"Demon" - читать интересную книгу автора (Varley John)DIECINova si risvegliò lentamente, senza rendersi ben conto di cosa l'avesse disturbata. Rimase distesa, aspettando che il rumore si ripetesse, e chiedendosi come mai le era balenato in testa che fuori della sua porta ci fosse Cirocco, in attesa di entrare. Eccolo di nuovo. Un suono raschiante. Ma in quel posto la gente non raspava alle porte, ci picchiava invece sopra con le nocche. E poi non veniva dalla porta, bensì dalla finestra. Si alzò sbadigliando, si diresse con calma alla finestra e si affacciò, guardando in basso. Ciò che vide le sarebbe rimasto per tutta la vita indelebilmente impresso nella memoria. C'era una cosa che si stava arrampicando su per la parete esterna dell'edificio. Ne vide le braccia, che erano fatte d'ossa e di serpenti, e la parte superiore della testa, ricoperta di frammentario tessuto incartapecorito e lunghi rimasugli di capelli. Ma il vero orrore nasceva dalle mani. Scorse chiaramente le nude ossa delle dita, brandelli di carne putrefatta, e fauci spalancate. Ciascun dito terminava con un piccolo rettile cieco provvisto di un'ampia bocca munita di denti acuminati, e quando una mano s'aggrappava alla parete verticale, le serpi azzannavano il legno producendo uno sgranocchio perfettamente udibile. Un appiglio dopo l'altro, la cosa veniva su rapidamente. Nova stava annaspando in cerca della pistola, rendendosi conto in ritardo di non avere indosso alcun indumento, quando la cosa girò la testa verso l'alto. La sua faccia era un teschio. Le cavità oculari un brulichìo di vermi. Nova non si spaventava tanto facilmente. Neppure quella maschera orripilante bastò a farla urlare. Ma poi si volse per andare a prendere l'arma e si trovò faccia a faccia con la seconda cosa, penzolante dal muro accanto alla finestra, a cinquanta centimetri da lei. Nella zona sovraoculare il cranio era ridotto a qualche frastagliato frammento osseo e una ribollente massa di vermi. Si protese ad afferrarla, e lei gridò. L'aveva presa per un polso. Nova si tirò indietro, senza smettere di urlare, mentre i minuscoli serpenti le affondavano i denti nella carne. Poi con uno strattone riuscì a liberarsi. Non ebbe coscienza d'aver traversato la camera. Il tempo pareva trascorrere lentissimo, oppure procedere a balzi inframmezzandosi di brevi lacune. Si ritrovò con la pistola in pugno. La mano le tremava, armeggiando con la sicura. Riuscì finalmente a ruotarla. La seconda cosa stava traversando la stanza puntando diritta verso di lei, e Nova tirò il grilletto ma non udì nulla, perché il sangue le aveva fatto scivolare l'arma di mano, e intanto la cosa continuava ad avvicinarsi. Rotolandosi sul letto andò a rincantucciarsi nello spazio fra quello e il muro, e in quel momento udì che la porta della stanza veniva fatta a pezzi. La pistola doveva essere lì sotto da qualche parte. Dominò l'insopportabile impulso di alzare la testa per dare un'occhiata e continuò a cercare, sentì qualcosa che colpiva qualcos'altro con rumore molliccio, poi un urto violentissimo sul pavimento che parve ripercuotersi nell'intero edificio. Trovò la pistola, la impugnò saldamente con la mano incolume, protese di slancio le braccia sopra il letto puntando l'arma davanti a sé. Conal evitò la morte per un decimo di secondo. L'impulso nervoso era già diretto al dito che Nova premeva contro il grilletto, quand'ella si rese conto che abbrancato all'immonda creatura c'era lui, e riuscì con uno scatto a deviare le mani verso l'alto appena in tempo per mandare il primo proiettile gettopropulso a conficcarsi nella parete, a trenta centimetri dal soffitto. Non c'era modo di tirare un colpo sicuro alla cosa contro cui stava combattendo Conal, ma il secondo mostro appariva adesso inquadrato nel vano della finestra, pronto a entrare, e Nova non esitò a sparargli due pallottole esplosive, una in testa e l'altra nel petto, prendendosi quindi un attimo di pausa per constatare che effetto gli avevano fatto. La testa era