"Demon" - читать интересную книгу автора (Varley John)

NOVE

Rocky e Valiha si trovavano a due chilometri da Tuxedo Junction, in uno dei pochi tratti di terreno aperto e pianeggiante disponibili in quella zona, impegnati a tirare un aratro alla maniera degli animali da traino che essi, nel modo più assoluto, non erano. Il paragone non li avrebbe infastiditi. Un agricoltore titanide usa precedere il vomere invece di seguirlo, tutto qui.

I titanidi sono infallibilmente onesti e leali, e possiedono un incrollabile senso dell'equità. Pagano sempre i loro debiti. Non si sognerebbero mai di accettare vitto o alloggio senza dare qualcosa in cambio. E sanno benissimo come conciliare il pagamento di un debito col rispetto di un legittimo interesse personale.

A Rocky e Valiha piaceva visitare Tuxedo Junction, stare in compagnia di Chris nel suo fantastico nido d'aquila, e mangiar bene. C'erano alcuni prodotti del suolo che non riuscivano ad attecchire nella giungla geana, e crescevano rigogliosamente solo alla luce, in pianura, e lontano da antagonisti vegetali. Ecco quindi la necessità dell'aratura. Chris non avrebbe potuto occuparsene da sé, ma disponendo di ampio terreno dissodato era in grado di ottenere più abbondanti raccolti e d'imbandire una tavola più ricca. E i conti tornavano a puntino per tutti.

Avevano lavorato circa un ettaro. Rocky si godeva il profumo esalante dal terreno appena rimosso. Era bello mettere in gioco le proprie energie, sentire gli zoccoli che penetravano nel suolo, udire il cigolìo dei finimenti, vedere il ricco terriccio marrone fumare del calore endogeno di Gea. Era bello strofinare il proprio fianco contro quello di Valiha. Il giallo era sempre stato il suo colore preferito, e gialli erano appunto i Madrigali.

La conosceva da poco. In effetti aveva sentito parlare di lei sin da quando era nato, poiché Valiha aveva compiuto quella terribile spedizione insieme al Capitano, famosa in leggende e canzoni. E conosceva suo figlio Serpentone già da molti miriariv. Ma aveva incominciato a stringere amicizia con Valiha solo da circa sette chiloriv.

Nel corso dell'ultimo chiloriv se n'era innamorato. Ciò lo aveva sorpreso. Anche i titanidi, al pari della specie intelligente cui maggiormente si apparentano, possono avere le loro stravaganze, e Rocky nutriva, nei confronti degli Assoli Eolii, un preconcetto che lo induceva a non amarli. Sapeva bene che si trattava di un sentimento irrazionale, in quanto l'egoismo di voler generare una propria copia geneticamente identica, senza l'intervento di alcun altro titanide, era un atteggiamento che riguardava unicamente la genitrice dell'Assolo. Sua figlia, così come qualunque altro bambino, sarebbe nata scevra di colpe… purtuttavia, trattandosi di una copia, poteva anche essere logico supporre che avrebbe condiviso l'egoismo della madre.

Valiha era un Assolo Eolio.

Giunsero al termine di un solco. Si sentivano entrambi gradevolmente sudati, e un poco stanchi. Valiha mise mano alle fibbie dei suoi finimenti, e Rocky fece altrettanto. Si liberarono dall'aratro, e Valiha trotterellò qualche passo avanti, poi si volse a coda eretta e tornò a fermarsi accanto a Rocky, orientata dalla parte opposta rispetto a lui. Si chinò, allungandogli una mano sotto il ventre a comprimere il rigonfiamento carneo che inguainava il suo pene posteriore.

— Sono arrapata — cantò. — Ti andrebbe una chiavatina?

— Mi pare una buona idea — intonò Rocky di rimando, e le trottò attorno sino a piazzarlesi posteriormente.

