanto per la parte che quello aveva avuto, per caso o per disegno della Provvidenza, nel ritrovamento della cripta e delle reliquie. Il pellegrino era soltanto un ingrediente minore, per quanto riguardava Francis, in un disegno superiore al cui centro stavano le reliquie di un santo. Ma i suoi confratelli novizi avevano dimostrato un interesse maggiore per il pellegrino che per le reliquie, e persino l'abate lo aveva convocato non per interrogarlo sulla cassetta, ma per chiedere particolari sul conto del vecchio. Gli avevano rivolto centinaia di domande sul pellegrino, domande cui sapeva rispondere soltanto: «Non l'ho notato», oppure «Non stavo guardandolo, in quel momento», oppure «Non ricordo se lo ha detto»: e alcune delle domande erano piuttosto bizzarre. Quindi interrogò se stesso: "Avrei dovuto notarlo? Sono stato sciocco a non osservare ciò che faceva? Non prestavo abbastanza attenzione a ciò che diceva? Mi è sfuggito qualcosa di importante perché ero stordito?"

Rimuginò nell'oscurità mentre i lupi si aggiravano attorno al suo nuovo accampamento e riempivano le notti dei loro ululati. Si accorse di meditare durante certi momenti del giorno che dovevano essere dedicati alle preghiere e agli esercizi spirituali della vigilia di vocazione; e lo confessò al Priore Cheroki la prima volta che il prete si presentò, durante il suo giro di visite domenicali.

— Non dovresti permettere che le romantiche immaginazioni degli altri ti turbino; hai già abbastanza guai con la tua immaginazione — gli disse il prete, dopo averlo rimproverato per aver trascurato gli esercizi e le preghiere. — Quelli non escogitano domande del genere sulla base di ciò che potrebbe essere vero; le elaborano sulla base di ciò che potrebbe essere sensazionale, se per caso fosse vero. È ridicolo! Posso dirti che il Reverendo Padre Abate ha ordinato a tutti i novizi di lasciar cadere l'argomento. — Dopo un attimo aggiunse, sfortunatamente: — Non c'era proprio nulla, in quell'uomo, che potesse far pensare al soprannaturale… vero? — con una sola, lievissima inflessione di speranzosa interrogazione nella voce.

Anche frate Francis cominciò a chiederselo. Se c'era stato qualcosa che poteva far pensare al soprannaturale, non l'aveva notato. Ma, giudicando dal numero di domande cui non sapeva rispondere, in verità non aveva notato molte cose. La profusione delle domande gli aveva dato l'impressione che la sua pochezza nell'osservare fosse stata, in un certo senso, colpevole. Era grato al pellegrino, poiché grazie a lui aveva scoperto il rifugio.

Ma non aveva interpretato gli eventi interamente in termini del proprio interesse, spinto dal desiderio di trovare qualche prova che la sua vocazione per le fatiche del monastero era nata non tanto dalla sua spontanea volontà quanto dalla grazia che dava forza a tale volontà, senza tuttavia costringerla, dirigendola verso la scelta. Forse gli eventi avevano un significato più vasto che gli era sfuggito, poiché se ne era lasciato assorbire totalmente.

Cosa ne pensi della tua esecrabile vanità?

"La mia esecrabile vanità è del tutto simile a quella del gatto delle favole, che studiava ornitologia, Monsignore."

Il suo desiderio di professare i suoi voti definitivi e perpetui non era forse simile al movente del gatto che era diventato ornitologo?… in modo di poter glorificare la propria ornitofagia, mangiando esotericamente Penthestes atricapillus senza mangiare mai cingallegre. Poiché, come il gatto era chiamato dalla Natura ad essere ornitofago, così Francis era chiamato dalla sua stessa natura a divorare famelicamente la conoscenza che poteva essere insegnata in quei tempi e, poiché non c'erano altre scuole se non le scuole monastiche, aveva indossato dapprima l'abito di postulante e poi quello di novizio. Ma sospettare che Dio, come la Natura, lo avesse chiamato a diventare un monaco professo dell'Ordine?

Che altro poteva fare? Non poteva ritornare alla sua terra natale, lo Utah. Da bambino era stato venduto a uno sciamano, che l'avrebbe istruito per farsene un servo e un accolito. Poiché era fuggito, non poteva ritornare, se non per affrontare la terribile "giustizia" tribale. Aveva rubato una proprietà dello sciamano (la sua persona) e mentre il furto era una professione onorevole nello Utah, farsi cogliere in fallo era un reato capitale quando la vittima del furto era lo stregone della tribù. E non gli sarebbe neppure piaciuto ritornare alla vita relativamente primitiva di un popolo di pastori analfabeti, dopo i suoi studi all'abbazia.

