"Coraline" - читать интересную книгу автора (Gaiman Neil)IVDall’esterno la casa sembrava esattamente come prima. O quasi esattamente come prima; la porta di Miss Spink e Miss Forcible era incorniciata da lampadine rosse e blu che si accendevano e si spegnevano a intermittenza, formando delle parole; e le luci si rincorrevano tutt’intorno alla casa. Accese, spente, tutt’intorno. STRABILIANTE! era seguito da TRIONFO e poi da TEATRALE!!! Era una giornata fredda ma con un bel sole, proprio come quella di prima. Alle sue spalle ci fu un lieve rumore. Si voltò. Sul muricciolo accanto a lei c’era un grosso gatto nero, identico al grosso gatto nero che aveva visto sui prati di casa. — Buon pomeriggio — disse il gatto. La sua voce sembrava quella che Coraline aveva in fondo alla testa, la voce che usava per immaginare delle parole, ma era la voce di un uomo, non di una ragazza. — Salve — disse Coraline. — Ho visto un gatto uguale a te nel giardino di casa mia. Tu devi essere l’altro gatto. Il gatto fece segno di no con la testa. — No — disse. — Io non sono l’altro di nessuno. Io sono io. — E piegò la testa di lato; i suoi occhi verdi luccicavano. — Voi persone siete dappertutto. E i gatti, dal canto loro, devono restare uniti. Non so se mi spiego. — Immagino di sì. Ma se tu sei il gatto che ho visto a casa, com’è che sai parlare? I gatti non hanno le spalle come gli esseri umani. Tuttavia, quel gatto fece spallucce, con un lieve movimento che partiva dalla punta della coda e terminava con un crescente vibrare dei baffi. — Io so parlare. — A casa mia, i gatti non parlano. — No? — disse il gatto. — No — ribatté Coraline. Il gatto saltò agilmente dal muricciolo e atterrò sull’erba, accanto ai piedi di Coraline. Poi alzò lo sguardo e la fissò. — Be’, l’esperta in queste cose sei tu — disse seccamente il gatto. — In fin dei conti, io che ne posso sapere? Sono solo un gatto. E cominciò ad allontanarsi, fiero, a testa e coda alta. — Torna qui — gli disse Coraline. — Per piacere. Ti chiedo scusa. Davvero. Il gatto si fermò, si mise a sedere e cominciò a lavarsi con molta cura, come se Coraline non ci fosse. — Noi… noi potremmo diventare amici, sai — disse Coraline. — Noi Lei sospirò. — Per favore. Come ti chiami? — domandò al gatto. — Senti, io mi chiamo Coraline. Okay? Il gatto sbadigliò lentamente e con attenzione, rivelando una bocca e una lingua di un rosa sorprendente. — I gatti non hanno nome — disse. — No? — No — disse il gatto. — Quel gatto era egocentrico in modo irritante, decise Coraline. Come se si sentisse l’unica creatura importante di qualsiasi mondo o luogo. Una metà di lei voleva essere molto scortese con lui; l’altra metà, invece, voleva essere cortese e rispettosa. La metà cortese ebbe la meglio. — Per favore. Che posto è questo? Il gatto si guardò rapidamente intorno. — È qui — le rispose. — Questo lo vedo. Be’, e tu come ci sei arrivato? — Esattamente come te. A piedi — disse il gatto. — Così. Coraline lo guardò camminare lentamente sul prato. Raggiunse un albero, ci passò dietro ma non sbucò dall’altra parte. Coraline si avvicinò al tronco e guardò. Il gatto era scomparso. Tornando verso casa sentì un altro lieve rumore alle sue spalle. Era il gatto. — A proposito — disse. — È stato saggio da parte tua portare una protezione. Se fossi in te, me la terrei ben stretta. — Protezione? — È quel che ho detto — disse il gatto. — E comunque … Si interruppe e fissò intensamente qualcosa che non c’era. Quindi si abbassò a pochi centimetri dal suolo e si mosse lentamente in avanti, facendo due o tre passi. Sembrava che stesse inseguendo un