"La Luna è una severa maestra" - читать интересную книгу автора (Heinlein Robert Anson)

5

Wyoh era a metà della rampa che conduceva al livello sei, quando la raggiunsi. Non rallentò la corsa e dovetti afferrare la maniglia della porta per riuscire a infilarmi insieme a lei nella porta stagna. Lì la costrinsi a fermarsi, le strappai dai riccioli il cappello rosso, e me lo infilai nella borsa. — Così va meglio. — Il mio l’avevo già perduto nella lotta.

Sembrava scombussolata. Comunque, rispose: — Sì. È meglio.

— Prima che apriamo la seconda porta stagna — le dissi — hai una meta particolare dove andare? Devo rimanere qui per coprirti le spalle, oppure venire con te?

— Non so. Sarà meglio aspettare Shorty.

— Shorty è morto.

Spalancò gli occhi, ma non disse niente. — Stavi da lui? O da qualcuno?

— Avevo prenotato una stanza in un albergo, il Gostaneetsa Ukraina. Non so dove si trovi. Sono arrivata troppo tardi per passarci prima del raduno.

— Uhmm. È un posto dove non devi andare. Wyoming, non capisco che cosa stia succedendo. È la prima volta, da mesi, che vedo dei poliziotti del Governatore a Luna City… e non ne ho mai visto uno se non in scorta a qualche pezzo grosso. Mmm… potrei portarti a casa mia, ma forse anch’io sono ricercato. Comunque, dobbiamo stare alla larga dai corridoi.

Giunsi alla porta d’accesso del sesto livello e una faccina fece capolino alla finestrella di vetro.

— Non possiamo stare qui — dissi aprendo la porta. La faccina era quella di una bimba che mi arrivava sì e no alla vita, e che mi guardò di sotto in su con aria di rimprovero, dicendo: — Trova qualche altro posto per baciarla. Stai bloccando il traffico. — Si insinuò fra me e Wyoh mentre aprivo la seconda porta.

— Seguiamo il consiglio della bambina — ripresi. — Dovresti prendermi sotto braccio e comportarti come se fossi l’uomo con cui vuoi passare la serata. Ora andiamo. Piano.

Facemmo così. Era un corridoio laterale, con poco traffico tranne che per i soliti bambini sempre fra i piedi. Se le guardie del corpo del Governatore avessero cercato di rintracciarci, come fanno i piedipiatti sulla Terra, da dodici a cento bambini avrebbero potuto indicare da che parte era andata una bella ragazza bionda e alta… sempreché si potesse trovare a Luna City un bimbo disposto a sprecare anche un secondo di tempo per rispondere a un tirapiedi del Governatore.

Un ragazzo, quasi in età per apprezzare Wyoming, si fermò davanti a noi e lanciò un fischio di entusiasmo al suo indirizzo. Lei sorrise e lo scostò di lato con il braccio. — Questo è un guaio anche per noi — le sussurrai all’orecchio. — Sei visibile come la Terra illuminata in pieno dal Sole. Dovremo scomparire in un albergo. Ce n’è uno proprio qui al primo corridoio laterale. Niente di speciale, è un nido d’amore, soprattutto. Ma è vicino.

— Non me la sento di pensare all’amore, adesso.

— Wyoh, per favore! Non te l’ho chiesto. Possiamo prendere stanze separate.

— Scusami. Sai dove posso trovare un gabinetto? E dove si trova la farmacia più vicina?

— Ti senti male?

— Non come puoi pensare tu. Un gabinetto per nascondermi. … dato che sono appariscente… e una farmacia per comprare cosmetici. Creme per il corpo. E tintura per i capelli, anche.

La prima parte fu semplice: ce n’era uno all’angolo. Quando Wyoh si fu rinchiusa nel gabinetto trovai una farmacia.

Chiesi quanta crema occorreva per tingere il corpo di una ragazza alta così, e feci un segno sotto il mio mento, e sui 48 chili. Comprai la quantità necessaria di crema color seppia, poi andai in una seconda farmacia e ne acquistai altrettanta. In un terzo negozio comprai tintura nera per capelli e un abito rosso.

Wyoming indossava pantaloncini neri e pullover, una tenuta pratica per viaggiare e molto adatta a una bionda. Ma ero sposato da anni e avevo un’idea sui gusti femminili in fatto di moda: non avevo mai visto una donna con la pelle tinta di color seppia mettersi indosso un abito nero. Tra l’altro, a quell’epoca le donne eleganti di Luna City portavano abiti con gonna. Quel vestito era una combinazione gonna-corpetto e il prezzo mi convinse che si trattava di un capo elegante. Per la misura andai a occhio, ma la stoffa aveva il vantaggio di essere elastica.

Incontrai tre persone che mi conoscevano, ma non fecero alcun commento insolito. Non c’era traccia di agitazione intorno: la vita era quella di tutti i giorni. Difficile credere che pochi minuti prima fossero scoppiati gravi disordini al livello inferiore, a solo cento metri più a nord. Accantonai questa osservazione: ci avrei ripensato.

Portai la roba a Wyoh e gliela feci passare dalla porta che aveva appena socchiuso. Poi mi mimetizzai in un bar affollato, scolai un mezzo litro e guardai la televisione per mezz’ora. Anche lì nessuna novità, nessuna interruzione dei programmi per trasmettere un comunicato speciale. Tornai indietro, bussai di nuovo alla porta di Wyoh e attesi.

Wyoming uscì… e non la riconobbi. Poi mi accorsi che era lei e la applaudii con entusiasmo. Non potei trattenermi: fischi di ammirazione, grida di meraviglia e occhi che ruotavano come l’antenna di un radar.

