"Demon" - читать интересную книгу автора (Varley John)CINQUELuther incedeva minacciosamente lungo i pontili di Bellinzona, deserti come le strade polverose di quella cittadina del Far West dov'è ambientato Mezzogiorno di Fuoco, con Gary Cooper. Può anche darsi che la sua mente avesse colto il nesso, dato che lui quel film l'aveva visto di recente a Pandemonio. Luther non assomigliava a Gary Cooper. Aveva piuttosto l'aspetto del mostro di Frankenstein dopo tre giorni di baldoria alcolica e un disastroso incidente d'auto. Gran parte del lato sinistro della sua faccia se n'era andato, mettendo a nudo Un pezzo di mascella e un rovinìo di denti frantumati, una sezione di mastoide, e una cavità oculare vacante. Brandelli di verdognolo tessuto cerebrale facevano capolino da una frastagliata fenditura del cranio, dando l'idea che il contenuto del medesimo, fuoriuscito dalla crepa, fosse stato ricacciato dentro alla rinfusa. L'occhio superstite era una fossa tenebrosa in un mare scarlatto, fiammeggiante di legittimo furore. Il suo collo era cinto di suture; non cicatrici, ma veri e propri tratti di filo spesso che gli trapassavano la pelle. A tirarli via, la testa gli si sarebbe staccata dal corpo. La sua intera figura, tranne le mani, era paludata d'una lercia tonaca nera. Le mani recavano piaghe trasudanti sangue e pus. Una delle gambe era più corta dell'altra. Non si trattava di una deformità, ma di un banale problema tecnico: in passato quella gamba era appartenuta a una monaca. Tale circostanza non rallentava il suo passo. Non c'era bisogno di nascondersi, e Luther non tentava di farlo. E poi, bene che andasse, lui e la sua banda assai difficilmente avrebbero potuto passare inosservati. Già Luther non rappresentava una gioia per il naso, ma l'aroma dei suoi Apostoli poteva tramortire un porco a cinquanta passi. Persino gli umani, col loro atrofizzato senso dell'olfatto, erano solitamente in grado d'individuare Luther ben prima ch'egli facesse la sua comparsa. Avrebbe talvolta potuto sortire effetto un'avanzata sottovento, ma negli ultimi tempi gli abitanti di Bellinzona parevano avere sviluppato una sorta di sesto senso, nei confronti dei Preti. I suoi dodici Apostoli si trascinavano innanzi rimanendogli alle costole. Paragonato a loro, Luther poteva dirsi un fiore di beltà. Quelli non erano altro che zombi, ma Luther era stato un tempo il Pastore Arthur Lundquist della Chiesa Luterana Unificata d'America, sezione di Urbana, Illinois. Urbana era andata distrutta parecchi anni prima, e così pure il Pastore Lundquist, grossomodo. Pezzetti e porzioni del lui attuale avevano in precedenza fatto parte integrante d'altri individui: Gea assemblava i suoi Preti con quel che si ritrovava a portata di mano. Ma di tanto in tanto un fortuito pensiero di casa gli traversava il cervello ottenebrato, un ricordo di una moglie e due figli. Quel pensiero lo tormentava, rendendolo ancor più zelante nella sua opera di evangelizzazione. A traversargli il cervello provvedevano inoltre le correnti d'aria, in virtù del colpo d'arma da fuoco che gli aveva regalato il suo inconfondibile sorriso e un eloquio così particolare. Quello pure era un motivo di sofferenza. Avanzava egli dunque risolutamente lungo il confine della fascia mortale che preludeva al quartiere delle Libere Femmine. I suoi occhi scandagliavano le fortificazioni antistanti. Non individuò anima viva, ma sapeva che esse erano lì acquattate a sorvegliare ogni sua mossa. A un certo punto si fermò, in atto provocatorio e sprezzante, con le mani sui fianchi. — Nemiche di Dio! — gridò, o almeno tentò di farlo. Mancandogli la guancia sinistra, trovava difficoltà ad articolare i suoni che richiedono il concorso delle labbra. Nemiche, ad esempio, detto da