"La Luna è una severa maestra" - читать интересную книгу автора (Heinlein Robert Anson)

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Seguirono lunghi giorni nei quali sarebbe stato possibile dimenticare un progetto tanto improbabile come la rivoluzione, se lo studio dei preliminari non avesse richiesto tanto tempo. Il nostro obiettivo era quello di non essere notati. L’obiettivo a lunga scadenza era di rendere l’atmosfera politica peggiore possibile.

Sì, peggiore possibile. Fino a ora, per quanto tutti i Lunari volessero scacciare l’Ente, non l’avevano mai voluto con tanta intensità da sollevarsi in armi.

Tutti i Lunari odiavano il Governatore e cercavano di farla in barba all’Ente. Ma questo non voleva dire che fossero pronti a combattere e a morire. Se si parlava di patriottismo a un Lunare, quello sgranava tanto d’occhi: o non capiva o credeva che si stesse parlando del suo paese natìo, sulla Terra. C’erano deportati francesi i cui cuori appartenevano alla dolce Francia, ex tedeschi che si riunivano a cantare Deutschland über alles, russi che pensavano continuamente alla Grande Madre Russia. Ma la Luna? La Luna era Il Sasso, una terra di esilio, non la patria da amare.

Eravamo il popolo più apolitico della storia. Lo so bene; io stesso ero stato assolutamente sordo alla politica fino al giorno in cui ci fui trascinato in mezzo dalle circostanze. Wyoming aveva cominciato a occuparsi di politica perché odiava l’Ente per ragioni personali. Prof perché disprezzava ogni forma di autorità, ma in modo distaccato, intellettuale, Mike perché era una povera macchina solitaria e annoiata e la politica era per lui l’unico divertimento che offriva la piazza. Non potevamo davvero venire accusati di patriottismo. Dei quattro, io c’ero più vicino poiché ero un Lunare di terza generazione, completamente privo di legami affettivi con la Terra. Anzi, c’ero stato: mi disgustava, e disprezzavo quei vermi di Terrestri. Proprio sulla Terra ero diventato più patriottico della maggioranza dei Lunari!

Il Lunare medio era attratto dalla birra, dalle donne e dal lavoro, nell’ordine. Forse le donne potevano essere al secondo posto, ma non certo al primo, per quanto fossero ben considerate. I Lunari avevano imparato che non c’erano abbastanza donne in giro. I più lenti a capire erano morti, dato che anche i più abili dongiovanni non possono stare all’erta ogni minuto. Come dice Prof, o una società si adatta alla realtà o non sopravvive.

I Lunari si adattavano alla loro dura realtà… E se non si adattavano, morivano. Il patriottismo, invece, non era necessario alla sopravvivenza.

Come nel vecchio adagio cinese i pesci non hanno coscienza dell’acqua, io non mi ero reso conto di tutto questo fino a quando non ero andato sulla Terra e anche allora non avevo capito che vuoto ci fosse nel cervello dei Lunari sotto il capitolo patriottismo dei loro pensieri. Me ne accorsi quando tentai di suscitare il loro amore per la Luna. Wyoh e i suoi compagni avevano tentato di premere il bottone del patriottismo ma non avevano ottenuto niente. Dopo anni di lavoro, un migliaio di aderenti all’organizzazione, cioè meno dell’uno per cento della popolazione. E in quel numero microscopico, almeno il dieci per cento erano spie pagate dalla polizia!

Prof ci mise sulla strada giusta: era più facile suscitare l’odio della gente che il loro amore.

Per fortuna, ci diede un aiuto il Capo della Sicurezza, Alvarez. Quei nove piedipiatti uccisi furono sostituiti con novanta giubbe gialle: l’Ente era stato trascinato, sia pure con riluttanza, a fare una cosa che non avrebbe dovuto mai fare, cioè a spendere soldi per combatterci. E una follia tira l’altra.


Il corpo di guardia del Governatore non era mai stato numeroso, nemmeno nei primi tempi. Guardiani di prigione e secondini, nel termine classico della parola, erano inutili sulla Luna. Era stato proprio questo il motivo per cui era stata fondata una colonia penale quassù: costava poco. Il Governatore e il suo Vice, nonché i pezzi grossi che venivano in visita dalla Terra, dovevano essere adeguatamente protetti, ma la prigione non aveva bisogno di guardie. Fu sospeso perfino il servizio di guardia alle astronavi quando risultò evidente che non era necessario. Nel maggio 2075 il corpo di guardia era ridotto all’osso, e le giubbe gialle erano tutti nuovi venuti dalla Terra.

La perdita di nove uomini in una sola notte fece venire a qualcuno una paura terribile.