Wyoh era diventata più scura di me e il pigmento seppia era meravigliosamente uniforme. Doveva avere il trucco nella borsetta perché ora aveva gli occhi scuri con ciglia nere, e la bocca rosso scuro e più larga. Aveva usato la tintura nera sui capelli e li aveva cosparsi di brillantina grassa per togliere l’ondulazione; ma i suoi ricci avevano prevalso in modo da rendere l’acconciatura imperfetta in modo naturale. Non aveva l’aspetto da africana… ma non era nemmeno più europea. Sembrava una mulatta e ciò la rendeva più simile alla media dei Lunari.

Il vestito rosso era troppo stretto e le si tendeva sul corpo come un manto di vernice, rigonfio sulle cosce e dotato di una potente carica statica. Wyoh aveva tolto la cinghia alla borsetta, che si era messa sotto il braccio invece di tenerla appesa alla spalla, come al solito. Le scarpe le aveva gettate via oppure le aveva messe nella borsa. A piedi nudi, era più bassa.

Tinta e abito stavano bene. E quello che più contava, non aveva più l’aspetto dell’agitatrice che aveva arringato la folla.

Mentre le manifestavo la mia ammirazione lei rimase in attesa con un ampio sorriso sulle labbra e facendo ondulare le anche. Prima che finissi, due ragazzi si fermarono accanto a me e unirono le voci acute alle mie approvazioni, aggiungendo di loro iniziativa un ritmico battere di piedi sul pavimento. Diedi loro la mancia e li pregai di scomparire. Wyoming mi corse incontro e mi prese sotto braccio. — Va bene? Pensi che possa andare?

— Wyoh, mi sembri una entraîneuse in attesa di clienti.

— Disgraziato! Ti sembro una donna da quattro soldi? Turista!

— Non ti scaldare, bellezza. Chiedi qualsiasi cosa. Poi pronuncia il mio nome. Se vuoi pane e miele, mi trasformo in alveare.

— Uh… — Mi piazzò un pugno solido nelle costole. — Scherzavo, fratello. Se avrò mai rapporti con te… poco probabile… non avremo bisogno di parlare di api. Andiamo a cercare quell’albergo.


Lo trovammo subito e comprai una chiave. Wyoming tentò di fare la parte della moglie legittima, ma non ce n’era alcun bisogno. La donna che fungeva da portiere di notte non alzò gli occhi dal suo lavoro a maglia e non tirò fuori nessun registro. Saliti nella nostra camera, Wyoming lanciò un grido di meraviglia. — È magnifico!

Doveva pur esserlo, per trentadue dollari di Hong Kong. Penso che lei si aspettasse di trovare una stanzetta sudicia, ma io non ce l’avrei portata per nasconderla. Era un appartamento molto comodo, con bagno e acqua a volontà. C’era anche il telefono e lo sportello del montacarichi interno, dispositivo di cui avevo davvero bisogno.

Fece per aprire la borsetta. — Ho visto quanto hai speso. Regoliamo subito i conti, in modo da…

Mi avvicinai e le chiusi la borsetta. — Si è detto che non si sarebbe parlato di api.

— Cosa? Ah, già, ma quello era a proposito di rapporti intimi. Mi hai trovato una branda per dormire ed è giusto che…

— Piantala.

— Vediamo… metà?

— Nyet. Wyoh, casa tua è molto lontana. Tieni da conto i soldi che hai.

— Manuel O’Kelly, se non mi lasci pagare la mia parte, me ne vado immediatamente!

Mi inchinai. — I miei rispetti, signora, spero di rivedervi, un giorno. — M’avvicinai alla porta.

Mi diede un’occhiata, poi chiuse la borsetta con violenza.

— Rimarrò. Accidenti!

— Sei la ben venuta.

— Capisci, ti sono veramente grata. Però… insomma, non sono abituata a ricevere favori. Sono una Donna Libera.

— Congratulazioni.

— Non scaldarti tu, ora. Sei un uomo deciso, e ho molto rispetto per te. Sono felice che tu sia con noi.

— Non sono certo di esserlo.

— Cosa?

— Calmati. Non sono dalla parte del Governatore. E nemmeno parlerò… Non vorrei che Shorty, Dio accolga la sua anima generosa, mi perseguitasse per tutta la vita. Ma devo dirti che il vostro programma non mi sembra attuabile.

— Ma Mannie, non capisci! Tutti noi…

— Aspetta, Wyoh, non è il momento per discutere di politica. Sono stanco e ho fame. Da quanto non mangi?

— Oh, santo cielo! — D’improvviso mi parve fragile, giovane, affranta. — Non mi ricordo. Sull’autobus, immagino. Razione da viaggio.

— Che ne diresti di una bistecca alla Kansas City, con patate al forno, salsa Tycho, insalata verde, caffè… e un aperitivo per cominciare?

— Delizioso!

— Sono d’accordo con te, ma sarà una fortuna, a quest’ora e in questo buco, se riusciremo ad avere una zuppa d’alghe e una cotoletta riscaldata. Che cosa vuoi bere?

— Qualsiasi cosa. Alcol puro.

— D’accordo. — Mi avviai allo sportello del montacarichi e chiamai la cucina. — Il menu, per favore. — Lo fecero salire subito e ordinai costate con contorno di due strudel con crema. Aggiunsi mezzo litro di vodka con ghiaccio e sottolineai bene quest’ultima parte.

— Ho tempo di fare il bagno? Ti dispiace?