Ciò che essi veramente espressero nel loro canto fu assai più di quanto riferito, ma non v'è linguaggio umano in cui si possa agevolmente trasporre il melodioso idioma titanide. La frase di quattro note pronunziata da Valiha suonò peraltro improntata a un tono di rozza immediatezza del quale termini come "chiavatina" e "arrapata" possono rendere un'idea. Anche il modo in cui lei si mosse, tuttavia, faceva parte della sua proposta, e nella sua frase era incluso il concetto che sarebbe stato Rocky a montare lei, e non viceversa. La replica di Rocky, d'altra parte, fu ben più di un semplice assenso. Si potrebbe dire che il breve dialogo e le movenze a esso collegate facevano parte di un cerimoniale rigidamente strutturato.

Valiha divaricò le zampe di dietro e abbassò leggermente il posteriore. Rocky alzò le zampe anteriori posandogliele delicatamente sul dorso, le si mise a cavalcioni, la penetrò. Poi l'abbracciò all'altezza del torace, e lei tese le braccia all'indietro afferrandogli saldamente le zampe anteriori. Valiha arrovesciò la testa verso di lui e si baciarono, copulando quindi gioiosamente appassionatamente vigorosamente per due buoni minuti sino a raggiungere gli attesi orgasmi posteriori: i quali, per motivi profondamente legati alla neurofisiologia titanide, avvengono sempre contemporaneamente. Rocky rimase in posizione ancora per qualche attimo, con le mammelle che premevano forte contro la possente schiena di Valiha, poi arretrando ridiscese.

Lei gli domandò se poteva rendergli il servizio, ma egli declinò l'offerta; non però in quanto non desiderasse venir montato, cosa che invece gradiva assai, bensì a causa di serie e intime motivazioni che gli occupavano i pensieri.

S'impennò dunque dinnanzi a lei levando alte le zampe anteriori e andò a fermarlesi di fronte, alla distanza di pochi centimetri. Valiha gli sorrise, gli pose un braccio su una spalla e volse leggermente la testa per baciarlo, poi si accorse della sua erezione frontale. Parve sbigottita, tuttavia non si sottrasse.

— Ma signore, io vi conosco appena — cantò in tono cerimonioso.

— Poco tempo è trascorso — riconobbe lui. — Ma un amore impetuoso come il mio talvolta cresce in fretta, alla maniera di coloro-i-quali-incedono-su-due-gambe. S'ella si degnasse di consentire, ardirei proporre un'unione, alla mia signora.

— Cantatemelo, adunque.

— Un trio. Con me come retromadre. Non ricordo se mi avvenne di accennarvi, però mai mi toccò in sorte tale ruolo.

— Siete giovane ancora.

— Non lo nego.

— Mixolidio?

— Lidio. Con Serpentone in qualità di retropadre.

Lei chinò lo sguardo pensierosa.

— Diesis? — cantò.

— Sì.

Ciò che Rocky aveva suggerito era un Trio Lidio Diesis, uno dei più comuni fra i Ventinove Modi. Lui e Valiha avrebbero avuto un rapporto frontale per produrre un uovo semifecondato: Rocky avrebbe fatto da antepadre, Valiha da antemadre. L'uovo sarebbe poi stato attivato da Cirocco Jones, impiantato nel grembo di Rocky e definitivamente fecondato da Serpentone: con Rocky come retromadre, e Serpentone come retropadre.

La osservò ponderare i risvolti della combinazione. La genetica era materia d'istintiva percezione, per i titanidi, come di oscura comprensione per gli umani. Rocky sapeva già che Valiha non avrebbe rilevato pecche, nella sua proposta, sebbene il fatto ch'ella fosse retromadre di Serpentone avrebbe potuto farla apparire un'unione incestuosa, agli occhi di un umano. Ma per i titanidi l'incesto rappresentava un problema genetico solo in alcuni casi limitati, mentre dal punto di vista morale non era un problema affatto.