Di certo si spaventò Alvarez. Depositò copie delle sue lettere di richiesta di rinforzi nell’Archivio Zebra e Mike le lesse. Alvarez, un delinquente che aveva fatto il poliziotto sulla Terra per tutta la sua vita prima di venire condannato, poi la guardia del corpo sulla Luna dal giorno della sua deportazione, era probabilmente l’uomo più solo e spaventato che vivesse sulla Luna. Chiese che gli fossero inviati nuovi poliziotti, molti, e spietati, minacciando le dimissioni se non lo avessero accontentato… Era solo una minaccia per modo di dire e l’Ente avrebbe capito che barava se avesse conosciuto davvero la situazione sulla Luna. Se Alvarez avesse messo il naso in qualsiasi grotta in abiti civili e disarmato, sarebbe rimasto vivo fino all’istante in cui fosse stato riconosciuto.

Ottenne i rinforzi. Non riuscimmo mai a scoprire chi avesse preso quella decisione. Mort il Carceriere non aveva mai mostrato tendenze energiche. Sin dall’inizio aveva fatto la parte del Re Travicello. Forse Alvarez, che aveva da poco assunto il posto di Capo della Sicurezza, voleva mettersi in vista, o magari nutriva addirittura l’ambizione di diventare Governatore. Ma la teoria più verosimile è che il rapporto del Governatore sulle attività sovversive avesse convinto la direzione dell’Ente, sulla Terra, a fare un po’ di pulizia.

L’errore d’impostazione determinò un secondo errore: le nuove guardie del corpo, invece che essere scelte fra i nuovi deportati, erano soldati prelevati dalle prigioni militari, Arditi delle forze di pace delle Nazioni Federate. Era gente dura e pronta a tutto, non avevano nessuna voglia di venire sulla Luna e, appena arrivati, si resero conto che il servizio temporaneo di polizia era in realtà un viaggio senza ritorno. Cominciarono a odiare la Luna e i Lunari, cause della loro malasorte.

Appena Alvarez li prese in forza, organizzò un servizio di guardia di 24 ore su 24 a ogni stazione della Metropolitana che collegava le grotte e istituì i passaporti e il controllo dei passaporti.

Il provvedimento fu annunciato dai giornali e i Lunari ebbero una settimana di tempo per procurarsi i passaporti. La misura entrò in vigore una mattina alle otto. Molti Lunari non viaggiavano quasi mai, alcuni viaggiavano per affari, altri si recavano tutti i giorni al lavoro dalle grotte circostanti nei centri di Luna City e di Novylen e viceversa. Alcuni bravi ragazzi obbedienti compilarono le loro domande, pagarono la tassa, si fecero fotografare e ottennero il passaporto. Su consiglio di Prof, feci anch’io il bravo ragazzo, mi procurai il passaporto e lo unii al lasciapassare che già avevo per lavorare negli uffici dell’Ente.

Ma i bravi ragazzi non erano molti. I Lunari non credevano a quella storia. Passaporti? Chi ne aveva mai sentito parlare?

C’era uno dei nuovi soldati di Alvarez quella mattina alla Stazione Sud. Indossava l’uniforme gialla di guardia del corpo, invece che la sua divisa militare kaki, e si vedeva che odiava i panni che aveva indosso e odiava tutti noi. Io non stavo andando da nessuna parte, ero là a guardare la scena.

Fu annunciata la capsula per Novylen. Una trentina di viaggiatori si diressero al cancello d’ingresso. Giubba gialla chiese il passaporto al primo che gli si parò davanti. Quello cominciò a discutere. Il secondo viaggiatore superò a passo deciso il cancello. La guardia si volse e lanciò un grido. Altri tre o quattro passarono. A questo punto, la guardia fece per imbracciare il fucile. Glielo strapparono di mano e partì un colpo. Non era a raggi laser, ma un fucile a cartucce.

Il colpo finì sul pavimento. Io mi misi al riparo. Ci fu un ferito… la guardia. Quando il primo gruppo di passeggeri fu salito a bordo della capsula, il poliziotto giaceva a terra, immobile. Nessuno gli badava. Gli camminavano intorno o lo scavalcavano. Solo una donna, con un bambino in braccio, gli si fermò accanto, lo colpì deliberatamente con un calcio in faccia, poi salì a bordo. Forse era già morto. Non attesi di scoprirlo. Seppi poi che il corpo era rimasto là fino al secondo turno di guardia.

Il giorno successivo c’era una squadra di poliziotti alla Stazione Sud. Ma la capsula per Novylen partì vuota.