esplosa, polverizzata, disintegrata. Il torace avrebbe voluto anche lui volare in briciole, ma gli argentei serpenti che s'intrecciavano fittamente al corpo della cosa erano riusciti in qualche modo a tenerlo insieme. E continuava ad avanzare. Sei vai avanti così un altro poco, pensò lei, finisce che mi spavento sul serio. Quella finita sul pavimento si era liberata di Conal, e Nova ne approfittò per cacciarle in corpo tre pallottole, anche stavolta con scarsi risultati. La creatura venne proiettata contro la parete dalla violenza delle esplosioni, e il braccio sinistro le si staccò dalla spalla. Ma si rimise in piedi, e protendendo la mano superstite avanzò verso Conal. Il braccio caduto fece altrettanto, tirandosi rapido in avanti a forza di dita. Nova inghiottì il gusto acido del vomito, e sparò gli ultimi tre proiettili alla cosa che ancora si stagliava contro la finestra. Quella senza testa. L'essere rinculò barcollando, urtò il davanzale, cadde all'indietro capitombolando fuori. Nova udì un rumore raspante allontanarsi giù per la parete, e infine lo scroscio che fece il corpo colpendo l'acqua. A questo punto il secondo zombi si volse a fronteggiarla. Conal pareva stordito. Si stava rialzando in piedi, ma continuava a scrollare la testa. E il mostro arrancò verso di lei s'una gamba frantumata, seminando frammenti ossei e brani di putredine gelatinosa, mentre dal suo interno sciamavano precipitosamente insetti simili a scarafaggi e altri animaletti zannuti dall'aria voracissima. Nova gli scagliò addosso la pistola scarica, rammaricandosi che non si trattasse della massiccia Colt di sua madre, bensì di quel nuovo modello moderno e assai più leggero. L'arma praticò uno strincio sulla guancia del mostro, e ne sgorgò copiosa una colata di vermi. Nova sollevò il letto e glielo ribaltò contro, ma lo zombi lo scaraventò da una parte. In preda al panico, la ragazza prese a indietreggiare, incapace ormai di dominare in sé l'istinto della fuga. Gli tirò un lume a olio, un vaso, il comodino, ma il mostro continuò ad avanzare. Conal gli si stava avvicinando alle spalle, ma troppo lentamente, e lo zombi ormai incombeva inesorabilmente su di lei, e Nova era rannicchiata in un angolo, e tra un attimo l'avrebbe agguantata. La mano di lei brancolò in cerca di un'arma qualsiasi. Nulla. Poi trovò un oggetto, e scagliò anche quello. L'essere mostruoso prese ad accasciarsi nel momento stesso in cui Chris varcava la soglia. Nova vide Chris mollargli un calcio potente mentre quello rovinava a terra, lo vide scagliargli contro… e poi fermarsi. Chris aggrottò la fronte, e lei si chiese quale fosse la causa della sua perplessità, poi si rese conto che egli non riusciva a comprendere per qual motivo l'infernale creatura non gli si fosse rivoltata contro. Chris le affibbiò un altro calcio vigoroso. Ma lo zombi stava letteralmente incominciando a cadere a pezzi. Gli argentei rettili che sino allora l'avevano tenuto insieme, e dai quali pareva essere stato animato, giacevano flosci e senza vita. Chris le s'inginocchiò davanti. Lei non riusciva a vederlo bene. Lui le diede un'occhiata al braccio, soddisfatto di riscontrare che le sue ferite non erano tali da metterla in pericolo di vita, quindi pose due grandi mani sulle sue spalle, e la fissò in volto. — Cominci a sentirti un po' meglio? Riuscì ad annuire, e Chris subito dopo si staccò da lei. Lo udì domandare qualcosa a Conal, qualcosa che riguardava Adam. poi lo sentì andar via. Pareva che nella stanza non vi foss'altro che la morta creatura. Nova non riusciva a distoglierne lo sguardo. Giaceva a un solo metro da lei. Senza intervento della volontà cosciente, i suoi piedi incominciarono a sospingerla lontano dalla cosa. La sua schiena scivolò lungo la parete, e i piedi continuarono a spingere finché lei non andò a sbattere contro qualcosa di morbido. Non andava per niente bene, una cosa morbida non era affatto quello che lei aveva in mente, rigide pareti e pavimenti duri erano molto meglio… Cacciò