Ma che altro? Il continente era scarsamente popolato. Pensò alla mappa appesa a una parete della biblioteca dell'abbazia, alla distribuzione sparsa delle aree tratteggiate, che erano regioni, se non di civiltà, almeno di ordine civile, dove regnava una specie di sovranità legittima che trascendeva la concezione tribale. Il resto del continente era popolato scarsamente dai popoli della foresta e della pianura, che in maggioranza non erano selvaggi, ma gente liberamente organizzata in piccole comunità, qua e là, che viveva di caccia, del raccolto dei prodotti spontanei della terra e di una agricoltura primitiva: il loro tasso di natalità era a malapena sufficiente (se non si contavano le nascite di mostri e di anormali) per mantenere costante il numero della popolazione. Le principali industrie del continente, a eccezione di poche regioni costiere, erano la caccia, l'agricoltura, il combattimento e la stregoneria… quest'ultima era l'industria più promettente per un giovane che aveva possibilità di scegliersi una carriera e che aveva in mente, come scopi primari, la massima ricchezza e il massimo prestigio.

L'istruzione che Francis aveva ricevuto all'abbazia non aveva nessun valore pratico in un mondo buio, ignorante, che viveva giorno per giorno, in cui la cultura non esisteva e in cui un giovane letterato non era di alcun valore per una comunità, a meno che non sapesse anche coltivare la terra, combattere, cacciare o mostrare qualche speciale attitudine per il furto intertribale e per la rabdomanzia dell'acqua o del metallo lavorabile. Persino nei rari domini in cui esisteva una forma di ordine civile, la cultura di Francis non gli sarebbe stata di molto aiuto, se doveva vivere al di fuori della Chiesa. Era vero che qualche barone di poco conto aveva qualche volta alle sue dipendenze uno scriba o due, ma quei casi erano abbastanza rari da essere trascurabili; e quei posti erano occupati altrettanto spesso da monaci quanto da laici istruiti in un monastero.

L'unica richiesta di scribi e segretari era creata dalla stessa Chiesa, la cui tenue rete gerarchica si stendeva su tutto il continente, e qualche volta fino a lidi lontanissimi, sebbene i capi delle diocesi lontane fossero virtualmente autorità autonome, soggetti alla Santa Sede in teoria ma di rado in pratica, poiché erano separati da Nuova Roma non tanto da scismi quanto da oceani attraversati molto di rado. Questa organizzazione poteva essere tenuta insieme soltanto da una rete di comunicazioni. La Chiesa era divenuta, per caso e senza nessuna intenzione di diventarlo, l'unico mezzo per trasmettere le notizie da un luogo all'altro, attraverso tutto il continente. Se a nord-est scoppiava una pestilenza, il sud-ovest ne veniva presto informato, come effetto secondario delle storie dette e ridette dai messaggeri della Chiesa, che andavano e venivano da Nuova Roma.

Se l'infiltrazione dei nomadi nel lontano nord-ovest minacciava una diocesi cristiana, ben presto a sud e a est veniva letta dai pulpiti una enciclica che avvertiva della minaccia ed estendeva l'apostolica benedizione agli "uomini di ogni condizione sociale, che fossero abili nell'uso delle armi, che avessero i mezzi di compiere il viaggio, fossero piamente disposti a farlo, per giurare fedeltà al Nostro diletto figlio, N., legittima autorità di quel luogo, per il periodo di tempo che possa sembrare necessario per il mantenimento di guarnigioni in difesa dei Cristiani contro la minacciosa orda di infedeli, la cui spietata ferocia è nota a molti e che, con Nostro profondissimo dolore, torturarono, assassinarono e divorarono quei sacerdoti di Dio che Noi mandammo fra loro a portare la Parola divina, affinché entrassero come agnelli nel grembo dell'Agnello, del cui gregge Noi siamo il Pastore sulla Terra: perché, mentre Noi non abbiamo mai disperato né cessato di pregare che quei nomadi figli delle tenebre possano essere condotti alla Luce e introdotti in pace nel Nostro regno (perché non è da pensare che gli stranieri pacifici debbano essere respinti da una terra così vasta e deserta: no, essi sarebbero i benvenuti se venissero in pace, anche se fossero estranei alla Chiesa Visibile e al suo Divino Fondatore, purché obbedissero alla Legge Naturale che è scritta nel cuore di tutti gli uomini, legandoli in ispirito a Cristo, anche se essi ignorano il Suo Nome), è tuttavia opportuno e prudente che la Cristianità, pur pregando per la pace e per la conversione degli infedeli, si accinga alla difesa del nord-ovest, dove le orde selvagge si raccolgono e gli incidenti provocati dalla ferocia degli infedeli sono recentemente aumentati; e su ognuno di voi, dilettissimi figli, che può portare le armi e che si dirigerà a nord-ovest per arruolarsi tra coloro che si preparano giustamente a difendere le loro terre, le loro case e le loro chiese, Noi estendiamo e con la presente concediamo, come pegno del Nostro particolare affetto, l'Apostolica Benedizione."