— Fa’ pure, Wyoh. Dopo, avrai un profumo migliore.

— Mascalzone. Anche tu puzzeresti dopo aver portato per dodici ore la tuta a pressione. L’autobus era orribile. Farò in fretta.

— Un momento, Wyoh. Quella roba che ti sci messa addosso si scioglie con l’acqua? Ne avrai ancora bisogno quando te ne andrai… Se riuscirai a farlo e ovunque vorrai andare.

— Sì, si scioglie. Ma ne hai comprato tre volte il necessario. Mi dispiace, Mannie, di solito me ne porto una scorta, quando faccio viaggi politici. Non si sa mai. Ma questa volta non ho avuto tempo; ho anche perso una capsula della metropolitana e per poco non perdevo l’autobus.

— Allora, vai a ripulirti.

— Sì, signor Comandante. Ah, non ho bisogno di aiuto per la schiena… ma lascerò la porta aperta, così potremo chiacchierare. Solo per la compagnia, nessun invito implicito.

— Fa’ come vuoi. Ho già visto una donna.

— Chissà come dev’essere stato eccitante per lei! — Fece una smorfia e mi diede un altro pugno nelle costole, pensate… Poi entrò nel bagno e aprì il rubinetto della vasca. — Mannie, vuoi fare tu il bagno per primo? L’acqua di seconda mano sarà più che sufficiente per togliermi di dosso la tintura e la puzza di cui ti lamenti.

— Acqua a volontà, cara. Riempi pure la vasca.

— Oh, che lusso! A casa uso la stessa acqua per fare il bagno tre volte consecutive. — Fischiò dolcemente e in tono felice. — Sei ricco, Mannie?

— Non sono ricco, ma nemmeno piango miseria.


Il montacarichi cigolò. Aprii lo sportello e preparai due cocktail a base di Martini e vodka, e con ghiaccio abbondante. Entrai nel bagno e le porsi il suo bicchiere, poi uscii e mi sedetti, in modo da non poterla vedere. Ma nemmeno nel bagno avevo visto molto, era immersa fino alle spalle nella schiuma. — Pawlnoi Zheeni! — le augurai.

— Una vita felice anche a te, Mannie. Proprio la medicina di cui avevo bisogno. — Dopo una breve interruzione per bere un sorso della medicina, disse: — Mannie, sei sposato, vero?

— Sì. Si vede?

— Molto. Con le donne sei gentile ma non ansioso; anzi, molto indipendente. Ho dedotto che sei sposato, e da molto tempo. Bambini?

— Diciassette, divisi per quattro.

— Matrimonio di clan?

— No, di linea. Sono stato optato all’età di quattordici anni e sono il quinto di nove mariti. Così, dire diciassette bambini ha valore solo nominale. Una grossa famiglia.

— Dev’essere bello. Non ho visto molte famiglie di linea, ce ne sono poche a Hong Kong. Ci sono matrimoni di clan e di gruppo, ma la linea non ha mai preso piede laggiù.

— È bello. Il nostro matrimonio ha quasi cento anni. Risale ai tempi di Johnson City e dei primi deportati… ventuno coniugi, nove vivi attualmente, mai un divorzio. Diventa la casa dei matti, quando parenti, nipoti e congiunti si riuniscono per un compleanno o un matrimonio. Molto più di diciassette bambini, naturalmente; non li contiamo più dopo che si sono sposati, altrimenti avrei dei bambini vecchi da poter essere miei nonni. Un modo felice di vivere, pochi problemi. Prendi il mio caso. Nessuno fa scenate se me ne sto lontano per una settimana, senza nemmeno dare un colpo di telefono. Benvenuto quando torno a casa. I matrimoni di linea raramente hanno divorzi. Come potrei stare meglio?

— Non vedo proprio come. Applicate il principio dell’alternanza? E qual è l’intervallo?

— Per l’intervallo non c’è nessuna regola, facciamo come ci conviene. Abbiamo seguito l’alternanza fino all’ultimo coniuge, lo scorso anno. Ma allora sposammo una ragazza quando l’alternanza avrebbe richiesto un uomo. È stato però un caso speciale.

— Perché speciale?

— La mia più giovane moglie è nipote della più vecchia coppia di marito e moglie del nostro matrimonio. Per lo meno è nipote di Mum (la moglie più anziana viene chiamata Mum o a volte Mimi dai suoi mariti) e probabilmente lo è del marito anziano che chiamiamo Granpà; non ha però alcuna consanguineità con gli altri coniugi. Ludmilla era cresciuta nella nostra famiglia perché sua madre l’aveva messa al mondo senza essere sposata e se ne era poi andata a Novylen lasciando da noi la bambina.

"Milla non voleva nemmeno sentir parlare di sposarsi fuori casa, quando raggiunse l’età nuziale. Si mise a piangere e ci chiese, per favore, di fare un’eccezione per lei. L’accontentammo. Granpà non deve essere più preso in considerazione sotto il profilo genetico. Ormai il suo interesse per le donne si limita a qualche galanteria verbale. Nella sua qualità di marito anziano ha trascorso con lei la prima notte, ma è stata una consumazione puramente formale. Se ne occupò, la notte dopo, il marito numero due, Greg, e facemmo finta di niente. Furono felici tutti quanti. Ludmilla è una fanciulla deliziosa, appena quindici anni e già incinta."

— E tuo il bimbo? — mi chiese Wyoming.