un urlo stridulo. Un esitante, timoroso, debole squittìo del quale si pentì immediatamente, ma ormai le era sfuggito. Sapeva già di avere urtato Conal. Il ruvido tessuto della sua giacca le strusciò sulla spalla, e questo andava bene. Qualunque cosa che emanasse calore andava bene. La creatura mostruosa, quando l'aveva afferrata, le aveva trasmesso un'orribile sensazione di gelo, e anche adesso lei continuava a sentire terribilmente freddo. Rimase lì seduta, rabbrividendo, mentre Conal le metteva la sua giacca sulle spalle. Sentì gridare dalle altre stanze, le giunsero rumori di lotta, e pensò che sarebbe dovuta andare ad aiutarli. Però se ne restò a sedere in silenzio, intanto che Conal si strappava la camicia e la usava per bendarle la mano e l'avambraccio coperti di sangue. Udì nel frattempo uno scalpitìo di zoccoli titanidi, e quelle che avrebbero potuto essere grida di guerra. Poi Conal si alzò, e lei si ritrovò con la mano incolume aggrappata al suo braccio. Conal si fermò, attese che anche lei si fosse rimessa in piedi, e la condusse fuori della stanza. Per tutto il tempo, Nova non cessò mai di fissare la cosa immobile sul pavimento. Era assurdo che lo zombi fosse morto. Morto? Diavolo, lo credo bene, pensò Chris. Naturale che fosse morto, era stato morto fin dall'inizio, ma in passato questa circostanza non li aveva mai ostacolati, anzi. Gli sarebbe piaciuto prendere a calci quella cosa immonda fino a spiaccicarne i resti sulle pareti, ma non ne aveva il tempo. E neanche aveva tempo di stare a immaginare che cosa l'avesse uccisa. A dire il vero, non avrebbe neppure avuto tempo di dare un'occhiata a Nova, ma lo fece ugualmente. Conal aveva un'aria stordita. Gli usciva sangue da una ferita al cuoio capelluto, e un'enfiagione grossa come un uovo gli tumefaceva un lato della testa. — Dov'è Adam? Conal, mi senti? — …sotto… — mormorò. — Piano di sotto… Corri, Chris… zombi… Fuori della stanza, nel corridoio, c'era un altro zombi morto, o comunque immobile sul pavimento. La direzione di provenienza pareva esser quella della camera di Cirocco. Chris corse giù per le scale, girò uno spigolo, entrò di volata nella sala della musica… e finì dritto fra le braccia di un altro zombi. Stavolta dovette combattere. Questo qui non era ridotto nelle condizioni di quello che era penetrato in camera di Nova: a occhio e croce, doveva esser morto da non più di una o due settimane. Chris sollevò lo zombi e lo scaraventò via da sé, sperando di guadagnar tempo. L'unico modo efficace di affrontare quelle cose consisteva nel far uso di armi da taglio. Tornava utile altresì poter sfoggiare il ritmo costante di un boscaiolo nel pieno delle sue funzioni, nonché possedere lo stomaco forte di Conan il Barbaro. Prenderli a pugni o farci la lotta rappresentava invece un buon sistema per farsi ammazzare. Nel corpo a corpo erano capaci di andare avanti praticamente all'infinito, e anche a smembrarli continuavano a combattere. Ma arrivando a mozzare in sufficiente quantità i rettili necròfili che conferivano agli zombi un'oscena parvenza di vita, alla fine si riusciva a neutralizzarli. Erano creature incredibilmente forti. E se riuscivano ad afferrare la vittima, i necròfili ne straziavano il corpo a morsi. Mentre lo zombi andava a sbattere contro il muro, Chris era già in cerca di un'ascia o di un coltello. Ma non sembravano essercene, nei paraggi. Chris afferrò una sedia, con l'intenzione di usarla per rintuzzare gli assalti dello zombi mentre lui si faceva strada fino alla cucina, ma poi si accorse di una cosa. La creatura non si rialzava. Lo zombi — femmina, da vivo, come dimostrato dalle rigonfie mammelle putrescenti che gli pendevano sul petto — era rovinosamente crollato a terra, distruggendo un vecchio trombone d'argento di ottima fattura. Neppure in questa occasione Chris indugiò a meravigliarsi o a domandarsi il motivo di tanta fortuna. Non aveva avuto la minima intenzione di venire alle mani con quello zombi, se lo era semplicemente trovato