La situazione si appianò da sé. Quelli che dovevano viaggiare per lavoro ottennero il passaporto, gli irriducibili rinunciarono a viaggiare. Il servizio di guardia alle stazioni fu portato a due uomini, uno per il controllo dei passaporti, l’altro, a qualche passo di distanza, con il fucile imbracciato. La guardia che controllava i passaporti non era troppo meticolosa. Fu un bene, dato che la maggior parte erano falsi. Dopo qualche tempo venne rubata la carta con la quale si fabbricavano i passaporti autentici e quelli falsi erano in tutto e per tutto uguali a quelli ufficiali. Costavano di più, ma i Lunari preferivano i prodotti della libera iniziativa.

La nostra organizzazione non si mise a fabbricare passaporti falsi; ci limitavamo a incoraggiare l’attività dei falsari. Sapevamo con esattezza chi li aveva falsi, dato che Mike aveva l’elenco dei passaporti emessi regolarmente dall’Ente. La cosa ci serviva per dividere i nostri concittadini in liste bianche e nere, anche queste archiviate da Mike sotto il codice Bastiglia, dato che pensavamo che un uomo con un passaporto falso era già per metà dalla nostra parte. Impartimmo a tutte le cellule l’ordine di non reclutare mai nessuno che avesse il passaporto autentico. Se il compagno che doveva reclutare il nuovo membro della cellula non era sicuro, bastava che chiedesse, e dall’alto gli sarebbe venuta la risposta.

Ma i guai delle guardie non venivano solo dai passaporti. Non giova alla dignità di un poliziotto, né alla sua serenità, avere davanti agli occhi o, peggio ancora, alle spalle, una squadra di ragazzini che scimmiottano ogni suo gesto… o che corrono avanti e indietro urlando insulti e oscenità e facendo con le braccia gesti di significato universale. Per lo meno, le guardie prendevano quei gesti come insulti.

Una volta un poliziotto diede uno schiaffo a un bambino e l’intemperanza gli costò una mezza dozzina di denti. Risultato: due guardie e un cittadino morti. Dopo quell’episodio, i poliziotti ignorarono i bambini.

La nostra organizzazione non era la causa nemmeno di questo: ci limitavamo a incoraggiare i bambini. Chi avrebbe pensato che una signora distinta e amorosa come mia moglie Mum suggerisse ai bambini di comportarsi da mascalzoni? Eppure lo faceva.

Poi c’era un’altra cosa che rendeva nervosi questi uomini così soli e così lontani da casa: gli Arditi delle forze di pace erano stati inviati sulla Luna senza un’adeguata organizzazione di conforto.

Alcune delle nostre donne erano estremamente belle e cominciarono a farsi vedere nelle stazioni con indosso abiti più succinti del solito, cioè quasi nude, e profumate all’inverosimile, con essenze a lunga portata. Non parlavano con le giubbe gialle né le degnavano di uno sguardo, semplicemente passavano e ripassavano davanti a loro, ancheggiando come solo le ragazze della Luna sanno fare. Le donne sulla Terra non possono camminare così: sono incollate al suolo da una gravità sei volte superiore.

Ciò causava naturalmente assembramenti di uomini, vecchi, adulti e ragazzi, e c’erano fischi e applausi per la bellezza delle donne e risate di scherno all’indirizzo dei soldati in giallo. Le prime a dedicarsi a quest’attività furono ragazze da strada assoldate da noi, ma il fenomeno del volontariato si estese tanto in fretta che il Professore ben presto decise che era inutile spendere quattrini. Aveva ragione. Perfino Ludmilla, che era timida come un gattino, voleva provare, e non lo fece soltanto perché Mum le disse di non farlo. Ma Lenore, che aveva dieci anni di più ed era la bellezza di famiglia, ci provò e Mum non le rivolse alcun rimprovero. La prima volta tornò a casa rossa d’eccitazione, fiera di sé e ben decisa a prendere di nuovo in giro il nemico. Fu un’idea tutta sua: Lenore non sapeva che la rivoluzione stava covando.

Durante questo primo periodo vidi il Professore molto di rado e mai in pubblico; ci tenevamo in contatto per telefono. Una difficoltà iniziale era rappresentata dal fatto che la nostra casa aveva solo un telefono per venticinque individui, molti dei quali erano ragazzi che sarebbero rimasti incollati per ore all’apparecchio se non venivano costretti a smettere. Mum impose una regola molto rigida. Ai ragazzi fu permesso di fare una sola telefonata al giorno, per un massimo di novanta secondi, e fu stabilito un sistema di punizione progressivo, temperato solo dalla bontà di Mum nel concedere eccezioni. Ogni concessione era accompagnata dalla predica di Mum. "Ai miei tempi non c’erano telefoni privati, sulla Luna. Voi ragazzi non sapete nemmeno quanto sia dolce la vita, ora che…"