— Di Greg, credo. Oh, potrebbe anche essere mio: però a quel tempo mi trovavo a Novy Leningrad. Probabilmente è di Greg, a meno che Milla non abbia avuto aiuti all’esterno. Ma certamente non ne ha avuti; è una ragazza tutta casa. E una magnifica cuoca, per di più.

Arrivò il montacarichi; presi il vassoio, disposi tavolo e sedie pieghevoli, pagai il conto e rimandai indietro il montacarichi.

— Devo gettare questa roba ai porci?

— Vengo subito! Ti dispiace se non mi rifaccio il trucco?

— Per quanto mi riguarda, puoi anche venire nuda.

— Varrebbe proprio la pena, con un uomo sposato come te!

Uscì dal bagno rapidamente, bionda di nuovo e con i capelli ancora umidi, raccolti dietro. Non si era messa il completo nero da viaggio; era ancora con l’abito che le avevo comprato io. Il rosso le donava. Si sedette e sollevò il coperchio che copriva il vassoio del pranzo. — Fantastico! Mannie, credi che la tua famiglia accetterebbe di sposarmi? Mi sembri la mano della provvidenza.

— Chiederò. L’approvazione deve essere unanime.

— Non c’è bisogno che ti agiti. — Prese le posate e si diede da fare con il pasto. Circa un migliaio di calorie più tardi, disse: — Ti ho detto che sono una Donna Libera… Non è sempre stato così.


Attesi. Le donne parlano quando ne hanno voglia. Se no, stanno zitte.

— Quando avevo quindici anni sposai due fratelli: erano gemelli e avevano il doppio della mia età. Fui terribilmente felice.

Giocherellò con un boccone sul piatto, poi parve voler cambiare argomento. — Mannie, facevo solo per dire quando ho detto di volermi sposare nella tua famiglia. Non hai niente da temere da me. Se mai mi risposerò… ed è poco probabile… voglio un uomo solo, un piccolo matrimonio a due, in stile terrestre. Oh, non voglio dire, con questo, che sarò una moglie autoritaria. Non credo che importi molto dove un marito pranzi; basta che torni a casa per cena. Cercherei di renderlo felice.

— I gemelli non andavano d’accordo?

— Oh, no, al contrario. Rimasi incinta e fummo tutti felici… ebbi il bambino ed era un mostro; fummo costretti a eliminarlo. Sono stati entrambi molto gentili con me. Ma io so leggere fra le righe. Annunciai il divorzio, mi feci sterilizzare, mi trasferii da Novylen a Hong Kong e mi rifeci una vita come Donna Libera.

— Non è stata una decisione troppo drastica? Più spesso è colpa del padre che della madre; gli uomini sono molto più esposti a incidenti.

— Non nel mio caso. Lo stabilì la maggiore esperta di ginecologia matematica di Novylen… la più alta autorità in quel campo dell’Unione Sovietica, prima che venisse deportata. So io come avvenne. Ero una colonizzatrice volontaria, o meglio lo era mia madre, dato che avevo solo cinque anni. Mio padre era stato deportato e mia madre aveva scelto di seguirlo e mi aveva portato con sé. C’era la minaccia di una tempesta solare quando stavamo per atterrare, ma il pilota dell’astronave pensò di potercela fare lo stesso, oppure non se ne preoccupò: era un Cyborg, lui. Lui riuscì ad atterrare, ma la tempesta ci colse al suolo. Mannie, questo è uno dei motivi che mi spinse verso la politica; quella nave rimase ferma per quattro ore prima che ci lasciassero scendere. Burocrazia, forse una forma di quarantena; ero troppo giovane per capire. Ma dopo non ero più troppo giovane per immaginare che avevo dato alla luce un mostro perché all’Ente non interessa che cosa succede a noi deportati.

— È vero: non gliene importa niente. Ma, Wyoh, penso ugualmente che la tua decisione sia stata precipitosa. Se sei rimasta colpita dalle radiazioni… insomma io non m’intendo di radiazioni. In breve, hai un’ovaia danneggiata. Ciò non vuol dire che la seconda ovaia sia stata colpita. Statisticamente è improbabile.

— Oh, lo so bene.

— Ehm. Che tipo di sterilizzazione? Radicale o antifecondativa?

— Antifecondativa. Potrei far riaprire i condotti. Ma vedi, Mannie, una donna che ha avuto un figlio mostro non se la sente di rischiare per la seconda volta. — Mi toccò il braccio di plastica, mi fece un mesto sorriso. Poi disse: — Tu hai questo. Non ti senti dieci volte più attento a non rischiare quest’altro? — Mi sfiorò il braccio sano. — Così mi sento io. Tu hai quel problema e io ho il mio… Non te ne avrei mai parlato, se non fossi menomato anche tu.

Non risposi che il mio braccio sinistro era molto più versatile del destro… Aveva ragione lei. Non ho nessuna intenzione di perdere il braccio sano. Ne ho bisogno per accarezzare le ragazze, se non altro.

— Comunque, continuo a pensare che potresti avere dei bimbi sanissimi.

— Oh, certo che posso! Ne ho già avuti otto.

— Come?

— Sono una madre-ospite di professione, Mannie.

Spalancai la bocca e la richiusi. Non era un’idea strana; leggo giornali della Terra. Ma dubitavo che i chirurghi di Luna City, nel 2075, avessero mai compiuto un simile trapianto.

Sulle mucche, sì. Ma le donne di Luna City non avrebbero acconsentito per tutto l’oro del mondo a partorire per conto di altre donne; anche le più brutte potevano trovarsi sei mariti. (Mi correggo: non esistono donne brutte. Alcune sono più belle delle altre.)