topo invisibile. Di botto, girò le spalle e se ne andò, sfrecciando in direzione del bosco. Scomparve fra gli alberi. Coraline si domandò cosa avesse voluto dire. Si chiese anche se da dove veniva lei i gatti sapessero tutti parlare e avessero semplicemente deciso di non farlo, o se sapessero parlare solo quando si trovavano qui — ovunque fosse questo Scese i gradini di mattone che portavano alla porta di Miss Spink e Miss Forcible. Le luci rosse e blu continuavano ad accendersi e a spegnersi a intermittenza. La porta era aperta, ma appena appena. Bussò e la porta si spalancò subito, così Coraline entrò. Si ritrovò in una stanza buia in cui c’era odore di polvere e velluto. La porta si richiuse alle sue spalle e la stanza diventò nera. Coraline avanzò lentamente ed entrò in una piccola anticamera. Il suo viso incontrò qualcosa di morbido. Era un panno. Alzò la mano e lo spostò. Battendo le palpebre, si ritrovò dall’altra parte delle tende di velluto, in un teatro male illuminato. In un angolo lontano della stanza c’era un alto palcoscenico di legno, vuoto e spoglio, illuminato dall’alto da un fioco riflettore. Diverse poltrone dividevano Coraline dal palcoscenico. File e file di poltrone. Sentì un rumore di passi strascicati e una luce si mosse verso di lei, oscillando di qua e di là. Quando se la ritrovò vicino, si accorse che la luce veniva da una torcia tenuta in bocca da un terrier scozzese nero, con il muso grigio per via dell’età. — Salve — disse Coraline. Il cane posò la torcia a terra e guardò la bambina da sotto in su. — Bene. Fammi vedere il biglietto — le disse burbero. — Il biglietto? — L’ho appena detto. Il biglietto. Mica posso stare qui tutto il giorno, sai. E senza biglietto non puoi assistere allo spettacolo. Coraline sospirò. — Non ce l’ho — ammise. — Eccone un’altra — disse il cane sconfortato. — Che entra qua dentro sfacciata come non mai. «Dov’è il biglietto?» «Non ce l’ho.» — Scosse la testa e poi si strinse nelle spalle. — Avanti, su. Il cane raccolse la torcia con la bocca e trotterellando penetrò nel buio. Coraline lo segui. Arrivato davanti al palcoscenico, il terrier si fermò e illuminò un posto libero. Lei si sedette e il cane lentamente si allontanò. Mentre i suoi occhi si abituavano all’oscurità, si rese conto che tutti gli occupanti delle altre poltrone erano cani. Da dietro le quinte arrivò un sibilo. A Coraline sembrò il rumore di un vecchio disco che grattava mentre lo mettevano sul giradischi. Il sibilo si tramutò in un suono di trombe, e Miss Spink e Miss Forcible entrarono in scena. Miss Spink era in sella a una bicicletta con una ruota sola e si esibiva in un gioco di destrezza con le palle. Miss Forcible le saltellava dietro, con un cesto di fiori in mano, sparpagliando i petali sul palco. Arrivate sul proscenio, Miss Spink saltò agilmente giù dal monociclo, e le due anziane signore fecero un profondo inchino. Tutti i cani batterono la coda e abbaiarono entusiasti. Coraline applaudì cortesemente. Dopodiché le due donne sbottonarono i loro tondeggianti e lanuginosi cappotti e li aprirono. Ma non furono solo i cappotti a venire aperti: anche le due vecchie facce si aprirono come conchiglie vuote, e da quei vecchi corpi vuoti, tondi e lanuginosi, uscirono due giovani donne. Erano magre, pallide e piuttosto graziose, con due bottoni neri per occhi. La nuova Miss Spink indossava calze verdi e alti stivali marrone, che le coprivano la gamba quasi per intero. La nuova Miss Forcible indossava un abito bianco e aveva dei fiori fra i lunghi capelli biondi. Coraline si appiattì contro lo schienale della