lui suonava come "neuìche". — Io sciono Luther! Sciono qvi in uissione di Dio! Sibilò una freccia in traiettoria radente andandolo a colpire in pieno petto. Penetrò completamente, lasciando fuori soltanto le alette piumate. Luther non si prese neppure il disturbo di fare una pausa, né si tolse le mani dai fianchi. Una Libera Femmina corse fuori dirigendosi verso il ponte, con in mano una torcia accesa. La scagliò sull'olio che era stato strategicamente versato sin dalle prime voci sulla presenza della banda di Luther a Bellinzona. Fra Luther e il Quartiere si dispiegò repentina una parete fiammeggiante, che incominciò ad attaccare il ponte. La donna si riprecipitò al riparo. — Un vanvìno fu fortato in qvesto luogo uolti… farecchi riv orsciono. Dio ha visogno di qvesto vanvìno. Dio sciarà venevolo a colei che sci dirà dove sci trova qvesto vanvìno. Venite avanti, venite avanti a riscevere la grascia di Dio! Nessuno si precipitò a ricevere alcuna grazia. Luther se l'era aspettato, ma il fatto lo imbestialì ugualmente. Incominciò a urlare. Gridò oscenità verso il ponte in fiamme, corse attorno in vorticosi cerchi e pestò ripetutamente con la gamba più lunga sul tavolato della banchina. Ben presto dall'occhio prese a colargli sangue, e un misto di bava e muco nerastro spurgò dal fianco sventrato della sua faccia. Il davanti della tonaca gli si scurì all'altezza delle anche. Il potere era in lui, il potere andava crescendo. Si gettò in ginocchio, tese le braccia al cielo, e incominciò a cantare. Verso dopo verso, lo stonato Prete berciò il suo inno in un tono di basso spezzato e sibilante, mugolando quando non rammentava le parole. Non erano le parole che contavano, comunque, ma il Potere, ed egli lo sentiva su di sé come rare volte gli era avvenuto dopo la resurrezione. Inginocchiato lì a braccia levate, ricordò i giorni in cui aveva pronunziato i suoi sermoni dal pulpito. Era stato un predicatore travolgente, a quei tempi, ma nulla in confronto alla sua forza attuale. Dio sarebbe stato orgoglioso di lui. Alle sue spalle, persino gli zombi verminosi apparivano scossi. Si lamentavano come se cercassero anch'essi di cantare, le lingue pendule fuori delle bocche orribili che si agitavano flosce al ritmo dei corpi ondeggianti. Ed ecco infine una Libera Femmina ergersi isolata fuori del suo riparo e gettar via l'arma. Il suo sorriso era un rictus scomposto, i suoi occhi lucidi e vacui come quelli di una demente. Le Libere Femmine urlavano. Lo stavano facendo sin da quando Luther aveva dato inizio al suo abominevole inno, e adesso raddoppiarono i loro sforzi. Non gridavano di paura — sebbene fossero terrorizzate sin nel più profondo dell'animo — ma per un fine tattico, nel tentativo di soverchiare il Potere. Era uno stupefacente gorgheggio a più voci, alla maniera delle donne arabe nel trionfo e nel lutto. Molte di loro, per proteggersi, s'erano tappate le orecchie con il cotone o la cera, come i marinai di Ulisse. Luther ne gongolava, sapendo trattarsi di un errore. Con le orecchie otturate erano ancora più vulnerabili, poiché non potevano udire il grido comune, il canto di solidarietà che costituiva l'unica vera difesa contro Luther e quelli della sua specie. La donna avanzò. Una freccia la seguì, ma la mano che l'aveva lasciata andare aveva tremato troppo perché il dardo arrivasse a segno. Fallì il bersaglio, e così pure un secondo strale. Il terzo le affondò nella schiena. La donna ebbe un fremito violento, ma continuò a camminare. Le sue compagne non stavano cercando di ucciderla perché la disprezzassero o la ritenessero una traditrice. Sapevano troppo bene quanto il Potere di Luther potesse ottenebrare le loro menti. Volevano ucciderla perché la morte era una misericordiosa alternativa. S'immerse