Francis aveva pensato per un po' di andare a nord-ovest, se non fosse riuscito a trovare una vocazione per l'Ordine. Ma, sebbene fosse forte e abbastanza abile nel maneggiare il coltello e l'arco, era piuttosto basso e non molto robusto, mentre — secondo le voci — gli infedeli erano alti tre metri. Non poteva garantire che quelle voci fossero vere, ma non vedeva alcuna ragione per considerarle false.

Oltre a morire in battaglia, c'erano ben poche cose che poteva pensare di fare della sua vita — ben poche cose che sembrassero degne di essere fatte — se non poteva dedicarla all'Ordine.

La certezza nella sua vocazione non era stata spezzata, ma solo lievemente piegata, dalla bruciante lezione impartitagli dall'abate, e dal pensiero del gatto diventato ornitologo quando la Natura l'aveva chiamato soltanto ad essere un ornitofago. Quel pensiero lo rese abbastanza infelice da permettergli di lasciarsi sopraffare dalla tentazione, così che, la Domenica delle Palme, il Priore Cheroki udì da Francis (o dal suo residuo disseccato e bruciato dal sole, in cui l'anima di Francis era rimasta in qualche modo incapsulata) pochi brevi gracidii che costituivano ciò che era probabilmente la confessione più succinta che Francis avesse mai fatto o che Cheroki avesse mai udito:

— Beneditemi, Padre, ho mangiato una lucertola.

Il Priore Cheroki, che era stato per molti anni il confessore di penitenti che praticavano il digiuno, scoprì che l'ambiente gli aveva dato, come al becchino delle favole, una particolare e tranquilla disinvoltura, così che rispose con perfetta equanimità, senza batter ciglio: — Era giorno di astinenza, ed è stata artificialmente preparata?


La Settimana Santa sarebbe stata meno solitaria delle precedenti settimane di Quaresima, se gli eremiti non fossero stati ormai ridotti in tali condizioni da non provarne più alcun interesse; perché in parte la liturgia della Passione veniva portata fuori dalle mura dell'abbazia per toccare i penitenti nei loro eremitaggi: due volte fu portata l'Eucarestia, e il Giovedì Santo fu l'abate a fare personalmente il giro, accompagnato da Cheroki e da tredici monaci, per compiere il Mandato ad ogni eremitaggio. Le vesti dell'Abate Arkos erano nascoste sotto una tonaca da frate, e il leone riuscì quasi a sembrare un umile gattino mentre si inginocchiava e lavava e baciava i piedi dei sui sudditi digiunanti con la massima economia di movimenti e con la minima retorica, mentre gli altri cantavano le antifone.

— Mandatum novum do vobis: ut diligatis invicem.

Il Venerdì Santo la Processione della Croce portò un crocifisso velato, fermandosi a ogni eremitaggio per svelarlo gradualmente davanti al penitente, sollevando il drappo un centimetro dopo l'altro per l'Adorazione, mentre i monaci cantavano i Rimproveri:

— O mio popolo, che ti ho fatto? O in quale tempo ti ho afflitto? Rispondi… Io ti ho esaltato con il potere della virtù; e tu mi hai appeso al patibolo della croce…

E poi, il Sabato Santo.

I monaci riportarono i novizi all'abbazia uno alla volta… affamati e deliranti. Francis era di 15 chili più leggero e immensamente più debole di quanto lo fosse stato il Mercoledì delle Ceneri. Quando lo misero in piedi nella sua cella, barcollò, e prima di raggiungere la branda, cadde. I fratelli ve lo deposero, lo lavarono, lo rasarono, e unsero la sua pelle screpolata, mentre Francis balbettava in delirio, parlando di qualcosa avvolta in un telo di sacco e alla quale si indirizzava talvolta come a un angelo e talvolta come a un santo, invocando spesso il nome di Leibowitz e cercando di scusarsi.

I suoi confratelli, cui l'abate aveva proibito di parlare di quell'argomento, si limitarono a scambiarsi occhiate significative e cenni misteriosi.

Qualche rapporto filtrò fino all'abate.

— Conducetelo qui — brontolò a un archivista, non appena seppe che Francis era in grado di camminare. Il suo tono mise le ali ai piedi all'archivista.

— Neghi di aver detto queste cose? — grugnì Arkos.

— Non ricordo di averle dette, Monsignor Abate — disse il novizio, sogguardando il righello dell'abate. — Può darsi che delirassi…

— Assumendo che tu delirassi… le ripeteresti, adesso?

— Dovrei dire che il pellegrino era il Beato? Oh, no, Magister meus!

— E allora afferma il contrario.

— Non penso che il pellegrino fosse il Beato.

— Perché non dici chiaro: non lo era?

— Ecco, non avendo mai visto personalmente il Beato Leibowitz, io non vorrei…

— Basta! — ordinò l'abate. — È troppo! Non voglio più vederti o sentirti per molto, molto tempo! Fuori! Un'altra cosa… non aspettarti di professare i voti con gli altri, quest'anno. Non ne avrai il permesso.

Per Francis fu come se un tronco l'avesse colpito allo stomaco.