— È un buon accoppiamento — cantò infine Valiha. — Meriterà attenta considerazione.

— Come la mia signora desidera.

— Purtuttavia, signore… — incominciò Valiha, ma poi ripiegò su uno stile meno cerimonioso. — Accidenti, Rocky, sto incominciando sul serio ad amarti, e tu sei un eccellente compagno, però i tempi in cui viviamo mi danno inquietudine…

— Ti comprendo, Valiha. Il mondo gira dalla parte sbagliata.

— E io non saprei dire se sia opportuno far nascere i nostri figli in un mondo come questo.

— Ma ai tempi della tua retromadre, non eravamo forse in guerra contro gli angeli?

Valiha annuì, e si asciugò una lacrima. Poi si sforzò di sorridere.

— Hai ragione. E Serpentone ne sarà entusiasta. Gliene hai già parlato?

— Nessun'altra creatura mortale condivide il nostro segreto.

— E allora ti prego, tienilo serrato nel tuo cuore sinché il mondo non abbia ruotato mille volte ancora. Poi otterrai da me la risposta che domandi.

Nello scambiarsi l'ennesimo bacio, udirono Serpentone sbucare dalla giungla al gran galoppo. I suoi zoccoli suscitavano fontane di terra mentr'egli attraversava come una saetta il campo arato.

— E dire che vi credevo intenti all'aratura! — cantò. — Mi sentivo così in colpa, tranquillo in casa a cucinare, col solo fardello di quella selvaggia creatura umana, mentre voi due faticavate come umili braccianti. E allora son corso da voi, ma ecco che vi trovo…

Si fermò di colpo, conficcandosi al suolo con tutti e quattro gli zoccoli, e per due lunghi secondi rimase perfettamente immobile. Poi s'impennò sulle zampe posteriori, ruotò completamente su se stesso e riscappò via come il vento sulle proprie orme.

— Zombi! — gridò in inglese, ma a quel punto Rocky e Valiha avevano ormai fiutato anche loro l'inconfondibile sentore, ed erano già in piena corsa.


— Salvi un moccioso, e che cosa te ne viene? — si stava domandando Conal. Diede un'occhiata ad Adam. Un filino di saliva gli colava giù per il mento. — Ti tocca diventare un baby-sitter, ecco che cosa!

Sbadigliò, sprofondandosi più comodo nel divano. Si trovavano in una stanza d'angolo al primo piano dell'edificio principale di Tuxedo Junction, una camera con un sacco di finestre e una bella vista sulla cascata. Nova era da qualche parte al piano di sopra, impegnata in qualcosa che per un poco aveva riempito l'aria di uno strano odore. Qualunque cosa fosse, l'aveva fatta vomitare. In precedenza se n'era andata in giro per tutta la casa, sgusciando qua e là furtiva come una spia. Da più di un'ora, comunque, non s'era risentita.

— Troppo furba, lei, per starsene col suo fratellino — disse ad Adam. Il bimbo lo fissò con aria solenne, poi gli tirò un uovo titanide.

Conal non se la prendeva neanche un po'. Anzi, godeva un mondo a farsi maltrattare da quel marmocchietto.

Tipino in gamba, non c'è che dire. Innanzitutto non era un bercione. E poi sveglio come un aquilotto, e forte come un torello. Fra un anno o giù di lì, non appena si fosse retto bene sulle gambe, magari avrebbe potuto fargli incominciare i pesi. L'ossatura ce l'aveva.

…Senza contare che Conal, in fin dei conti, era proprio fiero che Robin si fidasse di lui al punto da lasciargli il bimbo.