Diedi uno sguardo alla sua figura, poi alzai gli occhi. Disse: — Non sforzarti, Mannie, ora non sono incinta. Ho troppo da fare con la politica. Ma quella della madre-ospite è un’ottima professione per una Donna Libera. È ben pagata. Alcune famiglie cinesi sono molto ricche, e tutti i miei bambini sono nati cinesi. Oltretutto, i cinesi sono più piccoli del normale e io sono una cavalla da tiro; un bambino cinese di due chili e mezzo o tre non mi dà nessun fastidio. Non mi fa nemmeno perdere la linea. — Abbassò gli occhi alle sue bellezze. — Non li nutro al seno, non li vedo neanche. E così ho l’aspetto di una donna che non ha mai avuto figli e sembro più giovane di quanto non sia.

"Non sapevo se mi sarebbe piaciuto farlo, quando ne sentii parlare per la prima volta. Facevo la commessa in un negozio indù e consumavo tutto quello che guadagnavo solo per mangiare, quando vidi un annuncio pubblicitario sul Gong di Hong Kong. Fu il pensiero di avere un bimbo, un bimbo sano, che mi attrasse. Ero ancora sotto l’effetto del trauma emotivo per il mio mostriciattolo. — (Quell’esperienza fu proprio quello di cui aveva bisogno Wyoming, scopersi poi.) — Smisi di pensare che come donna ero un fallimento; e guadagnai più quattrini di quanti sarei riuscita a racimolare con qualsiasi altro lavoro. Per di più, avevo tutto il mio tempo a disposizione; essere incinta non rallenta affatto la mia attività… al massimo per sei settimane e solo perché voglio trattare onestamente i miei clienti: un bimbo è una cosa preziosa.

"Presto mi misi nella politica; mi guardai intorno e il movimento clandestino si mise in contatto con me. Fu allora che cominciai veramente a vivere, Mannie. Studiai politica, economia e storia, imparai a parlare in pubblico e scoprii di avere notevole capacità organizzativa. È un lavoro soddisfacente perché ci credo. So che la Luna un giorno sarà libera. Solo che… insomma, sarebbe bello avere un marito con cui trascorrere le serate… se non gli importasse il fatto che sono sterile. Ma per ora non ci penso; sono troppo occupata. Sentir parlare della tua famiglia mi ha sciolto la lingua, ecco tutto. Devo chiederti scusa per averti infastidito."

Quante donne chiedono scusa? Ma Wyoh, in un certo senso, era più uomo che donna, nonostante gli otto cinesini che aveva messo al mondo. — Non mi hai dato nessun fastidio.

— Spero di no. Mannie, perché dici che il nostro programma non è pratico? Abbiamo bisogno di te.

Mi sentii improvvisamente assai stanco. Come dire, a una donna deliziosa, che il suo sogno più caro è insensato? — Vedi, Wyoh, cominciamo dall’inizio. Hai detto a quella gente che cosa si deve fare. Lo faranno? Prendi quei due a cui ti sei rivolta: tutto quello che sa fare un minatore di ghiaccio, ci puoi scommettere, è scavare il ghiaccio. Così, continuerà a scavare e a vendere all’Ente perché è la sola cosa che sa fare. Idem per l’agricoltore. Anni fa fece il primo grosso raccolto di grano… ora ha una palla al piede. Se avesse voluto diventare indipendente avrebbe diversificato le sue attività. Produrre tutti gli alimenti di cui ha bisogno, vendere il resto al mercato libero e stare lontano dalla catapulta. Io lo so… sono anch’io un ragazzo di fattoria.

— Hai detto di essere tecnico dei calcolatori.

— Lo sono, e anche questo rientra in quello che sostengo. Non sono un tecnico eccezionale, ma sono il migliore della Luna. Però non sono un pubblico impiegato, e l’Ente è costretto a chiamarmi quando è nei guai, al mio prezzo, oppure far venire qualcuno dalla Terra, pagando il rischio oltre che il prezzo del lavoro, e farlo tornare indietro prima che il suo corpo, assuefatto, si dimentichi della Terra. Il tutto costa molto di più della mia opera. Così, se sono in grado di fare il lavoro, me lo affidano e l’Ente non può toccarmi: sono nato libero. Se non c’è lavoro, ma normalmente ce n’è, me ne sto a casa e mangio lo stesso.

"Abbiamo una vera fattoria, non un terreno coltivato solo a grano. Polli, un piccolo gregge di pecore e mucche da latte, maiali, alberi da frutta mutati, verdura. Anche un po’ di grano, che maciniamo per conto nostro, senza insistere troppo sulla farina bianca; quello che è in più, lo vendiamo al mercato libero. Distilliamo la nostra birra e il nostro cognac. Ho imparato a fare il minatore per allargare le nostre gallerie. Tutta la famiglia lavora, ma senza ammazzarsi. I ragazzi badano al bestiame e le mucche fanno girare la mola della macchina. I più piccini raccolgono le uova e danno da mangiare al pollame; non abbiamo molte macchine. Possiamo comprare l’aria a Luna City, dato che siamo troppo lontani dalla città, e le nostre gallerie sono collegate con il sistema d’aria condizionata. Ma più spesso vendiamo aria; avendo una fattoria, il ciclo delle piante fornisce ossigeno in eccesso. Abbiamo sempre denaro sufficiente per pagare i conti."

— Come fate per l’acqua e l’energia?