Eravamo stati fra gli ultimi a mettere il telefono. Quando fui optato io, l’apparecchio era una novità in famiglia. Ed eravamo una famiglia prospera, dato che non compravamo mai prodotti che potessero essere coltivati nella fattoria. Mum odiava il telefono perché una grossa fetta del canone versata alla Cooperativa Comunicazioni di Luna City finiva nelle tasche dell’Ente. Non riuscì mai a capire perché non fossi in grado di rubare il servizio telefonico con la stessa facilità con cui sottraevo l’elettricità. Che il telefono facesse parte di una rete controllata da un centralino, era un argomento che non la interessava né la convinceva.

Alla fine riuscii a rubare anche il servizio telefonico. Il problema dei telefoni clandestini è come fare a ricevere le chiamate. Dato che l’apparecchio pirata non è nell’elenco, anche se si informano le persone da cui si vogliono ricevere telefonate, il centralino non sa che il clandestino esiste e pertanto non ha nessun modo di collegare la linea.

Ma con Mike nella cospirazione, anche il problema del centralino fu risolto.

Nella mia officina avevo quasi tutto l’occorrente e comprai quel poco che mi mancava. Perforai la parete che separava l’officina dall’attacco con la rete telefonica e feci un secondo foro nella parete della stanza di Wyoh. Era di roccia vergine, spessa un metro, ma la perforatrice a raggi laser fece in breve un lavoro perfetto. Isolai bene il telefono ufficiale e feci una derivazione che nascosi nella parete. Poi fu sufficiente installare microfono e ricevitore nella stanza di Wyoh e nella mia, e inserire un circuito per innalzare la frequenza sopra il livello audio, in modo da non avere interferenze con il telefono normale. La sola difficoltà fu di lavorare senza essere visti, e di questo si occupò Mum con molta abilità.

Tutto il resto fu un gioco per Mike. Non fece passare la nostra linea clandestina per il centralino, da quel momento in poi dovetti usare la chiamata Microft-xxx solo per telefonare da fuori casa. Mike era continuamente in ascolto nella mia officina e nella camera di Wyoh, se udiva la voce mia o di Wyoh chiamare Mike, rispondeva. Ad altre voci, mai. La trama di ogni voce gli giungeva distinta come il disegno di un’impronta digitale. Mike non sbagliò mai.

Curai anche i particolari minori: l’isolamento acustico nella stanza di Wyoh (l’officina era già isolata), un interruttore per staccare il suo telefono o il mio, un segnalatore per avvertire che lei era sola nella stanza con la porta chiusa e viceversa. Tutti dispositivi di sicurezza per fare in modo che Wyoh e io potessimo parlare in piena tranquillità con Mike, oppure fare tavole rotonde telefoniche fra Mike, Wyoh, Prof e me. Mike chiamava Prof dovunque si trovasse, Prof rispondeva o richiamava da un telefono più sicuro. Oppure, se eravamo Wyoh e io fuori casa, ci facevamo sempre premura di informare Mike dei nostri spostamenti.

Il mio telefono clandestino, benché privo del dispositivo per formare numeri, poteva essere utilizzato per chiamare qualsiasi utente sulla Luna. Bastava chiamare Mike, chiedergli un collegamento Sherlock con chiunque. Non c’era nemmeno bisogno di dirgli il numero desiderato, dato che Mike aveva tutti gli elenchi telefonici e poteva controllare un numero molto più rapidamente di me.

Cominciammo a intravedere possibilità illimitate di creare una rete telefonica clandestina. Mi feci dare per Mum un altro numero per chiamare Mike ogni volta che aveva bisogno di mettersi in contatto con me. Anche Mum fece amicizia con Mike, pur continuando a pensare che fosse un uomo. Il segreto si sparse in famiglia. Un giorno, rincasando, trovai Sidris che mi disse: — Caro Mannie, il tuo amico con la bella voce ha chiamato. Mike Holmes. Vuole che lo richiami.

— Grazie, tesoro. Subito.

— Quando lo inviterai a pranzo, Man? Credo che sia una persona simpatica.

Le dissi che Gospodin Holmes aveva l’alito cattivo, perdeva i capelli e odiava le donne.

Mi rispose con una battuta pesante, approfittando del fatto che Mum non era nei pressi. — Tu hai paura di farmelo conoscere. Hai paura che possa optare per lui. — Le feci una carezza e le dissi che era proprio così. Riferii l’accaduto a Mike e a Prof.

Da allora, Mike raddoppiò la galanteria con le mie donne di casa.