sua poltrona. Miss Spink uscì di scena e le trombe emisero lunghi suoni striduli, mentre la puntina del grammofono girava nei solchi del disco, che a quel punto venne tolto. — Questa è la parte che preferisco — sussurrò il cagnolino seduto accanto a lei. L’altra Miss Forcible estrasse un coltello da una scatola in un angolo del palcoscenico. — È una spada quella che vedo dinanzi a me? — domandò. — Sì! — gridarono i cani in coro. — Lo è! Miss Forcible fece la riverenza e i cani applaudirono di nuovo. Questa volta Coraline non si prese il disturbo di battere le mani. Miss Spink tornò in scena. Si batté una mano sulla coscia e tutti i cagnolini abbaiarono. — E adesso — disse Miss Spink — Miriam e io abbiamo l’onore di presentare una nuova ed eccitante aggiunta alla nostra rappresentazione teatrale. C’è qualche volontario? Il cagnolino vicino a Coraline le diede un colpetto con la fronte e le sussurrò: — Sei tu! Coraline si alzò in piedi e si diresse verso gli scalini di legno del palcoscenico. — Potrei avere un bell’applauso per la giovane volontaria? — domandò Miss Spink. I cani abbaiarono, guairono e batterono la coda sulle poltrone di velluto. — Bene, Coraline — disse Miss Spink. — Come ti chiami? — Coraline — rispose Coraline. — E noi non ci conosciamo, dico bene? Coraline guardò quella giovane donna magra con i neri occhi-bottone e scosse la testa, lentamente. — E ora — disse l’altra Miss Spink — mettiti qui. — E condusse la bambina verso una tavola eretta a un’estremità del palcoscenico, quindi le mise un pallone in testa. Miss Spink si avvicinò a Miss Forcible, le bendò gli occhi-bottone con un foulard nero e le mise il coltello in mano. Quindi la fece girare su se stessa tre o quattro volte e la fece fermare, rivolta verso Coraline. La bambina trattenne il fiato e strinse fortissimo i pugni. Miss Forcible lanciò il coltello contro il pallone, che scoppiò con un botto. Il coltello rimase conficcato nella tavola, poco sopra la testa di Coraline, e lì rimase a vibrare. Coraline riprese fiato. I cani impazzirono. Miss Spink offrì a Coraline una piccolissima scatola di cioccolatini e la ringraziò per essere stata così di spirito. La bambina tornò al suo posto. — Sei stata bravissima — le disse il cagnolino. — Grazie — rispose Coraline. Miss Forcible e Miss Spink cominciarono a fare dei giochi di destrezza con enormi clave di legno. Coraline aprì la scatola di cioccolatini. Il cagnolino li guardò con grande desiderio. — Ne gradisci uno? — gli chiese Coraline. — Grazie. Volentieri — sussurrò il cane. — Ma non al torrone. Mi fanno venire la bava. — Credevo che la cioccolata non facesse molto bene ai cani — disse Coraline, ricordandosi di quel che le aveva detto una volta Miss Forcible. — Forse dalle tue parti — sussurrò il cagnolino. — Qui non mangiamo altro. Al buio, Coraline non riusciva a distinguere i cioccolatini. Provò ad assaggiarne uno che risultò essere al cocco. A lei il cocco non piaceva. E lo diede al cane. — Grazie — disse il cane. — Prego — rispose Coraline. Miss Forcible e Miss Spink erano impegnate in un numero. Miss Forcible sedeva su una scala a libretto, mentre Miss Spink era in piedi sotto di lei. — Che c’è in un nome? — domandò Miss Forcible. — Ciò che chiamiamo Rosa avrebbe con qualsiasi nome un profumo altrettanto dolce. — Non so dirti chi sono — disse Miss Spink a Miss Forcible. — Questa parte finisce presto — sussurrò il cane. — Poi si esibiranno in una danza popolare. — Quanto dura? — domandò Coraline. — Il teatro, voglio dire? — Tutto il tempo — rispose il cane. — In eterno. — Tieni — disse lei. — Ti regalo i