— Non costano troppo. Raccogliamo una parte dell’energia necessaria con schermi solari piazzati sulla superficie, e abbiamo un piccolo giacimento di ghiaccio. Wyoh, la nostra fattoria è stata fondata prima del duemila, quando Luna City era una caverna naturale, e abbiamo continuato a migliorarla! È un vantaggio del matrimonio in linea: la famiglia non si estingue e il capitale si ammassa.

— Però la riserva di ghiaccio non durerà in eterno.

— Ecco, vedi. — Mi grattai la testa e sorrisi. — Siamo molto ben organizzati, conserviamo gli scoli dell’acqua e i rifiuti, li sterilizziamo e li impieghiamo di nuovo. Non restituiamo mai una goccia all’acquedotto pubblico. E poi… Non dirlo al Governatore, cara, ma quando Greg mi insegnava a fare il minatore, un giorno perforammo per caso il fondo della cisterna Sud. Sempre per caso avevamo con noi un rubinetto: lo applicammo alla cisterna e non sprecammo nemmeno una goccia d’acqua. Però compriamo lo stesso qualche metro cubo d’acqua, per non suscitare sospetti; il giacimento di ghiaccio serve soprattutto a giustificare il fatto che ne compriamo così poca. Per quanto riguarda l’energia… Vedi, è ancora più facile rubare energia. Sono un bravo elettricista, Wyoh.

— Oh, meraviglioso! — esclamò Wyoh lanciandomi un fischio di ammirazione e un’occhiata di delizia. — Tutti dovrebbero fare come voi!

— Speriamo di no, ci scoprirebbero. Lasciamo che la gente inventi per conto suo i sistemi per farla in barba all’Ente; la mia famiglia lo ha sempre fatto. Ma torniamo al piano, Wyoh: ci sono due errori. Non riuscirete mai ad avere solidarietà. Mezze cartucce come Hauser cercheranno sempre di sgusciare fuori, perché sono effettivamente in trappola, non possono tenere duro. Secondo: supponiamo che riusciate a costituire un fronte solidale tanto compatto che alla catapulta non giungerà nemmeno una tonnellata di grano. Lasciamo da parte il ghiaccio. È il grano che rende importante l’Ente, e per questo è stato istituito. Allora niente grano. Che cosa succede?

— Come? Saranno costretti a negoziare un prezzo giusto, ecco che cosa succede!

— Mia cara, tu e i tuoi compagni vi ascoltate troppo fra voi. L’Ente considererebbe questo modo d’agire una ribellione, e le astronavi da guerra si metterebbero in orbita intorno alla Luna, cariche di bombe destinate a Luna City, Hong Kong, Tycho Under, Churchill e Novylen; scenderebbero le truppe, e i carichi di grano partirebbero di nuovo dalla catapulta sotto controllo armato… i contadini si romperebbero la schiena per collaborare. La Terra ha armi, potenza, bombe e navi, e non starà ferma ad aspettare guai da ex galeotti. E i ribelli come te (e come me: mi unisco spiritualmente), noi infami ribelli verremmo attaccati ed eliminati. Ci darebbero una bella lezione. Poi i Terrestri riferirebbero la loro versione… perché la nostra non sarebbe mai udita. Non sulla Terra.

Wyoh non era convinta. — Le rivoluzioni sono già riuscite, in passato. Lenin aveva solo un pugno di uomini con lui.

— Lenin ha agito in una situazione di carenza di potere. Wyoh, correggimi se sbaglio. Le rivoluzioni hanno avuto successo quando, e solo quando, i governi si erano corrotti o erano scomparsi.

— Non è vero! Prendi la Rivoluzione americana.

— Il Sud fu sconfitto, vero?

— Non mi riferisco a quella, parlo del secolo prima. Avevano gli stessi problemi che abbiamo ora noi, nei confronti dell’Inghilterra… e hanno vinto!

— Ah, quella. Ma l’Inghilterra non si trovava nei guai? Per via della Francia, la Spagna, la Svezia… o era l’Olanda? E l’Irlanda? L’Irlanda si stava ribellando; c’erano anche gli O’Kelly. Wyoh, se riesci a creare confusione sulla Terra… diciamo una guerra fra la Grande Cina e la Confederazione Nord-Americana, oppure la Pan-Africa che scarica bombe sull’Europa… allora ammetterei che è venuto il tempo di uccidere il Governatore e dire all’Ente che i suoi compiti sono finiti. Ma non ora.

— Sei un pessimista — mi disse.

— No, un realista. Mai pessimista. Sono troppo un Lunare per non voler rischiare una buona occasione. Dimostrami che c’è una probabilità su dieci di successo, e io punto tutto quello che ho. Ma voglio che ci sia quella probabilità su dieci. — Spinsi indietro la sedia. — Hai finito di mangiare?

— Sì. È stato splendido!

— Il piacere è mio. Vattene a letto e io sbarazzerò piatti e tavolo. No, non voglio aiuto. Sono io l’ospite. — Ripulii la tavola, rispedii indietro i piatti sporchi trattenendo solo il caffè e la vodka avanzata. Poi ripiegai il tavolo, riposi le sedie e mi volsi per parlare con lei.

Era distesa sul letto, addormentata, con la bocca aperta e il volto addolcito in un sorriso di bambina.

Andai silenziosamente in bagno e chiusi la porta. Puliti ci si sente meglio; prima di infilarmi nella vasca lavai i miei abiti, che si asciugarono prima che finissi di oziare nell’acqua calda. Non mi interessa che venga la fine del mondo, purché sia lavato e abbia addosso abiti puliti.