tra le fiamme. Fu raggiunta da altre due frecce. Cadde a terra carponi, i capelli le s'incenerirono come paglia secca. Continuò a trascinarsi, mentre la sua pelle si carbonizzava. Con uno sforzo terribile si rimise in piedi, sorda, cieca, e un'asse di legno fiammeggiante si spezzò sotto il suo peso. Cadde in avanti, e ruzzolò dal ponte precipitando in acqua. Luther interruppe il canto e si rialzò. Osservò ghignando una mezza dozzina di Libere Femmine precipitarsi fuori dai loro nascondigli e correre verso il ponte, schermandosi il volto dal calore dell'incendio e dalla spaventosa presenza di lui. Parecchie di loro gli fecero le corna, il che lo divertì ancor di più. Credevano davvero che puntargli contro il mignolo e l'indice bastasse a proteggerle? Afferrarono con una fune il corpo della compagna e lo tirarono sul pontile. Era ancora viva, ma ormai si trattava di un fatto secondario. Se fosse stata morta, essi avrebbero cercato d'impadronirsene con determinazione anche maggiore. Ora invece lei poteva morire e avere la possibilità di rimanere morta. — Dio vi funirà — gridò Luther, poi si volse a fronteggiare le sue truppe. — Andrea! Giovanni! Taddeo! Fil… Giuda! — Cinque zombi si fecero avanti, compreso Filippo, che nella sua confusa consapevolezza non era comunque stato capace di decidere per certo se il capo avesse convocato pure lui. Luther lo congedò con un gesto impaziente. Chiamava sempre i soliti quattro, quando doveva affidare qualche compito, e il motivo era assai semplice. Gli altri otto portavano nomi contenenti qualche b, qualche m o qualche p. I nomi di due terzi dei suoi discepoli rappresentavano, per Luther, impronunziabili scioglilingua. — Avansciate contro gl'infedeli! — ordinò loro. — Svaragliate i feccatori! Luther li guardò avanzare tra le fiamme. Sarebbero rimasti distrutti, certo, ma non prima di aver fatto qualche danno. Erano già irti di frecce, ma non se ne curavano minimamente, così come ignoravano il fatto che stavano bruciando. Siccome erano già morti, ciò non aveva alcuna importanza. L'ex Pastore Lundquist distolse gli occhi dalla scena. Egli non poteva più provare dolore, né qualcosa che si apparentasse al dubbio, tuttavia s'insinuava in lui talvolta una sensazione che lo faceva brancolare nel buio come solo un uomo reso cieco e sordo e al quale siano stati amputati tutti e quattro gli arti potrebbe brancolare. Innanzitutto lo irritava veder Giuda avviarsi alla distruzione. Questo era forse il ventesimo "Giuda" che perdeva. Qualcosa lo induceva a sceglier sempre, per la parte di Giuda, la recluta più grossa, più forte e meno putrefatta. Ne ignorava il motivo. E poi un'altra questione. Per quanto si lambiccasse, non riusciva a evocare nemmeno il più vago ricordo di cosa fosse un Tessalonicese. Fu l'abitudine a condurre Luther fuori città sul sentiero che portava nelle vicinanze del vecchio cimitero. Ma non si aspettava di trovar nulla. E invece ebbe fortuna. Trovò ben sei pire funerarie in attesa di essere incendiate, e si accorse che in un punto il terreno era stato smosso di recente. L'arrivo di Luther doveva avere spaventato e messo in fuga i becchini prima che potessero dar fuoco ai cadaveri. E non poteva anche darsi che qualcuno fosse stato addirittura sepolto? Le due realtà su cui a Bellinzona quasi tutti si trovavano d'accordo, erano la mòrte e la follia. I pazzi venivano lasciati cuocere nel loro brodo finché non diventavano violenti. E i morti venivano immediatamente cremati. Di fronte alla morte s'imponeva la necessità di una tregua, ed era in tale circostanza che faceva la sua apparizione l'unico esempio di spirito sociale che Bellinzona avesse mai conosciuto. Tutti collaboravano al trasporto dei cadaveri al cimitero, ove essi venivano