L'aveva sistemato nel mezzo del pavimento, con qualche trastullo ch'era riuscito a racimolare, e Adam sembrava felicissimo di starsene lì seduto a scaraventare in giro i suoi balocchi, per poi avventurarsi gattoni al loro recupero. Prediligeva fra tutti lo scaffalino pieno di vecchie uova titanidi. Sferiche, delle dimensioni di una palla da golf, in policromo assortimento. Erano troppo grandi perché riuscisse a cacciarsele in bocca, sebbene lui ci si mettesse d'impegno, e non si rompevano. In pratica, l'unico difetto che avevano consisteva nella loro tendenza a rotolare sotto i mobili, e Conal aveva ovviato erigendo una barriera di cuscini torno torno al bimbo, per un'ampiezza di quattro metri. Non erano poi troppe quelle che Adam riusciva a scagliare così lontano. Ignudo, zampettava qua e là dentro il suo recinto, cadendo un poco ma senza esagerare, e riscattando su come una molla tutte le volte che gli capitava. Conal vide Adam immobilizzarsi e incominciare a far pipì sul pavimento. Il grande si mise a ridere, al che il piccino si volse goffamente e incominciò a ridere pure lui.

— Ma! — strillò Adam. — Ni-De! Ma!

— Pii-pii — gli fece Conal alzandosi. — Bisogna che impari, signorino. Ripeti, "devo-fare-pii-pii". — Adam rise più forte, esprimendo il suo pieno consenso con grandi cenni della testolina.

Conal andò in bagno a prendere un asciugamano e lo usò a mo' di straccio sul pavimento. Era una scocciatura, ma d'altra parte bisognava aver pazienza. E poi sempre meglio così che i pannolini.

Si rimise a sedere, e i suoi pensieri, non per la prima volta, si rivolsero a Nova. Molto probabilmente era al piano di sopra che dormiva. Un accidente di problema, quella Nova. Davvero un accidente di problema. Come fare? Da che parte incominciare?

Non riusciva a farsi venire in mente nessuna tattica degna di questo nome. All'inizio aveva creduto che lei odiasse allo stesso modo tutti gli esseri viventi. Ultimamente, però, era giunto a nutrire la quasi certezza di occupare, nel cuore di lei, un posto speciale, giusto un gradino al di sotto dei serpenti a sonagli, dei pederasti e delle spirochete. Decisamente sfavorito, come punto di partenza, ma la risolutezza era sempre stata il suo forte.

Non così l'immaginazione, purtroppo. Né l'astuzia. Cirocco gli aveva detto che lui disponeva di un'ammirevole schiettezza, ma che ci voleva un poco per farci l'abitudine.

Quindi, allorché i suoi pensieri si volsero a Nova, non riuscirono a far altro che incanalarsi nel consueto, inattuabile schema. Egli stesso si rendeva conto ch'era un progetto ridicolo, e che sarebbe dovuto per forza intervenire un qualche cambiamento sostanziale, prima che lei incominciasse a considerarlo qualcosa di diverso da un mostro ripugnante… eppure ricadde nella solita, ricorrente fantasticheria. Incominciava con lui che si alzava dal divano e saliva al piano di sopra. Poi bussava alla sua porta. "Avanti!", avrebbe detto Nova. Lui sarebbe entrato, il volto atteggiato a un sorriso seducente. "Volevo solo vedere se avevi bisogno di qualcosa, Nova", avrebbe dichiarato. Poi — non aveva ancora ben definito i particolari di questa fase — si sarebbe trovato seduto sul letto accanto a lei, si sarebbe chinato a baciarla, le labbra di Nova si sarebbero dischiuse…

Nova urlò.

Un urlo spaventoso, raccapricciante, scaturitole dal profondo della gola. Conal s'era inoltrato con tanta partecipazione nei meandri del suo vagheggiamento seduttorio, che per un attimo di confusa perplessità annaspò nel tentativo di formulare le proprie scuse, poi si rese conto che quell'appello straziante veniva dal mondo reale, e sentì il sangue ghiacciarglisi nelle vene.

I suoi piedi toccarono il primo, il nono, l'ultimo scalino, ed egli sfrecciò lungo il corridoio verso la camera di lei.