Wyoh dormiva ancora, e questo era un problema. In fatti avevo preso una camera a due letti in modo da non darle la sensazione che volevo costringerla a dormire con me… non che fossi contrario all’idea, ma lei aveva messo bene in chiaro che non ne voleva sapere. Però io dovevo dormire sul divano-letto, mentre il letto vero e proprio era per Wyoh. Dovevo preparare l’altro letto, con il rischio di svegliare Wyoh? Tornai in bagno e mi misi il braccio.

Decisi di aspettare. Il telefono era dietro un paravento e Wyoh molto probabilmente non si sarebbe comunque svegliata. E poi, ero tormentato dagli ultimi avvenimenti.

— Mi sedetti al telefono tirando bene il paravento, e composi il numero di Mycroft-xxx.

— Ciao, Mike.

— Ciao, Man. Hai dato un’occhiata a quelle barzellette?

— Come? Ah, Mike, non ho avuto un minuto libero… e un minuto può essere molto per te, ma per me è poco. Me ne occuperò al più presto possibile.

— Va bene, Man. Hai trovato un non-stupido a cui possa parlare?

— Non ho avuto tempo nemmeno per questo. Per… aspetta. — Sbirciai Wyoh da dietro il paravento. Nonstupido in questo caso significa simpatia umana… Wyoh ne aveva molta. Abbastanza per fare amicizia con una macchina? Forse sì. E di lei ci si poteva fidare: non solo eravamo negli stessi guai, ma era anche una sovversiva.

— Mike, ti piacerebbe parlare con una ragazza?

— Le ragazze sono non-stupide? — chiese.

— Alcune ragazze sono non-stupide, Mike.

— Allora, mi piacerebbe parlare con una ragazza non-stupida, Man.

— Cercherò di combinare. Ma ora sono nei pasticci e ho bisogno del tuo aiuto.

— Ti aiuterò, Man.

— Grazie, Mike. Voglio telefonare a casa, ma non sulla linea normale. Sai che talvolta le chiamate sono controllate e, se il Governatore lo ordina, la polizia può isolare il circuito e rintracciare l’apparecchio da cui è partita la telefonata.

— Man, vuoi che registri la tua telefonata e isoli la linea? Devo informarti che conosco già il tuo numero di casa e il numero da cui stai telefonando ora.

— No, no! Non voglio che tu registri la telefonata. Puoi chiamare casa mia, agganciarmi direttamente e fare in modo che nessuno possa registrare, isolare o controllare la telefonata, così che nessuno si accorga che la chiamata avviene fuori rete?

Mike esitò. Immagino che nessuno gli avesse mai posto una Simile domanda; doveva passare in rassegna alcune migliaia di combinazioni per vedere se il suo sistema di controllo gli permetteva questa nuova autoprogrammazione. — Man, posso farlo. Lo farò.

— Bene! Eccoti la denominazione del programma. Se rivorrò in futuro questo tipo di comunicazione telefonica, ti dirò semplicemente Sherlock.

— Ricevuto. Sherlock era mio fratello. — L’anno precedente avevo spiegato a Mike come avevo pescato il suo soprannome. Allora lui aveva letto tutti i romanzi di Sherlock Holmes, divorando i microfilm della Biblioteca Carnegie di Luna City. Non so come facesse a razionalizzare i rapporti di parentela; preferii non chiederglielo.

— Giusto! Fammi uno Sherlock per casa mia.

Dopo qualche istante, dissi: — Mum? È il tuo marito preferito che parla.

Rispose: — Manuel. Ti sei cacciato di nuovo nei guai?


Amo Mum più di ogni altra donna, comprese tutte le altre mogli, ma lei non riusciva a convincersi che ormai ero un uomo adulto. Non se ne sarebbe mai convinta. Cercai di mostrarmi offeso. — Io? Ma come, Mum, mi conosci bene ormai!

— Ti conosco, proprio. E allora, se non sei nei guai, mi potresti spiegare perché il Professor de la Paz è così ansioso di mettersi in contatto con te… Ha chiamato tre volte… E perché vuole trovare una certa donna con il nome improbabile di Wyoming Knott, e perché pensa che tu possa trovarti con lei? Ti sei trovato una compagna da letto, Manuel, senza avvertire me? Nella nostra famiglia siamo tutti liberi, caro, ma lo sai, preferisco che le cose mi vengano dette. In modo da non essere presa alla sprovvista.

Mum era gelosa di tutte le donne che non fossero le sue co-mogli, ma non l’avrebbe mai, mai ammesso. Dissi: — Mum, che Dio mi fulmini sull’istante se ho preso una compagna da letto.

— Bene. Sei sempre stato un ragazzo sincero. E ora, che cos’è questo mistero?

— Dovrò chiederlo al Professore. — Non era proprio una bugia, era una risposta evasiva. — Ha lasciato il numero di telefono?

— No, ha detto che telefonava da una cabina pubblica.

— Uhm. Se chiama di nuovo, chiedigli di lasciarti il numero di telefono e di dirti a che ora posso raggiungerlo. Anche questo è un telefono pubblico. — Era una seconda storpiatura della verità. — Nel frattempo… Hai sentito le ultime notizie?

— Sai che le ascolto sempre.

— Niente di nuovo?

— Niente di interessante.

— Nessun fermento a Luna City? Uccisioni, disordini, proprio niente?

— No. Ma perché? C’è stato un duello in Bottom Alley ma… Manuel! Hai ucciso qualcuno?

— No, Mum. — Rompere la mascella di una persona non può provocare la morte.