di mezzo. Abbandonò in fretta la sala della musica, andò in cucina e acchiappò la sua mannaia più grossa, poi riattraversò di corsa tutta la casa giusto in tempo per vedere Robin in equilibrio sopra un davanzale, ginocchia piegate e braccia tese avanti. Le gridò un avvertimento, ma lei si era già tuffata. Robin riuscì quasi a precedere Chris sulla soglia della Stanza di Rame, poi rischiò di scontrarsi violentemente con lui, dal che sarebbe uscita malconcia, in quanto a quel punto Chris aveva già accumulato abbastanza slancio da non aver neanche più bisogno di una porta; avrebbe potuto semplicemente sfondare la parete. Frenò il proprio impeto quanto bastava a lasciarlo passare, poi sortì anche lei, e, correndo al limite delle sue forze, rimirò sbalordita lo spettacolo di Chris Mayor lanciato a tutta velocità. Non riuscì a seguirlo per molto. Pareva che volasse. Grande Madre, quell'albero era davvero immenso! Le sembrò d'impiegarci un'eternità, ma giunse finalmente a spalancare con violenza la porta sul retro e percorse a precipizio una stanza dopo l'altra chiamando Chris, Nova, Conal… tutti quanti. Non indugiò un solo istante. A un certo punto, con la coda dell'occhio, colse una fuggevole visione di un qualcosa di orrendo che traversava con andatura dondolante una stanza vuota, ma non esitò. Nulla avrebbe potuto arrestare la sua corsa finché non avesse trovato Nova… e la causa di quell'urlo. Conosceva bene sua figlia, sapeva che non era stato un topo a strapparle un grido come quello. Eppure qualcosa riuscì a fermarla. Gettò uno sguardo dentro una stanza con un mucchio di cuscini e di giocattoli sparsi per il pavimento, udì il pianto di Adam, e intravide una creatura in forma umana — c'era un nonsoché di tremendamente sbagliato, in essa, ma non le riuscì di definir che cosa, in quella breve occhiata — che si gettava dalla finestra stringendo il bimbo tra le mani. Frenare rapidamente il proprio abbrivio in un ambiente a un quarto di g è questione che richiede una certa pratica. Robin non ne aveva ancora a sufficienza, e dovette urtare violentemente contro una parete, riproiettarsi all'indietro con uno scatto di braccia e roteare all'interno della stanza afferrandosi con una mano allo stipite della porta. Poi corse alla finestra, si affacciò, e vide la creatura allontanarsi nuotando con un solo braccio. L'altro le serviva per sostenere Adam fuori dell'acqua. Robin si liberò degli stivali con un calcio, salì sul davanzale, e saltò giù. In seguito avrebbe negato d'essersi dimenticata che non sapeva nuotare. Le era già capitato una volta di trovarsi completamente immersa in un fiume, e in quell'occasione s'era attivato in lei un qualche meccanismo che l'aveva messa in grado di raggiungere la riva. Confidava che sarebbe accaduto di nuovo, ma non andò così. Colpì l'acqua con un tonfo sbalorditivo, poi lottò strenuamente per aprirsi un varco verso la luce. Riemerse con il capo alla superficie, trasse un respiro profondo, e cercò di nuotare. Ma più ci s'impegnava, e peggio andava. La testa continuava a tornarle sotto, e il meglio che le riusciva di fare era cercar di tenere il naso fuori dell'acqua… un'aspirazione che peraltro andava ampiamente frustrando col mulinare scomposto delle sue inesperte bracciate. La corrente la stava trasportando nella medesima direzione in cui si trovava l'oggetto dei suoi sforzi natatori, ma ciò non serviva a nulla, in quanto il rapitore, lui sì, oltre a sfruttare il flusso delle acque, nuotava anche, e le poche brevi occhiate che poté gettargli glielo mostrarono ogni volta più lontano. I flutti in rapido movimento incominciavano adesso a formare vorticosi mulinelli, e qua e là si scorgevano rocce affioranti, ma l'acqua continuava a essere profonda, e gelida, e ben presto lei comprese che in quel fiume sarebbe annegata. La sua testa riemergeva sempre meno spesso, e per periodi sempre più brevi, e il più delle volte, boccheggiando in cerca d'aria, otteneva solo d'inghiottire grandi sorsate d'acqua. Poi