distrutti secondo un rituale derivato dalle analoghe cerimonie indù. Un tempo le cose erano andate diversamente. In una città nella quale il novanta per cento della popolazione non aveva parenti, i corpi dei defunti venivano semplicemente ignorati. E potevano rimanere a decomporsi per giorni e giorni, prima che qualcuno si nauseasse al punto di affibbiargli un calcio per buttarli ad affondare nelle acque del lago. Ma poi i corpi incominciarono a rialzarsi, e ad arrampicarsi su per le fiancate delle barche, e ad appostarsi negli angoli bui. A quel punto intervennero i Vigilanti e le Libere Femmine organizzando un servizio di sepoltura. Anche l'inumazione non si dimostrò molto efficace. I morti si scavavano un varco nel terreno e riemergevano dalle tombe. Unica soluzione sicura rimaneva dunque la cremazione. — Ferò c'è da ascendere il fuoco — ridacchiò Luther. — Fortàteui i corfi — disse ai rimanenti Apostoli. Bartolomeo e Simon Pietro rasparono nel terriccio e ne trassero fuori i resti di una salma fatta a pezzi. Qualcuno aveva pensato bene di adottare una variante al sistema, però Luther la sapeva più lunga di loro. Neanche questo travalicava le facoltà di un Dio onnipotente. I cadaveri erano abbastanza freschi, con una sola eccezione databile a un paio di giorni. Uno era avvolto in un sudario bianco: evidentemente un ricco, dato il costo della stoffa a Bellinzona. Gli altri erano nudi. Luther squarciò il tessuto sopra il viso del ricco, e decise all'istante che quello sarebbe stato Giuda Iscariota. Indusse in se stesso uno stato di minore esaltazione. E il canto che innalzò non era niente in confronto all'altisonante inno sacro ch'egli aveva intonato a beneficio delle Libere Femmine; la resurrezione era una semplice operazione di routine, come distribuire le ostie benedette. Quando fu nell'adatta condizione s'inginocchiò, e baciò ciascun paio di labbra gelide. Dovette attendere mentre Pietro rimetteva un po' insieme i pezzi dell'ultimo cadavere. In pochi minuti cominciarono ad aprire gli occhi. Gli Apostoli li aiutarono a rimettersi in piedi, mentre Luther li esaminava con l'occhio clinico di un sergente maggiore. Quella femmina nera poteva essere Taddeo, decise. E il cinese avrebbe incarnato un buon Giovanni. Egli assegnava i nomi senza tener conto del sesso. Tanto, in capo a qualche settimana, non avrebbe più fatto alcuna differenza. I sette nuovi zombi erano deboli e vacillanti. Gli ci sarebbero voluti dieci o venti riv, prima di ritrovarsi in piena forma. A quello smembrato sarebbe occorso anche di più. Luther l'avrebbe condotto nella foresta e lasciato in compagnia degli altri due che non gli servivano, tanto alla fine si sarebbero spontaneamente incamminati verso Pandemonio. Luther viaggiava sempre ed esclusivamente con i suoi Dodici. Inginocchiato sulla riva del fiume, Luther pregava. Bene, male… non c'era mica poi tanta differenza. Luther era capace di provare odio, collera e un'estasi religiosa assai simile all'odio e alla collera messi insieme. La circostanza in cui più si avvicinava a sentirsi bene, nel senso che sarebbe stato familiare ad Arthur Lundquist, si verificava quando egli comunicava col suo Dio. Quando pregava. Non lo faceva spesso. Dio era una Donna molto indaffarata, e non gradiva che la si infastidisse per delle inezie. Il semplice fatto di non ricevere la Sua risposta era già abbastanza umiliante. Beccarsi un Suo rimprovero poteva voler dire farsi spiaccicare a terra come un insetto. Ma oggi Lei ascoltava, e rispondeva. Ora Luther sapeva dov'era il bambino. Si rialzò, riunì la truppa, impartì gli ordini di marcia. Sperava solo che quella figlia di puttana di Kali non arrivasse a Tuxedo Junction prima di lui. |
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