cioccolatini. — Grazie — disse il cane. Coraline si alzò dalla sua poltrona. — A presto — disse il cane. — Arrivederci — disse Coraline. Uscì dal teatro e tornò nel giardino. La luce del giorno la costrinse a battere le palpebre. I suoi altri genitori la stavano aspettando nel giardino, l’uno di fianco all’altra. E sorridevano. — Ti sei divertita? — le chiese la sua altra madre. — È stato interessante — rispose Coraline. E tutti e tre si incamminarono insieme verso l’altra casa di Coraline. L’altra madre le accarezzò i capelli con le sue lunghe dita. Coraline scosse la testa. — Non farlo — disse Coraline. L’altra madre ritrasse la mano. — Allora — disse il suo altro padre. — Ti piace qui? — Immagino di sì — rispose Coraline. — È molto più interessante che a casa. Ed entrarono. — Sono felice che ti piaccia — disse l’altra madre. — Perché amiamo pensare che la tua casa sia questa. Potrai restare per sempre. Se ti va. — Mmm — fece Coraline. Si infilò le mani in tasca e ci pensò su. Con i polpastrelli toccava il sassolino che le avevano regalato il giorno prima le vere Miss Spink e Miss Forcible, quello con il buco in mezzo. — Se ti va di restare — le disse l’altro padre — dobbiamo fare solo una piccola cosa, in modo che tu possa rimanere per sempre. Andarono in cucina. In un piatto di porcellana posato sul tavolo c’erano un rocchetto di cotone nero e un lungo ago d’argento e, accanto a essi, due grossi bottoni neri. — Non credo proprio! — disse Coraline. — Oh, ma noi vogliamo che tu lo faccia — disse l’altra madre. — Noi vogliamo che tu rimanga. E questo non è che un dettaglio insignificante. — Non sentirai nessun dolore — le disse l’altro padre. Coraline lo sapeva bene: quando i grandi ti dicono che non sentirai nessun dolore, quasi sempre succede il contrario. E scosse la testa. L’altra madre fece un largo sorriso e i suoi capelli si mossero come piante sott’acqua. — Noi vogliamo solo il tuo bene — disse. Mise una mano sulla spalla di Coraline. Lei si tirò indietro. — Adesso vado — disse. E rimise le mani in tasca. Le dita si strinsero intorno al sassolino con il buco. La mano dell’altra madre si ritrasse dalla spalla di Coraline come un ragno impaurito. — Se è quello che desideri — disse. — Sì — ribatté Coraline. — Ti rivedremo presto, però — disse il suo altro padre. — Quando tornerai qui. — Ehm — fece Coraline. — E allora saremo una vera famiglia. Una famiglia unita — disse l’altra madre. — Per l’eternità. Coraline indietreggiò. Quindi si voltò e a passo svelto andò in salotto e spalancò la porta nell’angolo. Non c’era nessun muro di mattoni, solo il buio; un buio sotterraneo, nero come la notte, che sembrava pieno di cose in movimento. Coraline esitò. Si voltò indietro. L’altra madre e l’altro padre si stavano dirigendo verso di lei, tenendosi per mano. La guardavano con i loro neri occhi-bottone. O almeno lei La sua altra madre tese la mano e con un dito bianco le fece un cenno di richiamo. E muovendo le pallide labbra disse, senza suono: — Torna presto. Coraline fece un respiro profondo e avanzò nel buio, dove strane voci sussurravano e venti lontani fischiavano. Adesso aveva la certezza che nel buio dietro di lei ci fosse qualcosa: qualcosa di molto vecchio e molto lento. Il cuore le batteva così forte che temeva potesse esploderle in petto. E chiuse gli occhi davanti al buio. Alla fine urtò contro qualcosa e, spaventata, aprì gli occhi. Era andata a finire contro una poltrona, nel salotto di casa sua. La porta alle sue spalle era bloccata da grezzi mattoni rossi. Era a casa. |
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