un braccio la afferrò intorno al collo, e qualcuno sollevò il suo corpo costringendolo sul dorso. Si divincolò per qualche istante, ma il braccio strinse più forte sin quasi a soffocarla. Tossì risputando un po' d'acqua, e si lasciò andare. Fendendo energicamente i flutti, Chris prese a trascinarla in direzione della riva. Portò Robin sino a una roccia che spuntava nel mezzo del fiume, dove lei poté aggrapparsi rimanendo col busto fuori dell'acqua e senza esser troppo sospinta dalla corrente. — Tienti forte! — le disse. — Prendilo, Chris! — gli gridò lei con voce rauca. Un attimo dopo se n'era già andato. Robin si tirò un poco più su e gettò uno sguardo oltre la cima della roccia. Il rapitore aveva su Chris un vantaggio di forse una trentina di metri, e la distanza fra loro stava diminuendo. Più avanti, però, il corso del fiume si faceva estremamente turbolento. L'avvolse una sorta di gelido torpore. Si sentiva esausta, aveva sfiorato la morte, e tutto quel che adesso poteva fare era starsene aggrappata a quella roccia a guardare gli eventi svolgersi dinanzi ai suoi occhi. Non pareva che la riguardassero granché. Era in grado di chiedersi se il rapitore ce l'avrebbe fatta a superare le rapide conservando vivo Adam, ma incapace di associare a se stessa la sopravvivenza o la morte del bambino. Un urlo continuava a gorgogliarle in gola, ma non trovava alcun bersaglio su cui sfogarsi. Udì i titanidi attraversare il ponte suscitando un rumore come di valanga. Si volse, e vide Serpentone additare Chris, vide Rocky scavalcare d'un balzo il parapetto e fluttuare qualche istante in aria, zampe anteriori protese in basso, prima di colpire l'acqua con un rimescolìo spettacolare che scagliò fontane di spruzzi a quindici metri d'altezza. La sua testa riemerse subito e lui si diede a nuotare vigorosamente, mentre Serpentone e Valiha attraversavano l'ingresso principale di Tuxedo Junction senza neanche prendersi il disturbo di aprire la porta. Un fracasso di arbusti spezzati annunziò l'irrefrenabile avanzata di qualcosa attraverso la boscaglia, e Robin si girò in tempo per vedere Cirocco precipitarsi lungo la sponda del fiume. Passò oltre la roccia di Robin, superò Chris, raggiunse un punto adatto al decollo e spiccò il balzo. Il suo corpo seguì una traiettoria quasi rettilinea, giungendo ad almeno dodici metri dalla riva prima di toccare l'acqua. E non affondò. Cirocco aveva inarcato la schiena, teneva le braccia puntate rigidamente all'indietro in foggia di ali a freccia come fosse un jet, il mento proteso in alto al momento dell'impatto, e rimbalzò due volte a mo' di pietra piatta, poi planò per un altro prezioso metro e mezzo prima che l'acqua la catturasse. Era giunta a neanche dieci metri dall'obiettivo, e avanzava con bracciate impetuose. Robin si ritrovò accovacciata, dondolante in precario equilibrio sulle ginocchia, coi pugni serrati e i denti stretti, a fare il tifo per Cirocco. Udì vagamente il rumore prodotto dal tuffo di Valiha e Serpentone da qualche parte dietro di lei, ma con gli occhi non abbandonò un istante la donna che nei suoi pensieri sarebbe per sempre rimasta la Maga. Appariva probabile che Cirocco avrebbe ridotto quel bastardo a pezzettini, non appena l'avesse acchiappato, e non c'era spettacolo al mondo che Robin desiderasse di più. Alle sue spalle si levarono alte grida. Una grande ombra trascorse su di lei a velocità mozzafiato, poi non vide altro che la magra sagoma di un angelo in prospettiva posteriore, ali di sei metri a tutta apertura, con le punte che sfioravano l'acqua. L'angelo ripiegò le ali di poche frazioni di millimetro, parve indugiare nel suo slancio precipitoso… Quindi ghermì Adam con l'elegante disinvoltura di un'aquila che agguanta una trota. Riguadagnò rapidamente quota, trasformando la velocità di traslazione in moto ascensionale. A circa sessanta metri di altezza riprese a battere le sue grandi ali, e in breve tempo svanì a oriente. |
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