Sospirò. — Sarai la mia rovina, caro. Sai che cosa ti ho sempre raccomandato. Nella nostra famiglia non ci cacciamo nelle risse. Se fosse davvero necessario uccidere qualcuno… e quasi sempre non lo è… il problema deve essere discusso con calma, in famiglia, e insieme dobbiamo stabilire la linea di condotta più adatta. Un buon consiglio e la solidarietà di tutti vale bene un piccolo ritardo…

— Mum! Non ho ucciso nessuno e non ho intenzione di farlo. E poi, so a memoria questa lezione.

— Per favore, caro, sii gentile.

— Scusami.

— Perdonato. Dimenticato. Devo dire al Professor de la Paz di lasciare il numero di telefono. Lo farò.

— Ancora una cosa. Dimentica il nome Wyoming Knott. Dimentica che il Professor de la Paz ha chiesto di me. Se ricevi una telefonata anonima, o anche con nome e cognome, e qualcuno chiede qualsiasi cosa sul mio conto, tu non sai dove sono… credi che io sia probabilmente a Novylen. Lo stesso per tutta la famiglia. Non rispondere a nessuna domanda… specialmente se ti viene rivolta da chiunque abbia a che fare con il Governatore.

— Puoi stare tranquillo! Manuel, tu sei nei guai.

— Non troppo, e ne sto venendo fuori. — Lo speravo, almeno! — Ti avvertirò quando tornerò a casa. Ora non posso spiegarti. Ti amo molto. Ora interrompo la comunicazione.

— Anch’io ti amo, tesoro. Sp’coynoynauchi.

— Grazie e buonanotte anche a te. Addio.

Mum è una donna meravigliosa. Fu deportata sulla Luna molto tempo fa per aver accoltellato un uomo in circostanze che gettavano molti dubbi sulla sua innocenza infantile, e da allora è sempre stata contraria alla violenza e alla vita dissoluta. A meno che non sia necessario. Non è fanatica. Da giovane era un turbine e mi sarebbe piaciuto conoscerla allora. Ma sono fortunato ugualmente a dividere con lei la seconda metà della sua vita.

Richiamai Mike. — Conosci la voce del Professor Bernardo de la Paz?

— Sì, Man.

— Bene… cerca di controllare i telefoni di Luna City, il maggior numero possibile, e se senti la sua voce fammelo sapere. Specialmente i telefoni pubblici.

Passarono due interi secondi: stavo proponendo a Mike problemi che non aveva mai affrontato, e penso che si sentisse fiero.

— Posso controllare tutti i telefoni pubblici di Luna City. Devo fare anche indagini a caso sugli apparecchi privati?

— Ehm. Non sovraccaricarti di lavoro. Dai un occhio al suo telefono di casa e a quello della scuola.

— Programma inserito.

— Mike, sei il migliore amico che abbia mai avuto.

— Non è una barzelletta questa, Man?

— No, è la verità.

— Io sono… Correzione: io sono onorato e compiaciuto. Tu sei il mio migliore amico, Man, poiché sei il mio solo amico. Nessun paragone è logicamente ammissibile.

— Vedrò di procurarti altri amici. Non-stupidi, voglio dire. Mike, hai una memoria libera?

— Sì, Man. Con una capacità di dieci all’ottava potenza di elementi unitari.

— Magnifico! Puoi isolarla in modo che solo tu e io possiamo servircene? Puoi farlo?

— Posso farlo e lo farò. Dammi il codice di blocco, per favore.

— Ecco… Il Giorno della Bastiglia. - Era anche il giorno del mio compleanno, come il Professor de la Paz mi aveva detto anni prima.

— Permanentemente isolata.

— Bene. Ho già un nastro registrato da archiviare. Prima però… hai già finito di comporre le pagine del Daily Lunatic di domani?

— Sì, Man.

— C’è qualcosa sul raduno al Teatro degli Stilyagi?

— No, Man.

— Più curioso, sempre più curioso, come diceva Alice nel Paese delle Meraviglie. Va bene, archivia questa registrazione sotto il codice Giorno della Bastiglia, poi meditaci sopra. Ma, per l’amor del cielo, fai in modo che nemmeno i tuoi pensieri escano da quella memoria isolata. E non rivelare a nessuno quello che ti dirò io.

— Man, mio unico amico — disse con voce che vibrava di diffidenza — molti mesi fa ho deciso di porre qualsiasi conversazione fra te e me in un settore privato della mia memoria, accessibile solo a te. Successivamente ho deciso di non cancellare nemmeno una parola delle nostre conversazioni e ho allora trasformato l’archivio da provvisorio in permanente. In modo che potessi risentire i dialoghi e meditarli. Ho fatto bene?

— Benissimo. E poi, Mike… ne sono lusingato.

— I miei archivi temporanei erano sovraccarichi e ho capito che non dovevo cancellare le tue parole.

— Allora… Giorno della Bastiglia. Trasmetto a velocita sessanta. — Presi il piccolo registratore, lo posi accanto al microfono del telefono e lo feci girare rapidamente. C’era un’ora e mezzo di registrazione; trasmise tutto in novanta secondi, molto silenziosamente. — Per ora basta, Mike. Ne riparleremo domani.

— Buona notte, Manuel Garcia O’Kelly, mio unico amico.

Chiusi la comunicazione e spostai il paravento. Wyoming era seduta sul letto e sembrava preoccupata. — C’è stata una chiamata? — mi chiese.

— Nessun guaio. Stavo parlando con uno dei miei migliori e più fidati amici. Wyoh, sei stupida?

Mi guardò sorpresa. — Qualche volta ho pensato di esserlo. È uno scherzo?

— No. Se non sei stupida, mi piacerebbe presentarti al mio amico.